Deposito cauzionale : dopo l’impegno di Costa per un DL sulla misura un Odg di Elenora Evi impegna il Governo

Sono diversi i segnali che arrivano dall’Europa e dal contesto nazionale che rendono urgente una riflessione seria sulle potenzialità di un sistema di deposito cauzionale per la nostra economia e l’ambiente : dalla conclusione dell’iter legislativo del Regolamento su imballaggi e rifiuti da imballaggio (PPWR) che impone nuovi obiettivi di raccolta e riuso, alla crisi del riciclo delle plastiche.

Pubblicato precedentemente su Polimerica.it

Come Campagna “A Buon Rendere” abbiamo prodotto un primo studio su costi e benefici derivanti dall’introduzione di un sistema di deposito per contenitori monouso per bevande (DRS Deposit Return System) perché riteniamo fondamentale affrontare questo dibattito con dati scientifici e analisi approfondite per valutare le reali opportunità e le sfide che tale sistema comporterebbe per il nostro Paese.

Altrettanto utile –  per avere un quadro più completo –  sarebbe poter disporre di studi che comparino i costi e benefici risultanti dall’implementazione di un DRS con lo scenario attuale, in cui gli oneri correlati alla raccolta differenziata degli imballaggi ricadono in misura maggiore su Comuni e contribuenti. (1)

Crisi del comparto del riciclo della plastica in Europa

L’industria del riciclo della plastica europea e nazionale sta affrontando da qualche tempo una congiuntura sempre più sfavorevole al punto che recentemente, ha allertato la Commissione Europea su alcune tendenze negative in corso tra cui un rallentamento nella capacità di riciclaggio scesa “dal 16% nel 2021 al 6% nel 2023” e i danni conseguenti alle “importazioni incontrollate di materiali riciclati e di plastica vergine nell’UE” che rappresentano “una sfida critica che richiede azioni rapide“.

Tra le azioni di supporto al riciclo menzionate da rappresentanti del settore in diverse occasioni figurano l’aumento quantitativo e qualitativo di imballaggi facilmente riciclabili. A questo proposito neanche in Italia possiamo ritenerci soddisfatti, vuoi per un flusso prevalente di plastiche miste che non vengono riciclate ma incenerite, oppure che raggiungono gli impianti di riciclo solamente dietro una compensazione economica da parte di Corepla ai riciclatori ( il 58% come da figura 13) senza certezze su cosa succeda di queste partite in quando, come si legge nell’Audit della Corte dei Conti dell’Ue Entrate dell’UE basate sui rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati , “non vi sono garanzie sufficienti che i rifiuti dichiarati dai riciclatori come ricevuti siano di fatto sottoposti a trattamento“.

Un sistema di deposito cauzionale in Italia può arrivare ad intercettare nel giro di due anni il 90% dell’immesso al consumo di bottiglie in PET, e quindi anche quelle bottiglie che finiscono nell’ambiente, oppure smaltite in inceneritori e discariche. A dimostrare che sia tale obiettivo sia fattibile sono le esperienze dei sistemi di deposito lanciati negli ultimi anni che sono state recepite nella legislazione sul deposito dell’Austria che prevende il raggiungimento dell’80% di intercettazione entro il primo anno di attività e il 90% dopo il secondo.

Una perdita di materiali preziosi che corrisponde a circa la metà dell’immesso al mercato ogni anno e che si traduce in circa 110 milioni di euro di Plastic tax che l’Italia paga all’Europa dal 2021. Un valore che, se si continua a ritardare l’implementazione della misura, potrebbe arrivare e superare il miliardo di euro al 2031.

I DRS sono parte della soluzione

Un DRS in tutti i Paesi Membri che ancora ne sono sprovvisti non può che aiutare il comparto del riciclo – grazie agli elevati tassi di raccolta –  e offrire comprovati vantaggi ambientali ed economici quanto più gli imballaggi raccolti vanno ad alimentare un riciclo di prossimità presso impianti locali/nazionali.

Oltre alla purezza degli imballaggi raccolti che permette un processo di riciclo a “ciclo chiuso” (bottle to bottle o can to can) i materiali raccolti possono essere così destinati in via prioritaria ai produttori di bevande che sono i soggetti industriali tenuti a rispettare gli obiettivi di contenuto riciclato per le bottiglie in plastica in Europa.

I sistemi di deposito sempre più la norma in Europa

Come si può rilevare scorrendo l’edizione del Global Deposit Book 2024 di Reloop, la panoramica più completa dei sistemi di deposito cauzionale attivi in tutto il mondo, è proprio in Europa che si è riscontrata la maggiore accelerazione con ben sei nuovi sistemi lanciati dal gennaio 2022 al gennaio 2025 (con la partenza del sistema in Austria) e con almeno altri sei che seguiranno entro fine 2027.

DRS: il dibattito in Italia

Durante il convegno svoltosi il 9 ottobre 2024 presso la Camera dei Deputati “Strategie e scenari di sostenibilità alla luce dei nuovi obblighi di legge: il potenziale ruolo del deposito cauzionale” promosso da Sergio Costa, vicepresidente della Camera , si erano manifestate le prime aperture rispetto al tema del DRS nel nostro paese.

La prima da parte dello stesso Costa che ha annunciato il suo impegno nel presentare un disegno di legge per introdurre la misura, possibilmente condiviso come stesura da rappresentanti di più schieramenti politici, affermando che : «L’economia circolare è fondamentale per la transizione ecologica e il deposito cauzionale deve essere un pilastro in Italia così come già avviene in Europa. Il tema ormai non è più “se” farlo, ma “come” ». La seconda apertura è arrivata da parte di Coripet che, attraverso il suo Direttore Generale Giovanni Albetti, ha affermato senza mezzi termini, e con cognizione di causa, che il raggiungimento del 90% di raccolta selettiva per le bottiglie in PET entro il 2029 non è conseguibile con la Raccolta differenziata attuale, seppur affiancata da Eco-compattatori.

Durante lo stesso convegno aveva preso parte anche Eleonora Evi, parlamentare del PD, che si era dichiarata favorevole ad un sistema cauzionale per il nostro Paese. Una dichiarazione che si è successivamente concretizzata nella presentazione di un suo Ordine del Giorno durante la votazione del DL Ambiente dello scorso 10 dicembre (approvato) che, come scrive la Evi sui social : “impegna il Governo ad introdurre un sistema di deposito cauzionale per bottiglie di plastica e lattine”.

Come campagna abbiamo apprezzato l’iniziativa e auspichiamo che l’impegno dei decisori politici debba estendersi, come avvenuto nei Paesi Membri dove è entrato in vigore un DRS negli ultimi anni, anche ai soggetti industriali, e ai produttori di bevande in primis, che ad oggi non hanno espresso un reale sostegno alla misura, tranne poche eccezioni come nel caso di Acqua Sant’Anna.

ODG 9/2164/13. Evi del 10 dicembre 2024

A partire da gennaio 2025, circa 357 milioni di persone in tutto il mondo vivranno in giurisdizioni con sistemi di deposito cauzionale (Deposit return system, Drs) per la raccolta e il riciclaggio di contenitori monouso per bevande; questi programmi richiedono ai consumatori di pagare un piccolo deposito al momento dell’acquisto, che viene rimborsato al momento della restituzione del contenitore vuoto a un punto di raccolta designato; questo processo consente ai contenitori per bevande di essere riciclati nella produzione di nuovi imballaggi per bevande; da tutte le evidenze accumulate nei Paesi ove il Drs è già operativo, si evince che il Drs minimizza la dispersione di bottiglie e lattine nel « littering » (i materiali dispersi su strade, parchi, spiagge e rimozione e gestione sono a totale carico delle Amministrazioni Comunali, gravando non poco sui loro bilanci), riduce gli sprechi, aumenta la qualità della materia prima seconda e riduce al minimo la necessità di materiali vergini.

Il Drs si sta dunque affermando come strumento-chiave per gli obiettivi di circolarità e per affrontare la crisi globale da scarsità delle risorse, e non a caso i network industriali in Europa, inclusi i produttori di plastica e di bevande, esprimono da tempo un convinto sostegno alla adozione generalizzata del Drs l’Unione Europea (Ue) è stata una forza trainante in questa tendenza globale, con diversi nuovi programmi introdotti negli ultimi anni.

Sono già 16 gli Stati membri in cui il Drs è già operativo, nel Nord come nel Sud Europa, ed in Paesi con diversa connotazione demografica e geografica. Tra i più recenti, a novembre 2023, la Romania ha lanciato uno dei più grandi Drs nazionali centralizzati al mondo, seguita dall’Ungheria a gennaio 2024 e dalla Repubblica d’Irlanda un mese dopo. L’Austria si appresta a lanciare il suo sistema a partire dal 1 gennaio 2025 mentre la Polonia introdurrà il Drs il 1° ottobre 2025.

Guardando al futuro, sono previsti nuovi programmi Drs in Grecia (1° dicembre 2025) nella Repubblica Ceca (2026), in Portogallo (2026) e nelle quattro nazioni del Regno Unito (2027), mentre la Slovenia ha espresso l’intenzione di implementare i sistemi nel prossimo futuro; la Spagna a fine novembre 2024 ha annunciato l’introduzione del Drs nei prossimi 2 anni.

Il caso spagnolo è particolarmente interessante per numerose somiglianze con il nostro Paese, a partire dalle strategie adottate sinora per conseguire gli obiettivi di intercettazione dei contenitori per bevande. Dalle ultime analisi lo stato spagnolo ha rilevato che i tassi di raccolta differenziata (Rd) delle bottiglie in PET sono molto inferiori a quanto dichiarato da Ecoembes, il loro Consorzio nazionale degli imballaggi, dati che confermano che la Spagna non riuscirà a conseguire gli obiettivi della Direttiva SUP, confermati nel Regolamento Imballaggi e che prevedono la raccolta differenziata del 90% dei contenitori monouso di plastica.

La situazione appare essere del tutto analoga a quella italiana; alla luce dei trend globali ed europei, delle previsioni del nuovo Regolamento europeo sugli imballaggi ed i rifiuti da imballaggio, che mette il Drs al centro delle strategie di circolarità per i contenitori per bevande, dell’analisi puntuale e trasparente dei dati di raccolta differenziata dei contenitori monouso per bevande come richiesto dalle nuove regole europee in base ai calcoli basati sul « riciclo effettivo » e non più ai rifiuti « avviati a riciclo », in considerazione dei benefici ambientali, climatici e di recupero e circolarità delle risorse, impegna il Governo ad adottare le opportune iniziative volte ad introdurre, entro due anni, su tutto il territorio nazionale, un sistema di deposito, restituzione e rimborso per i contenitori monouso in plastica (PET) e le lattine in alluminio per bevande.
9/2164/13. Evi.

(1) Copertura media dei costi sostenuti dai Comuni per la RD degli imballaggi è stata stimata da ARERA al 42%.

Qui una video intervista a Sergio Costa e Stefano Laporta registrata a conclusione evento del 9 ottobre 2024 da Teleambiente 

Littering da contenitori di bevande, la responsabilità del produttore e il contributo del cittadino in un caso studio

Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione per i rifiuti dispersi nell’ambiente che causa inquinamento ambientale e costi per le comunità.

Nel nostro Paese sono oltre sette miliardi i contenitori per bevande che sfuggono al riciclo e che finiscono dispersi nell’ambiente o smaltiti in inceneritori e discariche, ciò nonostante il littering da contenitori di bevande resta il convitato di pietra in tutte le discussioni sull’opportunità di implementare un sistema di deposito cauzionale in Italia.

In contrasto con la posizione assunta in Europa dalle associazioni del settore, il mondo delle bevande nazionale ancora non vuole riconoscere il ruolo positivo che qui giocano i DRS, tranne le poche realtà, tra le quali Acqua Minerale Sant’Anna e altre tra Marche di acque minerali che hanno aderito alla nostra campagna.

Per sensibilizzare l’opinione pubblica, nonché tutti i soggetti che giocano un ruolo nella prevenzione del littering, la campagna ha lanciato ABR Radar uno strumento di partecipazione attiva pensato per accendere i riflettori sul problema e raccogliere dati per supportare e promuovere soluzioni politiche. Non si tratta di uno strumento di analisi scientifica ma di un aggregatore di segnalazioni che pervengono dai cittadini circa il materiale, la tipologia, la quantità, la marca dei contenitori per bevande e la località da cui provengono.

Segue l’articolo di Giacomo Talignani pubblicato su Green & Blu che racconta l’impegno di Helena Boers nel ripulire ampie zone del suo Comune di residenza ma anche che, Helena, oltre a raccogliere e differenziare i rifiuti che trova, carica i dati riferiti ai contenitori per bevande che raccoglie sulla nostra webapp ABR Radar per il motivo che trovate spiegato nell’articolo.

I principali dati qualitativi e quantitativi dei contenitori per bevande raccolti da Helena tra maggio a settembre 2024 che, grazie a lei vengono riciclati, li trovate a fine articolo.

Helena Boers, ogni giorno percorre chilometri per ripulire le strade del suo comune: “L’inciviltà non ha fine”

Ogni santo giorno, a volte anche per decine di chilometri, Helena Boers esce con il suo cane Tom a ripulire le strade, gli spazi verdi e le sponde dei canali di Grezzago, un piccolo centro alle porte di Milano lungo il naviglio della Martesana. Qui, da quasi dieci anni, Helena percorre lunghi tratti recuperando centinaia di rifiuti, soprattutto bottiglie di vetro e plastica, e lattine. Poi pubblica le foto del “bottino” sui social e inserisce i dati relativi alla tipologia di contenitori per bevande trovati abbandonati sulla webapp della campagna “A Buon rendere”. “Perchè lo faccio? Provo a dare il buon esempio, a lasciare un mondo migliore ai mie figli”.

