Comunità agricola
Tornare alla terra. Tutelarla, valorizzarla in modo sostenibile, con una visione ampia e consapevole. Per fare gli interessi delle comunità locali, e proiettare la politica verso un futuro altro e possibile. E’ ciò che sta avvenendo a Cassina de Pecchi, in provincia di Milano. Di seguito un articolo/intervista apparso sul blog di Salviamo il Paesaggio.
Con il nuovo strumento urbanistico questo comune del milanese ha scelto di azzerare il consumo di suolo e aumentare le aree tutelate. Un progetto speciale di comunità agricola e terre condivise restituirà al territorio l’originaria vocazione agricola con notevoli vantaggi ambientali, economici e sociali.
Abbiamo posto qualche domanda agli assessori Sandro Medei (Urbanistica ed Edilizia) e Tommaso Chiarella (Ambiente).
Il nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT) a consumo zero, approvato a dicembre, non prevede nuove espansioni su territorio libero. Durante l’iter ci sono state comunque delle richieste di trasformazione di aree libere-agricole in edificabili? Come sono state affrontate tali richieste?
“Abbiamo ricevuto 6 osservazioni con le quali veniva richiesto di rendere edificabili altrettante aree agricole. Le osservazioni sono state respinte con la seguente motivazione: l’impegno del PGT è quello di un Piano a «consumo di suolo zero» prevedendo le trasformazioni solo su aree già occupate e compromesse senza occupare suolo libero e i completamenti solo su lotti interclusi“.
“In particolare – aggiunge Sandro Medei – il dimensionamento di piano trae origine da un accurato studio sul fabbisogno di abitazioni che viene soddisfatto già dai due ambiti di trasformazione previsti (su aree già occupate e in fase di dismissione), dal Piano di zona all’interno del Piano Particolareggiato Esecutivo (PPE) del centro e dalla saturazione degli ambiti di completamento, dai piani attuativi vigenti e dal risanamento dei rustici dei nuclei di antica formazione“. Sulle attività produttive invece non sono presenti progetti di espansione di tali attività che diano luogo a nuova occupazione di suolo.
Sono stati cancellati 6 piani attuativi industriali previsti dal precedente strumento urbanistico. Come è stata portata avanti questa scelta, in particolare riguardo alla possibilità di ricorsi, di richieste di risarcimento danni o di restituzione degli oneri versati? La decisione è stata supportata anche da una stima degli spazi industriali-produttivi sfitti?
“In realtà sono stati rimossi i Piani di Lottizzazione Industriale che non erano stati trasformati in convenzione di piano attuativo e nessuno onere è stato quindi versato. La motivazione è sempre quella di voler attuare un Piano a «consumo di suolo zero» che preveda solo trasformazioni solo su aree già occupate e compromesse“.
Più tutela e riscoperta della vocazione agricola
A Cassina de’ Pecchi, comune dell’est milanese di circa 13.000 abitanti, la “campagna per il censimento degli immobili sfitti o non utilizzati” di Salviamo il Paesaggio, a cui la precedente amministrazione ha risposto nel 2012, riportava questo dato: 155 unità immobiliari abitative non occupate. Nel PGT si rilevano oggi 331 vani realizzati e non ancora abitati. Ci sono piani attuativi da completare (realizzati per almeno il 50%) che in parte interesseranno suolo libero. Uno di questi invece recupererà un’area produttiva dismessa. Per perseguire il raggiungimeto dell’obiettivo di zero consumo di suolo in un comune che, secondo la mappa Ispra dello scorso maggio, presenta un consumo del 33%, si è puntato anche sull’importanza della tutela naturale (le aree poste sotto tutela in parchi regionali o locali sono state aumentate arrivando a oltre il 55%) e sulla centralità della vocazione agricola.
“Il consumo di suolo in Italia, ovvero la perdita di terreno agricolo per costruire strade, capannoni, centri logistici e commerciali ha avuto un’accelerazione devastante negli ultimi decenni. Con il PGT abbiamo voluto dare un segnale forte, anche agli amministratori di domani, vincolando le aree libere a parco, facendole rientrare all’interno del Parco Agricolo Sud Milano, destinandole al costituendo PLIS (Parco Locale di Interesse Sovracomunale) della Martesana o caratterizzandole come aree agricole strategiche”.
“La nostra scelta di vincolare le aree ha una duplice funzione – continua Tommaso Chiarella – oggi l’accesso alla terra è diventato sempre più difficile per giovani (e non solo) che vogliono tornare a fare agricoltura, in quanto fino a ieri la facilità con cui i terreni hanno cambiano destinazione d’uso, diventando edificabili o commerciali, ha fatto lievitare i prezzi delle vendite e azzerare gli affitti”.
Spazio quindi alla coltivazione: “Attraverso il vincolo vogliamo dare un segnale forte a tutti gli speculatori sperando che le terre possono ritornare ad essere coltivate a prezzi accessibili. Nel frattempo abbiamo individuato alcune aree di proprietà comunale e le abbiamo messe a disposizione dei cittadini che si impegnano a coltivarle con il metodo biologico, essendo conviti che gli agricoltori che utilizzano metodi biologici siano i veri custodi della terra per le future generazioni”.
Un progetto speciale fa da traino a questa scelta: “prevediamo nei prossimi anni di costituire una CSA (Community Supported Agricolture), un sistema alternativo di produzione di beni agricoli in un patto sociale tra agricoltori e consumatori che prevede una responsabilizzazione del consumatore rispetto ai rischi d’impresa del produttore in cambio dell’impegno da parte dell’agricoltore a produrre secondo disciplinare un modello agro-ecologico sull’esempio di Arvaia (Bologna)“.
Un progetto che si è guadagnato sostengono e finanziamenti: “tramite il progetto, finanziato da fondazione Cariplo Agroecologia in Martesana in collaborazione con Manitese e i ragazzi dell’associazione Controcultura che gestiscono l’orto comune cassinese, abbiamo l’obiettivo di restituire ai terreni agricoli di demanio pubblico la loro funzione produttiva originaria tramite percorsi di progettazione partecipata con i cittadini“.
Con la gestione collettiva di un bene comune si migliora l’ambiente e si creano anche posti di lavoro: “L’avvio di questa esperienza di coltivazione collettiva, unica nel nostro territorio, rappresenta un’innovazione sociale importante e definisce un passaggio cruciale e molto delicato che può diventare l’apripista alla creazione della CSA”.
I raccolti saranno destinati prevalentemente alla comunità dei soci stessi con numerosi vantaggi: “Si tratta di gestione collettiva di un bene comune a fini di sussistenza, che ha tra le sue finalità l’occupazione, la crescita della partecipazione sociale, il monitoraggio e la difesa del territorio, la diffusione dell’agricoltura biologica/biodinamica, il recupero delle colture tradizionali, il ridimensionamento del mercato e degli scambi monetari, l’utilizzo dell’autocertificazione partecipata sui prodotti e lo sviluppo di una rete di relazioni con enti, associazioni e soggetti in Italia e all’estero, animati dai medesimi obiettivi”.
Obiettivi importanti che solo grazie alla tutela del territorio sono ancora raggiungibili, a Cassina de Pecchi come negli altri territori non del tutto compromessi dove tale modello dovrebbe essere esportato.
Luca D’Achille – Salviamo il Paesaggio