Il comparto del riciclo

Sono passati venti anni dal recepimento della normativa Comunitaria sui rifiuti da imballaggio da parte della normativa Italiana con l’emanazione del Decreto Ronchi. Iniziò allora l’epoca della raccolta differenziata e del riciclo.

Nacque allora il Consorzio Nazionale Imballaggi (Conai) e con esso tutti i consorzi di filiera che, a norma di legge, dovevano essere lo strumento attraverso cui riversare sui produttori di imballaggi i costi della raccolta differenziata. Se le modalità erano definite dal decreto, i corrispettivi economici venivano stabiliti attraverso l’Accordo Quadro Anci-Conai, di validità quinquennale.

Iniziò allora un’epopea che ha portato l’Italia oltre quota 50% di raccolta differenziata e al 67% di riciclaggio effettivo degli imballaggi immessi al mercato (quota a cui, per la verità il sistema consortile contribuisce per poco più del 50%). I risultati sono stati eclatanti, ma ciò non toglie che nel corso degli anni il sistema abbia evidenziato delle pecche, che rischiano, qualora non corrette, di vanificare tutto il buono fatto in precedenza.

Lo abbiamo evidenziato nel 2013 con il nostro dossier redatto con la collaborazione tecnica di ESPER “Per un nuovo accordo quadro Anci-Conai”, quando in previsione della sottoscrizione del nuovo Accordo Quadro avevamo avanzato alcune proposte che avevano trovato l’appoggio di molte Amministrazioni su tutto il territorio italiano. Il documento firmato nel 2014 non sembrò risolutivo. A quattro anni di distanza, in previsione del nuovo Accordo Quadro vogliamo riprendere da dove ci eravamo interrotti, lasciando la parola agli addetti ai lavori con una piccola serie di interviste.

Il comparto del riciclo non è una controparte: responsabilità condivisa e tavoli comuni

Non siamo stati coinvolti nella definizione del CAC differenziato ed è un peccato: avremmo potuto dare un contributo significativo. Il tema della prevenzione è centrale, ma si è fatto davvero troppo poco. Intervista a Walter Regis, presidente Assorimap.

Vent’anni dal recepimento della direttiva Europea sugli imballaggi, dal Decreto Ronchi e dalla nascita del Conai. Qual è la valutazione di questo percorso?

Distinguerei due fasi. La prima fase, che è quella che ha dato vita al Sistema Italia, per quello che riguarda tutti gli obiettivi di recupero e riciclo del post consumo e quindi la fase della nascita del Conai. Una fase estremamente importante perché ha previsto il coinvolgimento di tutto il sistema delle imprese italiane, in particolare su quelli che sono poi diventati gli obblighi e gli obiettivi. Un fattore non di poco conto: io stesso allora ero in CONFAPI e partecipai a questo accordo comune. È nato come un sistema condiviso. Tanto che la parte politica ha visto di buon occhio l’avvio di questa attività. Da qui l’accettazione del CAC e delle dichiarazioni, ovvero nuovi gravami amministrativi sulle imprese che già vivevano un problema di eccessiva burocrazia. Abbiamo subito avuto un ritorno positivo dalle imprese. Dobbiamo sicuramente dire che il Conai ha avuto un influsso molto positivo da questo punto di vista.

Per quello che concerne l’ambito della plastica, ovvero l’asse CONAI-COREPLA, nei primi tempi si è assistito ad una crescita importante delle aziende che si occupavano del riciclo meccanico della plastica. Crescita da attribuirsi anche al supporto evidente che è stato dato in termini di organizzazione, risorse e incentivi. Per quel che riguarda questa prima fase non posso che esprimere un plauso per quanto è stato fatto. Anche perché siamo passati da numeri prossimi allo zero alla realizzazione di obiettivi decisamente più impegnativi, almeno per quello che riguarda i materiali più nobili PET HDPE, film. Quindi una prima fase durata più o meno 7 o 8 anni, estremamente positiva.

La seconda fase ha visto e vede i sistemi consortili ricollegarsi ad un sistema di mercato, vede nascere la consapevolezza che tutti questi materiali hanno un valore, fino alla piena coscienza del fatto che il riciclato è un reale competitor del vergine. In questa seconda fase i soggetti coinvolti, ma anche le esigenze del Paese di andare verso un cambiamento continuo, hanno iniziato a mettere in luce alcuni piccoli elementi di criticità. In particolare tutto il sistema della raccolta e del riciclo non poteva più essere considerato al di fuori del concetto di una responsabilità condivisa. Ancora oggi il riciclatore viene considerato come un cliente finale che ha interessi ad avere un materiale selezionato che possa essere acquistato e poi utilizzato nelle catene del riciclo. Questo problema ha creato una frattura a seconda dei momenti storici più o meno profonda, dovuta soprattutto a quelli che erano gli interessi differenti. Ma che è e deve essere assolutamente ricomponibile
Noi lamentiamo di avere un sistema “monopolistico” che sulla ricerca non ha investito quando poteva e probabilmente quanto avrebbe dovuto, così da favorire nuove applicazioni del materiale riciclato. Esistono aste di materiale storiche (PET, HDPE, film) ma ci sono anche altri prodotti il cui utilizzo non è mai decollato, addirittura che sono stati ritirati dal mercato. La conseguenza è che abbiamo un sistema di stoccaggio dei materiali che è al collasso. È il problema, ad esempio, delle plastiche miste di cui in questi tempi si parla molto. Anche lì, però dovrebbe esserci un coinvolgimento maggiore di tutto il comparto del riciclo. Invece c’è sempre stato un osteggiamento verso il coinvolgimento del comparto dei riciclatori. Quasi non lo si volesse come anello della filiera da coinvolgere ma solo come controparte.

