Un manifesto per l’acqua pubblica

L’acqua in quanto bene indispensabile per la vita di ogni essere vivente, in quanto non riproducibile ed esauribile è sicuramente il bene comune per eccellenza e come tale appartiene alla sfera dei diritti inalienabili. È per la sua natura e per il suo indissolubile rapporto con la vita che l’acqua non può essere considerata merce. Con questo presupposto l’associazione dei Comuni Virtuosi e Legambiente nella ricorrenza della Giornata Mondiale dell’Acqua avviano un impegno comune per una sua gestione sostenibile e pubblica.

Nonostante lo straordinario successo ai referendum del 12 e 13 giugno 2011 non si è mai veramente aperta una nuova stagione in Italia sul tema della gestione pubblica dell’acqua e siamo ancora lontani dalla sua concretizzazione. Il risultato referendario – ottenuto grazie al lavoro del Comitato promotore dei referendum e del Forum italiano dei movimenti sull’acqua, di cui fanno parte le nostre associazioni – ha dimostrato che esiste un vasto movimento popolare trasversale, e una grande attenzione da parte dei singoli cittadini, da cui non si può prescindere per la definizione di buone politiche di gestione della risorsa idrica a livello locale, oltre che nazionale, per avviare a soluzione i problemi del ciclo delle acque.

Occorre mettere in pratica da subito il concetto di acqua bene comune, fondamentale per ogni forma di vita sul pianeta, con un utilizzo che risponda a criteri di pubblica utilità e di solidarietà e che non risponda in nessun modo a logiche di profitto.

Al tempo stesso occorre essere consapevoli che affidare la gestione dell’acqua a soggetti di diritto pubblico è solo un primo passo, che da solo non sarà sufficiente per rendere efficiente il servizio idrico. Negli ultimi anni sono emerse sempre più esperienze di gestioni pubbliche che hanno garantito un servizio adeguato grazie ad un’attenta gestione, dimostrando di saper governare il ciclo delle acque in modo efficiente, efficace ed economico, ed è proprio da queste che si dovrà ripartire. La vittoria del Sì al referendum ha permesso di respingere con forza la deriva della privatizzazione, ora però occorre che gli enti locali siano richiamati ad una gestione corretta del servizio idrico.

A partire da questi presupposti vogliamo costruire percorsi dal basso per ripensare, e in alcuni casi anche ricostruire, in modo più sostenibile una buona gestione del servizio idrico.

Di seguito i punti su cui avviare incontri pubblici, seminari formativi, analisi e progetti, con l’obiettivo di promuovere e favorire sempre di più la partecipazione attiva dei Comuni e dei cittadini per la costruzione di una gestione pubblica e sostenibile dell’acqua in Italia.

Associazione Comuni Virtuosi – Legambiente, Salerno, 22 marzo 2016

I 10 punti per una gestione sostenibile dell’acqua e del servizio idrico nel territorio comunale

