Imballaggi per bevande: la maggioranza degli Italiani a favore del Deposito Cauzionale

Secondo l’indagine commissionata dalla Coalizione “A Buon Rendere – per un Deposito Cauzionale in Italia”, i cittadini sono preoccupati per la dispersione dei rifiuti nell’ambiente e vogliono che l’Italia rispetti gli impegni europei. Risposte omogenee e favorevoli al deposito cauzionale, da tutte le aree di auto-collocazione politica degli intervistati

22 Gennaio 2024 – Confermando sostanzialmente i dati di un precedente sondaggio, Oltre l’80% degli italiani desidera un sistema di deposito cauzionale, che copra tutti i contenitori monouso per bevande. Dopo aver illustrato il sistema di deposito in modo dettagliato, il 61.4% dichiara di conoscerlo (tra i più aggiornati risultano gli uomini) ma solo l’8.1% è ben informato su cosa si intenda per questo tipo di sistema, mentre ben oltre il 38% (rispetto al 40.4% dello scorso anno) afferma di non averne mai sentito parlare. Il che conferma l’importanza della nostra Campagna, che si propone di diffondere la conoscenza sul sistema, i suoi benefici, e come introdurlo in maniera efficace sull’esempio di quanto già avviene nella maggior parte dei Paesi UE.

La maggioranza (83,1%), e soprattutto le donne, considera il deposito cauzionale un sistema utile all’Italia per ottemperare agli impegni richiesti dall’Unione Europea in materia di rifiuti da imballaggio.

Rispetto alla direttiva Europea sulla plastica monouso, che impone agli Stati membri di arrivare entro il 2029 al 90% di raccolta di bottiglie per bevande in plastica ( obiettivo già recepito nell’ordinamento nazionale), l’85.9% degli italiani ritiene sia giusto che l’Italia rispetti degli obiettivi tanto ambiziosi (e per il 73.2% è ancora molto lontana rispetto ai target europei, motivo per il quale il deposito cauzionale potrebbe essere uno strumento fondamentale).

Sono questi alcuni dati emersi dalla nuova ricerca “Gli italiani e l’ipotesi di un sistema di deposito degli imballaggi per bevande” realizzata a metà novembre 2023 dalla Campagna “A Buon Rendere – per un Deposito Cauzionale in Italia” in collaborazione con AstraRicerche, su un campione di riferimento di 1.005 residenti in Italia di età compresa tra i 18 e i 65 anni e che va ad aggiornare, confermandole ed integrandole, le risposte raccolte nel corso di una prima rilevazione effettuata nel febbraio 2022.

Rifiuti da imballaggi per bevande abbandonati fonte di preoccupazione

I rifiuti dispersi nell’ambiente naturale preoccupano gli italiani. In particolare, per il 91.6% del campione l’abbandono delle bottiglie di plastica in strada, parchi e spiaggia rappresenta un problema molto grave o grave. Il littering causato dalla dispersione della plastica viene percepito più pericoloso rispetto a quello causato da altri materiali – come nel caso delle lattine – che è comunque considerato molto grave o grave dal 90.4%, o del vetro delle bottiglie (comunque percepito come grave/molto grave dal 87.5%).

La gravità attribuita alla dispersione degli imballaggi per bevande verso altre tematiche correlate ai rifiuti

Interessante notare come la preoccupazione per l’abbandono delle confezioni di bevande accomuni i cittadini di qualunque area politica: l’abbandono delle bottiglie di plastica è considerato grave o molto grave dal 91,2% degli elettori di sinistra e dall’89,7% dagli elettori di destra, quello delle lattine rispettivamente dall’87,6% e dall’87,1% e quello delle bottiglie di vetro dall’84,2% e dall’87,1%.

Percezione degli italiani sul riciclo

È interessante notare come gli italiani non siano fiduciosi sul reale riciclo delle bottiglie in plastica, il 34,4% pensa ne vengano raccolte in modo differenziato meno di 40 su 100. Nel caso delle lattine la situazione di sfiducia aumenta, in particolare tre le donne più giovani, il 36,6% pensa che non si arrivi nemmeno a 40 su 100 mentre per il vetro il 44% ritiene invece che si riciclino più di 60 bottiglie su 100.

Più dell’84% degli intervistati sostiene che le tasse sui rifiuti siano troppo alte e l’86,1% che sia grave o molto grave che i contenitori non differenziati finiscano – come attualmente spesso avviene – in discariche o inceneritori a spese dei contribuenti.

Come già emerso nella precedente edizione del sondaggio le ‘promesse’ del sistema sono valutate positivamente dalla maggioranza degli intervistati (allineando anche in questo caso gli elettori di sinistra e di destra): i Comuni traggono vantaggio perché la raccolta differenziata ‘classica’ diventa meno voluminosa ed operativamente meno impegnativa (86,5% vs 85,2%), il cittadino non paga né direttamente né indirettamente (tramite tasse aggiuntive) (85,5% vs 84,0% e 80,3% vs 83,1%) e i produttori finanziano il sistema ottemperando ai propri obblighi in materia di ‘responsabilità estesa del produttore’(82,2% vs 79,4).

Silvia Ricci Coordinatrice Campagna “A Buon Rendere” ha dichiarato:

« I risultati emersi suggeriscono che la narrazione nazionale sull’ “Italia campione del riciclo” adottata – anche in reazione ad alcune misure del Regolamento Europeo Imballaggi e Rifiuti da imballaggio – non risulti convincente. La dispersione degli imballaggi che gli Italiani hanno quotidianamente sotto gli occhi li induce probabilmente a dubitare di tale narrazione.

Ogni anno oltre 7 miliardi di contenitori per bevande sfuggono al riciclo, uno spreco che potrebbe essere ridotto del 75-80% attraverso l’introduzione di un Sistema di Deposito efficiente con vantaggi ambientali, economici ed occupazionali.»

Enzo Favoino Coordinatore Scientifico “A Buon Rendere” ha aggiunto:

« Il fatto che si siano ottenute risposte sostanzialmente omogenee dagli elettori di qualunque area area culturale e politica ci conferma che il problema e la potenziale soluzione che la nostra campagna promuove non sono temi divisivi, e generano invece lo stesso tipo di richieste nei cittadini. La dispersione dei contenitori per bevande, la necessità di adottare il deposito cauzionale come strumento per risolverlo, e per conseguire gli obiettivi stabiliti dalle Direttive UE sono cioè tematiche percepite dai cittadini in modo sostanzialmente analogo: sia a destra, che al centro, che a sinistra. Abbiamo presentato lo scorso giugno uno studio che quantifica i costi relativi all’introduzione di un sistema cauzionale nel nostro Paese – limitati a fronte degli innumerevoli benefici – e attendiamo che si apra un dibattito non più rimandabile anche in Italia. In Europa saranno 16 i Sistemi di Deposito Cauzionale attivi con il primo febbraio 2024: l’Italia non può permettersi di rimanere fuori dal corso della storia, e chi sostiene che non ne avremmo bisogno va contro le evidenze»

Per scaricare il Media Kit contenente il comunicato stampa inviato ai media e la serie completa delle infografiche disponibili clicca qui.

Per leggere la sintesi della ricerca “Gli italiani e l’ipotesi di un sistema di deposito degli imballaggi per bevande” clicca qui.

Ma è vero che l’Italia non ha bisogno di un DRS in quanto “eccellenza del riciclo”?

E’ vero che l’Italia non ha bisogno di un DRS per arrivare al 90% di intercettazione dei contenitori per bevande e per beneficiare dei vantaggi apportati dai sistemi cauzionali in termini di massimizzazione del riciclo e della circolarità in quanto già “eccellenza del riciclo”? Una risposta ad ognuna delle quattro obiezione principali che sono circolate in Italia nell’ultimo anno sull’opportunità di avere un DRS anche in Italia.

N.B. Articolo pubblicato precedentemente su Polimerica.it prima del voto sul Regolamento imballaggi e rifiuti da imballaggio avvenuto in plenaria il 22 novembre scorso.

Anche in Italia il dibattito sui media mainstream sulle misure del nuovo Regolamento Imballaggi e rifiuti da imballaggio PPWR è stato catalizzato nell’ultimo anno dall’opposizione agli obiettivi di riuso (art.26) e sulle restrizioni all’utilizzo di alcuni formati di confezionamento (art. 22) a discapito dell’articolo 44 che impone un DRS al 2029 per i Paesi Membri che non raggiungessero nei due anni precedenti il 90% di raccolta per bottiglie in PET e lattine. La nuova formulazione dell’articolo 44 emendato dalla Commissione ENVI – che abbassa la soglia del tasso di raccolta all’85% 44(3)(a) per potere essere esonerati dall’implementazione di un DRS –  viene vista con preoccupazione dal fronte trasversale dei sostenitori del sistema perché creerebbe una confusione che andrebbe a discapito di un’armonizzazione di tali sistemi in Europa, offrendo vie di fuga a Paesi che si oppongono al sistema, con il risultato di ritardare politiche industriali ed investimenti connessi.
Questa nuova formulazione “al ribasso” è oltretutto incompatibile con quanto previsto dalla Direttiva SUP recepita dalle normative nazionali che impone un tasso di raccolta del 90% per le bottiglie di plastica per bevande entro il 2029.

Da un’analisi delle uscite stampa e dalle argomentazioni degli ultimi mesi portate nei vari convegni da stakeholder non favorevoli ad un DRS si ritrovano ancora alcune delle obiezioni chiave emerse già un anno fa. Provo qui ad entrare nel merito di tre principali obiezioni sulla base di alcune delle evidenze emerse nello studio commissionato ad Eunomia dalla Campagna “A Buon Rendere” e dei dati più recenti resi disponibili da CONAI sulle performance del sistema Italiano in relazione agli obiettivi della Direttiva SUP.

1) Non abbiamo bisogno di un DRS perché siamo i campioni del riciclo degli imballaggi in plastica

Una delle principali obiezioni all’introduzione anche in Italia di un sistema di deposito cauzionale per l’intercettazione selettiva e l’avvio a riciclo dei contenitori monouso per bevande è che “siamo i campioni del riciclo degli imballaggi in plastica”. Proviamo allora ad analizzare più da vicino i dati di questo “primato”. Nel nuovo Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio – Relazione generale consuntiva 2022 di CONAI vengono forniti per la prima volta i dati “ufficiali” relativi ai tassi di riciclo effettivo dei rifiuti di imballaggio (in plastica ed altri materiali) calcolati secondo la nuova metodologia di calcolo introdotta dalla Decisione (EU) 2019/65 più restrittiva della precedente poiché sposta a valle il punto di misurazione dei quantitativi riciclati, eliminando dal conteggio alcuni scarti industriali legati al trattamento delle plastiche.

