“Il mio paese conta ben 75 abitanti, siamo il Comune più piccolo della Sardegna, legato inevitabilmente da sempre al concetto di spopolamento e di estinzione. Noi però siamo ancora qui e per questo vorrei raccontarvi quello che abbiamo e quello che vorremmo realizzare, non quello che ci manca. C’è un gruppo di ragazzi, hanno tutti più o meno 20 anni e gran parte dei progetti che intendiamo portare avanti dipendono dalla loro pazienza, dalla loro resistenza a vivere in una dimensione complessa, troppo “tranquilla” per chi deve affrontare le sfide del futuro. Vogliamo lavorare insieme per fare cose straordinarie, studiare progetti e mettere a punto strategie che consentano loro di poter scegliere di stare nella propria terra se lo desiderano.
C’è un gruppo di anziani, qui c’è chi ci è nato, chi ha scelto di arrivare, anche da lontano, chi ha sempre vissuto qui intorno e tutti hanno fatto anni di sacrifici per restare. A volte tra giovani e anziani si stabilisce una connessione, ci si aiuta a vicenda, magari anche solo per far funzionare internet, per vedere la partita di calcio della squadra del cuore o per fare un viaggio a Parigi con il visore per realtà virtuali in tempo di pandemia. I nostri progetti sono animati sempre da uno spirito di confronto e scambio intergenerazionale, certi che il sapere sociale di comunità debba essere tramandato alle nuove generazioni affinché non solo lo custodiscano ma lo innovino mettendolo a frutto.
C’è un gruppo di adulti, alcuni fanno impresa e lavorano duro ogni giorno: i ristoratori, Baradili ha il più alto numero di pizzerie pro-capite in Italia, il falegname, che a tecniche tradizionali affianca studio e innovazione con nuovi materiali, il pastaio e i suoi tipici ravioli dolci legati al culto di Santa Margherita, nostra patrona, il vivaista che con pazienza certosina recupera le specie di frutti “antichi” tipici che nessuno coltiva più. Sono orgogliosa di tutti loro, per il coraggio e la determinazione e da loro imparo tanto ogni giorno.
Come amministrazione, insieme alla comunità, stiamo lavorando a un modello economico e sociale di ben-essere e del buon vivere, orientato a combattere la desertificazione in tutte le sue forme, basato sulla sostenibilità, sul coinvolgimento e sulla cittadinanza attiva. Siamo gruppi che hanno scelto di vivere insieme, di respirare dagli stessi alberi. Vogliamo che la comunità acquisisca vera consapevolezza e vogliamo condividere qualcosa al di fuori del nostro piccolo mondo, per questo abbiamo scelto di cedere e di donare agli altri, al territorio e a chiunque voglia coglierle e metterle in circolo, le nostre energie e la nostra resistenza ed essere così pronti ad una nuova rigenerazione e una nuova inspirazione”.
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