L’Italia in un vicolo cieco

Mentre a valle i campi sono a secco, la gente boccheggia per il caldo e i laghi non possono cedere un po’ d’acqua perché l’alta stagione è alle porte, a monte le centrali idroelettriche ne trattengono il più possibile: ci sono i condizionatori da tenere accesi, serve energia elettrica in abbondanza. L’Italia che in queste settimane soffoca e ha sete è in un vicolo cieco. Bloccata dall’inazione di chi, dal livello più alto a quello più basso, la governa e dovrebbe mettere in campo soluzioni perché non ci si ritrovi in una situazione del genere. Soprattutto se, come emerso da varie rilevazioni, le prime avvisaglie di un’altra siccità da segnare sul calendario si vedevano già in inverno. Perché non si è fatto niente? Perché nessuno si è posto il problema di evitare l’emergenza?

Servono misure strutturali
Il punto, spiega Alberto Bellini, docente dell’università di Bologna e autore del libro Ambiente clima e salute, è che “una situazione del genere può essere risolta solo con soluzioni strutturali che cambino il modo in cui l’acqua viene gestita e consumata”. Parliamo di irrigazione a goccia in tutte le coltivazioni agricole, una rete che separa le acque reflue scure da quelle chiare e consente quindi il recupero di queste ultime per usi agricoli e industriali, sistemi per recuperare le acque piovane. “Per mettere in campo queste misure serve un piano da 5-10 miliardi. Non si realizzano da un giorno all’altro, servono dai 5 ai 10 anni, ma la colpa di chi governa è non aver nemmeno cominciato”. Neanche quando, appunto, questo inverno le prime previsioni scientifiche dicevano che l’estate sarebbe stata torrida.

Consumiamo più acqua di quella disponibile
Così, per esempio, ora ci si ritrova con piani di emergenza che prevedono anche la potabilizzazione dell’acqua del fiume Po, in un quadro però ormai alterato dai cambiamenti climatici. “Il problema è che oggi il Po non ha acqua per questo, una condizione che il modello non considera. E nessuno ci pensa. In Italia mancano la consapevolezza del problema e la pianificazione”. Ma non sono gli unici mali di un Paese dove, spiega Andrea Agapito del Wwf, si consuma più acqua di quella realmente disponibile: “Basti pensare che nel bacino padano le concessioni per uso idroelettrico e agricolo ammontano a 1.840 metri cubi di acqua al secondo, contro una portata del fiume di 1.400. Il deficit è evidente: basta che non piova per un po’ perché il sistema vada in tilt”.

Fonte: Il fatto quotidiano