Ha fatto riferimento agli scarsi investimenti sulla ricerca per il riuso e riciclo di materiali che escono dallo strettissimo cerchio di quelli che son considerati i materiali pregiati. Le chiedo a questo punto, visto che parliamo di investimenti come valuta l’investimento da parte di CONAI e COREPLA sulla prevenzione, ovvero sullo studio e sull’incentivazione alla produzione di imballi che siano realmente riciclabili.

È un tema di cui si sta dibattendo molto. Il comparto della produzione degli imballaggi non considera la prevenzione un elemento prioritario, sostenendo infatti pretestuosamente che non si possa imporre ad un produttore una linea differente da quella che loro scelgono per il proprio marketing commerciale ed inoltre che non si possa intaccare il principio della sicurezza alimentare.
Personalmente ritengo che su questa partita si sia fatto davvero molto poco e che si dovesse fare molto di più. Recentemente sono stati studiati criteri di riciclabilità che possano poi influire sulla modulazione del CAC. Assorimap ed il comparto del riciclo non è stato coinvolto formalmente nella definizione degli stessi, e non nascondo un certo dispiacere a proposito, perché avrebbe potuto essere un contributo importante in relazione all’efficienza e all’efficacia del dispositivo. Francamente un bonus di 20 euro a tonnellata per il produttore che mette in atto una produzione di imballaggi più riciclabili, non muove sicuramente la filiera dei produttori. Anche se spero di sbagliarmi, credo che il CAC differenziato che partirà a gennaio non produrrà gli effetti desiderati. Resto convinto del fatto che si possa e si debba fare di più.

Superamento del monopolio CONAI, sulla base della proposta del 2013 di ACV. A che punto siamo?

Sulla proposta specifica non mi esprimo, dovrei farlo con la scorta del parere del mio Consiglio Direttivo vista l’importanza del tema. La legge dice che il monopolio non dovrebbe esistere, anche se poi ci sono alternative di difficile riconoscimento e perseguimento. Sul nodo di fondo credo che, se uno dei punti di forza dichiarati di questo monopolio definiamolo “di fatto” è che esiste una mutualità di sistema (ovvero CONAI e COREPLA raccolgono anche i materiali meno nobili, anche nei territori meno agevoli), allora bisogna fare una seria riflessione sui costi e su quello che si ottiene a fronte di tali notevoli investimenti. Se alla fine i numeri sono quelli che conosciamo tutti, se di effettivo riciclo si parla poco (nonostante con il nuovo pacchetto “Economia Circolare” ci ritroveremo di fronte ad obiettivi ancora più ambiziosi) e quindi si paga tanto prima per raccogliere, poi per selezionare e poi si paga anche per bruciare invece di valorizzare il materiale, allora probabilmente una riflessione su cosa significhi mutualità va fatta.

Dico sempre che è importante dare un contributo e non è assolutamente utile mettersi in contrapposizione. Sarebbe dunque utilissimo fare dei tavoli in cui cercare di capire la ratio di quei sistemi per capire dove possano essere resi più efficienti ed ottimizzati, spogliandosi degli interessi di rappresentanza che ognuno di noi porta addosso. Siamo in una seconda fase: crescono gli obiettivi, aumenterà il CAC. I costi non sono più ignorabili nel confronto con quelli che poi sono gli effettivi risultati in termini di recupero materia. I Comuni e le Multiutilities sono soggetti nuovi che hanno acceso un grande interesse sulla filiera. Di conseguenza, anche con la chiusura del mercato cinese che garantiva l’accoglimento di tutta una serie di materiali “scomodi”, abbiamo quindi una situazione critica e non è più rinviabile un lavoro serio e condiviso.

Il monopolio esiste de facto, le norme indicherebbero altra struttura. Chi non è parte del monopolio quelli difficoltà vive? E come sono superabili?

In questi sistemi il riciclo ha un problema molto pratico, che è quello di acquisire materiali di buona qualità. Per onestà dobbiamo ammettere che i materiali che arrivano dalla filiera Corepla sono buoni. Il problema che ci dobbiamo porre oggi però non è relativo ai materiali che già vengono lavorati e riciclati. Il problema è rappresentato da quei materiali che sono massivamente utilizzati nell’industria (penso ad esempio al polipropilene, al polistirolo ma in generale le plastiche miste) che rappresentano un terzo dei rifiuti da imballaggi della filiera Corepla e che non vengono gestiti al meglio.

Il riciclatore, se non viene coinvolto a monte non può mettersi a servizio del sistema. Il riciclatore ha bisogno di avere la certezza della quantità e della periodicità con cui riceve il materiale, altrimenti è davvero difficile che possa fare investimenti per creare nuove linee di riciclo. È necessario ricordare che per ogni tipologia di plastica esiste una linea di riciclo ad hoc. È chiaro che proprio per questo è importante quel concetto di responsabilità condivisa e di accordi programmatici che possano portare ad una azione comune e concertata che può portare il Paese a raggiungere e superare gli obiettivi che ci sono posti.

Esiste un modello in Europa che possa essere preso a riferimento, che possa dare spinta al sistema Italia.

Ogni Paese ha il proprio sistema e le proprie peculiarità. Ritengo al massimo si possano prendere delle idee e poi declinarle secondo le particolarità italiane. La nostra particolarità è quella di un flusso di materiale difficilmente preventivabile. Le nostre imprese comprano materiale e sulla base di quello devono fare una programmazione industriale. Approfitto per fare loro i complimenti, perché, nonostante le difficoltà strutturali ed i costi esagerati dell’energia, riescono a stare sul mercato e a farlo mantenendo gli standard d’eccellenza che caratterizzano l’industria italiana