Per la filiera della plastica (plastica + bioplastica), i dati forniti nel rapporto sono i seguenti: 47,6% nel 2021 e 48,6% nel 2022. Stando ai dati CONAI, pertanto, la percentuale di riciclo effettivo degli imballaggi in plastica nel 2022 è pari al 48,6% per un totale di 1.122 Kton su un totale di immesso al consumo di 2.308 Kton (2.350 secondo il Rapporto di sostenibilità COREPLA 2022). Complessivamente, quindi, sempre stando ai dati forniti da CONAI/COREPLA, circa 1.200 Kton di imballaggi in plastica (e bioplastica) immessi al consumo in Italia non sono stati riciclati, destinati ad impianti di incenerimento, cementifici, discarica o dispersi nell’ambiente.

Da “avvio a riciclo” a “riciclo effettivo”: una questione di trasparenza
Nel Programma generale di prevenzione prima citato Relazione generale consuntiva 2022, CONAI fornisce anche i dati relativi al 2022 calcolati secondo la vecchia metodologia (avvio a riciclo). Per plastica + bioplastica, il tasso di avvio a riciclo indicato, al lordo delle perdite negli impianti di riciclo prima del “punto di calcolo” stabilito dalla Decisione 2019/655 (1), era pari al 55,1%. Secondo la nuova metodologia si scende di 6,5 punti percentuali che corrispondono a circa 150 mila tonnellate.
CONAI chiarisce che la nuova metodologia di calcolo per la determinazione della %le di riciclo effettivo “si basa su un approccio di computo che prevede il ricorso a rese medie degli impianti finali”. Detto in parole povere, per calcolare il quantitativo di rifiuti di imballaggio che viene effettivamente riciclato, escludendo dal calcolo i quantitativi che, pur essendo stati “avviati ad impianti di riciclo” vengono scartati durante il processo industriale di riciclo, si è fatto ricorso a dati medi relativi alle %le di scarto degli impianti.

Considerato però che la plastica non è un materiale unico ma composta da tanti polimeri diversi selezionati a valle dei CSS o avviati autonomamente a riciclo dalle imprese, le rese medie dovrebbero essere calcolate secondo noi per ogni flusso omogeneo avviato a riciclo. Di fatto il contratto di selezione dei rifiuti di imballaggio in plastica che Corepla, Coripet e Conip hanno in essere con gli impianti di selezione (CSS) prevede la selezione e lo stoccaggio da parte del CSS di 11 Prodotti obbligatori ed eventuali Prodotti integrativi, oltre a diverse tipologie di plasmix ( plastiche miste rigide e/o flessibili). Ognuno di questi flussi, oltre al plasmix che in parte viene avviato a riciclo, ai rifiuti avviati a riciclo autonomamente dalla imprese e alle bioplastiche compostabili, dovrebbe avere una sua specifica resa media.

Volendo capire come si è arrivati al dato medio del 48,6 % di riciclo effettivo non si trovano però informazioni degne di nota sui numeri di partenza e sulla metodologia di calcolo, e in particolare, sulle “rese medie degli impianti finali” ovvero sugli scarti degli impianti di destinazione dei rifiuti “avviati a riciclo”. Mi riferisco alle 8 diverse categorie di prodotti (vedi figura) selezionati nei CSS, oltre alle diverse tipologie di plasmix, ai flussi avviati a riciclo autonomamente dalle imprese, ai flussi avviati a riciclo all’estero e al flusso relativo agli imballaggi compostabili raccolti insieme alla frazione organica e destinati ad impianti di compostaggio, digestione anaerobica e impianti integrati.

Gli audit compiuti sul campo per verificare se le medie utilizzate per il computo della percentuale di riciclo effettivo siano realistiche parrebbero essere solamente tre: due per gli imballaggi in plastica tradizionale e uno per gli imballaggi compostabili.

Il caso studio Emilia-Romagna versus le performances di raccolta/riciclo nazionali

Se consideriamo che in Emilia-Romagna, regione che presenta performances di gestione dei rifiuti superiori alla media nazionale come vedremo, il tasso di riciclo degli imballaggi in plastica nel 2019 stimato nell’ambito della campagna “Chi li ha visti?”si attestava a meno della metà (23%).

Tabella nr.7 – Pag. 41

Aggiornamento 21 Dicembre 2023 ER

Dal recente rapporto sui rifiuti urbani e speciali 2023 della regione Emilia-Romagna emerge che il tasso di riciclo degli imballaggi in plastica è salito in 3 anni di 2 punti percentuali, attestandosi al 25%. In pratica oltre 23 punti percentuali in meno rispetto al 48.6% fornito da CONAI a fronte di una media nazionale di RD pari al 65,2% (Anno 2022).

Se consideriamo che la raccolta differenziata della regione ER nel 2022 era al 74% – contro una media nazionale del 65,2% (Rapporto ISPRA rifiuti urbani 2023) – questo divario andrebbe spiegato e sarebbero necessarie verifiche simili in tutte le regioni italiane.

Se volessimo infatti intervenire a livello nazionale e locale con i necessari correttivi – in modo da raggiungere obiettivi europei e nazionali – è innegabile che si debba partire da dati verificabili e affidabili, un’opzione che rende necessario avere a disposizione i numeri analitici e le metodologie di calcolo adottate che sono alla base dei numeri finali.

Va notato che l’obiettivo sul tasso di riciclo come obiettivo da raggiungere al 2022 era pari al 32% mentre dalla tabella a seguire risulta posticipato al 2027. Segue>>

PPWR: Cinquanta organizzazioni della società civile sostengono l’implementazione di sistemi di deposito efficaci in tutta Europa

Mentre i negoziati sul regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio (PPWR) sono ancora aperti, cinquanta organizzazioni di 13 paesi europei lanciano un appello per l’implementazione di un solido ed efficace sistema di deposito cauzionale (DRS) per i contenitori di bevande in tutti gli Stati membri. Tra loro anche la nostra campagna “A Buon Rendere” e alcune delle organizzazioni della nostra coalizione.

Nel contesto della crisi climatica e delle risorse, e data l’ambizione dimostrata dall’Europa, un’ampia piattaforma di quasi cinquanta organizzazioni provenienti da 13 paesi europei vuole ricordare ai rappresentanti del Consiglio che c’è ancora tempo per aumentare l’ambizione della formulazione finale del PPWR. Ciò può essere fatto, tra l’altro, garantendo il ruolo chiave di un solido sistema di deposito cauzionale (DRS), uno strumento necessario per garantire una vera circolarità per i contenitori di bevande monouso.

Vale la pena notare che in Plenaria tutti gli emendamenti volti a rendere il DRS volontario per gli Stati membri sono stati respinti dal Parlamento Europeo (PE), dimostrando una ferma posizione del PE, in linea con la proposta originaria della Commissione Europea, di fare diventare il DRS la norma in Europa. Tuttavia, la formulazione dell’articolo 44 sul DRS, a seguito del voto del Parlamento europeo, non ha l’ambizione e la forza della formulazione iniziale della Commissione e potrebbe aprire la porta a scorciatoie e scappatoie critiche che potrebbero ritardare l’introduzione di sistemi di deposito cauzionale in tutta Europa.

Questo gruppo di organizzazioni, che aveva già presentato un documento di posizionamento comune prima del voto in Plenaria, chiede nella versione finale del PPWR una formulazione che garantisca l’implementazione di un DRS di comprovata efficacia che :

  • Riporti la soglia per avere diritto all’esenzione da un sistema cauzionale al 90% di tasso di raccolta, invece che all’85% come contenuto nel testo proposto dal Parlamento
  • Precluda qualsiasi via di fuga per i Paesi contrari all’introduzione di un DRS, come la possibilità di presentare un “piano d’azione” per raggiungere l’obiettivo dell’85%, ignorando lo spirito della legislazione e gli obiettivi già fissati nella direttiva SUP .
  • Eviti qualsiasi riferimento ai DRS “digitali”, un’alternativa proposta dall’industria per evitare l’implementazione di un DRS, quando trattasi di un sistema non implementato in alcun paese.

Quali sono i vantaggi di un DRS?

1️⃣ È l’unica misura capace di assicurare tassi di raccolta superiori al 90%;
2️⃣ Consente una raccolta di materiali di alta qualità che permettono un riciclo a ciclo chiuso (“da bottiglia a bottiglia” e “da lattina a lattina” ) adatto al contatto alimentare;
3️⃣ Permette una drastica riduzione nella dispersione dei contenitori per bevande nel littering contribuendo a ridurre i costi per le autorità locali con una minore perdita di risorse preziose attraverso una gestione circolare;
4️⃣ I sistemi di Deposito Cauzionale finalizzati al riciclo sono perfettamente compatibili con i sistemi di vuoto a rendere per contenitori ricaricabili (PET e vetro) consentendo ai consumatori di accedere a punti di raccolta in comune per il riscatto della cauzione. I DRS sostengono così gli obiettivi di riutilizzo proposti dalla stessa PPWR.

Leggi il position paper in Italiano.

Leggi il comunicato stampa originale sul sito di RNB, una delle ONG promotrici dell’appello.

Dichiarazioni da parte di alcune organizzazioni che appoggiano l’appello

Alexis Eisenberg, Direttore Piattaforma Reloop (Francia):
“La Commissione Europea e il Parlamento hanno previsto DRS obbligatori nel Regolamento imballaggi, un testo fondamentale che plasmerà il prossimo decennio del settore europeo degli imballaggi. Un sistema di deposito cauzionale è un potente strumento per l’EPR, raggiunge tassi di raccolta elevati, e un riciclaggio a circuito chiuso. Il Consiglio deve ora rafforzare questo strumento, con un appello cruciale indirizzato alla Francia perché si unisca a questa causa. Nonostante una disposizioni per il DRS fosse presente nella sua legge anti-spreco (AGEC, 2020), la Francia ha faticato a rompere lo status quo, che causa lo spreco di 8 miliardi di bottiglie e lattine di plastica ogni anno. È tempo di promuovere il DRS obbligatorio per un’Europa più circolare”.

