Dal nostro inviato a Marrakech
Sabato 12 a Marrakech Salaheddine Mezouar, ministro degli estero del Marocco e presidente della COP22, ha convocato una conferenza stampa assieme a Patricia Espinosa, segretario della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite. Mezouar e Espinosa fanno fatto il punto sulla conferenza, che ha concluso la settimana di apertura, tradizionalmente più tcnica, e si appresta a dare spazio alla politica nella seconda, con l’arrivo dei ministri e l’inizio martedì del High Level Segment, con gli interventi dei rappresentanti di ogni nazione. Per l’apertura della sessione martedì saranno presenti il re del Marocco Mohammed VI e il Segretario Generale ONU Ban Ki-moon. L’intervento del ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti è previsto nella serata di mercoledì 16.
Martedì verrà anche presentata la Marrakech Call of Action, un documento politico predisposto dalla presidenza marocchina dopo lunghe consultazioni. Non tutti sono convinti che un nuovo documento sia una buona idea, anche se è rituale che chi ospita la COP voglia lasciare un segno del proprio impegno con una dichiarazione che resti negli annali. I più pessimisti temono che un documento politico, in una fase ancora piuttosto confusa, possa portare a dei distinguo e alla radicalizzazione di alcune posizioni.
Mezouar ha annunciato con soddisfazione che il numero delle nazioni che hanno ratificato l’accordo di Parigi è salito a 109 e ha invitato gli altri paesi a unirsi al gruppo. Naturalmente molti giornalisti hanno fatto domande sull’influenza del risultato delle elezioni USA sul processo di attuazione dell’Accordo di Parigi. Mezouar ha risposto diplomaticamente che “il popolo americano è molto attento e impegnato nella lotta ai cambiamenti climatici”. In realtà qualcosa si sta già muovendo e voci dal Golfo riferiscono che paesi come Arabia Saudita e Qatar abbiano accolto con sollievo l’elezione di Trump, vista la sua posizione sui combustibili fossili. L’Arabia Saudita peraltro è tra le nazioni che ha già ratificato l’accordo, come gli Emirati Arabi e gli stessi Stati Uniti. Iran, Kuwait, Oman e Qatar devono ancora farlo.
Da quando è stato eletto, Trump non ha più espresso opinioni sul cambiamento climatico, che nel 2012 aveva definito “un invenzione della Cina per togliere competitività all’America“. Il presidente della Commissione Europea Juncker giovedi scorsò ha chiesto pubblicamente di conoscere le posizioni del nuovo presidente americano sul tema. La diplomazia cinese nel frattempo non sembra essere influenzata da Trump e continua a dichiarare il proprio impegno nell’attuazione dell’accordo, che è entrato in vigore così velocemente proprio per la ratifica congiunta di USA e Cina lo scorso 3 settembre.