Una persona speciale che non sa di esserlo
Entra in municipio a passo svelto, si sposta tranquilla da un ufficio all’altro, saluta, dà un’occhiata ad una pila di vecchi giornali da sistemare («questo è un lavoro da fare», dice), poi chiede alla dipendente dell’anagrafe se può esser utile o se deve andare avanti con quel che le avevano dato da sbrigare il giorno prima. È in pensione dal 2004 Adelaide Colombo. Per quarant’anni impiegata in Comune, poteva salutare tutti il 31 dicembre di dodici anni fa, ma in realtà non ha mai smesso di andare a lavorare. Prima con un breve incarico per fare il passaggio di consegne alla nuova impiegata, poi come volontaria.
«Fa quel che le si chiede — spiega il sindaco Giorgio Monti —, riordina vecchie pratiche, imbusta lettere per la cittadinanza, gestisce un servizio di aiuto per persone malate. Insomma, è a disposizione degli ex colleghi. Ma solo lavori di contorno e assegnati di volta in volta, dice che non vuole togliere il posto a nessuno e che il volontariato lo fa solo svolgendo compiti extra, quelli lasciati indietro perché nessuno ha proprio tempo di farli: in passato, ad esempio, la redazione di registri decennali, poi la sistemazione dell’archivio, cose così». Due ore al giorno, dal lunedì al venerdì. Tanto lì è di casa, anche perché la prima volta che entrò in municipio a lavorare era in prima media. «Erano tempi — racconta la signora Colombo — in cui d’estate non si stava con le mani in mano, si andava dalla magliaia, dalla sarta, ad imparare un lavoro. Mia nonna conosceva l’unica dipendente comunale che le disse: “Mandala da me che abbiamo tanto da fare, ci sono verbali da copiare, delibere da trascrivere, ci fa comodo”. E così a undici anni mi trovai a passare l’estate in Comune».
Quando, a sedici anni decise di abbandonare gli studi, non le fu difficile tornare in municipio. Non era neppure maggiorenne, con alcuni incarichi temporanei arrivò fino ai diciotto anni, poi il concorso, e l’assunzione come «aiuto scrivano». Erano in tre: l’impiegata, lei, il messo tutto fare. Col sindaco che arrivava da Milano, di domenica. «Così, di domenica dalle dieci alle dodici, andavamo a lavorare — racconta Adelaide —. La timbratrice non c’era, tanto eravamo noi tre e il “non ci compete” o il “lo facciamo dopo” non esisteva». In quarant’anni di carriera non ha mai fatto un giorno di malattia: «Però le ferie me le sono sfruttate tutte. E ho girato il mondo. Non mi sono sposata per scelta, potevo gestirmi da sola e seguire qualche passione. E ora che sono in pensione e quest’anno compio settant’anni, non sono il tipo che resta in casa a far niente o a lavare i vetri».
Ogni giorno, o quasi, si reca in municipio: «Noi le diciamo che è una cosa speciale quella che fa — racconta il sindaco Monti — e ogni volta che la vedo arrivare provo un senso di gratitudine per il suo modo di porsi, schivo e deciso. Lei invece ripete che ci sono persone che fanno molto di più. Sbaglia: chi continua a fare qualcosa per il proprio paese, mettendosi a disposizione gratis per la comunità e accettando compiti di ogni tipo, è speciale di sicuro. Se un paese come il nostro ha ancora un tessuto sociale che funziona è anche grazie al volontariato, forte e organizzato, fatto di associazioni o di singole persone come Adelaide. Ma a lei non provo neanche più a spiegarglielo».
Di Leila Codecasa. Fonte: Corriere Milano