La “nostra” Cassinetta

A soli trenta Km da Milano si trova un paesino di 1.900 abitanti, Cassinetta di Lugagnano, che da anni ha detto no alla cementificazione selvaggia.

Ogni giorno in Italia scompaiono ben 70 ettari di verde, inghiottiti da quella smania del costruire, spesso causa prima delle così frequenti e disastrose frane e alluvioni. In questi ultimi decenni, i Comuni sempre più a corto di fondi hanno soddisfatto le proprie esigenze finanziarie con le continue lottizzazioni e i conseguenti oneri di urbanizzazione. È stato tutto un fiorire di nuove case, centri commerciali e zone industriali, che hanno rimpinguato le deficitarie casse degli enti locali, aggravando però il dissesto idrogeologico del nostro Paese.

Per fortuna nel territorio milanese, una delle province più cementificate d’Italia, qualcuno ha capito che, se veramente teniamo al nostro futuro, la salvaguardia del territorio e la lotta al consumo di suolo devono esser temi posti in cima all’agenda politica.

Già dal 2007, la giunta di Domenico Finiguerra, allora sindaco di questo bel borgo sito nel Parco del Ticino (Cassinetta e Lugagnano sono in realtà due nuclei urbani posti sulle rive opposte del Naviglio grande e collegati da un ponte), varò un lungimirante Piano di gestione del territorio ispirato allo sviluppo sostenibile, che prevedeva il blocco di nuove costruzioni e il divieto di cambiare la destinazione d’uso da terreno agricolo a edificabile.

Da allora tali principi non sono stati rinnegati e Cassinetta di Lugagnano può vantare il titolo di paese a cemento zero. D’altronde, perché continuare a rubare spazio al verde col rischio di compromettere il territorio, quando il fabbisogno di nuove case è limitato e può esser soddisfatto con la semplice riqualificazione dell’esistente?
Questa idea semplice è alla base dell’operato anche della nuova amministrazione di Cassinetta di Lugagnano guidata dal sindaco Daniele Accinasio (già in giunta con Finiguerra), che ha provveduto a restaurare la villa settecentesca Clari Monzini e alcuni antichi granai per sopperire alle esigenze abitative dei nuovi arrivati in città, senza procedere a nuove invasive costruzioni.

Per far quadrare i conti, vista la riduzione dei proventi derivati dagli oneri di urbanizzazione – che negli anni d’oro dell’edilizia costituivano oltre 1/3 delle entrate del bilancio comunale – gli amministratori del Comune di Cassinetta di Lugagnano hanno deciso non solo di tagliare le spese superflue, ma anche di valorizzare i propri tesori, consistenti nelle splendide ville nobiliari appartenute alle grandi famiglie milanesi.

«La scelta di uscire dalla dipendenza della droga pesante spacciata dal partito del cemento e quindi di smetterla con il consumo di suolo agricolo che i nostri predecessori avevano trattato come moneta sonante, ci ha mandato in crisi di astinenza e ci ha obbligato a sfruttare ogni opportunità che si presentasse davanti per trovare nuove entrate. E la nostra più grande opportunità si chiamava bellezza», conferma sul suo blog l’ex-sindaco Finiguerra, oggi responsabile del forum nazionale “Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori”.

Come far fruttare tale patrimonio? Semplicemente adibendo le ville nobiliari, un tempo utilizzate per la villeggiatura, come luoghi unici e affascinanti per la celebrazione dei matrimoni, ribattezzati non a caso “matrimoni per la terra”. Le unioni civili all’interno di questi siti dal grande valore storico e paesaggistico si possono tenere tutti i giorni, dalle nove del mattino a mezzanotte, dietro corresponsione di cifre che possono arrivare fino a 1.500 euro. Chi si giura fedeltà potrà così al contempo contribuire alla salvezza e tutela del proprio territorio.

I risultati non si sono fatti attendere: il bilancio di Cassinetta di Lugagnago è costantemente in attivo, nonostante le forti difficoltà economiche del momento.

Intanto, mentre altri Comuni del milanese (Desio, Solza, Pregnana Milanese) stanno seguendo l’esempio del paese a cemento zero, inserendo nei loro Piani di gestione territoriale (Pgt) provvedimenti per la salvaguardia del verde e del terreno agricolo, molte organizzazioni ambientaliste hanno aspramente criticato la nuova legge regionale per la riduzione del consumo di suolo, contestando soprattutto la norma che consente l’attuazione delle previsioni edificatorie già contenute nei Pgt, per un periodo di 30 mesi.

Un arco temporale antecedente allo stop previsto al consumo di suolo, che, secondo molti esperti, favorirà la speculazione edilizia e metterà a rischio oltre 53mila ettari di campagna in Lombardia.

Fortunatamente, nel testo approvato dal consiglio regionale sono state accolte alcune modifiche richieste dalle associazioni ambientaliste, così che nel computo del consumo di suolo è stata introdotta anche la superficie necessaria alla realizzazione delle opere pubbliche o di interesse pubblico, mentre i criteri per la definizione della soglia massima del consumo di suolo dovranno tenere conto anche dell’effettivo incremento della popolazione su base Istat.
Importanti riconoscimenti, che però non devono far abbassare la guardia nella lotta per difesa del nostro territorio.

Tratto da Tuttogreen