La festa delle diversità

I nostri comuni virtuosi danno l’esempio non solo in campo ambientale, con buone pratiche e progettualità prese a modello in diverse parti d’Europa. Ma anche nel sociale, e in tutte quelle pieghe della quotidianità dove a fare la differenza sono, quasi sempre, le persone. Ecco l’articolo di Flavio Pagano uscito sul Corriere del Mezzogiorno in cui si racconta l’idea della giunta guidata da Luca Mascolo, di dedicare una giornata alle diversità.

Nei giorni scorsi a La vita in diretta è stata raccontata la storia «del bambino che non può fare pipì». Sembra pazzesco, eppure a questa piccola, dolcissima creatura, sfiorata dal mistero dell’autismo, viene negata la scuola perché manca chi l’accompagni al cesso. Così la famiglia è andata in pellegrinaggio in tv, elemosinando un diritto del quale è garante la Costituzione. Una Costituzione, quella Italiana, del resto, per la quale sembrano qui molto appropriati certi aggettivi da certificato medico-sportivo: sana e robusta. Perché per «popolo», nella nostra Carta, forse s’intende un’ élite, e certi diritti valgono solo per chi è in buona salute. Parliamo d’inclusione e parità fino allo sfinimento, ma per migliaia di famiglie il tema della disabilità è sinonimo di lotta senza quartiere. Nel rapporto annuale di «Sbilanciamoci! 2016» (sorta di controfinanziaria che mette al centro della spesa pubblica i diritti fondamentali), si legge che il 10% delle famiglie con figli disabili deve far ricorso per (tentare di) ottenere il sostegno a scuola, e che non ci sono soldi per semplificare in nulla la vita di chi ogni giorno sopporta assurde frustrazioni come le barriere architettoniche, o l’indisponibilità scolastica di supporti indispensabili all’istruzione degli alunni con difficoltà di apprendimento. Ma, se la Costituzione è una, le Italie sono due. Nel Mezzogiorno la spesa istituzionale pro capite per i disabili è un sesto di quella del Nord: 880 euro contro 5302.

Insomma, se al Nord la situazione è critica, al Sud è un disastro: non è mortificante tutto questo per una Civiltà che si vanta bellicosamente di essere leader nel mondo quanto a rispetto di ogni diritto e libertà? In questo modo invece è il concetto stesso di «persona» che rischia di perdersi nell’ideologia di un’ottusa «normalità», e il razzismo strisciante, distrattamente quotidiano, ne viene patentato. Allora capita che i genitori degli alunni «normali» sbuffino se scorgono un anatroccolo fra i cigni. E forse anche noi sbuffiamo davanti a un parcheggio riservato agli invalidi, come dinanzi a un ingiusto privilegio. I soldi per attuare i diritti che legiferiamo non ci sono mai, ma per bombardare si trovano sempre: e fa incazzare il pensiero che al costo di un caccia si potrebbero aiutare migliaia di ragazzi a fare pipì senza umiliarsi in tv. Tuttavia, e questo lo diciamo con orgoglio, lo sgangherato Sud è anche regno di un’antica vocazione a far da sé. Qui sappiamo intus et in cute cos’è il razzismo, ma sappiamo anche cos’è la solidarietà: bellissima l’idea del Comune di Agerola (NA), in Costa d’Amalfi, di organizzare durante le prossime Festività una giornata dedicata proprio ai disabili, condivisa dall’intera comunità e dove ognuno sarà libero di essere diverso a modo suo. Un mese fa, da queste stesse pagine, ci chiedevamo: cosa vuol dire essere una comunità? Agerola ci ha dato una risposta. Una risposta semplice, come lo sguardo del silenzioso bambino ospite de La vita in diretta. Vera, come tutte le cose belle della vita.