  1. Dare piena attuazione all’esito del referendum avviando una gestione pubblica che riconosca i soggetti di diritto pubblico come principale forma per garantire: reale partecipazione delle Comunità, inalienabilità del diritto di accesso all’acqua, intervento con forme di fiscalità generale a sostegno di situazioni particolarmente critiche , gestione sostenibile della risorsa. È ovviamente necessario anche rivedere la tariffa del servizio idrico integrato, eliminando la quota relativa alla remunerazione garantita del capitale investito.
  1. Avviare la riforma del settore idrico prevedendo nuove regole di partecipazione attiva, con strumenti di condivisione e luoghi di consultazione con il pubblico, come previsto anche dalla direttiva europea 2000/60. Una vera partecipazione che non si limiti alle inutili forme di richieste di osservazioni su piani già redatti. Un esempio in questo senso viene dalle sempre più diffuse esperienze di Contratti di fiume e di lago in Italia, dove la partecipazione reale e concreta delle comunità locali e di tutti i soggetti interessati diventa lo strumento cardine per svolgere una buona politica di tutela e sviluppo del territorio e dei corpi idrici. Tuttavia, nella partecipazione è centrale il ruolo dei Consigli comunali che rappresentano la voce dei territori e delle numerose comunità insediate. Le assemblee rappresentative comunali devono avere il diritto di esprimersi in materia di gestione del servizio idrico.
  1. Ancora oggi in Italia 15 milioni di cittadini (pari al 25% del totale) scaricano i loro reflui nei fiumi, nei laghi e nel mare senza depurazione. Completare la rete di depurazione sul territorio, adeguandola ai moderni standard tecnologici e di qualità rappresenta un passaggio fondamentale per assicurare gli obiettivi di qualità della risorsa. Per realizzare questo occorre un’efficace depurazione che contenga costi di realizzazione e di gestione e che mantenga in buone condizioni il corpo idrico , utilizzando laddove necessario e possibile, trattamenti più efficaci e meno centralizzati o sistemi alternativi quali la fitodepurazione.
  1. Il 15% della popolazione in Italia non è servita dalla rete fognaria e si stima siano circa il 20% le condotte non allacciate ad impianti di depurazione. Inoltre il 70% delle fogne scorre in reti miste che raccolgono gli scarichi civili (acque nere e grigie) e le acque meteoriche (acque bianche), con forte aumento di portate della condotta in caso di intense precipitazioni e gravi problemi per il sistema di depurazione. Per questo si ritiene necessario e urgente completare il sistema di raccolta degli scarichi, attivando fin da subito interventi volti alla separazione delle acque di pioggia (acque bianche, da trattenere per favorirne l’infiltrazione) dalle acque di scarico (acque nere) per migliorare l’efficienza della depurazione.
  1. In alcuni Comuni a volte l’accesso all’acqua è razionato e la distribuzione nelle case è irregolare, soprattutto nei mesi estivi. Garantire un buon servizio affidabile e migliorarne l’efficacia, eliminando eventuali discontinuità dell’approvvigionamento di acqua potabile è un intervento necessario, a partire dall’ammodernamento della rete di distribuzione che ancora oggi perde un terzo dell’acqua potabile in tubi colabrodo. Un’azione che consentirebbe anche di minimizzare i volumi prelevati lasciando ai corpi idrici l’acqua necessaria al mantenimento o al ripristino del loro buono stato di qualità.
  1. In Italia le acque potabili fornite dal servizio di acquedotto sono garantite dai decreti legislativi n. 31/2001 e n. 27/2002 che prevedono due tipi di controllo, interno, di responsabilità del Gestore del Servizio idrico integrato, effettuati in laboratori interni, ed esterno, effettuati dalle Aziende sanitarie locali insieme alle Arpa territorialmente competenti. Sulla base dei dati ottenuti da tali operazioni, i Sindaci devono farsi garanti e promotori di un’operazione di trasparenza comunicando con tempestività e chiarezza i dati di qualità dell’acqua potabile specificando le eventuali deroghe per alcuni parametri o situazioni di criticità .
  1. Garantire e favorire l’utilizzo di acqua di rubinetto, più economica e più sostenibile di quella in bottiglia, attraverso campagne e iniziative che aumentino anche la consapevolezza rispetto alla gestione del Servizio idrico. Il nostro Paese ha il primato europeo di consumo di acqua in bottiglia con oltre 190 litri/abitante consumati. Consumi che causano un uso di oltre 350mila tonnellate di PET, per un consumo di circa 700mila tonnellate di petrolio e l’emissione di 1 milione di tonnellate di CO2 oltre una gran quantità di rifiuti plastici che solo per un terzo vengono avviati a raccolta differenziata, di cui solo la metà avviata a riciclaggio. Per questo proponiamo di attivare azioni per la promozione e la diffusione dell’utilizzo dell’acqua di rubinetto attraverso campagne di sensibilizzazione dei cittadini e nelle scuole e altri interventi come la distribuzione delle “etichette dell’acqua potabile” alla cittadinanza, l’utilizzo di acqua in brocca nelle mense scolastiche o con l’installazione di erogatori sui luoghi di lavoro, nelle strade e nelle piazze cittadine.
  1. L’attenzione alla risorsa idrica rappresen­ta un fattore chiave anche per la sostenibilità in edilizia. Nel 2015, secondo un rapporto di Legambiente, risultavano 747 Comuni che avevano inserito nel loro Re­golamento edilizio norme sul risparmio dell’acqua e sul recupero delle acque piovane per uso di irrigazione dome­stica. Occorre adottare quindi sempre più misure per la riqualificazione degli edifici anche dal punto di vista idrico. Sono scelte obbligate, per una concreta politica di tutela della risorsa. Occorre rendere obbligatorio, per tutte le nuove costruzioni e per gli interventi di ristrutturazione degli edifici, la separazione tra le acque nere, che vanno in fognatura, e acque bianche e grigie da riciclare per usi domestici e civili non potabili e azioni finalizzate al risparmio idrico.
  1. Favorire, diffondere e mettere in pratica azioni per il risparmio della risorsa idrica nelle case (attraverso la raccolta della pioggia e la separazione, trattamento e riuso delle acque grigie), così come nelle attività industriali e agricole. Sono interventi a basso costo, da parte delle amministrazioni, che consentono da subito risultati concreti.
  1. Occorre inoltre procedere ad un ripensamento più generale della pianificazione, che comprenda anche quella territoriale e urbanistica, per incidere sul problema dell’artificializzazione e impermeabilizzazione dei suoli che fa confluire gran parte delle acque meteoriche in fognatura ed è sempre più di frequente causa di gravi allagamenti nelle città, che spesso si sono purtroppo trasformati in vere e proprie tragedie. Fermare il consumo di suolo come primo passo e ridurre l’impermeabilizzazione del terreno deve essere una priorità assoluta delle amministrazioni locali applicando le tecniche e i materiali che permettano uno sviluppo urbano che garantisca la permeabilità e favorisca la laminazione delle acque. Un problema non solo di quantità della risorsa ma anche di sicurezza dei cittadini.