Rifiuti: una gestione virtuosa non dipende (solo) dai Comuni

Se non affronteremo il problema dei rifiuti a partire dal modello economico che li genera, con politiche fiscali che incentivino prevenzione, riuso e riciclo, rischiamo di ritrovarci con discariche piene nel giro di due anni e di mancare il raggiungimento degli obiettivi di riciclo comunitari
Per contribuire alla soluzione del puzzle che è l’attuale produzione produzione rifiuti urbani e industriali, e per fare chiarezza su ruoli e responsabilità dei vari attori della filiera del consumo, abbiamo lanciato nel 2012 la nostra campagna Meno rifiuti più Benessere in 10 mosse.
L’iniziativa, entrata nella sua terza edizione, sollecita il mondo della produzione e della distribuzione a compiere 10 mosse per ridurre l’impatto ambientale degli imballaggi , promuovere soluzioni adatte all’uso multiplo (invece che usa e getta), ma soprattutto come recita la prima mossa: ad innovare prodotti e processi produttivi riprogettandoli in un’ottica di economia circolare.

L’attuale modello economico lineare ha mostrato ormai tutti i suoi limiti, a livello ambientale cosi come economico. Tutta la comunità scientifica che nei diversi ambiti ne ha rilevato e misurato gli effetti collaterali più devastanti, ( vedi l’influenza sul cambiamento climatico), concorda sul fatto che dobbiamo agire subito. Il primo passo è quello di limitare drasticamente il consumo di risorse naturali che avanza ad un ritmo crescente. Siamo arrivati al punto di consumare in media il 50% di risorse in più di quanto i sistemi naturali siano in grado di rigenerare.
In Europa (Ue a 27) ogni cittadino consuma mediamente ogni anno risorse materiali per circa 16 tonnellate, 45 kg al giorno, di cui circa 6 tonnellate diventano rifiuto.
Per ridurre il consumo di risorse, emissioni ed inquinamento dobbiamo agire sulle cause senza girarci intorno o giocare allo scarica barile. Non è pensabile affrontare una sfida così smisurata concentrandosi esclusivamente sul cassonetto del rifiuto urbano e sulla responsabilizzazione dei cittadini, perché equivarrebbe a non volere vedere l’elefante nella stanza.

I Comuni virtuosi si prendono la responsabilità di effettuare il miglior servizio possibile di igiene ambientale e raccolta differenziata spinta. Tuttavia con costi in continuo aumento ( + 18 % in cinque anni per la gestione del rifiuto indifferenziato e + 7% per i rifiuti differenziati- fonte ISPRA), contributi conai per la raccolta differenziata che coprono meno della metà di quanto servirebbe, e risorse finanziare sempre più scarse, diventa impossibile tenere botta senza “rivalersi” sui cittadini.

Che la soluzione del problema rifiuti passi da un diverso approccio basato sulla prevenzione e sulla condivisione equa delle responsabilità, per evitare che sia sempre il cittadino a pagare il conto finale, lo sostengono anche autorevoli accademici come il Prof. Tencati della Bocconi autore del libro “Prevenzione e innovazione per una economia della sostenibilità”. Cito una dichiarazione dell’autore in occasione della presentazione del libro e alcuni passi dello stesso. “Dobbiamo adottare una prospettiva in cui il sistema del riciclo e del recupero si salda con il sistema a monte per costruire un vero e proprio sistema della prevenzione. In questa prospettiva la leva fondamentale è l’innovazione”.  Secondo lo studio, che ha messo a confronto le politiche di prevenzione adottate da 11 paesi e 20 aziende, quelle più efficaci sono il frutto di interazioni estese ed intense, visioni strategiche condivise, strumenti e metriche comuni. “I risultati del processo di benchmarking – si legge ancora nello studio – confermano che le più avanzate politiche per la sostenibilità derivano da forme di collaborazione. Gli stessi interventi di prevenzione non possono essere affrontati, in maniera disarticolata e non coordinata, da attori singoli. E’ necessario sviluppare un modello di collaborative governance, che nasca dalla interazione, variamente configurata, tra le categorie di soggetti: soggetti pubblici, imprese, società civile”.

Per tornare al contributo che la nostra iniziativa vuole portare, per aprire un confronto costruttivo con gli attori del mondo industriale e distributivo, abbiamo individuato alcune azioni di partenza. Si tratta di azioni non esaustive, e non tutte estendibili su larga scala senza l’intervento di politiche ad hoc (che incentivino prodotti a basso impatto ambientale e applicazioni di share economy) ma qualcuno dovrà pur assumersi il compito di fare da apripista al cambiamento.

Le dieci azioni sono state ispirate dagli esiti di indagini merceologiche effettuate sul rifiuto indifferenziato e da visite effettuate presso gli impianti di selezione e riciclo dove si è potuto toccare con mano che vengono immesse al commercio in quote sempre maggiori alcune tipologie di imballaggi, (presentati a volte come il massimo della sostenibilità), che il cittadino raccoglie separatamente ma che poi, nel fine vita, si rivelano riciclabili soltanto in teoria. Pur essendo conteggiati tra gli imballaggi differenziati finiscono di fatto in discarica o negli inceneritori per diversi motivi.
Ai produttori e utilizzatori di imballaggi viene chiesto di immettere nel sistema produttivo una maggioranza schiacciante di imballaggi facilmente riciclabili in impianti di prossimità e di impiegare materia riciclata post consumo per generare nuovi prodotti al posto di materia vergine.
Ai produttori e alla Distribuzione Organizzata viene chiesto, tra  le altre cose, di impiegare esclusivamente imballaggi secondari e terziari riutilizzabili per la movimentazione delle merci e collaborare tra loro per creare e promuovere prodotti innovativi a basso impatto ambientale. Alla Distribuzione Organizzata con le mosse nove e dieci si chiede inoltre di ampliare l’assortimento di prodotti ecologici e l’offerta di quelle opzioni di acquisto sfuso o alla spina che permettano di riutilizzare anche l’imballaggio primario, portato da casa, comunicandone il vantaggio ambientale. Vedi MOSSE nr.9-10 della presentazione.