I paradossi della differenziata: perseguire il massimo profitto o l’interesse generale?

L’articolo “Riciclare ma non troppo” di Repubblica del 23 ottobre evidenzia la tensione tra due visioni opposte: riduzione rifiuti e riduzione discariche e inceneritori; oppure ridurre i costi e aumentare i profitti per i gestori.

Il “conflitto” appare più correttamente un confronto di obiettivi: è più importante perseguire il massimo profitto dei gestori, o l’interesse generale?

L’Associazione Comuni Virtuosi ritiene indispensabile perseguire l’interesse generale, rappresentato dal massimo riciclo e recupero di materia, diversamente dalle multi-utility che gestiscono i servizi perseguendo il massimo profitto.

L’analisi pubblicata da Repubblica e dal TG2 omette, infatti, alcuni aspetti determinanti, poiché si limita alla raccolta e non a tutte le fasi del ciclo integrato dei rifiuti. Un aumento di 15 punti percentuali di riciclo in Italia comporterebbe un risparmio annuale di oltre 600 milioni di euro (Il riciclo eco-efficiente: uno scenario al 2020, Duccio Bianchi, Ambiente Italia).

Analisi confermate e sostenute dalla Commissione Europea nel suo programma per un’Europa a zero rifiuti (COM(2014)398, 2 luglio 2014): “Il settore industriale ha già ravvisato le grandi opportunità legate all’aumento della produttività delle risorse. Si stima che un uso più efficiente delle risorse lungo l’intera catena di valore potrebbe ridurre il fabbisogno di fattori produttivi materiali del 17%-24% entro il 2030, con risparmi per l’industria europea dell’ordine di 630 miliardi di euro l’anno”.

La mancata realizzazione di obiettivi di raccolta differenziata superiori o ugualial 70% comporta, quindi, costi molto maggiori per la collettività, perché il materiale non separato alla fonte dovrebbe essere trattato con inceneritori o smaltito in discarica. Il recupero di energia (incenerimento) è molto meno efficiente – dal punto di vista energetico ed economico – del recupero di materia (riciclo). Un’affermazione supportata da diverse analisi indipendenti, tra cui si cita il Report della EPA (Environmental Protection Agency USA) “Solid Waste Management and Greenhouse Gases”, marzo 2015. La EPA mostra che l’energia recuperata dall’incenerimento è inferiore – a parità di materiale – a quella risparmiata attraverso il riciclo. Il vantaggio è enorme, poiché l’energia risparmiata è da due a dieci volte superiore. Per alcuni materiali l’energia recuperata con l’incenerimento è minore di zero, perché il bilancio energetico è negativo: serve energia per portarli in combustione.

Queste valutazioni cambiano il punto di vista, poiché non si deve valutare semplicemente il costo dei singoli servizi, ma il loro impatto complessivo. Ad esempio, se si confrontano la raccolta porta a porta e quella con cassonetti stradali; la prima può essere più efficiente anche con costi per unità di peso maggiori, se aumenta il recupero di materia. Uno studio di BAIN&Company, mostra che in termini di costo per unità di peso la raccolta porta a porta costa mediamente 245 euro per tonnellata, contro 142 euro per tonnellata per la raccolta con cassonetti stradali. D’altra parte, la raccolta porta a porta garantisce percentuali di intercettazione dei rifiuti da imballaggio decisamente superiori alla raccolta con cassonetti stradali: 31% contro 12%, ovvero, il costo per punto percentuale di intercettazione dei rifiuti è inferiore con la raccolta porta a porta: 6.3 € contro 7.2 € (Fonte: BAIN&COMPANY “Analisi dei costi della raccolta differenziata”, seconda edizione 2013).

Per raggiungere il massimo recupero di materia, il dato economico più importante è il costo normalizzato rispetto alla capacità di intercettazione dei rifiuti, quindi, mediamente, la raccolta porta a porta è preferibile. Ovvero, per perseguire l’interesse generale non vi è un limite alla raccolta differenziata.

Alberto Bellini, Associazione Comuni Virtuosi