Chi farà cosa?
Nella sessione plenaria di giovedì sera della COP22 la presidenza marocchina ha presentato la Marrakech Action Proclamation for Our Climate and Sustainable Development. Il documento è stato approvato per acclamazione. Il testo è molto breve, una sola pagina (qui il link), scritto in rigido gergo diplomatico ONU, con attenzione all’equilibrio politico di ogni frase.
La parola chiave è il latinismo momentum, che in inglese significa slancio, impeto
Quest’anno sul cambiamento climatico abbiamo visto impeti straordinari a livello globale, in molti forum multilaterali. Questo impeto è irreversibile – è guidato non solo dai governi nazionali, ma dal mondo scientifico, dalle imprese e da azioni globali di ogni tipo e a ogni livello.
“Irreversibile” è la parola che aveva usato anche François Hollande nel suo intervento di martedì mattina, nell’apertura del High Level Segment, la sessione dedicata agli interventi politici. Sotto il profilo sostanziale, la frase cruciale del documento è questa:
Noi paesi sviluppati confermiamo l’obbiettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari.
Cento miliardi di dollari rappresentano l’impegno preso per sostenere i paesi in via di sviluppo nelle azioni contro i cambiamenti climatici. Secondo gli accordi la cifra dovrebbe essere a regime entro il 2020. Gli stanziamenti attuali sono ancora molto più bassi (ieri gli Stati Uniti hanno confermato 50 miloni di dollari).
Nella dichiarazione si citano anche la lotta alla povertà, la sicurezza alimentare, le conseguenze dei cambiamenti climatici in agricoltura. Non c’è menzione invece di diritti umani e parità di genere, due questioni sulle quali alcuni paesi avevano opposto forte resistenza. Si invita anche ad agire con azioni concrete prima del 2020, data prevista per l’entrata in vigore dell’accordo di Parigi, e si chiede al paesi aderenti al Protocollo di Kyoto di ratificare il Doha Emendment, il documento che prolunga le misure di Kyoto fino al 2020.
Insomma, un buon documento politico, mentre i negoziati proseguono. Come ha detto giustamente un delegato sudafricano, forse il vero problema è che nei tavoli tecnici si continua a parlare molto del “come”, mentre si discute ancora troppo poco del “chi” e del “cosa”.