Rigenerare le comunità

Piccoli borghi da recuperare certo, ma non solo come fuga dalla città. Serve recuperare il senso di comunità.

Dopo il confuso dibattito di questi lunghi mesi di pandemia su un ritorno alla natura e ai borghi come luogo-rifugio dalle fobie metropolitane, il pericolo è un ancor più fuorviante ricorso alla semplificazione che sui borghi si sta facendo in relazione ad un’offerta turistica “contemporanea” al Covid19 e per il dopo.

Parlando dei borghi si pone, pericolosamente, l’accento sulle dimensioni demografiche di questi luoghi richiamandole come appropriate al distanziamento sociale imposto dall’emergenza sanitaria, dimenticando le ragioni di chi abita e soffre il dramma dello spopolamento.

Il rischio è cadere nella retorica del ritorno al paesello e di lanciare in rete cartoline per richiamare l’attenzione di turisti. I borghi sono “per tutte le stagioni”, non destinazioni da improvvisare nella fase di uscita dalla pandemia o da proporre come provvisoria alternativa al turismo tradizionale in attesa che si possa ricominciare come nulla fosse successo.

Ora più di prima, dobbiamo essere consapevoli che i borghi rappresentano, da nord a sud e dall’Appennino alle coste, un sistema centrale per l’intero Paese e lo sono anche nella definizione di una strategia di offerta turistica sostenibile.

Negli ultimi anni, come sappiamo, l’attenzione ai borghi come destinazione è cresciuta e il mercato turistico ha esaltato valori quali la presenza diffusa di cultura, l’attenzione alla bellezza e la “lentezza” offerta ai visitatori.

Più che questi elementi a fare la differenza è, però, la considerazione che il borgo, e non altre destinazioni di massa, è per sua vocazione il luogo della vacanza “vissuta”, dei rapporti fiduciari, di esperienze specifiche e costruite su misura.

Ed è questo ciò su cui i Borghi Autentici, da anni, hanno lanciato la propria proposta: le comunità e l’incontro con il turista che viene condotto “per mano” a diventare cittadino temporaneo e a occuparsi del territorio stesso che lo ospita, concentrandosi soprattutto sul valore della dimensione comunitaria.

In attesa di superare le distanze imposte dall’attuale situazione di pericolo sanitario (ma anche di “spaesamento” sociale), è necessario ripensare l’idea stessa di turismo come occasione per un percorso (e relativi strumenti) di rigenerazione delle comunità, in relazione alle motivazioni, ai comportamenti individuali, alle relazioni con gli ospiti.

Quando sarà passata l’emergenza, occorrerà ancor di più lavorare ad un’offerta ripensata in funzione di un nuovo modo di viaggiare che è, nello stresso tempo, attento alla sicurezza del viaggiatore e in grado di garantire contesti che conservano il “significato profondo della prossimità”, formulata non necessariamente (e non solo) nella declinazione della “vicinanza” con l’ospite ma nel rafforzamento della coesione stessa della comunità ospitante. 

La lezione da apprendere sono le tante storie di “cura” delle comunità che i borghi hanno saputo raccontare in questi mesi e che li ha visti affrontare la pandemia – forti di una capacità di resilienza dimostrata sul campo – valorizzando le interconnessioni tra le responsabilità individuali e quelle collettive e dando un valore nuovo alle comunità.

Man mano che sarà possibile “riaccorciare le distanze”, i borghi potranno contare sulla mobilitazione delle persone e delle loro energie da convogliare su obiettivi concreti (dalla salute pubblica alla riduzione dei consumi, dalla salvaguardia della biodiversità alla mobilità dolce, dall’arresto del consumo del suolo al riuso urbano) e capaci di attivare modelli di ospitalità che guardano prioritariamente alla soddisfazione dei bisogni delle persone, degli ospiti ma ancor prima dei residenti.

Le risorse a disposizione devono cogliere tale predisposizione e contribuire a questo processo di rigenerazione mettendo insieme le eccellenze locali, le molteplici competenze disponibili e forme nuove di partecipazione, creando le condizioni per un’offerta turistica che nasca dai territori, attenta alle persone (in particolare alle fasce fragili della popolazione: giovani, anziani isolati, nuovi residenti) e che coniughi crescita e inclusione sociale.

I borghi dovranno divenire i luoghi privilegiati per un’accoglienza diversificata basata sul dialogo, occasione per esperienze di innovazione sociale e habitat ideale per comunità ospitali precursori di una nuova vivibilità che diventa non solo una modalità di narrazione ma volano strategico per lo sviluppo dei territori.

Rosanna Mazzia, sindaco di Roseto Capo Spulico (CS) e Presidente Borghi Autentici