Un altro mondo è possibile

Se c’è un momento fondamentale, che studieranno i nostri figli nella storia italiana ed europea, quello è Genova 2001.

Ho un ricordo personale nitido dei fatti, anche per l’età. 23 anni, facevo l’obiettore di coscienza in Segretariato Oratori. “Un altro mondo è possibile” era il felice slogan dietro cui c’era un mondo variegato, che andava dalla sinistra a larghe fasce cattoliche (certamente tutti i movimenti e le associazioni cattoliche).

C’era chiara l’idea che stava saltando la dicotomia Socialismo-capitalismo del 900, ed era ora di definire un nuovo mondo, economico e sociale. Il sogno del No-logo, la contestazione alle multinazionali, l’obiettivo condiviso di un mondo più uguale, di un nuovo ordine mondiale dopo uno dei secoli più brutti della storia. Ed era chiaro per tutti che questo movimento era maggioritario, perchè convinceva larghe fette di popolazione, stufe di essere schiave di un capitalismo basato sulla finanza (chiedetelo agli imprenditori, non agli operai, cosa vuol dire adesso essere schiavi della finanza. Ecco, Genova è una delle cause).

Ricordare quei fatti solo per i Black-block, e la tragicità delle contestazioni, è credere ingenuamente ad una narrazione posteriore, fasulla, costruita a tavolino, fatta da chi volle scientemente, e ci riuscì, spezzare il movimento, rendere minoritari i sogni di futuro, far vincere, semplificando molto, finanza e individualismo.

Genova 2001 fu l’ultima battaglia del capitalismo, morente, e fu la prima lotta della dicotomia del 21 secolo: l’individuo contro la comunità. Settembre 2001 diede poi il colpo finale, mondiale. Senza Genova è impossibile capire la chiusura delle nostre popolazioni, per millenni crocevia di culture, o la paura dell’incontro con l’altro, paradossale per un popolo, quello italico, che è il più bel coacervo di meticciamenti della storia.

Sono passati 15 anni, e la lotta è la stessa: l’individuo, e i suoi diritti portati all’altare come necessari sopra ogni cosa, contro la comunità, il bisogno di salvarsi assieme, l’attenzione all’altro. 
Ha perso la città, a Genova, ha perso la comunità. E’ ora di ricostruire una nuova narrazione, meno ingenua e banale, se vogliamo salvare le nostre comunità.

Paolo Erba, sindaco di Malegno (BS)

HA PERSO LA CITTA’