Tutto è iniziato partendo dalle vie accanto alla sua casa poi, giorno dopo giorno, il suo raggio di azione si è allargato ed è passata a raccogliere i rifiuti abbandonati lungo altre strade della cittadina, poi le provinciali e infine quelle dei paesi limitrofi. Così da dieci anni, sempre con il sorriso, anche se non nasconde che “a ogni sacco abbandonato, mi scappa una parolaccia“. Helena non lo fa per lavoro: lo definisce infatti il suo “hobby”. È il suo modo, spiega, per restituire amore al Paese dove oltre venticinque anni fa, sempre per amore, ha scelto a vivere. Nella speranza che i suoi concittadini cambino primo o poi i loro comportamenti.

“Se non lo faccio io i rifiuti sarebbero ancora tutti li”

Nata 55 anni fa in Olanda, nel 1997 su un volo per Johannesburg ha conosciuto quello che poi diventerà suo marito e padre dei suoi tre figli. Un incontro che l’ha portata a trasferirsi in Lombardia, a Grezzago, tremila residenti nell’hinterland milanese verso Bergamo.

Helena racconta di come, passeggiando con il suo cane la sera, lungo le strade urbane ed extraurbane ha visto crescere la quantità di rifiuti abbandonati: “Per lo più sacchi neri con dentro di tutto, e poi tantissime bottiglie di plastica e di vetro”.

Nei canali, lungo i marciapiedi, gettati nei campi: “I rifiuti – dice – li incontravo ovunque, formavano quasi delle piccole discariche abusive. Avevo notato che nessuno faceva nulla per ripulire, raramente venivano spostati: li vedevo sempre allo stesso punto“. Così, quasi senza pensarci troppo, dieci anni fa durante le passeggiate con Tom inizia a raccoglierli. “Se avessi aspettato che qualcuno si fosse mosso, attivato, sarebbero ancora lì”.

“I comportamenti non sono cambiati”

Percorre su e giù le strade del paese, esce armata di sacchi guanti e talvolta pinze, poi differenzia e smaltisce, spesso con i bidoncini di casa sua. Ad oggi, dieci anni dopo, non sa quantificare quanti chili di immondizia sia riuscita a recuperare, “sicuramente tanta“, ma sebbene la situazione sia un po’ migliorata “molti comportamenti irrispettosi non sono cambiati“. Ha aperto un profilo instagram, un po’ come “fanno altri pazzi come me in giro per il mondo” dice con il sorriso, dove quando può pubblica “tutto quello che ho recuperato, per dare un’idea di quanta inciviltà ci sia, ma anche degli sprechi”. Nei campi, e lo si vede bene dalle sue foto, in un solo giorno si trova davvero di tutto: una ventina di confezioni di vino in cartonato, tavolette di wc, vecchi telefoni e cd, soffioni da doccia, giocattoli di ogni tipo, persino una macchinetta del caffè. E soprattutto tante, troppi imballaggi per bevande.

All’inizio quasi mi vergognavo a raccoglierli, poi però ho deciso di insistere non essendo io quella che si doveva vergognare. Ora con me spesso c’è Romolo, un amico pensionato che aveva messo un annuncio su Facebook proprio per ripulire. Talvolta ci spostiamo anche nei paesi più vicini come a Trezzo sull’Adda. Ormai le persone mi conoscono, e mi lasciano depositare alcuni rifiuti differenziati nei loro bidoncini. Abbiamo chiesto che sia la Provincia, o chi deve occuparsene, a ripulire, ma spesso non viene fatto: il punto di partenza però è sconfiggere l’inciviltà, la maleducazione nella gestione dei rifiuti“.

Lei spera – e a volte qualcuno le ha detto che ammaliato dalla sua forza di volontà sta seguendo il suo esempio – di ispirare le persone a smettere di gettare la spazzatura per strada, a impegnarsi di più nella raccolta differenziata e nel riciclo.

Il problema è che i cambiamenti che vedo sono pochi. Ma io non mollo, raccolgo sette giorni su sette. I rifiuti ingombranti li porto ad un addetto comunale che ormai mi conosce. Tutto quello che posso differenziare e che recupero di pulito come gli imballaggi per bevande lo carico anche sull’app della campagna A Buon Rendere, in cui indico le marche e la tipologia di contenitori che raccolgo. Mi sa che ormai sono una delle numero uno per quantità di rifiuti recuperati“, spiega sempre col sorriso.

“A Buon Rendere”
Per Silvia Ricci, coordinatrice della campagna A Buon Rendere -molto più di un vuoto per un sistema di deposito cauzionale, il lavoro di Helena è prezioso perché fornisce indicazioni importanti in quanto: “l’impatto ambientale del littering da contenitori per bevande in Italia non è mai stato stimato nel nostro paese, nonostante le bottiglie e tappi in plastica siano tra i rifiuti più trovati nelle operazioni di cleanup e contribuiscano a nutrire la zuppa di plastica del nostro Mediterraneo mettendo a rischio la fauna marina. Le risorse preziose perse per il riciclo in una paese come l’Italia – che dipende dalle importazioni estere di materie prime in misura doppia rispetto agli altri Paesi membri – potrebbero essere catturate da un sistema di deposito cauzionale che può intercettare i contenitori sino al 98%”.

Il problema degli imballaggi
La webapp ABR Radar che usa Helena serve proprio “per fare pressione – come Campagna A Buon Rendere – sui produttori di bevande che non appoggiano un sistema cauzionale. Raccogliere rifiuti è importante ma le segnalazioni sulle marche e le tipologie di imballaggio che Helena recupera lo sono ancor di più perché ci forniscono dati preziosi per fotografare la situazione italiana e chiedere un sistema cauzionale“.

Anche Helena è d’accordo sul fatto che il sistema debba cambiare. Ma per prima cosa, ricorda, dovrebbe “cambiare l’atteggiamento delle persone“.

Cosa ci dicono i dati raccolti da Helena sui contenitori per bevande dispersi a Grezzago e aree limitrofe

Una premessa non citata nell’articolo è che Helena proviene da un Paese dove è in vigore un sistema di deposito cauzionale e che si augura con il suo lavoro di segnalazione di avere presto tale sistema anche da noi proprio per liberare il nostro paese da tali rifiuti.

In cinque mesi Helena ha raccolto 7154 contenitori per bevande abbandonati a Grezzago (4684), Trezzo sull’Adda (1622), Pozzo d’Adda (793) e altre località nelle vicinanze (55).

Di questi il 47,47% era rappresentato da bottiglie in plastica, il 29,33% lattine in alluminio, il 18,81% in vetro, il 3,76% in cartone per bevande e il restante 0,76% in materiale non identificato (figura 1).


La marca è stata indicata per 3702 dei contenitori raccolti ( parte delle bottiglie avevano perso l’etichetta oppure appartenevano a marche minori). Le 10 marche più comuni rappresentano il 66% del totale dei contenitori per cui è stata indicata la marca (Figura 2).

Tra tutti i contenitori raccolti, 2047 sono stati classificati come contenitori per soft drinks. Di questi, la marca è stata identificata per 1433 contenitori, di cui le 10 marche più comuni rappresentano il 94,42%.

Coca Cola con il 27,77% è la marca maggiormente presente nel littering.

Il lavoro di raccolta dati di Helena permette di fare una serie di considerazioni:

  1. Il fenomeno dell’abbandono degli imballaggi per bevande è un problema che si manifesta ovunque, sia nei luoghi urbani (dove la volontaria non opera nello specifico) che in tutte le zone dove c’è transito di persone, macchine e altri mezzi, oltre che cantieri di lavoro edili o agricoli. In alcuni casi si tratta di interi sacchi pieni di imballaggi abbandonati da utenze dei dintorni che non differenziano.
  2. Oltre alle bottiglie in plastica che sono i contenitori più presenti nelle raccolte di Grezzago e dintorni (circa 50%), sono state trovate anche molte bottiglie di vetro (birra) e lattine ( oltre 29%), nonostante esponenti di Assobirra e dei consorzi, in occasioni diverse, abbiano rispettivamente affermato che Birra e bevande in lattina si bevono nelle case e nel circuito Horeca, a giustificare che un sistema di deposito cauzionale non servirebbe da noi.
  3. Le marche più presenti tra gli imballaggi per bevande raccolti corrispondono alla classifica dei marchi best seller più presenti nel littering stilata durante campagne di Brand audit della coalizione globale Break Free From Plastic. Come rilevato dall’analisi dei dati riferiti a cinque anni (2018 – 2022) di Brand Audit esiste un rapporto di proporzionalità tra la quota di mercato coperta da una multinazionale e la presenza di imballaggi a marca propria abbandonati nell’ambiente, ovvero maggiore è la quantità di prodotti immessi sul mercato maggiore è la sua presenza nel littering. Coca-Cola continua ad occupare il primo posto sul podio.
  4. La maggioranza dei contenitori raccolti sono stati consumati “on the go” e abbandonati in loco invece che conferiti in cestini stradali, o portati a casa per differenziarli. Sia nel caso delle utenze prima citate che abbandonano interi sacchi, che nei casi dove i contenitori vengono abbandonati ove avviene il consumo manca una misura dissuasiva come una sanzione o un incentivo di ordine economico che spinga gli autori dei casi di abbandono a conferire correttamente gli imballaggi (oppure sollecitare l’intervento di un soggetto terzo che li raccolga per riscattare il valore del deposito abbinato al contenitore, come avviene nei paesi con un sistema di deposito cauzionale).

Visioni a confronto sul ruolo del Deposito Cauzionale: un convegno alla Camera promosso dal Vicepresidente Sergio Costa

COMUNICATO STAMPA

Si è svolto lo scorso 9 ottobre 2024 presso la Camera dei Deputati il convegno Strategie e scenari di sostenibilità alla luce dei nuovi obblighi di legge: il potenziale ruolo del deposito cauzionale promosso da Sergio Costa, vicepresidente della Camera e già Ministro dell’ambiente. E’ stata la prima occasione di confronto tra i portatori di interesse che giocherebbero un ruolo in una futura implementazione di un sistema di deposito per imballaggi per bevande monouso nel nostro paese.

I lavori del convegno sono stati aperti dall’intervento del vicepresidente Costa  “L’economia circolare è fondamentale per la transizione ecologica e il deposito cauzionale deve essere un pilastro in Italia così come già avviene in Europa. Il tema ormai non è più “se” farlo, ma “come”. Le problematiche tecniche si superano e questa mattinata serve proprio ad avviare e consolidare un confronto su questo. Io adesso auspico una convergenza politica trasversale e condivisa tra tutti i partiti. Pensiamo che nessuno si metterà di traverso a una proposta di legge che possiamo depositare dopo averla fatta circolare, con approccio inclusivo, tra gli stakeholders. È una sfida che lancio a tutto il Parlamento in questa sala che è il tabernacolo della democrazia legislativa”.

Costa ha spiegato che, seppur l’Italia si trovi in Europa in una posizione avanzata sul fronte dell’economia circolare, sia necessario ora un ulteriore salto di qualità, anche per raggiungere gli importanti target europei della direttiva SUP e del nuovo Regolamento Imballaggi. Altre nazioni in Europa – ha ricordato Costa   –  l’hanno implementato da tempo superando il target del 90% di raccolta dei contenitori per bevande e per l’Italia è importante andare verso un sistema che abbatterebbe diverse tipologie di costi, sia a carico dello Stato come la Plastic tax, che a carico dei Comuni per la gestione dei rifiuti da imballaggio e del relativo littering, ma anche le emissioni di Co2.
Dopo la proiezione della clip del documentario Chiudere il cerchio: alla scoperta del sistema di deposito slovacco (prodotto dalla Campagna “A Buon Rendere”) è intervenuto Enzo Favoino, suo responsabile scientifico che ha esordito dicendo che il deposito cauzionale è oramai la regola a livello europeo, perchè fornisce una risposta efficace ai target europei di intercettazione degli imballaggi per bevande che non sono stati mai stati raggiunti a livello mondiale senza un DRS. “A livello europeo i network di produttori di bevande (Produttori e imbottigliatori di acque minerali, di bevande gassate e la stessa Plastic Europe sono tutti a favore del DRS, per un efficientamento della nostra filiera. La cosa è confermata anche dal Manifesto per la circolarità di UNESDA, l’associazione dei produttori di soft drinks UE, Manifesto che è stato sottoscritto da Assobibe. Chi ha visione industriale è a favore del DRS. I benefici riguardano un aumento dei tassi di raccolta e di riciclo, la disponibilità di materiali per un riciclo closed loop, una riduzione dei gas serra, la prevenzione del littering e la riduzione dei relativi oneri operativi ed economici a carico delle Amministrazioni Locali, e una riduzione della Plastic tax “. Favoino ha proseguito il suo intervento illustrando in dettaglio i benefici di un sistema DRS, e ricordando che attualmente PET e alluminio post consumo vanno ad alimentare altri settori come il tessile e l’automotive, in un processo di riciclo tecnicamente definito downcycling, che costringe a perpetuare prelievo ed importazione di risorse primarie da altre parti del Pianeta.

La registrazione è disponibile qui.