Chloé Schwizgebel, coordinatrice del progetto presso Recycling Netwerk Benelux (Belgio):
“Una forte legislazione per un DRS nel PPWR è pienamente in linea con le grandi ambizioni del Belgio in termini di riciclaggio, prevenzione, riutilizzo e riduzione dei rifiuti. Gli stessi governi regionali si stanno preparando per l’introduzione di un DRS nel 2025. Dal punto di vista della presidenza belga puntare a qualcosa di diverso da un DRS obbligatorio non avrebbe senso”.

Miquel Roset, direttore di Retorna (Spagna)
“La Presidenza spagnola e i rappresentanti permanenti della Spagna devono continuare a lottare per il miglior risultato possibile per la PPWR, come ha dimostrato finora la Presidenza con un sistema obbligatorio di restituzione dei depositi. Senza un DRS, ogni giorno in Spagna, 35 milioni di contenitori di bevande finiscono smaltiti in discarica, inceneritori o dispersi nell’ambiente. Sosteniamo ogni sforzo da parte della Spagna volto a mantenere tale impegno e respingiamo le proposte volte a indebolire le ambizioni. Abbiamo bisogno di un DRS in modo da poter riutilizzare o riciclare questi contenitori in nuovi contenitori”.

Prossimi passi
Lo scorso 22 novembre 2023 il Parlamento Europeo ha votato in sessione plenaria una versione modificata del Regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio (PPWR), che costituirà la base per la posizione negoziale del Parlamento europeo; contestualmente il Consiglio sta preparando la propria posizione, che sarà definita nelle prossime settimane. I negoziati del trilogo, che dovrebbero iniziare a dicembre, costituiranno l’ultima tappa di questa legislazione.

Sulla plastica progressi troppo lenti. Il report della Ellen MacArthur Foundation

A 5 anni dal lancio del Global Commitment, la più grande iniziativa volontaria per ridurre i rifiuti plastici, i risultati delle imprese aderenti sono migliori delle concorrenti ma ancora insufficienti. Per l’EMAF servono anche misure giuridicamente vincolanti. E cresce l’attesa per il Trattato globale in discussione a Nairobi

Silvia Ricci pubblicato su EconomiaCircolare.com

La Ellen MacArthur Foundation (EMAF) ha pubblicato i  ‘The Global Commitment Five Years In: Perspective On Progress’  un rapporto sullo stato di avanzamento dei primi cinque anni dell’iniziativa Global Commitment (GC) sulla plastica lanciata nel 2018 per porre un freno all’inquinamento da plastica attraverso un  “Impegno Globale” costruito da una serie di obiettivi e standard progettati per promuovere un’economia circolare. Hanno aderito oltre 1000 firmatari tra i quali oltre 250 aziende (20% della catena del valore degli imballaggi plastici, 55 governi, oltre 200 organizzazioni globali e altre afferenti agli 11 Plastic Pact Globali. (ora scesi a 10 perché l’European Plastic Pact firmato dall’Italia non è mai stato avviato nella pratica è stato concluso un po’ in sordina).   

Gli obiettivi chiave del GC includono l’eliminazione di imballaggi non necessari che si traducono a fine vita problematici da riciclare, la riconversione ove possibile dal packaging monouso al riutilizzabile, la riduzione dell’uso di plastica vergine, l‘aumento del contenuto da riciclo e la garanzia che tutti gli imballaggi siano riciclabili, riutilizzabili o compostabili al 2025.

Il rapporto mostra che, nonostante alcuni progressi su alcune aree di intervento come un maggior impiego di contenuto riciclato e una riduzione nell’utilizzo di plastica vergine i marchi aderenti non sono sulla buona strada per raggiungere la maggior parte degli obiettivi fissati per il 2025. Mancano infatti solamente due anni al 2025, e con molti più dati e conoscenze ora è chiaro – si legge nel rapporto- dove sono stati compiuti notevoli progressi, nonché quali obiettivi verranno mancati e perché.

L’obiettivo di avere imballaggi riutilizzabili, riciclabili o compostabile al 100% non sarà raggiunto in tempo per molte aziende, e qui gli imballaggi in plastica flessibile e la carenza di infrastrutture di trattamento rappresentano i principali ostacoli.

L’altro settore in cui, nonostante i molti progetti pilota, non si registrano progressi su vasta scala è il riutilizzo, come vedremo più avanti, che incide a sua volta negativamente sulla riduzione della plastica vergine.

Nonostante il probabile fallimento nel raggiungimento degli obiettivi secondo l’EMAF negli ultimi cinque anni i membri hanno comunque “superato significativamente i loro pari” nella loro performance.

“Hanno sostanzialmente ridotto l’uso di numerosi articoli di plastica problematici ed evitabili, stabilizzato l’uso di plastica vergine e più che raddoppiato la quota di contenuto riciclato”, afferma l’organizzazione.

“Aumentando l’uso di plastica riciclata di 1,5 milioni di tonnellate all’anno, i firmatari hanno lasciato sottoterra l’equivalente di un barile di petrolio ogni due secondi – oltre ad evitare 2,5 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra”.

Un possibile epilogo negativo che, come ha raccontato Economiacircolare , era evidente nel IV Progress Report del 2022 (riferito al 2021), ma anche dal precedente del 2021( riferito al 2020).

In considerazione dei risultati ottenuti dai partecipanti al GC che, ricordiamo, rappresentano solamente il 20% della catena di fornitura globale degli imballaggi in plastica la pubblicazione di questo rapporto ha lo scopo di attirare maggiormente l’attenzione sui negoziati del Trattato globale sulla plastica delle Nazioni Unite.

Il rapporto arriva infatti pochi giorni prima del terzo Comitato negoziale internazionale (INC-3) per il Trattato globale, che si terrà a Nairobi, in Kenya, dal 13 al 19 novembre.

“E’ fondamentale portare il riutilizzo degli imballaggi in plastica dalla nicchia alla scala”

Nel capitolo dedicato al riuso (pag. 24) si legge che il passaggio dai modelli basati sul monouso a quelli di riuso presenta una delle maggiori opportunità per ridurre il consumo di plastica e l’inquinamento che ne deriva.

Si stima che il passaggio al riutilizzo possa infatti portare ad una riduzione totale di oltre il 20% delle quantità di plastica che finiscono negli oceani entro il 2040.

Se il riutilizzo è fondamentale per ridurre l’uso della plastica vergine lo è altrettanto nel contenimento delle emissioni climalteranti. Si stima che per mantenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia di 1,5°sia necessaria una riduzione del 50% nella produzione di plastica. Per quanto riguarda gli imballaggi in plastica il riuso è qui essenziale in quanto tutte le altre strategie  di riduzione del consumo di plastica vergine – riduzione del packaging, sostituzione con altri materiali e riciclo – presentano dei limiti ed effetti collaterali.

Purtroppo il tasso di riutilizzo già esiguo quando l’iniziativa partì nel 2018 si è ulteriormente ridotto sino a rimanere stazionario al 1,5 % negli ultimi due anni. Questo è il risultato con cui bisogna fare i conti:  nonostante il riutilizzo sia stato riconosciuto avere un ruolo importante nella soluzione della crisi plastica e l’interesse sui sistemi di riuso sia aumentato: con un 61% dei firmatari che hanno avviato dei pilota e costituito gruppi di lavoro sul tema.

Cosa dicono le ONG dei risultati del Global Commitment sulla plastica (segue pag.2)

Foreste minacciate dal cambiamento climatico e dall’usa e getta

Il processo di sostituzione della plastica con la carta negli imballaggi dei beni di largo consumo è in accelerazione da circa cinque anni da quando la plastica è finita sul “banco degli imputati” per via dell’inquinamento ormai pervasivo causato all’ambiente. Il risultato è una maggiore pressione su una risorsa come quella delle foreste già messa in crisi dagli effetti del riscaldamento climatico.

Purtroppo, programmi volontari nati negli anni seguenti alla pubblicazione dello studio e programma “The new Plastics Economy : Rethinking the future of plastics” (2016) dalla Fondazione Ellen MacArthur allo scopo di ridurre l’inquinamento da plastica non hanno dato i risultati attesi .

Sicuramente in termini di riduzione dell’inquinamento da plastica, consumo di plastica vergine e riduzione del consumo di risorse .

Dai Plastic Pacts nazionali alle quattro edizioni del Global commitment alcuni degli obiettivi, gli impegni presi dalle aziende di rendere i propri imballaggi in plastica riciclabili, compostabili o riutilizzabili al 2025 difficilmente verranno raggiunti.

La filiera del packaging presenta impatti ambientali rilevanti essendo uno dei principali utilizzatori di materie prime con il 40% delle materie plastiche e il 50% della carta utilizzata in Europa impiegata per la fabbricazione di imballaggi (Plastics Europe). Il settore del packaging rappresenta mediamente il 36% in peso di tutti i rifiuti urbani secondo i dati di Eurostat (2019).

Economia Circolare non è sinonimo di riciclo

Venendo all’Italia, i continui accenni all’economia circolare quando si parla di riciclo, inducono l’opinione pubblica a credere che il riciclo sia la massima espressione dell’economia circolare. In realtà il riciclo di contenitori per bevande come le bottiglie in PET è spesso un processo di downcycling * che fa sì che, per realizzare nuovi contenitori, si debbano usare materie vergini non essendoci materia prima seconda da riciclo in quantità sufficienti. *Ovvero ricavare da un contenitore per bevande un prodotto di valore inferiore come un prodotto tessile nel caso del PET o componenti per l’automotive nel caso delle lattine.

Credit: Circular Design Institute

In realtà l’economia circolare [ e rigenerativa] presuppone la creazione di un benessere economico disaccoppiato dall’estrazione continua di risorse.

I prodotti monouso, come nel caso degli imballaggi in carta si basano su un consumo continuo di materiale, indipendentemente dalla provenienza delle fibre di carta che possono essere vergini o da riciclo.

Una descrizione più appropriata per l’imballaggio in carta in cui il riciclo avviene una sola volta sarebbe quello di “campione di economia lineare”, in quanto il recupero della materia prima seconda per una nuova produzione è un processo lineare altamente efficiente. Progettare invece l’eliminazione dei rifiuti estendendo l’uso e il valore massimo di un prodotto, prima che diventi nuovamente materia prima seconda per nuovi prodotti, è un principio fondamentale dell’economia circolare” scrive Tim Debus Presidente della “Reusable Packaging Association in un articolo dello scorso marzo.

