Nudge : quando è il sistema che rende virtuoso il cittadino

Chissà perché quando nel nostro paese si portano all’opinione pubblica, anche attraverso i media, esempi concreti di buone politiche sociali e ambientali che avvengono in Italia o all’estero , l’accoglienza è spesso tiepida. Poco conta che si tratti spesso di modelli vincenti anche sotto l’aspetto economico/occupazionale. C’è di fatto sempre qualcuno, dal fronte politico o industriale (o entrambi) che, sentendosi chiamato in causa per non avere all’attivo gestioni altrettanto virtuose, afferma che questi modelli non sono replicabili.

Tra le motivazioni più frequentemente portate figurano commenti come  : da noi non si può fare, funziona al nord (Italia o Europa, a seconda…), gli esempi portati non sono comparabili alla nostra realtà, serve un cambio culturale, agli italiani manca il senso civico e via dicendo.

A questo punto però, o ci arrendiamo, convincendoci che siamo antropologicamente e geneticamente diversi, e più portati di altri popoli alla corruzione, al fatalismo e alla rassegnazione, oppure proviamo prima a capire quali sono i punti di intervento per cambiare lo stato delle cose come individui, comunità o aziende.

Alcuni spunti interessanti in tal senso li offre la teoria del nudge (“leggera spinta”, o “gomitata”) ai quali principi si sono ispirati  governi e imprese di tutto il mondo. Tutto è cominciato con il libro “The  nudge” di Richard Thaler e Cass Sunstein pubblicato del 2008 (tradotto in Italia come Nudge: la spinta gentile) che illustra quali siano le strategie, basate sulle scienze comportamentali, usate per agire sulla cosiddetta “architettura delle scelte” degli individui. Secondo la psicologia economica, infatti, siamo soggetti a una serie di errori, bias (cioè distorsioni cognitive) ed emozioni che non ci consentono di compiere sempre la decisione migliore per il nostro benessere, anche economico. Proprio per questo le applicazioni di nudge possono spingere le persone, a prendere delle decisioni “migliori” senza costrizioni ma più semplicemente cambiando la modalità di presentazione delle scelte. Lo scopo è quello di cercare di migliorare il benessere delle persone orientando le loro decisioni mantenendo la libertà di scelta. Nel loro libro, Thaler e Sunstein chiamano questo approccio Paternalismo libertario.

LA SPINTA GENTILE PER FARE LA SCELTA “GIUSTA” DI DEFAULT

Una delle sfide più critiche per una transizione verso modelli e stili di vita sostenibili è  come ottenere che le persone facciano la cosa giusta. Ricerche sul comportamento dei consumatori in fase di acquisto effettuate da organizzazioni come GlobeScan o Nielsen rilevano che la maggioranza dei consumatori ha a cuore la sostenibilità e vuole fare la cosa giusta. Purtroppo, il divario esistente tra il desiderio/intenzione e il comportamento quotidiano, raramente  viene colmato.
Mentre campagne o iniziative politiche si sono per lo più concentrate su come ottenere che le persone facciano la cosa giusta, il percorso più proficuo sarebbe quello di fare in modo che la scelta “giusta” da intraprendere sia quella di default e in generale la più facile.
Vecchie e nuove ricerche dell’economia comportamentale hanno infatti appurato che le persone tendono quando messi di fronte a scelte a non abbandonare lo status quo.
Qui si entra nel campo del nudge – la teoria elaborata da Richard H. Thaler e Cass R. Sunstein, economista il primo, giurista il secondo, autori del volume “Nudge, la spinta gentile” che  nasce dall’incontro fra lo studio dell’economia e le scienze del comportamento, ovvero dalla behavioral economics, l’economia comportamentale. Gli autori promuovono un approccio che definiscono paternalismo libertario, basato cioè sulle  conoscenze di economia comportamentale e quindi anche sull’irrazionalità umana per disegnare delle politiche sociali ed economiche che lasciano i singoli liberi di decidere come comportarsi ma allo stesso tempo li inducono a scegliere in modo più vantaggioso per se stessi e/o la comunità.
L’idea di Thaler e Sunstein è semplice ma geniale: per introdurre pratiche di buona cittadinanza, per aiutare le persone a scegliere il meglio per sé e per la società, occorre imparare a usare a fin di bene l’irrazionalità umana. I campi d’applicazione sono potenzialmente illimitati: dal sistema pensionistico allo smaltimento dei rifiuti, dalla lotta all’obesità al traffico, dalla donazione di organi ai mercati finanziari, non c’è praticamente settore della vita pubblica o privata che non possa trarre giovamento dal “paternalismo libertario”.

DONAZIONE DI ORGANI
In America, così come in paesi europei come Olanda, Regno Unito, Germania e Danimarca, la scelta di default non è quella di donare gli organi. Il consenso ad un espianto degli organi deve avvenire attraverso un’apposita procedura (opt-in). Il risultato è che in America si ha il  28% della popolazione donatrice di organi. Questa adesione viene confermata essere la soglia massima raggiungibile dal sistema USA se viene comparata con le percentuali di donatori riportate nella tabella seguente nei paesi prima citati. Al contrario, nei 7 paesi europei dove donare gli organi è l’opzione predefinita, il  98/99 % della popolazione acconsente alla donazione (opt-out). Questi dati rendono l’idea di come il sistema che regola le donazioni possa generare risultati opposti quando ai cittadini viene chiesto di scegliere di non aiutare gli altri a fine vita (opt-out),  oppure di scegliere se farlo (opt-in).

scelta-donazioni

Se si vuole quindi indurre le persone a cambiare bisogna rendere il cambiamento più facile da intraprendere rispetto allo stare fermi. Anche da ricerche che hanno studiato l’utilizzo da parte degli utenti delle opzioni di default dei dispositivi elettronici è arrivata la conferma che la maggioranza delle persone non cambia mai le opzioni di default.

 

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