Chiarimenti sui costi di implementazione del sistema di deposito cauzionale

Negli ultimi due anni sono girate sui media o in convegni alcuni numeri riguardanti i costi di implementazione di un sistema di deposito cauzionale (DRS) in Italia, frutto di studi sul tema finanziati dal Conai con alcune voci di costo sovrastimate. Ad esempio sul fabbisogno di RVM Reverse Vending Machine per la raccolta automatizzata ipotizzato in 100.000 unità (quando in Germania ne sono state installate circa 30.000) dal costo di due-tre miliardi, oppure il costo dell’infrastruttura informatica: ipotizzato tra i 500 milioni e 1 miliardo di euro.

Lo studio della campagna “Sistema di deposito cauzionale: quali vantaggi per l’Italia ed il riciclo“ha stimato in realtà per l’Italia, con approccio analitico, un fabbisogno di RVM intorno alle 25.000 unità – affiancate da punti di restituzione manuali, es. per i piccoli Comuni che hanno solo negozi di vicinato – e una spesa sui 5 milioni di euro o poco più per l’infrastruttura informatica e antifrode, desunta dai costi sostenuti negli altri Paesi UE parametrata sulla realtà nazionale.

Favoino ha inoltre sottolineato nel suo intervento alcuni aspetti caratterizzanti dei sistemi cauzionali, che spesso vengono travisati nella narrativa circolante in Italia da parte degli oppositori del sistema che ipotizzano ricadute negative sullo Stato o sui cittadini: un sistema cauzionale si autosostiene senza interventi di alcun tipo da parte dello Stato o di altri enti pubblici. Lo studio ha quantificato i costi di gestione annui per un DRS in Italia che verrebbe finanziato dai ricavi della vendita dei materiali ai riciclatori, dai depositi non riscossi e, solo per la parte restante, dal contributo EPR pagato al sistema per ogni contenitore immesso sul mercato. Il contributo EPR che i produttori di bevande dovrebbero pagare al sistema DRS vale pochi centesimi, o frazioni di centesimo, per contenitore (stimato in un min. di 0,2 cent./max 1,3 per la plastica, 1,9-2,5 per il vetro e 0 per l’alluminio) a fronte di benefici economici significativi sull’economia e sulle comunità.

Laura D’Aprile, Capo dipartimento sviluppo sostenibile del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (MASE) nel suo intervento ha auspicato un confronto tra studi e l’importanza che vengano considerati negli studi gli impatti ambientali di un DRS nel suo insieme di attività anche logistiche, e di guardare come paesi più simili a noi affrontano il dibattito sul DRS, come ad esempio la Spagna.

Sia D’Aprile che il segretario generale dell’ANCI Veronica Nicotra intervenuta subito dopo, hanno posto il problema dell’attuale infrastrutturazione impiantistica, ancora frammentata nel centro sud, presentata come un ostacolo all’implementazione di un DRS. La dirigente del MASE ha affermato che il gap impiantistico verrebbe però colmato al 2026 con i progetti finanziati dal PNRR. Nicotra ha tuttavia evidenziato che solamente il 30% dei progetti presentati dai Comuni è stato accolto per un finanziamento, e, ricollegandosi al problema della assenza di infrastrutturazione in alcune aree, ha sottolineato che la Tari rappresenta un tributo iniquo ed esorbitante per il cittadino di città come Catania, causato dall’esportazione dei rifiuti verso gli impianti al nord o all’estero.

Infine la proposta lanciata da D’Aprile, condivisa sia da Nicotra che da altri relatori, per “arrivare preparati agli obblighi del 2029” è stata quella di partire “con una sperimentazione da fare in tre aree del Nord, del Centro, e del Sud accompagnate da una valutazione LCA.

Per quanto riguarda il suggerimento “di guardare a paesi più simili a noi come la Spagna” espresso in apertura dalla stessa D’Aprile va detto che il governo spagnolo aveva già previsto e scritto la legge sul DRS che sarebbe scattato in tempo utile per raggiungere l’obiettivo di raccolta al 2029, qualora il tasso di raccolta per le bottiglie in PET non fosse arrivato al 70% entro il 2023. Un recente studio ha rivelato che il tasso di raccolta si attesta infatti al 36%, ben lontano dal 70% previsto dalla Legge sui Rifiuti e dal 71% dichiarato da Ecoembes (Consorzio per l’EPR spagnolo). E’ pertanto altamente probabile che il DRS parta in Spagna nel 2026.

Simona Fontana – Direttrice generale CONAI

Simona Fontana ha ribadito l’importanza per il Conai di un approccio basato sui dati “L’attenzione e l’accuratezza dei dati per noi è un valore. Il sistema Italia ha dimostrato di essere uno tra i più affidabili nel fornire informazioni all’Unione Europea”. Secondo la direttrice del Conai i dati in loro possesso dicono che l’Italia, con un’intercettazione del 70% per le bottiglie in PET, non avrà problemi nel raggiungere obiettivi della Direttiva SUP, essendo il tema già oggetto di tavoli di discussioni da due anni, con attività già messe in campo sui territori per arrivare all’obiettivo. Quello che manca, afferma Fontana, sono le 60-70 mila ton che finiscono nel rifiuto indifferenziato recuperabili spingendo “sulla corretta raccolta differenziata”.

Giovanni Bellomi – Direttore Generale COREPLA ha esordito dicendo che non è corretto affermare che nessun paese senza un DRS ha raggiunto il 90% di intercettazione per le bottiglie in PET in quanto la Svizzera è arrivata al 92% e che ci sono Paesi UE con “DRS fallimentari”.

In realtà la situazione generale dei DRS europei in termini di risultati di raccolta, che Bellomi tende a ridimensionare, è nel suo complesso tutt’altro che fallimentare, come si può evincere dalle informazioni e aggiornamenti che la Campagna mette a disposizione sul proprio sito. La Svizzera secondo i pubblicati da Swiss Recycling riportano un tasso di raccolta delle bottiglie in PET che va dall’81% del 2022 all’83% del 2023.

Il direttore di COREPLA interviene sulla natura delle bottiglie in PET che sfuggono alla raccolta differenziata tradizionale precisando che: su 18 miliardi di bottiglie immesse al consumo ogni anno, 8 miliardi di bottiglie non vengono intercettate di cui l’86% (degli 8 miliardi) risultano essere proprio i piccoli formati. Su come intercettare questo flusso consumato “on the go” Conai e Corepla hanno dichiarato che concentreranno sforzi e impegni.

In attesa di avere maggiori dettagli sulla sperimentazione proposta dal MASE e le altre attività annunciate dai consorzi, riesce difficile immaginare che in Italia riesca quello che non è riuscito neanche alla Svizzera. In pratica ci si aspetta che senza un forte incentivo le persone portino con sé i contenitori consumati “on the go” per poi conferirli nella differenziata di casa, o negli eco-compattatori. Oltretutto, senza un DRS nazionale, non sarebbe possibile contare sull’azione concomitante di raccolta degli imballaggi abbandonati da parte di terzi che avviene nei paesi con tale sistema per riscattare il deposito.

Favoino a seguito degli interventi da parte di D’Aprile ( MASE) e Fontana (Conai) ha replicato che “esaminare i benefici di un sistema cauzionale in Italia, l’unico sistema che permette ai paesi di arrivare e superare il 90% di intercettazione per i contenitori per bevande, non significa venir meno all’orgoglio per i risultati conseguiti dal paese con la raccolta porta a porta. Ma questo lascia ancora ampie aree di criticità e possibili miglioramenti, e non consente di raggiungere i target stabiliti dalla Direttiva SUP e dal Regolamento Imballaggi – entrambi temi che verrebbero affrontati con efficacia dalla introduzione del DRS. Sul tema delle infrastrutture deficitarie attuali, e dei relativi carichi ambientali, ha precisato che tali criticità sono già presenti, e vanno comunque affrontate e risolte, indipendentemente dalla scelta sul DRS, che dunque non costituisce un elemento di criticità aggiuntiva rispetto al quadro attuale.

Giovanni Albetti – Direttore Generale di CORIPET

Per il direttore Di Coripet Albetti la prima domanda da porsi in considerazione degli obiettivi europei di raccolta dovrebbe essere “come possiamo creare un sistema virtuoso che riduca il consumo di materie prime vergini, le emissioni di Co2 e che ci renda meno dipendenti dall’importazione di materie prime dai paesi extra UE “. Albetti valuta positivamente l’obbligo di contenuto riciclato per le bottiglie in PET che richiede però un flusso di materia prima seconda di alta qualità, possibile solo con raccolte selettive di alto livello. Dunque sottolinea l’effetto positivo delle raccolte selettive da loro gestite mediante gli eco-compattatori sulla qualità dei materiali recuperati, ma segnala al contempo l’insufficienza delle stesse a raggiungere i target quantitativi“Nel 2025 arriveremo se siamo bravi al 74% di intercettazione per le bottiglie, forse al 77 ma al 90% così come siamo non ce la faremo mai” – dichiara Albetti. ” Noi di Coripet Abbiamo installato 1500 eco-compattatori in tutta Italia la più grande sperimentazione nazionale ed è una sconfitta per noi ammettere che gli eco-compattatori non bastano per raggiungere l’obiettivo. C’è bisogno di accelerare verso un vero cambiamento che, come tutti i cambiamenti porta con sé rischi, vantaggi, svantaggi e investimenti da fare” Il direttore di Coripet conclude augurandosi che l’incontro diventi il punto di partenza per un confronto e un lavoro proficuo, con la GDO e gli Istituti di Ricerca, ma dandosi delle scadenze per arrivare a decisioni.

David Dabiankov Lorini – Direttore ASSOBIBE

Per il direttore di Assobibe è importante guardare a quello che viene fatto all’estero, ma andrebbe considerata la situazione nazionale e adottare l’approccio suggerito da Fontana direttore del Conai di guardare a cosa ci manca per raggiungere gli obiettivi per le bottiglie in PET. Posizione poi precisata attraverso un post condiviso su linkedin a distanza di qualche giorno dall’evento.  Lorini conclude il suo intervento citando la difficoltà per i produttori di bevande ad accedere al PET post consumo, con investimenti da parte delle imprese che rischiano di essere vanificati in quanto gli imballaggi raccolti non vengono utilizzati per un riciclo closed loop, “bottle to bottle”. “Oggi la situazione in Italia non è favorevolissima, alle nostre aste vengono dall’estero a comprare materia prima seconda e la distolgono dal mercato italiano delle bevande. Necessario facilitare il ritorno in possesso dei materiali per chi ha obblighi di utilizzo di contenuto riciclato.

L’unica risposta possibile a questa situazione sta nell’implementazione di un DRS, che per ora Assobibe non appoggia, con clausola contenuta nel suo regolamento simile a quella del DRS slovacco, che garantisca ai produttori di bevande un accesso privilegiato ai materiali raccolti, per farne contenitori identici con contenuto riciclato.

Stefano Stellini – Direttore Generale CIAL

Secondo Stefano Stellini in Italia, con un basso consumo pro-capite (36 lattine) e con un consumo di bevande in lattina che avverrebbe per un 65/70% nelle case, e per il 30/35% nel circuito Horeca ” il consumo fuori casa sarebbe” – a suo avviso – “insignificante, e così il contributo al littering delle lattine” . Infine secondo Stellini un DRS non sarebbe necessario anche perché le lattine che finiscono nel rifiuto indifferenziato vengono comunque recuperate nella fase di post combustione (termovalorizzatori) o negli impianti di Trattamento Meccanico Biologico (TMB).

A dire il vero, rispetto a tali affermazioni riceviamo come Campagna numerose testimonianze da parte di realtà aderenti che svolgono attività di cleanup che ci dicono che nei luoghi dove avvengono più frequentemente gli abbandoni, le lattine non mancano, anche se meno numerose delle bottiglie in vetro e in plastica.

In generale il mancato riciclo “can to can” l’unico che previene il consumo di alluminio vergine e gli impatti ambientali correlati, resta un tema importante agli effetti della decarbonizzazione del settore.

Inoltre le attività di recupero post consumo delle lattine prima citate che avvengono in Italia, seppur importanti ai fini del riciclo, comportano un dispendio di risorse energetiche ed emissioni di Co2 che sarebbero evitabili con un recupero da raccolta selettiva tipico dei DRS. Infine, i target UE fanno espressamente riferimento alla separazione alla fonte, il che escluderà dal calcolo l’alluminio recuperato dalle scorie degli inceneritori.

Per ulteriori dettagli sui diversi interventi che non è stato possibile riprendere vai alla registrazione integrale dell’evento e al nostro articolo di fact checking.

Qui una video intervista post evento di Teleambiente a Sergio Costa e Stefano Laporta.

Raccolta e riciclo imballaggi per bevande : soluzioni a confronto in un Convegno alla Camera dei Deputati

Si terrà a Roma il prossimo 9 ottobre 2024 il Convegno “Strategie e scenari di sostenibilità alla luce dei nuovi obblighi di legge: il potenziale ruolo del deposito cauzionale” promosso dal Vice Presidente della Camera Sergio Costa. Si potrà partecipare in presenza previa iscrizione o seguire l’evento in streaming sui canali della Camera.