La sostituzione tout court dei materiali negli imballaggi monouso a pari quantità di consumo senza ricorrere a strategie di riduzione o riuso sta cominciando a presentare il conto, e in particolare per quanto riguarda la carta.

Una situazione che ha indotto le Ong ambientaliste europee, sempre più preoccupate dell’impatto sulle foreste e sul clima, ha produrre alcuni studi e iniziative di informazione verso i politici a livello europeo.

Un nuovo studio svela gli effetti collaterali della corsa agli imballaggi in carta: deforestazione e aumento dei rifiuti

Gli imballaggi alimentari a base di carta commercializzati come un’alternativa sostenibile alla plastica, anche quando solitamente abbinati alla plastica o altri materiali con impiego di chimica, raramente includono contenuto riciclati e favoriscono la deforestazione globale e il consumo di acqua a livelli industriali” si legge nel nuovo rapporto Disposable paper Based Food packaging: the false solution to the Packaging waste crisis presentato da una coalizione di ONG che si occupano di inquinamento da plastica e deforestazione: European Environmental Bureau EEB, Zero Waste Europe, Fern, Environmental Paper Network e Rethink Plastic Alliance.

Con l’UE che sta rivedendo le sue regole per affrontare la crescita incontrollata dei rifiuti di imballaggio nella proposta di Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio, il rapporto indaga se la carta monouso rappresenti una soluzione credibile per la crescente crisi dei rifiuti in Europa – un argomento che viene regolarmente presentato in ampie e costose campagne di lobbying da parte dei produttori di imballaggi e dei marchi dei fast-food.

L’analisi ha rivelato che gli imballaggi a base di carta rappresentano con il loro 41,1% la principale fonte di rifiuti di imballaggio nell’Unione Europea. Con 32,7 milioni di tonnellate di rifiuti generati nel 2020, la carta da sola rappresenta una quantità di rifiuti maggiore rispetto ai due flussi di rifiuti più importanti come plastica (19,4%) e vetro (19,1%) messi insieme.

I materiali a base di carta sono sempre più utilizzati per confezionare alimenti e bevande. L’industria alimentare e delle bevande rappresenta due terzi del mercato totale degli imballaggi in Europa.

A livello globale, gli imballaggi a base di carta e cartone rappresentano invece circa il 37% della domanda di imballaggi alimentari.

Come reazione agli impatti ambientali e socio-economici associati al consumo di plastica gli imballaggi di carta vengono sempre più indicati come un’alternativa sostenibile. Alla prova dei fatti gli imballaggi cartacei – si legge nel rapporto – presentano molte sfide nuove e simili alla plastica. Ad esempio quando per renderli impermeabili o resistenti al grasso oltre ad abbinamenti con altri materiali (spesso plastica) quando sono costituiti da abbinamenti con più materiali, spesso plastica, vengono utilizzate sostanze chimiche possono verificarsi migrazioni indesiderate negli alimenti. Questa tipologia di imballaggi detti compositi , oltre ad essere difficile da riciclare, si presenta anche difficile da raccogliere quando si tratta di contenitori utilizzati on-the-go. Questa condizione, unita al fatto che contengono residui di cibo, contribuisce a fare dello smaltimento o dell’incenerimento la fine naturale di questo flusso.

Soluzione proposte dall’industria del monouso tanto note quanto inefficaci

Le aziende che utilizzano questi imballaggi nel take away come McDonalds promuovono generalmente soluzioni basate su una maggiore intercettazione dei contenitori per il riciclo che prevede sia attività che si sono dimostrate nella pratica poco efficaci nei risultati, che il delegare ad un altro soggetto la responsabilità sulla loro attuazione e i relativi costi.

Per citarne qualcuna : sensibilizzazione dei clienti e del personale perché differenzino i rifiuti, posizionamento di contenitori appositi, un servizio comunale puntuale e ben organizzato. La realtà ci dice che i consumatori spesso buttano a caso creando contenitori con rifiuti misti dove il personale e gli addetti alle pulizie non ci mettono le mani (spesso per contratto).

Sul fatto che le Amministrazioni Comunali spesso a corto di risorse ( finanziarie e/o di personale) possano dedicare tempo e risorse a convincere i propri gestori dei rifiuti ad “aiutare” le catene dei fast food ad ottimizzare la gestione dei loro rifiuti, avremmo qualche dubbio. Parlando di rifiuti soprattutto nelle grandi città, e non solamente in Italia, le priorità sono decisamente altre.

Per prevenire queste situazioni paesi come la Francia hanno obbligato per legge le aziende del fast food come McDonalds a non utilizzare contenitori monouso all’interno dei locali. 

Dalla foto si può rilevare che a Berlino, dove c’è da decenni un sistema di deposito cauzionale, sono i contenitori da asporto ad essere il flusso di rifiuto preponderante nei cestini stradali. Le marche che si vedono sui contenitori sono in genere quelle che si oppongono agli obiettivi di riuso e riduzione del regolamento europeo.

Berlino, Alexanderplatz Photo credit Michael A. Kappler-Linkedin

Il proliferare di imballaggi a base di carta utilizzati intensivamente nel takeaway e nel commercio online hanno reso il settore cartario uno dei principali settori che contribuiscono alla deforestazione, in Europa e nel mondo. Circa il 90% della pasta di cellulosa è ricavata dal legno e la produzione di carta è responsabile di circa il 35% di tutti gli alberi abbattuti.

Nel 2021, le cartiere europee hanno prodotto pasta di cellulosa da 112,3 milioni di tonnellate di legno e da un volume minore, non ulteriormente quantificato, di altre fibre. Mentre circa 8,7 milioni di tonnellate di polpa
sono state importate, 5,7 milioni di tonnellate sono state esportate al di fuori dell’Europa. La destinazione principale è stata l’Asia, con
una quota dell’82% delle esportazioni europee di pasta di legno per il mercato. Del totale della pasta di legno prodotta in Europa, il 77% è costituito da pasta ottenuta chimicamente. Solo il 23% è costituito da pasta ottenuta per via meccanica o semimeccanica.

Il rapporto rivela che il Brasile è il principale fornitore di pasta di legno e carta dell’Europa superando le quantità fornite dai maggiori produttori europei come Svezia e Finlandia. Il Brasile ha triplicato la sua produzione di pasta di legno negli ultimi due decenni e ora copre un’area di 7,2 milioni di ettari, il doppio della superficie del Belgio. Le piantagioni di eucalipto e pino in Brasile stanno aggravando la scarsità d’acqua, gli incendi forestali e la perdita di biodiversità. In Europa, le foreste finlandesi emettono più anidride carbonica di quanta ne sequestrino a causa del loro sfruttamento eccessivo. In Finlandia ormai il 76% degli habitat forestali è stato classificato come minacciato.

Nel 2021, i sei principali Paesi produttori di carta e cartone in Europa sono stati: Germania (26%), seguita da Italia (11%), Svezia (10%), Finlandia (10%), Spagna (7%) e Francia (7%). Questi Paesi sono stati anche i primi produttori negli ultimi 10 anni.

Tre miliardi di alberi abbattuti ogni anno per soddisfare la domanda

Un precedente rapporto di Fern e Environmental Paper Network Unwrapping a disaster – The human cost of overpackaging uscito lo scorso aprile aveva svelato i costi ambientali e sociali causati da un massiccio ricorso agli imballaggi in carta sulla base di casi studio provenienti da Svezia, Finlandia, Portogallo, Cile e Indonesia. Lo studio ha stimano in tre miliardi di alberi abbattuti ogni anno nel mondo per soddisfare la domanda di imballaggi di carta. L’industria della pasta di legno e della carta viene definita come tra le più inquinanti al mondo e con il maggiore consumo di acqua dolce, estremamente energivora . Inoltre, consuma il 4% dell’energia mondiale ed è ad alta intensità chimica con effetti negativi per gli ecosistemi e inquinamento delle acque. Senza contare le conseguenze causate dalle piantagioni monocolturali alla biodiversità e alle comunità che vivono nelle loro vicinanze.

Una campagna finanziata e condotta da gruppi di interesse industriali contro gli imballaggi riutilizzabili senza precedenti

La posizione dell’Italia contraria agli obiettivi di riduzione e riuso

Lo stato delle foreste in Italia, Germania e Olanda

Regolamento imballaggi UE : fact-checking da Marevivo e Zero Waste alle posizione governative e industriali

Da Marevivo e Zero Waste Italia “Un fact-checking per sfatare tutte le narrazioni distorte generate in Italia sul Regolamento Imballaggi e Rifiuti da imballaggio (PPWR)”

Pubblichiamo in forma integrale il documento congiunto dell’associazione Marevivo e della rete Zero Waste Italy partners della nostra campagna “A Buon Rendere-Molto più di un vuoto” che in sette punti affronta le principali critiche mosse da governo e industria italiani alla proposta del nuovo Regolamento imballaggi europeo, attualmente in discussione presso le istituzioni comunitarie.

NB: Link ad articoli correlati di approfondimento sono a nostra cura.

1.Iniziativa non necessaria, dunque da respingere

Ogni anno disperdiamo 10 milioni di tonnellate di plastica in mare. Solo il 37% della plastica da imballaggio in Europa è riciclata, nonostante decenni di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) che dovrebbe sostenere il recupero della stessa a fine vita e la produzione di imballaggi cresce più velocemente della capacità di riciclo. Tanto che, anche prescindendo dalla iniziativa UE, le stesse Nazioni Unite si sono fatte promotrici di un “Global Plastic Treaty” (in discussione proprio in questo periodo) per affrontare tutte le criticità legate a produzione, immissione al consumo, gestione a fine vita e dispersione nell’ambiente del monouso in plastica.

