Un mare di plastica

Molte delle discussioni che ci hanno accompagnato in questa estate 2017 hanno avuto come tema centrale la gestione delle risorse idriche e la preoccupazione per il prosciugamento di laghi e corsi d’acqua. Bracciano è solo uno degli esempi più eclatanti, insieme a molti fiumi e ruscelli periferici (specie nelle regioni del sud).

C’è però un aspetto riguardante la disponibilità di acqua corrente che molto spesso non viene tenuto in considerazione: l’accesso ad acque potabili dovrebbe essere un diritto di ogni cittadino e molte associazioni si stanno mobilitando perché l’Unione Europea riconosca ed imponga agli stati membri precise norme a riguardo. La discussione va ben al di là del fabbisogno giornaliero di H²O: avere facile accesso ad acqua corrente potabile dai nostri rubinetti potrebbe, in effetti, salvare il pianeta o, per lo meno, ridurre l’impatto che la società dei consumi ha sull’ambiente.

Per capire queste ultime affermazioni e importante considerare quale è lo stato attuale del consumo d’acqua, tanto nel mondo quanto a livello nazionale.

Attualmente il consumo di acqua corrente a fini alimentari non ha paragoni con il consumo di acqua imbottigliata, che molto spesso (o quasi sempre) si affida al PET per i contenitori. Proprio questo materiale, brevettato nel 1973 per il contenimento di bevande gassate, è riucito in poco più di 4 decadi a mettere a repentaglio un ecosistema sviluppatosi in millenni. Le isole di plastica fluttuanti negli oceani sono lì a ricordarcelo.

Solo nel 2016 sono stati bevuti in Italia 12 mld di litri d’acqua, una quantità tale da riempire otto volte il colosseo. Va anche detto che l’Italia ha il primato europeo per consumo di acqua in bottiglia pro capite.

Perché questi dati dovrebbero allarmarci?

Presto detto: oltre all’inquinamento degli oceani un altro problema è generato dalle emissioni di CO² presenti tanto nei processi di produzione, quanto nel trasporto da un capo all’altro della nazione – per non parlare dei fumi derivanti dallo smaltimento tramite inceneritori. Per citare un altro paragone (anch’esso presente nell’infografica fornita da <a href=”http://trademachines.it/info/acqua-in-bottiglia/” target=”_blank”>TradeMachines</a>), servirebbe una foresta delle dimensioni della Gran Bretagna per bilanciare le emissioni annuali di CO² scaturite dalla produzione del PET.

Onde evitare di cadere nel puro allarmismo, una soluzione pratica (e alla portata di tutti) è offerta dall’acqua del rubinetto che, nonostante i pregiudizi negativi a riguardo, deve sottostare a ben rigidi standard qualitativi. Ad ogni modo, nel caso ci siano dubbi è possibile effettuare test sull’acqua della propria abitazione presso appositi enti locali.

Pur considerando i benefici offerti dal PET (specie per il trasporto in grandi quantità) è bene considerare l’acqua corrente come una valida alternativa, tanto per un risparmio economico (un millesimo del prezzo di quella venduta in bottiglia) quanto per la salute del nostro pianeta.

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