La recente evoluzione del quadro normativo europeo in materia di recupero e riutilizzo delle materie prime – dalla Direttiva SUP (Dir. n. 904 del 2019) al Regolamento su imballaggi e rifiuti di imballaggio (PPWR) del 2024 – rende necessario un confronto ed un approfondimento sull’esigenza di generare una percezione più informata del tema, sia per sostenere le filiere del riciclo sia per ridurre drasticamente la dispersione dei contenitori per bevande nell’ambiente, e di conseguenza i costi che i Comuni devono sostenere per la rimozione di questi ultimi.
Nell’ambito del convegno sarà possibile valutare l’efficacia del sistema di deposito cauzionale per imballaggi per bevande (Deposit Return System – DRS), esaminare i motivi che ne hanno fatto un elemento fondamentale per garantire circolarità al settore nella maggior parte dei Paesi UE, e fare il punto sulla situazione nazionale esaminando gli attuali livelli prestazionali del sistema Italia, le iniziative previste per garantire il rispetto dei target e degli obblighi di legge, e la relativa tempistica. Perché la transizione sia efficace, partecipata da tutti gli attori, e perché vengano definite scelte lineari e davvero intese allo scopo.

Per la nostra campagna l’evento rappresenta l’occasione di poter presentare in una sede parlamentare alcuni dei dati e delle evidenze del nostro studio di analisi costi/benefici derivanti dall’introduzione di un sistema DRS in Italia, che, ricordiamo, resta ad oggi l’unico studio pubblicamente disponibile – spiega Enzo Favoino, coordinatore scientifico della campagna – Siamo grati all’onorevole Costa per avere promosso questa occasione di confronto con molti dei soggetti politici, istituzionali e imprenditoriali che verrebbero coinvolti nell’implementazione di un sistema di deposito cauzionale, a partire dall’attivazione di un percorso parlamentare per giungere ad una sua definizione in congruo anticipo rispetto alla tempistica stabilita dal Regolamento UE sugli imballaggi recentemente approvato che, come si evince dalla lettura di alcune disposizioni, dovrebbe comportare la introduzione obbligatoria del DRS a partire dal 2032-2033 “.

La PPWR prevede infatti all’art.44 l’obbligo per i Paesi Membri di conseguire al 2029 il 90% di intercettazione di bottiglie in plastica e lattine, e impone di istituire un DRS nel caso in cui non venisse raggiunto tale obiettivo nei tre anni precedenti. Nel caso delle bottiglie di plastica l’obiettivo di raccolta introdotto dalla Direttiva sulle Plastiche Monouso è peraltro già stato recepito nel nostro ordinamento.

Nonostante sia stata introdotta nel corso delle negoziazioni una condizione di esenzione transitoria per gli Stati Membri che conseguissero un tasso di raccolta dell’80% al 2026 per bottiglie e lattine, viene mantenuto comunque l’obbligo del 90% come obiettivo finale. Viene dato pertanto alla Commissione il mandato di imporre un DRS ai Paesi che, per tre anni consecutivi, non raggiungessero il 90% di raccolta di tali contenitori.

Con il prossimo gennaio 2025 saranno 18 i Paesi in Europa che hanno adottato un sistema Nazionale DRS (ultimi in ordine di tempo nel 2024: UngheriaRomania ed Irlanda) ed in molti altri è già stata definita la data di entrata in vigore, o sono in corso valutazioni per definirla ed adottare un sistema nazionale DRS.

Interverranno – come si può vedere dal programma –  responsabili del MASE, di ISPRA , di ANCI, del CONAI e di Torino Città Metropolitana, che ha aderito alla Campagna sin dal suo lancio nel marzo del 2022. Parteciperanno inoltre alla tavola Rotonda responsabili di ASSOBIBE, COREPLA, CORIPET, CIAL, ASSORIMAP. Concluderà l’evento l’intervento dei sei parlamentari indicati nel programma.

Per potere partecipare in presenza all’evento va inviata una mail a: cerimoniale.adesioni@camera.it indicando data e titolo evento. Diretta streaming collegandosi qui  
NB. per gli uomini è obbligatorio indossare la giacca

UN RECENTE ESEMPIO DI SUCCESSO

Ad inizio convegno verrà proiettata una piccola clip del documentario “Chiudere il cerchio: alla scoperta del sistema di deposito slovacco” con un estratto delle interviste ai protagonisti del sistema. Il DRS lanciato nel 2022 in Slovacchia ha raggiunto in soli due anni il 92% di intercettazione e il materiale raccolto rimane a disposizione dei produttori di bevande che gestiscono il sistema che viene impiegato esclusivamente per realizzare bottiglie in PET e lattine in un processo di riciclo bottle-to-bottle e can-to-can. In pratica la realizzazione del “right of first refusal” o accesso prioritario ai materiali raccolti dal DRS richiesto alle istituzioni europee dalle associazioni del settore delle bevande tra le quali: The European Fruit Juice Association (AIJN), Natural Mineral Waters Europe (NMWE) e UNESDA Soft Drinks Europe, tutte a favore di un DRS armonizzato in tutta Europa.

I Paesi Membri puntano sul sistema di deposito cauzionale per raggiungere gli obiettivi UE e per efficientare la gestione ed il riciclo degli imballaggi

Il sistema di deposito cauzionale (DRS, Deposit Refund Scheme) sembra acquisire un ruolo centrale nella agenda UE e globale sulla gestione degli imballaggi, ed in particolare dei contenitori per bevande (bottiglie in vetro e plastica, lattine).
I primi sistemi DRS introdotti, a cavallo tra fine degli anni ’90 ed inizio anni 2000, mostrarono subito il contributo del deposito cauzionale nell’efficientamento delle filiere di riciclo dei contenitori per bevande, consentendo in particolare:
• La massimizzazione dei tassi di raccolta, tipicamente superiori al 90% (anche in sistemi di recente introduzione, come quello slovacco che ha conseguito tale obiettivo in meno di due anni)
• La promozione di filiere di riciclo di elevata qualità (“closed loop”, cioè da bottiglia a bottiglia e da lattina a lattina, grazie alla intercettazione di tali materiali in purezza ed alla adozione di meccanismi di diritto di prelazione da parte dei produttori)
• un sostanziale annullamento del fenomeno del littering, la dispersione di tali contenitori nell’ambiente e negli spazi pubblici, con conseguente riduzione degli oneri sostenuti dalle Amministrazioni Pubbliche
• la possibilità di accogliere, in un secondo tempo, e grazie alla logistica sviluppata dal sistema, anche flussi destinati al riuso (bottiglie in vetro od in PET con parete più spessa) rispondendo dunque agli stimoli in merito che provengono dal quadro di riferimento UE
Più recentemente, il tema del deposito cauzionale ha ricevuto un rinnovato impulso da parte di politiche, Direttive e Regolamenti adottati dalla UE, anche grazie alle evidenze esistenti delle esperienze già in corso. Tra questi, sembrano dirimenti, in particolare:

• gli obiettivi stipulati nella Direttiva sulle Plastiche Monouso (90% di raccolta selettiva delle bottiglie in PET, e 30% di contenuto minimo di riciclato per le stesse), già recepita nel nostro Ordinamento Nazionale

• gli obiettivi, sostanzialmente allineati, definiti nel recente Regolamento sugli Imballaggi ed i Rifiuti da Imballaggio (90% di intercettazione di bottiglie in PET e lattine per bevande, con obbligo di introduzione di un DRS se per 3 anni tale obiettivo non viene conseguito; 30% e poi 65% di contenuto minimo di riciclato per le bottiglie in PET)

Per tutti tali motivi, anche nel corso delle negoziazioni attorno al Trattato Globale sulla Plastica, attualmente in corso su iniziativa dell’ONU, il DRS è stato più volte messo in risalto come strumento centrale per garantire efficienza alle filiere di riciclo della plastica, evitare la dispersione dei contenitori per bevande, e ridurre di conseguenza gli impatti complessivi della filiera, sia sul versante del prelievo di risorse dal pianeta che su quello della gestione a fine vita.
A fronte di tutti questi stimoli derivanti dal quadro di riferimento UE ed internazionale, il dibattito in ambito nazionale su come conseguire gli obiettivi UE, e sul ruolo del DRS in merito, sembra ancora ristagnare.

La cosa pare contraddittoria con alcuni numeri che ancora attestano larghi spazi di inefficienza della filiera del riciclo che vanno recuperati, quali i 7 miliardi di contenitori per bevande che attualmente sfuggono al riciclo stimati dalla Piattaforma Reloop, il 50% circa di imballaggi in plastica che attualmente non ricicliamo, e gli oltre 800 Milioni di Euro che il nostro Paese versa di conseguenza come Plastic Tax alla UE per la plastica non riciclata dal 2021 (su cui un grosso contributo quantitativo è dato dalle bottiglie in PET non intercettate e non riciclate dai sistemi di raccolta differenziata).

Sicilia altro che Ponte: rifiuti e siccità le vere emergenze

Continua in Sicilia l’esportazione dei rifiuti a peso d’oro sognando i termovalorizzatori di ultima generazione ed ignorando ogni possibilità di attuazione di misure di prevenzione e riduzione dei rifiuti. Dopo la Danimarca e Olanda le ultime mete sono la Finlandia e la Turchia.

La chiusura della discarica di Lentini e degli ormai quasi saturi altri impianti siciliani sta spingendo l assessorato ai Rifiuti ad intensificare le spedizioni di rifiuti indifferenziati all’estero con costi extra salatassimi che rischiano di lievitare ancora.

DESTINAZIONE FINLANDIA

Firmato il decreto che permette di spedire in Finlandia per un anno e fino al prossimo 30 giugno
90.000 tonnellate di scarti indifferenziati prodotti soprattutto nella Sicilia orientale che avrebbero dovuto essere conferiti a Lentini, nella discarica della Sicula Trasporti.
L’assessorato regionale ai Rifiuti prevede che dalla Sicilia partano prossimamente almeno 3.000 spedizioni di immondizia indifferenziata prodotta da circa 150 Comuni siciliani, per lo più della Sicilia orientale ma anche del Trapanese, Agrigentino e Palermitano.
Nel 2023 la meta preferita per i rifiuti prodotti da mezza Sicilia era stato il termovalorizzatore vicino a Copenaghen mentre precedentemente le spedizioni avevano preso la strada di altri paesi tra i quali Olanda, Bulgaria, Grecia, Spagna.

Se lo smaltimento in Sicilia costava fra i 200 e i 250 euro, il costo del trasferimento in Danimarca era arrivato sino a 400 euro a tonnellata. Un costo insostenibile per i Comuni che il mese scorso avevano ricevuto 50 milioni stanziati dal governo nella Finanziaria bis approvata a giugno, proprio per coprire il costo extra dovuto alle spedizioni negli anni 2022 e 2023. Tuttavia, Paolo Amenta presidente di Anci Sicilia, intervistato da La Repubblica di Palermo ha dichiarato che questo stanziamento è già stato «bruciato» in quanto la cifra andrebbe a coprire solamente i costi extra sostenuti fra il 2022 e la prima metà del 2023. Resterebbe un altro altro anno di spedizioni non ancora rimborsato con uscite di cassa che i sindaci devono inserire nei piani finanziari dei Comuni con probabili aumenti della Tari. L’Anci ha pubblicato un dossier che confronta i prezzi dello smaltimento nelle varie regioni d Italia. «In Sicilia – spiega il presidente Anci – il costo medio è 380 euro a tonnellata, tre volte in più della media nazionale. Un chilo di rifiuti costa 0,38 euro mentre un chilo di arance 0,20 euro. Abbiamo presentato un ricorso all Antitrust».

Anche per il vicepresidente dell’Ars Nuccio Di Paola la spedizione dei rifiuti in Finlandia che Schifani aveva indicato come una soluzione, desta parecchia preoccupazione « Basta fare due conti per capire che stiamo parlando di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche. Con le stesse cifre una amministrazione coscienziosa avrebbe offerto strategie lungimiranti per accompagnare le due grandi città siciliane, Catania e Palermo, a ridurre il quantitativo di raccolta non differenziata. Invece a quanto apprendiamo la musica non cambia, lo avevamo visto già con Musumeci, continuiamo a vederlo con Schifani».

LA FINLANDIA DA ESPORTATORE AD IMPORTATORE DI SPAZZATURA

Grazie ai nostri guai le aziende finlandesi produttrici di energia, come si può leggere in questo articolo, hanno trovato il modo di sopperire alla mancanza di combustibile da bruciare nei propri impianti. Lo scoppio della guerra in Ucraina aveva infatti causato da un giorno all’altro lo stop alle importazioni di grandi quantità di combustibile proveniente dagli scarti dell’industria del legno ucraina. Per sopperire alla mancanza di combustibile la Finlandia ha scelto di correre ai ripari importando rifiuti dall’estero a coprire un quarto del suo bisogno.

Containers contenenti balle di rifiuti avvolte in sottile plastica bianca arrivano regolarmente in Finlandia per essere trasportate a Vantaa e Kotka dove vengono bruciati negli inceneritori che forniscono elettricità e calore ai finlandesi.


La Gemifin, azienda norvegese specializzata nelle spedizioni internazionali di rifiuti, che nel 2011 aveva iniziato ad esportare rifiuti dalla Finlandia verso altri Paesi, ora è diventata il maggiore importatore di combustibili derivati dai rifiuti, tra cui la spazzatura italiana. La capacità di incenerimento dei rifiuti è stata poi aumentata notevolmente in Finlandia negli ultimi anni alimentando la domanda di combustibile. Mentre nel 2022 le importazioni totali di rifiuti ammontavano a circa 150.000 tonnellate, oggi le importazioni dei soli rifiuti per usi combustibili hanno raggiunto quasi  le180.000 tonnellate e la Gemifin è pronta a importare fino a 200.000 tonnellate di combustibili nei prossimi anni.
Si tratta di un cambiamento evidente: per la prima volta i rifiuti importati hanno superato quelli esportati”, afferma Hannele Nikander, ispettore capo dell’Istituto finlandese per l’ambiente.