Un esempio della comunicazione da parte delle associazioni imprenditoriali che hanno sollevato alcune delle obiezione a cui risponde questo documenti di fact-checking

2.Iniziativa solo incentrata sul riuso

È vero il contrario, come attesta autorevolmente anche la risposta ufficiale inviata recentemente dalla Commissione Europea al Parlamento, a commento e controdeduzione del parere negativo sulla iniziativa europea. La proposta della Commissione europea, infatti, promuove prima di tutto il riciclo: il nuovo Regolamento vuole aumentare il tasso di riciclo promuovendo il “design per il riciclo”, incrementando l’uso di contenuto riciclato negli imballaggi, armonizzando le varie normative per rendere più facile riciclare e introducendo i sistemi di Deposito Cauzionale (DRS), che si stanno mostrando fondamentali per massimizzare il riciclo di elevata qualità. Non a caso, i network industriali europei del settore (come Plastics Europe, ma anche UNESDA – i produttori di bevande gassate – NMWE – gli imbottigliatori di acque minerali) (1), hanno a più riprese espresso sostegno alla iniziativa UE, che viene vista come la roadmap per consolidare le filiere del riciclo, assicurare circolarità al settore, ridurre le inefficienze, garantire gli approvvigionamenti di materiale riciclato, e rendersi indipendenti dalle importazioni di materie prime da altri continenti, necessità sempre più a rischio nell’attuale crisi globale da scarsità delle risorse. Ma anche il riuso deve avere il suo ruolo: va ricordato che esiste una gerarchia dei rifiuti stabilita dalla Direttiva europea del 2008, che mette al primo posto la riduzione dei rifiuti, al secondo il riuso e solo al terzo posto il riciclo. Il vero “Piano A” per la sostenibilità sono riduzione e riuso, che minimizzano il prelievo di risorse e consentono di sviluppare nuovi modelli operativi ed economici in grado di generare valore aggiunto e occupazione con la stessa quota di risorse: passando dunque dal paradigma dello “estrarre valore” dal Pianeta (con la necessità di smaltire e una inevitabile quota di dispersione materiali a fine vita) al “Produrre valore” usando sempre la stessa quota di risorse.

3.L’Italia rappresenta un’eccellenza sul riciclo, non c’è bisogno di iniziative ulteriori, tantomeno sul riuso

È vero che l’Italia ha fatto passi in avanti sul riciclo, ma è vero anche che mostra criticità che gli attuali modelli di produzione e consumo hanno generato in tutti i Paesi: siamo infatti ancora attorno al 50% di plastica da imballaggio non riciclata, che dunque finisce in discarica, negli inceneritori (opzione ancora peggiore, in quanto genera gas serra e aggrava l’impronta ambientale complessiva della filiera) o viene dispersa nell’ambiente.

Il cruscotto di what we waste che ha permesso di arrivare al dato dei 7 miliardi di contenitori che sfuggono al riciclo in Italia

Se pensiamo ai soli contenitori di bevande, in Italia, ogni anno, 7 miliardi tra bottiglie e lattine, 120 pezzi a persona, sfuggono alla causa del riuso e riciclo, una cifra che potrebbe essere drasticamente ridotta grazie alle varie misure previste dalla proposta di Regolamento UE, a partire dai sistemi di deposito cauzionale (DRS). I cosiddetti DRS hanno dimostrato, nei 13 paesi europei dove sono attualmente applicati, tra cui la Germania, di portare a un recupero degli imballaggi superiore al 90%. Oggi, in Italia, solo una quota marginale del PET viene utilizzato per produrre altre bottiglie, il resto finisce invece in filati e prodotti vari di qualità inferiore e difficilmente riciclabili a loro volta, il che comporta la necessità di estrarre nuove materie prime per produrre nuovamente bottiglie.

Roggia prosciugata prima della giornata di pulizia organizzata dal gruppo Puliamo la Terra nel territorio di San Giuliano Milanese (Settembre 2023)

4.Iniziativa ideologica, non sostenuta da evidenze scientifiche

È bene ricordare che questo Regolamento nasce dopo una consultazione con più di 800 organizzazioni e molteplici incontri, protrattisi per più anni, a cui hanno partecipato anche esperti dei vari Stati membri. Sono stati compiuti studi affidati a esperti riconosciuti per valutare l’impatto delle decisioni prese, non solo sotto il profilo ambientale, ma anche economico e occupazionale.

Le stime della Commissione Europea ci dicono che le misure proposte dovrebbero ridurre entro il 2030 le emissioni di gas a effetto serra derivanti dagli imballaggi a 43 mln di tonnellate rispetto a 66 mln di tonnellate di emissioni che verrebbero liberate a legislazione invariata.

Il consumo di acqua si ridurrebbe di 1,1 mln di metri cubi. I costi dei danni ambientali per l’economia e le società si ridurrebbero di 6,4 mld di euro.

5.Verrebbero penalizzate circa 800.000 aziende attualmente attive nel settore degli imballaggi con oltre 6,3 mln di dipendenti e un fatturato di circa 2.000 mld di euro

Anzitutto, non tutte le aziende e i lavoratori del settore sarebbero toccati dalle misure del nuovo Regolamento. Poi, come per tutte le evoluzioni della politica economica e industriale, non si tratta di chiudere aziende e tagliare posti di lavoro, ma di aprirne di più in settori contigui (ad esempio imballaggi meglio riciclabili e progressiva crescita dei servizi incentrati sul riuso). Dalle nuove misure, infatti, la Commissione europea si attende (confortata da centinaia di pagine di valutazioni sviluppate nella Valutazione Strategica) la creazione di oltre 600.000 posti di lavoro e risparmi per imprese e consumatori. Se il governo italiano e il nostro settore industriale decideranno di non seguire il processo di transizione ecologica in corso, sarà inevitabile che gli spazi di mercato, che si apriranno sui nuovi modelli di produzione e consumo, verranno man mano occupati da operatori di paesi dove già da tempo, e convintamente, si opera su strategie e pratiche di riduzione e riuso.

6. È sbagliato vietare gli imballaggi monouso, compresi quelli impiegati per uso alimentare

Uno degli imballaggi messi giustamente al bando dal Regolamento riguarda il monouso per frutta e verdura fresca per meno di 1,5 kg (con eccezioni, peraltro, laddove l’imballaggio sia necessario a preservare l’integrità del prodotto, il che dimostra ulteriormente quanto le contestazioni alla proposta siano pretestuose). Oggi produciamo 1,2 miliardi di vaschette in plastica monouso per imballare frutta e verdura e questo numero è in costante crescita. Si tratta di confezioni spesso non necessarie e non riciclabili che creano un chiaro danno all’ambiente. Alcuni paesi europei, come Francia e Spagna, hanno già introdotto leggi che ne limitano l’immissione sul mercato e va considerato seriamente il fatto che esistono alternative sostenibili come, ad esempio, le retine in lino. Restrizioni sono previste anche per bustine monodose per condimenti e salse, ma anche per flaconi di saponi e shampoo sotto una certa dimensione: questi provvedimenti sembrano recepire anche l’orientamento del mercato, che ritiene importante seguire questa direzione e ne ravvede una convenienza anche economica.

7.L’adozione di un Regolamento non lascia margine di manovra ai singoli Stati membri, meglio una Direttiva

La Commissione spiega di aver scelto la formula del Regolamento proprio perché in questo comparto le Direttive, in particolare quella recente sulle plastiche monouso, sono spesso state recepite con grandi variazioni di interpretazione e applicazione tra i diversi Paesi UE, andando a inficiare il conseguimento degli obiettivi dichiarati: gli Stati membri hanno utilizzato ognuno un approccio diverso con il risultato di quadri normativi disomogenei, che compromettono l’efficacia di politiche comuni e pratiche industriali armonizzate, per creare un’economia circolare. Sono state le stesse organizzazioni di settore consultate in fase di stesura del Regolamento a chiedere di armonizzare le varie misure. Favorevole all’introduzione dell’atto giuridico del Regolamento è, ad esempio, anche l’Associazione Europea di Produttori di Materie Plastiche “Plastics Europe”. L’introduzione di prescrizioni comuni per tutti gli operatori del mercato dovrebbe assicurare, infine, la certezza del diritto e ridurre la distorsione della concorrenza, favorendo investimenti e iniziative imprenditoriali armonizzate e allineate con la necessità di massimizzare la circolarità del settore nell’uso delle risorse.

(1)Tre aziende del settore delle Acque minerali come Acqua Sant’Anna, Acqua Amata e Acqua Santa Maria hanno infatti aderito alla Campagna “A Buon Rendere” promossa dall’Associazione Comuni Virtuosi e un’ampia coalizione di organizzazioni di interesse nazionale e locale.

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Il Comitato dell’industria all’attacco del regolamento europeo sugli imballaggi

Anche l’Italia è sempre meno circolare. Il nuovo regolamento europeo imballaggi può aiutare?

Il Comitato dell’industria all’attacco del regolamento europeo sugli imballaggi

Questa settimana hanno avuto luogo tre votazioni al Parlamento europeo sulla nuovo regolamento europeo sugli imballaggi PPWR (Packaging & Packaging Waste Regulation) che secondo l’European Environmental Bureau si prefiggono di favorire l’industria degli imballaggi usa e getta e minare le misure della proposta volte a ridurre i livelli ormai da record nella produzione di rifiuti.

Questa settimana si sono tenute al Parlamento europeo tre importanti votazioni sugli emendamenti alla proposta di Regolamento su imballaggi e rifiuti da imballaggio presso la Commissione (committee/comitato) per l’industria, la ricerca e la scienza (ITRE), la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) e la Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (AGRI).

Tutte e tre le commissioni hanno approvato gli emendamenti presentati dai relatori, che modificano in diversi punti il testo proposto dalla Commissione europea e prevalentemente sulla base di indicazioni espresse da alcune associazioni europee e nazionali nel caso dell’Italia. La relazione presentata alla commissione ITRE dalla dall’eurodeputata socialista italiana Patrizia Toia approvata con 58 voti a favore, 11 contrari e 3 astenuti, ha decimato le ambizioni in materia di riutilizzo e prevenzione dei rifiuti contenute nelle diverse previsioni, eliminando tutti gli obiettivi di riutilizzo per il settore HORECA (contenitori da asporto per alimenti e bevande) e tutti gli obiettivi di riutilizzo per il 2040 in tutti i settori ( commercio online, imballaggi industriali, bevande).

Sebbene alla guida del dossier rimanga la Commissione Ambiente ENVI che non andrà al voto prima di settembre, le tre relazioni gettano una luce inquietante sul percorso di questo dossier secondo il comunicato stampa “Industry Committee attempt to undermine new EU packaging law” diffuso ieri dall’European Environmental Bureau.

