Costruttori di ponti

Se la memoria è viva si costruisce un mondo di pace. E il mondo globale è multiculturale. A Casa Cervi, settant’anni dopo le scelte e il sacrificio che hanno cambiato il corso della storia, arrivano i ragazzi provenienti da Paesi e culture diverse.

Un dialogo nuovo ha inizio. Il Seminario nazionale promosso dall’Istituto Cervi in collaborazione con il MIUR nasce da questa realtà e vuole esplorare questa nuova sfida per la scuola italiana.

Una delle parole che abbiamo letto e sentito più spesso in questo anno 2015, sui giornali, in televisione, alla radio, è la parola “muri”. L’Europa sembra diventata una fortezza assediata: è stato costruito un muro di filo spinato in Ungheria per impedire il passaggio dei migranti dalla Serbia, è stata costruita una barriera in Macedonia e impedimenti che ostacolano il passaggio degli immigrati a Ventimiglia, a Calais, al valico per l’Austria. A 25 anni dalla caduta del muro di Berlino l’Europa è tornata a costruire altri muri. Muri materiali e prima ancora culturali.

Tanti anni fa, nel clima difficile del nostro dopoguerra, un giurista fiorentino antifascista, Piero Calamandrei, aveva fondato una rivista che si chiamava Il Ponte con l’obiettivo di seguire le fasi dell’attuazione della Costituzione repubblicana e di mettere di nuovo in dialogo e in “cammino” persone e culture, idee e territori, memorie e città.

Quegli obiettivi sono attuali oggi, in questa Europa che sembra andare verso la disintegrazione piuttosto che verso l’integrazione. I ponti sono necessari. C’è ancora bisogno di costruttori di ponti, di portatori di “utopie concrete”, come quelli, provenienti dai diversi territori, convocati per uno scambio e un confronto di pratiche e di idee, in questo primo seminario nazionale. Come Alex Langer, insegnante e politico cosmopolita ma con le radici nel suo Alto Adige, scomparso venticinque anni fa e il cui esempio in questa occasione ricordiamo.

L’opposto della parola “muro”, lo sanno i piccoli costruttori della scuola dell’infanzia di Cadelbosco e i ragazzi del Liceo Artistico “Chierici” di Reggio Emilia, è la parola “ponte”. Dall’alba dei tempi, quando il problema era di attraversare un ruscello o un fiume per raggiungere nuovi pascoli e spostare merci e animali, fino alla comunicazione globale di oggi, la necessità di nuovi ponti è stata ed è fonte di scoperte, di conoscenze, di progresso, di nuove relazioni, di solidarietà. Nel nostro tempo i ponti hanno deciso l’identità di paesi e città e le relazioni tra popoli e persone di lingue, religioni e culture diverse. Come il ponte di Mostar, in Croazia, distrutto e ricostruito, che collega la parte cristiana della città con la parte musulmana. Oppure pensiamo alla bellezza e alla centralità dei ponti di alcune nostre città, come quelli di Calatrava sull’Autostrada del Sole a Reggio Emilia.

I ponti sono stati costruiti da sempre con i materiali più diversi: sassi, pietre, vegetali, legno, corde, ferro, vetro e, come accade con i ponti moderni, combinando materiali diversi e complementari.
Ma l’arte della combinazione dei materiali non è anche competenza degli insegnanti e degli operatori di cultura e di pace? E dei governanti? Dunque come si possono costruire “ponti” oggi, con quali materiali, con quale tenuta dell’arco? Queste sono le domande che rivolgiamo a tutti e a noi stessi.