La Commissione europea intanto ha lanciato più di un avvertimento alla Finlandia per aver bruciato troppo e riciclare ancora troppo poco, soprattutto nel caso della plastica.

DESTINAZIONE TURCHIA

Come hanno riportato diversi media lo scorso 7 agosto un ultimo decreto firmato due giorni prima ha autorizzato un’altra spedizione di rifiuti indifferenziati con destinazione Turchia per 5.733 tonnellate di rifiuti per un anno, fino al 30 giugno 2025. I rifiuti raggiungeranno via mare l’impianto di smaltimento di Aliaga-Izmir nella provincia di Smirne stoccati in 201 containers a bordo di sei navi della marina militare e di un sommergibile che salperanno dalla base militare navale di Augusta, in provincia di Siracusa.

IL PARADOSSO DEL PAESE “ECCELLENZA DEL RICICLO”

Quello che appare paradossale per un paese come l’Italia che si profila come l’eccellenza del riciclo in Europa è questa situazione di eterna emergenza rifiuti che non riguarda solamente la Sicilia: dalla situazione della Capitale, alla Campania con le sue Ecoballe ancora non smaltite oggetto di una procedura di infrazione europea che, secondo la Corte dei Conti (relazione annuale 2023) è costata fin qui da sola più di 300 milioni di euro in sanzioni sul totale di 700 milioni di euro (al 2022) riferite alle infrazioni tuttora in corso in materia di discariche abusive, acque reflue e cattiva gestione dei rifiuti in Campania. Altre due nuove procedure d’infrazione si sono aggiunte recentemente per il mancato raggiungimento del 50% di riciclo dei rifiuti urbani e per la mancata raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Appare inoltre paradossale che in situazioni di emergenza rifiuti – sia nel caso di città che regioni – non sia mai stato affrontato il tema di dotarsi di un piano straordinario di emergenza che metta come priorità la prevenzione e la riduzione dei rifiuti, andando ad agire sui flussi più importanti.

Quando manca l’acqua si deve per forza procedere ad un razionamento ma nel caso dei rifiuti nessuna autorità locale ha mai pensato seriamente ad adottare un piano ad hoc sul breve e lungo termine preceduto da analisi merceologiche sui flussi di rifiuti prodotti e potenziale di riduzione previsti da adottare con l’ausilio di delibere comunali e di misure incentivanti per le attività che non producono rifiuti.

La regione Emilia Romagna, mosca bianca, ha messo a disposizione di Comuni, Unioni di Comuni, Province e Città Metropolitana di Bologna anche per il 2024 un bando ATERSIR per la riduzione dei rifiuti 2024 con una dotazione complessiva di oltre 2 mln di euro.

UN SISTEMA DI DEPOSITO CAUZIONALE E’ QUANTO MAI URGENTE

Un sistema di deposito cauzionale (Deposit Return System – DRS) serve urgentemente all’Italia che spreca ogni anno oltre 7 miliardi di contenitori in inceneritori, discariche e abbandonati in natura. Esportare all’estero balle di rifiuti che contengono anche imballaggi per bevande che potrebbero essere trasformati in nuovi contenitori – generando valore per l’industria italiana del riciclo – , è un danno ambientale ed economico che l’industria delle bevande ha il dovere morale di fermare, chiedendo al Governo di aprire un tavolo di concertazione con tutti i soggetti che verrebbero coinvolti da un DRS.

Ad oggi sono state diffuse argomentazioni contro un sistema di deposito costruite ad arte per difendere lo status quo di un sistema di gestione degli imballaggi che trae profitto da una produzione in crescita di rifiuti e che penalizza i Comuni e i cittadini che ne pagano i maggiori costi di gestione.

La Campagna “A Buon Rendere” invita i Comuni ad aderire: importanti città come Milano hanno già risposto all’appello

La campagna nazionale “A Buon Rendere – molto più di un vuoto”, volta all’introduzione di un sistema di deposito cauzionale (DRS) per gli imballaggi per bevande in Italia sta invitando gli Enti Locali ad aderire diventando parte di un ampio fronte a favore del sistema. La Città di Milano ha aderito alla campagna lo ha comunicato ieri cinque giugno, giornata mondiale dell’ambiente.

Hanno aderito alla Campagna oltre a Torino Città Metropolitana le città di: Aosta, Bergamo, Padova Terni come capoluoghi di Provincia, e diverse cittadine minori che hanno inviato spontaneamente la loro manifestazione di interesse dal momento del lancio dell’iniziativa.

La campagna nazionale “A Buon Rendere” si propone di promuovere anche in Italia l’introduzione di un sistema di deposito cauzionale (DRS) per gli imballaggi per bevande come unico strumento che ci permetterebbe di raggiungere con certezza gli obiettivi di raccolta per le bottiglie in PET per bevande (90% al 2029) della direttiva SUP già recepiti nell’ordinamento nazionale.

Un obiettivo di raccolta vincolante del 90% per le bottiglie in plastica che viene ripreso nel nuovo Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio (PPWR) ed esteso anche alle lattine (art.44). In questa sede viene però imposto l’obbligo per i Paesi Membri di istituire un DRS nel caso in cui non venisse raggiunto tale obiettivo di raccolta nei tre anni precedenti al 2029.

I vantaggi per i Comuni e i Cittadini

L’introduzione di un sistema cauzionale – che va ad integrarsi e completare i sistemi in essere di raccolta differenziata – ha dimostrato di potere apportare miglioramenti significativi alle prestazioni di raccolta e riciclo in tutti i paesi europei dove è stato introdotto. L’alto tasso di intercettazione degli imballaggi per bevande conseguito dai DRS in Europa che supera il 90% contribuisce al quasi azzeramento di questi contenitori nel littering (i materiali dispersi per le strade, nei parchi, sulle spiagge ed in altri spazi pubblici) e nei cestini stradali, con evidenti benefici sui costi di gestione dei rifiuti per gli enti locali. Sono infatti i Comuni che hanno il compito di organizzare e finanziare la raccolta dei rifiuti urbani, ivi inclusi i rifiuti abbandonati sulle strade e nei luoghi pubblici.

Roggia prosciugata ripulita a Buccinasco Milanese dall’associazione volontari Puliamo la Terra

L’introduzione di un DRS avrebbe ripercussioni economiche positive non trascurabili anche sui costi di raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani, ivi inclusi i costi relativi ai rifiuti residui (che attualmente comprendono anche una quota di materiali riciclabili che verrebbero intercettati dal DRS). La riduzione del littering e del conferimento dei rifiuti nei cestini stradali (legato alla somministrazione di bevande per il consumo “to-go”) contribuisce inoltre a ridurre ulteriormente i costi di gestione di tali frazioni. I cestini stradali, ad esempio, si riempirebbero meno velocemente, dato che i contenitori per bevande verrebbero restituiti nei punti di raccolta dedicati per effetto dell’incentivo economico legato alla cauzione, uscendo dal perimetro del servizio pubblico di raccolta organizzato e finanziato dai Comuni.

-Leggi qui un’analisi dettagliata su come è organizzato il sistema attuale di raccolta dei contenitori per bevande e come vengono calcolate nel nostro paese i tassi di raccolta e riciclo.

La campagna “A Buon Rendere – per un Deposito Cauzionale in Italia” ha presentato a Milano lo scorso anno l’unico studio pubblicamente accessibile che quantifica costi e benefici derivanti dall’introduzione di un DRS in Italia, il che permetterebbe di conseguire in due anni il 95,3% come tasso di raccolta e sicuro riciclo (riciclo di elevata qualità a ciclo chiuso, ossia “da bottiglia a bottiglia”) per le bottiglie in PET per bevande, il 96% per le lattine e il 95,8 % per il vetro.

Per questi ed altri motivi legati alle peculiarità di una grande e importante città italiana che ha raggiunto importanti traguardi nella Economia Circolare, essendo un modello di riferimento tra le grandi Città Mondiali per i suoi tassi elevati di raccolta differenziata, la Città di Milano ha aderito alla nostra campagna con una delibera di giunta.

Enzo Favoino Coordinatore Scientifico “A Buon Rendere” ha dichiarato:

L’adesione di Milano è particolarmente significativa. Una città, modello di riferimento europeo e mondiale per le attività sulla raccolta differenziata ed il riciclo, decide di sostenere la nostra Campagna, e la richiesta di introduzione di un sistema nazionale di Deposito Cauzionale, a mimesi di quanto già avviene nella maggioranza dei Paesi UE (inclusi Paesi alle nostre latitudini, come Malta e la Croazia) avendo compreso che il Deposito Cauzionale è uno strumento formidabile di supporto alla massimizzazione del riciclo di elevata qualità, alla riduzione dei materiali riciclabili che vengono invece persi con il rifiuto residuo, ed alla sparizione del littering e dei relativi costi per le casse comunali: insomma, la strategia perfetta per massimizzare la circolarità nel settore dei contenitori per bevande. Non a caso, la stessa UE ne prevede la introduzione obbligatoria dal 2029 (o negli anni seguenti) per conseguire il 90% di raccolta differenziata di bottiglie in plastica e lattine. Ma ovviamente, la nostra Campagna si pone l’obiettivo di anticipare i tempi, e l’adesione di Milano ed altre importanti Amministrazioni Locali ci dà un nuovo vigore, ed un rinnovato entusiasmo.

Silvia Ricci Coordinatrice Campagna “A Buon Rendere” ha aggiunto:

Ci auguriamo che sempre più Enti Locali sostengano la campagna in modo da convincere il Governo a non posticipare una decisione che sarà inevitabile e che si traduce annualmente in perdite economiche per tutti quei soggetti e settori che sostengono il peso economico del sistema attuale. In primis ci sono Comuni su cui gravano la maggior parte dei costi dovuti alla raccolta differenziata degli imballaggi per bevande (coperti solo in minima parte dalle restituzioni da parte del sistema EPR) e il 100% dei costi dovuti alla rimozione di tali imballaggi nel littering e al loro smaltimento/incenerimento quando conferiti nella raccolta indifferenziata o nei cestini stradali. Poi viene lo Stato che, oltre alla Plastic Tax che l’Italia paga all’Unione Europea per gli imballaggi in plastica che non ricicla, sta affrontando esborsi importanti per finanziare programmi per l’acquisto di eco-compattatori (che invece, in un sistema cauzionale non richiedono finanziamenti da parte dello Stato, in quanto vengono acquistati e gestiti dalla Distribuzione Organizzata). Che cosa stiamo aspettando e soprattutto a chi giova ritardare l’introduzione di uno strumento che, non per nulla, è diventato prassi comune in 16 Paesi europei, che arriveranno a 20 in due anni? ».

Una campagna fa finalmente luce sul fenomeno dell’abbandono degli imballaggi per bevande ma non sulle soluzioni

Partita la nuova campagna di comunicazione di Ichnusa: “Il Nostro Impegno” che l’azienda lancia in vista dell’estate per accendere l’attenzione sul problema dell’abbandono delle bottiglie in vetro raggiungendo tutti i luoghi più affollati dal turismo estivo.

La novità di questa campagna molto apprezzata sui social sta nel suo claim provocatorio “Se deve finire così, non beveteci nemmeno” che accompagna i manifesti in bianco e nero dell’iniziativa raffiguranti bottiglie Ichnusa abbandonate in natura. Si tratta, indubbiamente, di un esempio ben riuscito di Reverse Marketing con l’intento di sensibilizzare i propri clienti rispetto a comportamenti scorretti per sottolineare l’impegno aziendale nel volere ridurre l’impatto delle proprie attività sull’ambiente, anche attraverso il vetro a rendere.

La campagna che vede la collaborazione di Legambiente comprenderà azioni concrete di ripristino e pulizia in aree dell’isola dove l’abbandono è più frequente nelle località di: Cagliari, Quartu Sant’Elena, Villasimius, Olbia, Sassari, Alghero e Oristano Anche i 120 dipendenti del birrificio di Assemini (Cagliari) si mobiliteranno per dare una mano nelle operazioni di clean up.

Qualche numero presentato da Ichnusa sul tema

Da un sondaggio a livello nazionale affidato da Ichnusa ad AstraRicerche emerge che l’abbandono delle bottiglie di vetro per metà degli italiani è un problema diffuso e molto grave e che 6 su 10 (7 su 10 in Sardegna) affermano che se vedono una bottiglia di vetro dispersa nell’ambiente la raccolgono.

Allo stesso tempo emerge anche che un italiano su quattro ammette di avere abbandonato tale imballaggio nell’ambiente una o più volte nell’ultimo anno (1 su 5 in Sardegna).

Altri dati che emergono dalla ricerca sono la maggiore propensione dei sardi a ripulire ( il 68% raccoglie le bottiglie abbandonate, contro una media italiana del 62%) e l’attribuzione del fenomeno dell’abbandono delle bottiglie alla movida e alla fascia di età dai 18 ai 34 anni ( 67% dei rispondenti). Per 8 italiani su 10 questo tema andrebbe approcciato non in maniera punitiva. “Ecco allora la nostra presa di posizione coraggiosa – ha spiegato Michela Filippi, responsabile marketing – Possiamo partire da piccoli gesti per ispirare un movimento“.