La relazione ha inoltre eliminato altre disposizioni chiave, come l’implementazione obbligatoria dei sistemi di deposito cauzionale per i contenitori di bevande e la maggior parte delle misure volte a contrastare gli imballaggi superflui. Il comitato di settore ha anche spostato la definizione di riciclabilità dagli atti delegati della Commissione all’organismo europeo di standardizzazione CEN, un organismo opaco guidato dall’industria che difficilmente contribuirà a eliminare tutti gli imballaggi non riciclabili al 2030
A causa della competenza condivisa con la commissione per l’ambiente su aspetti quali il riutilizzo e gli obiettivi di riempimento, il risultato dell’ITRE potrebbe mettere a rischio disposizioni chiave fino al voto in plenaria previsto per l’autunno 2023.

Allo stesso modo, l’eliminazione delle misure di prevenzione dei rifiuti renderà impossibile per gli Stati membri raggiungere gli obiettivi di prevenzione dei rifiuti inclusi nella proposta. Continuare a offrire deroghe, scappatoie e nessuna certezza giuridica al mercato degli imballaggi manterrà l’attuale traiettoria verso livelli sempre crescenti di rifiuti di imballaggio e comprometterà chiaramente l’obiettivo di rendere tutti gli imballaggi riutilizzabili e riciclabili entro il 2030.

Le Ong avevano già allertato sul fatto che un’eccessiva flessibilità nella nuova legge sugli imballaggi rischiava di vedere ripetersi gli errori della direttiva attuale, consentendo ai produttori di imballaggi un approccio di “business as usual”.

Marco Musso, Senior Policy Officer dell’EEB (‘European Environmental Bureau ), ha dichiarato: “La commissione per l’ambiente e l’intero Parlamento devono respingere questo tentativo irresponsabile di difesa di pratiche di spreco che hanno portato a livelli record di rifiuti di imballaggio e di inquinamento. I decisori dovrebbero resistere alle pressioni dei gruppi di interesse e cogliere questa opportunità per promuovere politiche sugli imballaggi più sostenibili”.

Una votazione in seno alla commissione IMCO, conclusasi l’altro ieri, ha visto il progetto di relazione preparato dall’europarlamentare francese di destra Virginie Joron (ID) rovesciato da un testo di compromesso alternativo presentato da una coalizione di conservatori, socialisti, liberali e verdi.

L’esito della votazione ha offerto un barlume di speranza per una conferma del regolamento. Gli emendamenti alternativi includevano alcune disposizioni migliorate, come ad esempio requisiti più stringenti per i mercati di commercio online al fine di garantire una conformità tra i regimi di responsabilità estesa del produttore europei.

Modifiche al testo, di minore entità, sono state votate anche alla Commissione IMCO (relatrice Virginie Joron) e AGRI (Salvatore De Meo). Le relazione presentata da De Meo si è concentrata sulle disposizioni relative al settore alimentare con richieste di esenzioni per le misure di riutilizzo e di prevenzione dei rifiuti oltre che di cancellazione degli obiettivi di riutilizzo previsti per il 2040.

In precedenza, le associazioni che fanno capo all’EEB European Environmenta Bureau * ( partner internazionale della nostra campagna “A Buon Rendere -molto più di un vuotoavevano allertato i ministri all’Agricoltura a non lasciarsi convincere dalla narrazione fuorviante sull’esistenza di una relazione causa ed effetto tra sicurezza alimentare e ricorso ad imballaggi monouso. Le evidenze in crescita dimostrano infatti che i livelli record nella produzione di imballaggi non hanno ridotto i numeri dello spreco alimentare.

Larissa Copello, responsabile delle politiche sugli imballaggio e il riuso di Zero Waste Europe, ha dichiarato: “L’esito del voto odierno contraddice gli impegni assunti dal Parlamento sull’economia circolare e sul Green Deal. Finora le politiche dell’UE si sono concentrate sulla gestione dei rifiuti piuttosto che sulla loro prevenzione e questo ci ha portato a una crescita dei rifiuti di imballaggio del 20% in 10 anni. La necessità di obiettivi ambiziosi di prevenzione e riutilizzo dei rifiuti è indiscutibile. È molto spiacevole che alcuni operatori del settore e i parlamentari europei non vedano l’opportunità che si cela dietro gli obiettivi di riutilizzo, che hanno un potenziale incredibile per i produttori di ottenere un’efficienza sia in termini di risorse che di costi per i loro imballaggi. Ci auguriamo che la commissione ENVI corregga la rotta e adotti un testo che colga l’opportunità del riutilizzo e della prevenzione dei rifiuti“.

L’industria dei produttori di bevande non condivide la bocciatura sul DRS

Anche UNESDA l’associazione europea dei produttori di bevande analcoliche ha diffuso un comunicato stampa sulla relazione della commissione del Parlamento europeo ITRE che esprime preoccupazione rispetto alla scelta fatta dalla commissione di emendare il testo dell’art. 44 che impone l’adozione di Sistemi Cauzionali obbligatori nei paesi che non raggiungono il 90% di intercettazione per bottiglie in plastica e lattine “Quando si parla di DRS, UNESDA è preoccupata per gli emendamenti adottati nelle commissioni ITRE e AGRI che renderebbero l’istituzione di un DRS una misura volontaria. Se vogliamo seriamente ridurre i rifiuti, migliorare la raccolta degli imballaggi per bevande e aumentare il contenuto riciclato degli imballaggi per bevande, questo non è accettabile. UNESDA invita pertanto i deputati della commissione ENVI a mantenere la proposta della Commissione, che risponde già alle preoccupazioni sollevate da alcuni grazie all’esenzione dall’obbligo di istituire un sistema cauzionale nel caso in cui sia possibile per un Paese Membro raggiungere un tasso di raccolta molto elevato attraverso il regime EPR tradizionale in vigore“.

Lettera agli eurodeputati e ai ministri dell’Ambiente per mettere in guardia dai tentativi “allarmanti” di indebolire la proposta PPWR

Qualche giorno fa Fondi di investimento internazionali hanno scritto ai parlamentari europei e ai ministri dell’Ambiente degli Stati membri affinché i responsabili politici dell’UE prendano “una posizione forte sulla riduzione dei rifiuti alla fonte nel regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (PPWR)” per aiutare le imprese a ridurre l’uso della plastica e anche per proteggere gli investitori dai rischi che l’esposizione all’inquinamento da plastica può causare.

La recente lettera chiarisce che il PPWR “rappresenta un’opportunità significativa per raggiungere questo obiettivo e, così facendo, fornire un contesto normativo in cui le aziende possano investire con fiducia in misure efficaci per ridurre il loro impatto ambientale e quindi gestire in modo appropriato i rischi finanziari a cui esse – e i loro investitori – sono esposte“.

Gli investitori firmatari hanno affermato che il rischio d’impresa legato alla plastica è una preoccupazione crescente, ma hanno notato i tentativi da parte delle imprese di annacquare la proposta del PPWR, in particolare gli obiettivi di riduzione e riutilizzo, sottolineando “l’accumularsi di studi e ricerche” che dimostrano che “l’intervento a valle è inutile se non si compiono sforzi sostanziali per prevenire la produzione di rifiuti alla fonte“.

Uno studio di InfluenceMap ha recentemente dimostrato che le attività di lobbying delle associazioni industriali sul PPWR sono già riuscite a indebolire notevolmente alcune misure. L’analisi di InfluenceMap ha preso in esame 20 aziende del settore dei prodotti di consumo, selezionate tra i rivenditori di generi alimentari e i settori dei beni di consumo in rapida evoluzione (FMCG) in Europa in base alla diffusione regionale e alla capitalizzazione di mercato, e dieci associazioni di settore di cui le 20 aziende valutate fanno parte. L’analisi può essere scaricata qui.

FMCG Company Positions on the PPWR revision in 2020-23

Fonti : -comunicato stampa “Industry Committee attempt to undermine new EU packaging law” diffuso oggi dall’European Environmental Bureau.

Comunicato stampa diffuso da UNESDA l’associazione europea dei produttori di bevande analcoliche sempre sulla relazione della commissione del Parlamento europeo per l’industria, la ricerca e l’energia (ITRE),

*L’EEB è la più grande rete ambientalista di organizzazioni e cittadini in Europa. Attualmente è composta da oltre 180 organizzazioni associate in 40 Paesi, tra cui un numero crescente di movimenti e network, e rappresenta circa 30 milioni di cittadini tra membri e sostenitori.

Costi e benefici di un DRS in Italia: la via obbligata per raggiungere gli obiettivi europei

È stato presentato il 15 giugno a Milano il rapporto esecutivo dello studio “Sistema di deposito cauzionale: quali vantaggi per l’Italia e il riciclo” prodotto dalla società di consulenza Eunomia per l’Associazione Comuni Virtuosi e la campagna “A Buon Rendere” che analizza costi e benefici dell’introduzione di un DRS per contenitori per bevande nel nostro paese. Lo studio mostra come il DRS ci consentirà di raggiungere gli obiettivi vincolanti della direttiva SUP garantendo piena circolarità ai contenitori in PET per bevande facendo risparmiare ogni anno allo Stato e ai contribuenti oltre 100 milioni di euro di Plastic Tax europea e riducendo drasticamente il littering. Le nuove regole europee che disciplinano la responsabilità estesa del produttore già recepite a livello nazionale, assicurano inoltre che i cambiamenti sul profilo economico per i comuni saranno sostanzialmente neutri.

È stato presentato il 15 di giugno a Milano, presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano il rapporto esecutivo dello studio Sistema di deposito cauzionale: quali vantaggi per l’Italia e il riciclo” prodotto dalla società di consulenza Eunomia per l’Associazione Comuni Virtuosi e la campagna nazionale “A Buon Rendere” per l’introduzione di un sistema di deposito cauzionale per contenitori per bevande in Italia.

La giornata è iniziata con i saluti istituzionali, a cui sono seguiti gli interventi di quattro relatori, Clarissa Moraswki (Reloop), Enzo Favoino (campagna A Buon Rendere), Daniel Stunnel (Eunomia), Alessandro Pasquale (Mattoni 1873NMWE Natural Mineral Waters Europe). Numeroso e qualificato l’uditorio che ha presenziato in sala o seguito in remoto composto da rappresentanti dei principali portatori di interesse, tra cui rappresentanti di aziende produttrici e imbottigliatrici, dei sistemi EPR, e delle imprese di gestione dei rifiuti, professionisti del settore, rappresentanti di enti locali e associazioni ambientaliste.