Due sondaggi a confronto

Rispetto al sondaggio di Ichnusa il nostro ultimo sondaggio diffuso ad inizio anno ha rilevato un livello di consapevolezza e preoccupazione più alto sul fenomeno del littering da contenitori di bevande. Scopo del sondaggio era indagare sia quale fosse il tipo di materiale che viene percepito come il più dannoso tra vetro, plastica e metallo/alluminio quando disperso nell’ambiente, sia l’esistenza di una eventuale differenza di percezione e giudizio sul fenomeno determinata dall’area politica di appartenenza. Dai risultati è emerso che l’abbandono delle bottiglie di plastica è considerato grave o molto grave dal 91,2% degli elettori di sinistra e dall’89,7% dagli elettori di destra, quello delle lattine rispettivamente dall’87,6% e dall’87,1% e quello delle bottiglie di vetro dall’84,2% e dall’87,1%.

Figura 1

Quanto emerso suggerisce che il fenomeno dell’abbandono e del conseguente spreco di imballaggi susciti reazioni simili, e che la soluzione che la nostra campagna individua nel sistema cauzionale non sia un tema divisivo considerato che oltre l’80% dei rispondenti al nostro sondaggio è favorevole ad una sua implementazione anche in Italia (Fig.2).

Figura 2

Il merito e i limiti della campagna di Ichnusa

La campagna di Ichnusa ha il merito di fare luce su un fenomeno diffuso in modo importante anche nel nostro paese che il mondo della birra –  e dei produttori di bevande in genere –  non ha mai affrontato apertamente, o dimostrato di volersene prendere carico. Sempre presenti d’altro canto nella comunicazione ambientale del vetro, gli aspetti positivi come la riciclabilità e la riusabilità delle bottiglie, che rischiano però di rimanere sulla carta quando non si creano le condizioni che garantiscono il ritorno dei contenitori in nuovi cicli economici.

Venendo ai limiti dell’iniziativa, che resta pur sempre meritevole in un panorama dove si registra poca attenzione al fenomeno, va detto che si tratta di limiti comuni a tutte le iniziative basate sulla sensibilizzazione e l’educazione del pubblico di riferimento. Le iniziative che promuovono un cambio culturale non supportato dal contesto in cui “fare la cosa giusta” richiede impegno e organizzazione personale richiedono tempo (indeterminato) e capillarità di diffusione. Inoltre il messaggio deve pervenire al cittadino da più fronti e in più occasioni, altrimenti si rischia di “sparare nel mucchio” e di mancare il principale bersaglio, che il sondaggio di Ichnusa parrebbe avere identificato nel pubblico giovanile.

Non si trovano studi in Italia che fotografino il problema del littering mirato ai contenitori di bevande, ma dal sondaggio di Ichnusa sappiamo che almeno un italiano su quattro ha contribuito al fenomeno.

Le cause legate all’abbandono dei rifiuti variano poi probabilmente a seconda dei luoghi in avviene il fenomeno e delle fasce di età coinvolte, e spesso i casi di abbandono riguardano interi sacchi di immondizia non differenziati. Un probabile denominatore comune dietro ai diversi casi di littering è la pigrizia e la comodità del delegare a qualcun altro un compito percepito come “fastidioso”, con la quasi certezza di non incorrere nelle dovute sanzioni.

Chi prova ad interrogare gli amministratori comunali sul problema rileva un impotenza di fondo delle istituzioni che non riescono ad incidere su comportamenti del genere molto diffusi con le risorse a disposizione. I Comuni non dispongono delle risorse finanziarie e personale necessarie per campagne continue che dovrebbero combinare la possibilità di commutare continue sanzioni (bastone) e/o disporre di incentivi morali o monetari da offrire a chi si comporta correttamente (carota). Un aspetto che spieghiamo meglio nel prossimo capitoletto sulle soluzioni.

Un secondo limite dell’iniziativa di Ichnusa nella percezione di un pubblico più informato sui temi della responsabilità di impresa e delle legislazioni sui rifiuti, sta nel fatto che focalizzare l’attenzione esclusivamente sul versante del cambio culturale e della sensibilizzazione degli utenti. Non prendere in considerazione le misure di prevenzione del fenomeno esistenti ed efficacemente applicate in paesi che hanno un sistema di deposito, rischia di passare come un tentativo di greenwashing. Questo al di là delle indiscutibili nobilissime intenzioni che hanno portato alla realizzazione di questa campagna.

L’approccio di imputare al solo consumatore finale la responsabilità del littering e del mancato riciclo, ricorda una strategia già utilizzata dall’industria delle bevande a metà del secolo scorso per giustificare la comparsa del fenomeno, sconosciuto quando i sistemi di riuso con vuoto a rendere erano la norma.

Una strategia che è stata efficace nel breve termine nel proteggere gli interessi dei produttori di bevande che, allettati dagli enormi risparmi conseguenti al delegare la raccolta dei vuoti e relativi costi alle comunità, non si sono impegnati a sostenere i sistemi di deposito cauzionale per diverse decadi. Sul lungo termine, invece, ha contribuito a perpetuare il problema del littering e a rallentare gli sforzi per affrontarlo in modo efficace, considerato che le ricette all’insegna dell’informazione, sensibilizzazione e della moral suasion sono state messe in campo senza successo da ormai mezzo secolo.

La storia delle campagne di pulizia ambientale

Per il settore delle bevande c’è un trascorso di iniziative legate a questo annoso problema che non hanno brillato come fulgidi esempi di responsabilità ambientale e sociale di impresa.

Promuovere l’idea che il littering fosse principalmente colpa dei singoli individui allo scopo di evitare di affrontare seriamente le questioni legate alla produzione e alla gestione dei rifiuti è stata una strategia utilizzata dall’industria delle bevande negli anni ’50 e ’60 definita come “blame-shifting” o “finger-pointing”.

In quegli anni i produttori di bevande negli USA si trovarono nella situazione di dovere giustificare un’esplosione dei livelli di abbandono di contenitori monouso nell’ambiente dovuta alla dismissione dei sistemi di vuoto a rendere in vetro da loro intrapresa. Man mano che venivano chiusi i concessionari locali che imbottigliavano e recuperavano le bottiglie per riempirle nuovamente, la dispersione di bottiglie e lattine aumentava. A quel punto i produttori di lattine e bevande, per distogliere l’attenzione del pubblico dalla principale causa, crearono e finanziarono le prime campagne di pulizia. La storia della nascita della prima campagna Keep America beautiful e la pubblicità del “crying indian“, entrata nella storia del marketing ambientale, sono state raccontate in numerosi articoli e anche in questo breve video.

Un articolo che racconta come è nata e da quali aziende sia stata adottata questa tattica che viene annoverata tra le diverse formule del greenwashing si può leggere qui.

Uno sguardo alle soluzioni che arrivano dal passato

Parlando di soluzioni al problema del littering, se ci fossero stati sistemi basati sulla responsabilizzazione del singolo capaci di garantire un quasi totale ritorno dei contenitori, i rivenditori e produttori di liquidi alimentari non avrebbero iniziato ad inizio novecento ad applicare tale meccanismo.

A rendere più complessa la situazione va detto che, ad oggi, le conseguenze a livello economico dell’abbandono dei rifiuti non ricadono direttamente sul singolo, ma vengono spalmate e dilazionate nel tempo sulle bollette dei rifiuti di un’intera comunità. Infatti, nel sistema attuale di raccolta differenziata degli imballaggi, in cui è la qualità dell’imballaggio raccolto a determinare un corrispettivo, più o meno alto, da parte dei consorzi Conai, chi differenzia poco e male non viene colpito.

Lo stesso accade nel caso di chi non differenzia per nulla e conferisce gli imballaggi nei cestini stradali o nel rifiuto indifferenziato creando così un costo che è al 100% al carico del Comune e dei suoi contribuenti. Questo perché le compensazione sui costi di avvio a riciclo da parte dei consorzi del Conai sono previsti solamente per gli imballaggi conferiti nei flussi della raccolta differenziata del vetro, carta, plastica e metalli. Meno corrispettivi che compensano una parte ( già minoritaria) dei costi sostenuti dai Comuni per la gestione dei rifiuti, si riflette in bollette più alte.

Tutto ciò considerato, assolvere alla responsabilità estesa del produttore sul ciclo di vita dei propri prodotti nei termini previsti dalla legge, dovrebbe significare per i produttori di bevande, non solamente sostenere i costi del fine vita dei propri imballaggi, ma proporre e sostenere quei sistemi consolidati che ne prevengono gli effetti collaterali negativi come la dispersione e il mancato riciclo che ne consegue.

Produttori di bevande europei a favore dei DRS, in Italia tutto tace

La associazioni europee che riuniscono i produttori di acque minerali (NMWE), bibite (UNESDA), dei succhi di frutta (AIJN) hanno tutte supportato presso la commissione europea e durante l’iter legislativo del regolamento europeo Imballaggi e rifiuti da imballaggio PPWR, l’introduzione di sistemi di deposito cauzionale. Anche se non è stato introdotto nel regolamento l’obbligo di istituire sistemi di deposito per le bottiglie in vetro esiste un problema nel nostro paese per la birra in particolare legato alla dispersione e alla criticità che il vetro monouso incontra nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.

Nell’esigenza di raggiungere gli obiettivi di Carbon neutrality al 2050, scrive infatti su Linkedin Enrico Galasso Presidente e AD di Peroni, “credo sia opportuno un approfondimento a parte per il tema del vetro in quanto, nel contesto degli obiettivi di Carbon neutrality 2050, il vetro a perdere rappresenta una criticità fortissima (circa il 30-35% di tutta la CO2 emessa dalla filiera della birra in Italia, ad esempio). Il vuoto a rendere è già realtà in diversi paesi, anche nella GDO, tra cui la Germania. Ovviamente andrebbero ricercate soluzioni comuni, implementabili e nel rispetto di cittadini, fornitori, clienti ed istituzioni (e del pianeta. ).

C’è solamente una misura che funziona spingendo l’intercettazione vicina al 100%, che è quella del sistema di deposito cauzionale finalizzato al riciclo (per bottiglie monouso o lattine) oppure del vetro a rendere finalizzato al riuso, sempre grazie al potente incentivo del deposito.
L’Italia è costretta ad importare vetro dall’estero, e anche da paesi come Malta che hanno avviato nel 2022 un sistema di deposito cauzionale, con circa 300.000 tonnellate di vetro che finiscono smaltite, invece che intercettate per il riciclo.
L’appello fatto dall’associazione leccese “Galatonesi a raccolta” partner della campagna per un DRS nazionale chiede, non a caso, di dare un valore al rifiuto.

Lettonia e Slovacchia due paesi che hanno risolto il problema

In Lettonia è stato introdotto un DRS nel febbraio del 2022 e in Slovacchia il mese prima. Entrambi i paesi registrano una quasi sparizione dei contenitori per bevande nell’ambiente.

Durante il clean up avvenuto in Lettonia nel weekend della giornata della terra in alcune aree nel tratto del canale Zunda che costeggia l’isola di Kipsala, sono state ritrovate nel folto tappeto di bottiglie intrappolate dalla vegetazione sugli argini, quasi solamente bottiglie immesse prima che il DRS entrasse in vigore.

Entrambi i paesi, oltre a beneficiare di una quasi sparizione dei contenitori soggetti al deposito dall’ambiente, hanno in comune un’importante quota del consumo di birra commercializzata in vuoto a rendere con ricarica, al contrario dell’Italia dove il 70% del mercato della birra utilizza bottiglie monouso.

Nel sistema cauzionale slovacco, come avviene in quasi tutti i DRS, le birre in vuoto a rendere, che sono parte di un sistema volontario organizzato dai singoli produttori, condividono gli stessi punti di raccolta dei vuoti presso i rivenditori con le altre tipologie di bevande in contenitori monouso. La particolarità del sistema in Lettonia sta nel fatto che è lo stesso amministratore del DRS per i contenitori monouso che gestisce anche il sistema di riuso con l’impiego di bottiglie standarizzate condivise da più produttori.

Un passo avanti verso una gestione più circolare degli imballaggi: approvato il nuovo Regolamento Europeo

Con l’approvazione del Regolamento Imballaggi, abbiamo una agenda per una gestione sostenibile e circolare degli imballaggi a cui poter lavorare da subito insieme a tutti i soggetti che ne sarebbero coinvolti, e che potrebbero goderne dei risultati senza aspettare il 2030 .

COMUNICATO STAMPA

Il 24 aprile scorso, l’Europarlamento ha votato a larga maggioranza l’approvazione della versione definitiva del Regolamento sugli Imballaggi e i Rifiuti da Imballaggio (PPWR – Packaging and Packaging Waste Regulation), frutto di intense negoziazioni tra le Istituzioni europee nel processo del Trilogo.

Nonostante alcune previsioni siano state indebolite rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea del novembre 2022, la versione finale del Regolamento rappresenta comunque un’agenda avanzata per migliorare l’efficienza e promuovere la circolarità nel settore degli imballaggi. Questo settore, nonostante decenni di sforzi nel riciclo e nell’applicazione dell’EPR, ha continuato a mostrare criticità.

Ogni europeo produce circa 190 kg all’anno!

Per rispondere alla crescita della produzione di imballaggi che supera abbondantemente la capacità di riciclo il Regolamento introduce per la prima volta obiettivi legalmente vincolanti di riduzione e di riuso per quei settori particolarmente vocati.