Il DRS è complementare ad altri meccanismi per la responsabilità estesa del produttore su altri tipi di imballaggi

Clarissa Morawski, Fondatrice e amministratrice delegata di Reloop, ha ricordato che alla fine del 2025 i sistemi DRS per contenitori per bevande saranno attivi in 18 paesi europei alla fine del 2026 in 22 paesi europei (rispettivamente, 45% e 85% della popolazione europea). Parimenti, alla fine del 2026, ci saranno almeno 70 giurisdizioni nel mondo con un DRS attivo, per una popolazione servita di quasi 750 milioni di persone.

L’esperta ha ricordato che il consumo di materie prime e di energia legato al ciclo di vita dei contenitori per bevande, contribuisce ad acuire la “triplice crisi” ecologica (cambiamento climatico, perdita di biodiversità, inquinamento). La stessa industria delle bevande europea, ha aggiunto, promuove la transizione verso un uso più efficiente delle risorse naturali, chiedendo al legislatore comunitario di introdurre target vincolanti di raccolta per il riciclo del 90% per i TUTTI i contenitori per bevande e l’adozione obbligatoria di sistemi DRS efficienti e performanti.

Sulla base delle conoscenze sui sistemi DRS nel mondo condensate nel Global Deposit Book 2022, Morawski ha passato in rassegna i requisiti essenziali di un sistema DRSstruttura operativa, ovvero le funzioni per mantenere il sistema operativo efficace nel tempo; standard, ovvero la cornice necessaria per gestire il sistema in maniera efficiente; normative, che gettano le basi per costruire un sistema DRS solido. Molti di questi requisiti, elaborati insieme all’industria delle bevande, sono confluiti nella proposta di Regolamento UE su Imballaggi e Rifiuti da Imballaggio (PPWR) del 30 Novembre 2022 che raccoglie in uno specifico allegato (Allegato X), le “Prescrizioni minime per i sistemi di deposito cauzionale e restituzione”. Morawski ha spiegato inoltre come il DRS per contenitori per bevande sia complementare e non alternativo ai tradizionali schemi di responsabilità estesa del produttore, evidenziando che in tutti i paesi europei in cui è attivo un DRS, è attivo anche un sistema EPR per le altre tipologie di imballaggio..

Il DRS è lo strumento per raggiungere gli obiettivi della direttiva europea sulle plastiche monouso (la cd. Direttiva SUP)

Enzo Favoino, coordinatore scientifico della campagna “A Buon Rendere”, ha illustrato i risultati principali dello studio, il cui scopo, ha ricordato, è quello di informare correttamente e nelle sedi preposte, il dibattito sulle ricadute operative, ambientali ed economiche dell’introduzione di un sistema DRS in Italia, facendo chiarezza, tra le altre cose, sui costi associati, sulla relativa loro copertura, e sull’incidenza degli stessi per singolo contenitore immesso sul mercato.

Favoino ha spiegato che il punto di partenza dell’analisi dei costi/ benefici sulla introduzione di un sistema DRS in Italia è stata l’osservazione che il sistema si sta diffondendo velocemente in tutti i Paesi europei, come strumento per dare circolarità al settore, minimizzare il fenomeno del litteringe per raggiungere gli obiettivi prescritti dalla Direttiva SUP (già recepita nel nostro ordinamento nazionale), in particolare: 77% di raccolta per il riciclo delle bottiglie in plastica per bevande entro il 2025 e 90% entro il 2029; contenuto minimo di riciclato del 25% entro il 2025 (per le bottiglie in PET per bevande) e 30% entro 2030 (per tutte le bottiglie in plastica per bevande). D’altronde, mentre si parla di “eccellenza italiana nel riciclo” (che è vero in termini generali) è importante anche affrontare i chiaroscuri, che restituiscono, anche per l’Italia, una vasta area di criticità nel settore della plastica, come in tutti gli altri Paesi.

I dati mostrano che ci sarà un aumento dei tassi di riciclo, una riduzione di gas serra, e la prevenzione del littering

Secondo i risultati dello studio, l’introduzione di un DRS in Italia migliorerebbe significativamente la raccolta ed il riciclo dei contenitori per bevande in plastica con un aumento del tasso di raccolta dei contenitori per bevande in PET di almeno 21,9 punti percentuali ed un aumento del loro tasso di riciclo di almeno 32,9 punti percentuali (tabella 1).

Inoltre, l’introduzione di un DRS potrebbe far aumentare il tasso di raccolta e di riciclo del vetro (rispettivamente di 15,2 punti percentuali e di 18,9 punti percentuali, portando anche il vetro ad un tasso di riciclo ben superiore al 90%). Per quanto riguarda l’alluminio, i cui tassi di riciclo sono attualmente di poco superiori al 90% (secondo quanto dichiarato dal CiAL), è probabile che un DRS comporti solo miglioramenti marginali nella differenziazione e riciclo dell’alluminio; ma anche in questo caso si avrebbero miglioramenti non trascurabili, arrivando al 96%, oltre ai benefici condivisi con le altre tipologie di materiali in termini di riduzione del littering.

In tutti i casi, si avrebbe un netto miglioramento della circolarità complessiva, canalizzando i materiali recuperati verso le tipologie di riciclo di elevata qualità (closed loop, ossia da bottiglia a bottiglia, da lattina a lattina) mentre ad oggi tali materiali sono massimamente indirizzati ad applicazioni in downcycling, come i filati sintetici nel caso della plastica.

L’introduzione del DRS contribuirebbe inoltre ad una riduzione dei gas serra pari ad oltre 600.000 t/anno, dovuta principalmente al miglioramento dei tassi di riciclo effettivo delle bottiglie in PET, per un valore stimato in 64,2 M Eur/anno sulla base dei parametri internazionali di valorizzazione della CO2 evitata.

Infine, così come accade già in tutti gli altri paesi dove vige un DRS, l’introduzione del deposito sui contenitori per bevande determinerà una forte riduzione del littering. Studi precedenti hanno valutato una riduzione della dispersione dei materiali coperti da DRS pari al 95%. Nell’analisi condotta da Eunomia è stato assunto conservativamente un valore dell’ 85%. I benefici stimati per i cittadini e per l´industria del turismo ammontano a quasi 4 miliardi di euro.

Meno costi a carico del bilancio dello Stato

Nel suo intervento Favoino ha affrontato la questione delle ricadute economiche per i Comuni e per lo Stato, evidenziando che il sistema cauzionale è finanziato integralmente dai depositi non riscossi, dalla vendita dei materiali raccolti e, in maniera residuale, dal contributo dei produttori (commisurato al numero di contenitori immessi sul mercato). L’introduzione del DRS, sottolinea Favoino, rappresenterà un risparmio economico tangibile per lo Stato e i contribuenti. Grazie all’aumento della percentuale di bottiglie in PET riciclate, l’introduzione del DRS comporterà un risparmio stimato pari ad oltre 100 milioni di euro l’anno sulla “Plastic Tax” che l’Italia versa alla UE per i quantitativi di plastica non riciclata.

In Italia, come in tutti i Paesi UE, il contributo è tuttora prelevato dal bilancio nazionale dello stato. Viene inoltre ricordato che per provare a compensare le carenze del sistema attuale rispetto agli obiettivi stabiliti a livello europeo, lo Stato ha stanziato risorse economiche considerevoli per finanziare l’acquisto da parte dei Comuni dei cd. eco-compattatori pensati per integrare le raccolte tradizionali con raccolte selettive delle bottiglie in plastica per bevande.

Il ruolo centrale del Deposito Cauzionale nella circolarità dei materiali: i benefici per il sistema Italiano spiegati in uno studio

Si svolgerà a Milano il prossimo 15 giugno (dalle ore 10 alle 13 presso la Sala Lauree del Dipartimento di Scienze Politiche in Via Conservatorio 7) la presentazione dello studio “Unlocking the benefits of a deposit return scheme in Italy”, che analizza nel dettaglio gli impatti derivanti dall’introduzione di un Sistema di Deposito Cauzionale* in Italia finalizzato al riciclo per gli imballaggi monouso per bevande.

Lo studio è stato commissionato alla società di consulenza inglese Eunomia dalla nostra Campagna Nazionale “A Buon Rendere” che, ricordiamo, è promossa dall’Associazione Comuni Virtuosi e sostenuta dalle principali organizzazioni non governative nazionali che si occupano di ambiente e sostenibilità, e da numerose altre di interesse locale che si trovano sul sito della Campagna.

Come noto, l’art. 44 della proposta di regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (PPWR) dispone che entro il 1º gennaio 2029 gli Stati membri debbano adottare le misure necessarie affinché siano istituiti sistemi di deposito cauzionale e restituzione per bottiglie di plastica contenitori di metallo monouso per bevande, a meno che gli stessi non dimostrino di aver raggiunto il target del 90% di raccolta rispetto all’immesso sul mercato negli anni 2026 e 2027.

La proposta della commissione segue a distanza di circa tre anni la Direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente (la cd. Direttiva SUP), la quale aveva già fissato target specifici riferiti alle sole bottiglie in plastica monouso per bevande sia in relazione al tasso di intercettazione (90% al 2029) sia in relazione al contenuto di materiale riciclato (30% al 2030).

In tale contesto, oltre a fornire indicazioni sulla possibile configurazione di un sistema DRS in Italia e sui relativi costi di investimento e di esercizio, lo studio ha modellato l’impatto che un DRS potrebbe avere sull’attuale gestione dei rifiuti da imballaggio in Italia, analizzando sia le ricadute economiche sui principali portatori di interesse (inclusi i Comuni) sia le ricadute ambientali.

L’analisi condotta evidenzia con chiarezza come l’introduzione di un DRS consentirebbe anche in Italia di aumentare sia la quantità che la qualità dei materiali raccolti raggiungendo e superando i nuovi target di legge, riducendo al contempo la domanda di materie prime vergini e garantendo all’industria delle bevande un flusso adeguato di materiali da riciclo idonei alla produzione di nuovi contenitori (closed loop recycling). L’introduzione di un DRS consentirebbe inoltre di ridurre considerevolmente il fenomeno della dispersione nell’ambiente (littering), contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione e ridurre la pressione sui sistemi naturali legata all’estrazione delle materie prime.

SOSTEGNO AL DRS DA PARTE DEL SETTORE DELLE BEVANDE UE

Nonostante la previsione all’art. 44 abbia suscitato l’opposizione di settori industriali e consortili nel nostro paese, è interessante notare che a livello UE tale misura sia stata addirittura richiesta da ampi settori industriali, che si sono accorti di quanto la circolarità possa diventare un fattore chiave di competizione in un’economia che è povera di materie prime rispetto alle potenzialità del suo sistema industriale. Tra i sostenitori dei sistemi cauzionali ricordiamo tra gli altri : NMWEUNESDAAIJN, BALL, Plastics Europe.

I Sistemi di Deposito Cauzionale si stanno sempre più diffondendo in Europa e nel mondo. Ad oggi i sistemi di deposito attivi in Europa sono tredici (Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Islanda, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Slovacchia e Svezia) e raggiungono tassi di intercettazione per il riciclo che superano il 90%. Ulteriori dieci Paesi hanno già stabilito l’intenzione di introdurre tali sistemi e si accingono a farlo nei prossimi tre anni(Repubblica Ceca, Romania, Ungheria, Scozia, Grecia, Turchia, Portogallo, Regno Unito, Polonia e Cipro).

Enzo Favoino Coordinatore Scientifico di “A Buon Rendere”

I dati raccolti e validati su scala nazionale, ci dicono che l’Italia ha fatto grandi passi avanti nella raccolta differenziata e nel riciclo. Ma sappiamo anche che siamo ancora distanti dag

li obiettivi già definiti nella Direttiva sulle Plastiche Monouso SUP, e ripresi nella proposta di Regolamento UE sui Rifiuti da Imballaggio. Sappiamo inoltre che nel caso del PET, nonostante decenni di sforzi sui sistemi di raccolta differenziata tradizionale, il tasso di riciclo effettivo è attorno al 50%, in realtà rappresentato in massima parte da riciclo di bassa qualità per fare filati. Lo stesso nel caso del vetro ed alluminio, purtroppo il “downcycling” fa ancora la parte del leone. Abbiamo invece ampie evidenze, sia dai Paesi Membri che hanno già introdotto un DRS da tempo, che da paesi come la Slovacchia che l’ha introdotto da un anno, che un sistema di deposito cauzionale massimizza l’intercettazione dei materiali, ne migliora la qualità canalizzando i volumi verso il riciclo “closed loop”, da bottiglia a bottiglia e da lattina a lattina.”

Silvia Ricci Coordinamento Campagna “A Buon Rendere”

La forte opposizione al sistema cauzionale, che si registra solamente in Italia, si basa prevalentemente su argomentazioni di carattere economico, ovvero sugli investimenti necessari per implementare il nuovo sistema a fronte di benefici addizionali, rispetto al modello attuale, ritenuti poco rilevanti. Lo studio che presentiamo mostra una realtà ben diversa: fa chiarezza sui costi reali di implementazione e di esercizio del nuovo sistema e sui soggetti chiamati a sostenerli, nonché sui benefici ambientali ottenibili grazie all’introduzione di un DRS. Evidenzia inoltre le ricadute positive sulla riduzione dei costi complessivi del sistema dal punto di vista dei Comuni, con riferimento sia alla raccolta indifferenziata che alle raccolte differenziate e al fenomeno del littering. Non va infatti dimenticato che i costi dovuti dallo spreco di sette miliardi di contenitori che ogni anno non raggiungono gli impianti di riciclo, finendo in discariche e inceneritori o dispersi nell’ambiente, e abbandonati per strada o gettati nei cestini stradali, rappresentano un costo anche economico per i Comuni e per l’intera comunità, oltre ad un danno rilevante per il settore del turismo. Va inoltre tenuto bene a mente che la raccolta differenziata, il trasporto e il trattamento dei rifiuti di imballaggio raccolti in maniera differenziata rappresenta una parte consistente dei costi complessivi del servizio, coperti solo in parte dai corrispettivi economici riconosciuti dai Consorzi nell’ambito della disciplina sulla responsabilità estesa del produttore. Tali corrispettivi, peraltro, sono ripartiti tra Comuni e Gestori del servizio secondo il meccanismo di “sharing dei proventi” introdotto da ARERA, rendendo ancora più basso il livello effettivo di copertura dei costi sostenuti dalla pubblica amministrazione. È ragionevole aspettarsi, quindi, che oltre agli evidenti benefici ambientali, l’introduzione di un DRS potrà avere anche importanti benefici economici sui costi del servizio di gestione dei rifiuti”

COME PARTECIPARE
L’evento è aperto al pubblico ma per partecipare è necessario iscriversi entro il 10 giugno 2023 inviando una mail a: redazione@buonrendere.it. Stessa modalità qualora si volesse partecipare all’evento da remoto in modo da poter ricevere il link per collegarsi.

***UNLOCKING THE BENEFITS OF A DEPOSIT RETURN SCHEME IN ITALY ***

INTRODUCE E MODERA : Raffaele Lupoli, Direttore Editoriale EconomiaCircolare.com

10.00 Accoglienza Partecipanti
10:20 Saluti istituzionali :
Elena Grandi, Assessore all’Ambiente e Verde del Comune di Milano
Stefano Bocchi, Delegato alla Sostenibilità, Università degli Studi di Milano
Relatori
10:25 Enzo Favoino, Coordinatore Scientifico della campagna A Buon Rendere
10:45 Clarissa Morawski, Fondatrice e Amministratrice Delegata di Reloop
11:10 Daniel Stunell, Principal Consultant at Eunomia Research and Consulting
11:30 Alessandro Pasquale, Presidente di Mattoni 1873, Presidente di Natural Mineral Water Europe e membro del Board di Správca zálohového systému, il DRS slovacco

12: 00 Tavola rotonda dedicata all’interazione in cui tutti i relatori saranno a disposizione delle domande che arriveranno dal pubblico dei partecipanti.

Circuiti di riutilizzo: un’opportunità per nuovi modelli di consumo e di business

Consigliamo la visione degli interventi presentati in occasione del Webinar “Circuiti di riutilizzo: un’opportunità per nuovi modelli di consumo e di business?”, organizzato dalla Piattaforma Italiana degli Stakeholder per l’Economia Circolare (ICESP) e Giacimenti Urbani, con la collaborazione di Planet Life Economy Foundation (PLEF). Programma e dettagli a fondo pagina.

Nel novembre 2022 la Commissione Europea ha pubblicato la proposta per il Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Il Regolamento fa seguito al primo pacchetto di misure sull’economia circolare adottato nel marzo 2022; include la riduzione dei rifiuti pro-capite, nuove regole contro l’over-packaging, obiettivi più ambiziosi su tassi di riciclo e contenuti minimi di materiale riciclato e, a partire dal 2029, l’obbligo di istituire sistemi di deposito cauzionale per contenitori di bevande monouso come bottiglie in plastica e lattine.

Per i consumatori, le nuove norme dovrebbero garantire opzioni di imballaggio riutilizzabili e maggiore trasparenza nel sistema di etichettatura a sostegno di un corretto riciclaggio. Per l’industria, potrebbero creare nuove opportunità commerciali, in particolare riducendo la necessità di materiali vergini e aumentando la capacità di riciclaggio con una minore dipendenza da risorse primarie e da fornitori esteri.

Il Webinar “Circuiti di riutilizzo: un’opportunità per nuovi modelli di consumo e di business?”, organizzato dalla Piattaforma Italiana degli Stakeholder per l’Economia Circolare (ICESP) e Giacimenti Urbani, con la collaborazione di Planet Life Economy Foundation (PLEF), intende stimolare delle riflessioni sui potenziali vantaggi e sulle sfide che il Regolamento può determinare sia per i consumatori che per il sistema.

Il Webinar nasce come proposta del Gruppo di Lavoro 2 “Strumenti Normativi ed Economici” di ICESP, in particolare del sottogruppo “Strumenti Normativi” ed ha l’obiettivo di contribuire alla definizione di una cornice chiara a livello nazionale ed europeo che possa essere di riferimento per tutti gli operatori pubblici e privati. Il GdL2 di ICESP è attualmente coordinato da UNIONCAMERE ed ENEA.

L’evento è moderato dal gruppo di coordinamento del dL2.imprenditoriale.

Programma

Per andare selettivamente agli interventi dei relatori vai in fondo pagina alla sezione CHAPTERS

Tutte le presentazioni si possono scaricare a questo LINK alcune

00:00 | Saluti istituzionali – Paolo Mamo (PLEF)
06:12 | Saluti istituzionali – Grazia Barberio (ENEA)
12:27 | Saluti istituzionali – Donatella Pavan (Giacimenti Urbani)
16:59 | Introduzione – Erika Mancuso (ICESP)
21:41 | Il riutilizzo come opzione concreta nella proposta del Regolamento europeo sugli imballaggi – Gianluca Bertazzoli (Giacimenti Urbani)
37:31 | Le direttrici internazionali sullo sviluppo del riuso: cosa ci dicono le valutazioni LCA e le determinanti per il suo sviluppo ed efficientamento – Enzo Favoino (Zero Waste Europe)
52:01 | Oltre il monouso: il ruolo della pubblica amministrazione – Il Manifesto moNOuso – Paolo Azzurro (ANCI Emilia-Romagna)
01:07:39 | Riduzione emissioni – Contenuto di riciclato: Prospettive e strumenti nel percorso del Green Deal Europeo – Ivana Brancaleone (Studio Brancaleone)
01:20:00 | Opportunità legate al riciclo organico degli imballaggi – Alberto Fragapane (Novamont)
01:30:09 | Il Riutilizzo: garantire salute facendo prevenzione – Federica Tommasi (ISS)
01:44:00 | Modelli di riutilizzo e prodotti-servizio negli usi temporanei del settore edilizio – Serena Giorgi (POLIMI)
01:56:20 | Sperimentazione di contenitori riutilizzabili all’interno del GDO – Fabio Brescacin (Naturasì)
02:03:20 | Servizi di packaging riutilizzabile per e- commerce e grandi elettrodomestici – Alberto Cisco (Movopack)
02:12:25 | Servizi di fornitura stoviglie e lavaggio per eventi – Roberto Basso (Rent Solution)
02:23:12 | La gestione fiscale delle cauzioni negli eventi – Federico Staunovo Polacco (Socix Eventi)
02:29:20 | Conclusioni – Marco Conte (Unioncamere)