Contrariamente a quanto spesso rappresentato in Italia la PPWR non è un’iniziativa tutta “indirizzata al riuso e a discapito del riciclo” in quanto offre un quadro normativo solido per migliorare e potenziare le strategie di riciclo, cui è dedicata la gran parte dell’articolato.

Innanzitutto quando rivede al rialzo gli obiettivi di riciclo che vengono sostenuti dal “design per il riciclo” e da obiettivi vincolanti di “contenuto minimo di materiale riciclato“.

Previsioni particolari poi riguardano l’introduzione del Deposito Cauzionale (o DRS – Deposit Return Scheme) per contenitori per bevande monouso, oggetto della Campagna Nazionale “A Buon Rendere – molto più di un vuoto”.

La PPWR prevede infatti all’art.44 l’obbligo per i Paesi Membri di conseguire al 2029 il 90% di intercettazione di bottiglie in plastica e lattine, e di istituire un DRS nel caso in cui non venisse raggiunto tale obiettivo nei tre anni precedenti. Nel caso delle bottiglie di plastica l’obiettivo di raccolta introdotto dalla Direttiva sulle Plastiche Monouso è peraltro già stato recepito nel nostro ordinamento.

Nonostante sia stata introdotta nel corso delle negoziazioni una condizione di esenzione transitoria per gli Stati Membri che conseguissero un tasso di raccolta dell’80% al 2026 per bottiglie e lattine, viene mantenuto comunque l’obbligo del 90% come obiettivo finale. Viene dato pertanto alla Commissione il mandato di imporre un DRS ai Paesi che, per tre anni consecutivi, non raggiungessero il 90% di raccolta di tali contenitori.

Enzo Favoino Coordinatore Scientifico “A Buon Rendere” ha dichiarato:

«Come abbiamo raccontato nel nostro documentario Chiudere il cerchio il DRS slovacco ha permesso di raggiungere in due anni un’intercettazione del 92% per bottiglie in plastica e lattine. Se è vero che risultati simili sono stati raggiunti anche in altri Paesi Membri dopo l’avvio del sistema, non esistono altri casi in cui lo stesso risultato sia stato conseguito senza un sistema di deposito. Facendo qualche calcolo, il DRS dovrebbe essere introdotto in quella minoranza di Paesi europei che ancora non l’hanno pianificato al più tardi nel 2033. Ma, chiaramente, la nostra Campagna si propone di anticipare notevolmente tale data, per non perdere altri anni ed anni in termini di dispersione di contenitori sul territorio, di costi per i Comuni per raccoglierli e smaltirli, di Plastic Tax da versare alla UE per tutta la plastica non riciclata (tassa che pagano i contribuenti), di riciclo di bassa qualità, anziché quello “closed loop” (da bottiglia a bottiglia, da lattina a lattina) reso possibile dal DRS».

Silvia Ricci Coordinatrice Campagna “A Buon Rendere” ha aggiunto:

«Per quanto in Italia il Regolamento sia stato spesso descritto in modo distorto e poco informato, come “una iniziativa ideologica che va contro la eccellenza italiana del riciclo” (fino a vedere auspicare da diversi portatori di interesse e dalle stesse istituzioni governative l’auspicio che l’iniziativa stessa venisse affossata del tutto), in realtà la PPWR è anche, e soprattutto, un poderoso strumento per affiancare, efficientare e potenziare le strategie del riciclo.

Abbiamo presentato come campagna l’unico studio pubblicamente accessibile che quantifica costi e benefici derivanti dall’introduzione di un DRS in Italia che permetterebbe di conseguire in due anni il 95,3% come tasso di raccolta per le bottiglie in PET per bevande, il 96% per le lattine e il 95,8 % per il vetro. Anche il nostro più recente sondaggio ha confermato che gli italiani, di qualunque area culturale e politica di appartenenza, sostengono la necessità di adottare il deposito cauzionale come strumento per risolvere il problema della dispersione dei contenitori da imballaggio e per conseguire gli obiettivi di raccolta e riciclo europei. Che cosa stiamo aspettando e soprattutto a chi giova ritardare l’introduzione di uno strumento che, non per nulla, è diventato prassi comune in 16 Paesi europei, che arriveranno a 20 in due anni? ».

-Per scaricare il Comunicato stampa e alcune immagini clicca qui.

Al via la richiesta di adesione alla Campagna “A Buon Rendere” agli Enti Locali: importanti città hanno già risposto

La campagna nazionale “A Buon Rendere – molto più di un vuoto”, volta all’introduzione di un sistema di deposito cauzionale (DRS) per il riciclo degli imballaggi monouso per bevande in Italia, riunisce già un ampio fronte di organizzazioni e si rivolge ora agli Enti Locali per chiederne l’adesione. Sono infatti proprio le comunità e i cittadini a trarre i maggiori benefici dall’implementazione del sistema.

La campagna nazionale “A Buon Rendere – molto più di un vuoto” continua a raccogliere sostegno e interesse nella sua missione di introdurre un sistema di deposito cauzionale (DRS) per il riciclo degli imballaggi monouso per bevande in Italia; una misura che permetterebbe di superare le limitazioni del sistema attuale e di ridurre in modo significativo l’inquinamento, e lo spreco di risorse che ne deriva.

L’introduzione di un sistema cauzionale – che va ad integrarsi e completare i sistemi in essere di raccolta differenziata – ha dimostrato di potere apportare miglioramenti significativi alle prestazioni di raccolta e riciclo in tutti i paesi europei dove è stato introdotto. L’alto tasso di intercettazione degli imballaggi per bevande conseguibile grazie all’introduzione di un DRS contribuisce al quasi azzeramento di questi contenitori nel littering e nei cestini stradali, con evidenti benefici sui costi di gestione dei rifiuti per gli enti locali, come vedremo più avanti.

Dopo avere chiesto l’adesione alla campagna ai produttori e rivenditori di bevande – i due soggetti che insieme ai cittadini sono maggiormente coinvolti in un sistema di deposito cauzionale – ora la richiesta passa ai Comuni che hanno il compito di organizzare la raccolta dei rifiuti urbani, ivi inclusi i rifiuti abbandonati sulle strade e nei luoghi pubblici, che ne sostengono i costi.

La campagna invita i Comuni a considerarne attentamente l’adesione in modo da appoggiare concretamente quella necessaria transizione verso un sistema di gestione degli imballaggi per bevande più circolare che andrebbe a generare anche nuove opportunità economiche per i territori, ad esempio attraverso la creazione di posti di lavoro nel settore del riciclo e della gestione dei rifiuti.

Hanno aderito alla Campagna oltre a Torino Città Metropolitana le città di: Aosta, Bergamo, Milano, gli Assessorati all’Ambiente di Padova e Terni come capoluoghi di Provincia, e diverse cittadine minori che hanno inviato spontaneamente una manifestazione di interesse a seguito del lancio dell’iniziativa. Altre adesioni sono in fase di finalizzazione della delibera di adesione.

COME ADERIRE

Per aderire, i Comuni o le Città metropolitane possono inviare una mail a: redazione@buonrendere.it
per ricevere ulteriori informazioni e il modello di delibera per proporre l’adesione formale alla Campagna in Giunta. Il referente indicato dal Comune aderente riceverà così periodicamente gli aggiornamenti sul decorso dell’iniziativa e sull’evoluzione della normativa di riferimento.

Lo studio Costi e Benefici di un sistema cauzionale per l’Italia
Lo studio “Sistema di deposito cauzionale: quali vantaggi per l’Italia e il riciclo” commissionato ad una delle più autorevoli società di consulenza nel settore economico-ambientale, Eunomia Consulting, ha quantificato i benefici operativi, economici ed ambientali che l’introduzione di un DRS porterebbe in Italia. Tra questi, la possibilità di raggiungere gli obiettivi di raccolta per le bottiglie in PET per bevande (90% al 2029) e di contenuto riciclato della direttiva SUP (25% al 2025), già recepiti nell’ordinamento nazionale, garantendo una piena circolarità nel riciclo di questi contenitori. Attualmente il contenuto riciclato presente in media nelle bottiglie in PET immesse sul mercato italiano non arriva al 10% con ricorso prevalente all’importazione da paesi terzi. (1)

A questo proposito va rilevato che il mancato riciclo di una quota importante dell’immesso al consumo di queste bottiglie costa ogni anno al bilancio dello Stato circa 100 milioni di euro come quota della Plastic Tax europea (2) che l’Italia paga all’Unione Europea per gli imballaggi in plastica che non vengono riciclati; un costo che potremmo risparmiare intercettandone per il riciclo oltre l’90% dell’immesso al mercato.

Infatti l’introduzione di un DRS in Italia porterebbe a un aumento significativo della raccolta e del riciclo dei contenitori in PET per bevande: si passerebbe da una percentuale di avvio al riciclo del 61,5% (dato 2021 misurato a valle degli impianti di selezione) al 94,4%. Questo significherebbe anche un risparmio annuale di emissioni di gas serra di oltre 600.000 tonnellate di CO2eq.

Impatto di un DRS sui costi di raccolta, trasporto e trattamento dei contenitori per bevande

L’introduzione di un DRS avrebbe ripercussioni economiche non trascurabili anche sui costi di raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani, ivi inclusi: i costi di raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento dei rifiuti residui (che attualmente comprendono anche una quota di materiali che verrebbero intercettati dal DRS). La riduzione del littering e del conferimento dei rifiuti nei cestini stradali (legato alla somministrazione di bevande per il consumo “to-go”) contribuisce inoltre a ridurre ulteriormente i costi di gestione di tali frazioni. I cestini stradali, ad esempio, si riempirebbero meno velocemente, dato che i contenitori per bevande verrebbero restituiti nei punti di raccolta dedicati per effetto dell’incentivo economico legato alla cauzione, uscendo dal perimetro del servizio pubblico di raccolta organizzato e finanziato dai Comuni.

Lo studio, pur tenendo conto della rigidità strutturale di alcune voci di costi legate ai servizi di gestione dei rifiuti urbani, stima un risparmio per i Comuni pari ad almeno 30 milioni di euro per i soli costi di smaltimento e incenerimento dei contenitori per bevande (in PET, vetro e metallo) attualmente raccolti nei rifiuti indifferenziati che verrebbero intercettati mediante il DRS. Tale stima non considera nel risparmio di 30 milioni citato i benefici economici legati alla riduzione dei costi di pretrattamento del rifiuto indifferenziato negli impianti di trattamento meccanico-biologico (i cd. TMB) e assume, in maniera conservativa, che la riduzione dei rifiuti indifferenziati non incida sui costi complessivi di raccolta, trasporto e stoccaggio preliminare. Inoltre, nello studio si ipotizza una riduzione dei costi operativi della raccolta differenziata, con risparmi stimati pari a 17,5 milioni di euro per la plastica, 0,7 milioni di euro per i metalli e 23,9 milioni di euro per il vetro senza considerare i potenziali risparmi derivanti dalla riduzione dei rifiuti da raccolta differenziata da avviare ad impianti di selezione/cernita/prepulizia prima della loro valorizzazione sul mercato o tramite i sistemi collettivi.

Quanto costa la rimozione dei rifiuti da imballaggi per bevande dispersi?

L’introduzione di un DRS consentirebbe, infine, anche ridurre i costi legati alla raccolta e allo smaltimento del littering, risparmiando ai comuni centinaia di milioni di euro all’anno.

La stima relativa ai costi di gestione dei rifiuti abbandonati imputabili agli imballaggi monouso per bevande è stata effettuata a partire dallo studio condotto da Eunomia nel 2017, sugli impatti dell’introduzione di un DRS sui servizi di smaltimento dei rifiuti delle autorità locali in Inghilterra. Sulla base di interviste condotte con le autorità locali inglesi, Eunomia ha stimato infatti che il costo associato ai contenitori per bevande in vetro, metallo e plastica all’interno del littering ammonterebbe a circa 172 milioni di sterline all’anno. (3)

Una riduzione del volume di rifiuti che i Comuni devono gestire può quindi offrire l’opportunità di risparmiare sui costi aumentando l’efficienza e l’operatività del servizio di raccolta differenziata. Questi risparmi, sottolinea lo studio, non potranno essere realizzati ovunque e saranno più significativi quando si potranno ridurre gli intervalli di raccolta (o, più probabilmente, il numero e il volume dei veicoli), il che è più probabile che accada nei Comuni più grandi.

In ogni caso, qualsiasi aumento o diminuzione netta del costo unitario di gestione dei restanti rifiuti di imballaggio conferiti al sistema di raccolta differenziata, si legge nello studio Eunomia, dovrà comunque riflettersi in modifiche dei prezzi unitari pagati dai sistemi EPR, secondo quanto stabilito dalla Direttiva-Quadro sui rifiuti. Nel merito, Eunomia raccomanda di rivedere i criteri per la determinazione dei “costi efficienti” di raccolta, trasporto e cernita prima dell’introduzione di un DRS, in modo tale da tener conto delle variazioni attese nei costi unitari di gestione delle diverse frazioni di materiali di imballaggio ed evitare qualsiasi squilibrio temporaneo tra costi sostenuti dai comuni e proventi dalla valorizzazione dei materiali. Il nuovo accordo che sostituirà l’attuale accordo quadro ANCI-CONAI per la gestione dei rifiuti di imballaggio dovrà infatti garantire, secondo quanto previsto dalle nuove regole in materia di EPR, la copertura integrale (o, in deroga, almeno l’80%) dei “costi efficienti” sostenuti dai comuni per la raccolta, il trasporto e la cernita dei rifiuti di imballaggio conferiti in convenzione. Questa copertura dovrebbe rimanere invariata anche dopo l’introduzione di un DRS e, nel caso, essere oggetto di revisione ex-post, in modo tale da garantire il rispetto delle regole definite dal legislatore europeo e nazionale in materia di responsabilità estesa del produttore.

L’impatto di un DRS sui costi della TARI per i Comuni

Determinare l’impatto economico sui singoli Comuni derivante dall’introduzione di un sistema DRS è un esercizio complesso, considerati i molteplici fattori che influenzano i costi del servizio di gestione dei rifiuti a livello locale da coprire con la TARI (o la tariffa corrispettiva) da parte di cittadini, associazioni e imprese.
Tuttavia, va detto che le preoccupazioni relative al possibile aumento dei costi a carico dei Comuni a seguito dell’introduzione di un DRS, si focalizzano generalmente solo su un aspetto: la perdita economica derivante dalla riduzione dei corrispettivi erogati dai sistemi collettivi (o dei proventi da mercato) per il conferimento in convenzione dei rifiuti raccolti.

Una visione che, oltre a trascurare gli effetti positivi sulla riduzione dei costi sopra menzionati, non tiene conto di due aspetti di centrale importanza:
1. una parte consistente dei proventi da mercato e dei corrispettivi erogati dai sistemi collettivi per il conferimento in convenzione dei rifiuti di imballaggio da raccolta differenziata viene trattenuta dall’impresa affidataria del servizio di gestione dei rifiuti e non contribuisce pertanto a diminuire il costo del servizio per il Comune (e quindi per i contribuenti);
2. i corrispettivi economici riconosciuti dai sistemi collettivi – di cui il sistema Conai è il prevalente – coprono solo in parte i costi di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio: secondo una stima preliminare condotta da ARERA (DCO 214/2023/R/RIF), la copertura media su base nazionale e per tutte le tipologie di rifiuti di imballaggio è di circa il 42% (con variazioni territoriali che vanno da meno del 10% a oltre l’80%).

Vale la pena infine menzionare un ulteriore aspetto che non è stato analizzato dallo studio Eunomia ma risulta di estrema importanza ed attualità: il peso che il servizio di gestione dei rifiuti urbani ha sui bilanci comunali. Una recente stima condotta dall’economista Massimo Bordignon, vicepresidente dell’ Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani (Ocpi) ha rilevato che sui Comuni italiani grava un buco da sette miliardi e mezzo, pari a un terzo dell’ultima manovra finanziaria nazionale, legato ai minori incassi dei due principali tributi – Imu e Tari – che con l’addizionale Irpef compongono il monte delle risorse per la spesa corrente. Gli enti locali come si legge su “Il Messaggero” non riescono a incassare il 40% della Tari, un “buco” da 3 miliardi di euro. Esperti in materia di tributi comunali confermano che per appianare il mancato gettito gli Enti Locali non possono fare altro che impegnare risorse del bilancio tagliando sui servizi, con il rischio, visto i tempi di riscossione, di incorrere in possibili dissesti finanziari.

Le esperienze dei DRS in Europa
L’analisi dei sistemi DRS europei arrivati con quest’anno ad interessare 16 Paesi Membri evidenzia inoltre la straordinaria efficacia dei sistemi di deposito cauzionale nella riduzione del littering, un fenomeno particolarmente diffuso anche in Italia che, oltre a gravare economicamente sui comuni e i cittadini, impatta negativamente sulla amenità dei luoghi, crea danno all‘industria del turismo e della pesca. Un esempio di successo che abbiamo voluto raccontare al pubblico italiano e ai decisori politici e aziendali attraverso il documentario “Chiudere il cerchio” prodotto dalla Campagna è il sistema di deposito della Slovacchia. Una pillola di pochi minuti è disponibile qui.

La Campagna “A Buon Rendere”

La Campagna, promossa dall’Associazione Comuni Virtuosi raccoglie una vasta coalizione di soggetti provenienti dall’associazionismo, dalle autorità locali, aziende e semplici cittadini.

Lanciata nel marzo del 2022, l’iniziativa mirata a sensibilizzare cittadini, politici e industria sui molteplici vantaggi di un sistema di deposito cauzionale ha prodotto due sondaggi, presentato l’unico studio sui costi e benefici derivanti dall’introduzione del sistema in Italia disponibile per il pubblico, organizzato due convegni, partecipato a vari servizi televisivi tra i quali Presa Diretta e Report, sviluppato una webapp ABR Radar che permette, con il contributo dei cittadini, di conoscere quali sono le marche e i tipi di imballaggi per bevande che maggiormente sfuggono al riciclo in Italia.

Infine come ultima novità, ma non per importanza, la campagna ha prodotto un documentario, in fase di lancio, sul sistema di deposito slovacco : “Chiudere il cerchio” che racconta per un pubblico anche di non esperti come funziona un sistema cauzionale e come è stato possibile in due anni intercettare il 92% dei contenitori per bevande per un riciclo improntato alla massima circolarità in cui le bottiglie in plastica e le lattine divengono nuovi contenitori con un notevole risparmio di materie vergini. Il trailer è disponibile qui.

Ulteriori informazioni sulla campagna “A Buon Rendere” e sugli impatti del sistema di deposito cauzionale sono disponibili sul sito dell’iniziativa.

(1) Ad oggi, come rileva CONAI nel suo “Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio – Relazione generale consuntiva 2022”, il contenuto medio di R-PET nei CPL in PET alimentari nel 2022 è stato pari a circa l’8%, in calo rispetto all’anno precedente.

(2) Con l’entrata in vigore della Plastic Tax europea, il cui calcolo è basato sulla quantità di imballaggi in plastica non riciclati (800 euro/ton), 1.200 tonnellate di imballaggi in plastica non riciclati corrispondono a quasi un miliardo di euro (dai quali va sottratta una cifra forfettaria che per l’Italia ammonta a poco più di 184 milioni). Parliamo quindi di circa 800 milioni di euro che l’Italia deve versare nella casse europee nell’ambito del cd. “sistema delle risorse proprie dell’Unione” introdotto dalla Decisione 2020/2053 del Consiglio del 14 dicembre 2020.

(3) Vedi anche sul tema la scheda “Sistema di deposito cauzionale: diversi studi confermano ingenti
risparmi per le amministrazioni comunali”

Imballaggi per bevande: la maggioranza degli Italiani a favore del Deposito Cauzionale

Secondo l’indagine commissionata dalla Coalizione “A Buon Rendere – per un Deposito Cauzionale in Italia”, i cittadini sono preoccupati per la dispersione dei rifiuti nell’ambiente e vogliono che l’Italia rispetti gli impegni europei. Risposte omogenee e favorevoli al deposito cauzionale, da tutte le aree di auto-collocazione politica degli intervistati

22 Gennaio 2024 – Confermando sostanzialmente i dati di un precedente sondaggio, Oltre l’80% degli italiani desidera un sistema di deposito cauzionale, che copra tutti i contenitori monouso per bevande. Dopo aver illustrato il sistema di deposito in modo dettagliato, il 61.4% dichiara di conoscerlo (tra i più aggiornati risultano gli uomini) ma solo l’8.1% è ben informato su cosa si intenda per questo tipo di sistema, mentre ben oltre il 38% (rispetto al 40.4% dello scorso anno) afferma di non averne mai sentito parlare. Il che conferma l’importanza della nostra Campagna, che si propone di diffondere la conoscenza sul sistema, i suoi benefici, e come introdurlo in maniera efficace sull’esempio di quanto già avviene nella maggior parte dei Paesi UE.

La maggioranza (83,1%), e soprattutto le donne, considera il deposito cauzionale un sistema utile all’Italia per ottemperare agli impegni richiesti dall’Unione Europea in materia di rifiuti da imballaggio.

Rispetto alla direttiva Europea sulla plastica monouso, che impone agli Stati membri di arrivare entro il 2029 al 90% di raccolta di bottiglie per bevande in plastica ( obiettivo già recepito nell’ordinamento nazionale), l’85.9% degli italiani ritiene sia giusto che l’Italia rispetti degli obiettivi tanto ambiziosi (e per il 73.2% è ancora molto lontana rispetto ai target europei, motivo per il quale il deposito cauzionale potrebbe essere uno strumento fondamentale).

Sono questi alcuni dati emersi dalla nuova ricerca “Gli italiani e l’ipotesi di un sistema di deposito degli imballaggi per bevande” realizzata a metà novembre 2023 dalla Campagna “A Buon Rendere – per un Deposito Cauzionale in Italia” in collaborazione con AstraRicerche, su un campione di riferimento di 1.005 residenti in Italia di età compresa tra i 18 e i 65 anni e che va ad aggiornare, confermandole ed integrandole, le risposte raccolte nel corso di una prima rilevazione effettuata nel febbraio 2022.

Rifiuti da imballaggi per bevande abbandonati fonte di preoccupazione

I rifiuti dispersi nell’ambiente naturale preoccupano gli italiani. In particolare, per il 91.6% del campione l’abbandono delle bottiglie di plastica in strada, parchi e spiaggia rappresenta un problema molto grave o grave. Il littering causato dalla dispersione della plastica viene percepito più pericoloso rispetto a quello causato da altri materiali – come nel caso delle lattine – che è comunque considerato molto grave o grave dal 90.4%, o del vetro delle bottiglie (comunque percepito come grave/molto grave dal 87.5%).

La gravità attribuita alla dispersione degli imballaggi per bevande verso altre tematiche correlate ai rifiuti

Interessante notare come la preoccupazione per l’abbandono delle confezioni di bevande accomuni i cittadini di qualunque area politica: l’abbandono delle bottiglie di plastica è considerato grave o molto grave dal 91,2% degli elettori di sinistra e dall’89,7% dagli elettori di destra, quello delle lattine rispettivamente dall’87,6% e dall’87,1% e quello delle bottiglie di vetro dall’84,2% e dall’87,1%.

Percezione degli italiani sul riciclo

È interessante notare come gli italiani non siano fiduciosi sul reale riciclo delle bottiglie in plastica, il 34,4% pensa ne vengano raccolte in modo differenziato meno di 40 su 100. Nel caso delle lattine la situazione di sfiducia aumenta, in particolare tre le donne più giovani, il 36,6% pensa che non si arrivi nemmeno a 40 su 100 mentre per il vetro il 44% ritiene invece che si riciclino più di 60 bottiglie su 100.

Più dell’84% degli intervistati sostiene che le tasse sui rifiuti siano troppo alte e l’86,1% che sia grave o molto grave che i contenitori non differenziati finiscano – come attualmente spesso avviene – in discariche o inceneritori a spese dei contribuenti.

Come già emerso nella precedente edizione del sondaggio le ‘promesse’ del sistema sono valutate positivamente dalla maggioranza degli intervistati (allineando anche in questo caso gli elettori di sinistra e di destra): i Comuni traggono vantaggio perché la raccolta differenziata ‘classica’ diventa meno voluminosa ed operativamente meno impegnativa (86,5% vs 85,2%), il cittadino non paga né direttamente né indirettamente (tramite tasse aggiuntive) (85,5% vs 84,0% e 80,3% vs 83,1%) e i produttori finanziano il sistema ottemperando ai propri obblighi in materia di ‘responsabilità estesa del produttore’(82,2% vs 79,4).

Silvia Ricci Coordinatrice Campagna “A Buon Rendere” ha dichiarato:

« I risultati emersi suggeriscono che la narrazione nazionale sull’ “Italia campione del riciclo” adottata – anche in reazione ad alcune misure del Regolamento Europeo Imballaggi e Rifiuti da imballaggio – non risulti convincente. La dispersione degli imballaggi che gli Italiani hanno quotidianamente sotto gli occhi li induce probabilmente a dubitare di tale narrazione.

Ogni anno oltre 7 miliardi di contenitori per bevande sfuggono al riciclo, uno spreco che potrebbe essere ridotto del 75-80% attraverso l’introduzione di un Sistema di Deposito efficiente con vantaggi ambientali, economici ed occupazionali.»

Enzo Favoino Coordinatore Scientifico “A Buon Rendere” ha aggiunto:

« Il fatto che si siano ottenute risposte sostanzialmente omogenee dagli elettori di qualunque area area culturale e politica ci conferma che il problema e la potenziale soluzione che la nostra campagna promuove non sono temi divisivi, e generano invece lo stesso tipo di richieste nei cittadini. La dispersione dei contenitori per bevande, la necessità di adottare il deposito cauzionale come strumento per risolverlo, e per conseguire gli obiettivi stabiliti dalle Direttive UE sono cioè tematiche percepite dai cittadini in modo sostanzialmente analogo: sia a destra, che al centro, che a sinistra. Abbiamo presentato lo scorso giugno uno studio che quantifica i costi relativi all’introduzione di un sistema cauzionale nel nostro Paese – limitati a fronte degli innumerevoli benefici – e attendiamo che si apra un dibattito non più rimandabile anche in Italia. In Europa saranno 16 i Sistemi di Deposito Cauzionale attivi con il primo febbraio 2024: l’Italia non può permettersi di rimanere fuori dal corso della storia, e chi sostiene che non ne avremmo bisogno va contro le evidenze»

Per scaricare il Media Kit contenente il comunicato stampa inviato ai media e la serie completa delle infografiche disponibili clicca qui.

Per leggere la sintesi della ricerca “Gli italiani e l’ipotesi di un sistema di deposito degli imballaggi per bevande” clicca qui.