L’eutanasia mascherata dei piccoli comuni

I piccoli Comuni lamentano una gestione dell’ordinario sempre più difficoltosa. Non soffrono solo dello spopolamento dei residenti ma anche dello spopolamento degli organici comunali.

La pressante esigenza di aumentare il numero dei dipendenti comunali viene segnalata dai sindaci di due piccoli Comuni, San Bellino, comune di 1.118 abitanti in provincia di Rovigo ( 6,5 dipendenti) e il Comune di Barbona, in provincia di Padova, 658 abitanti (1,5 dipendenti).

Entrambi affermano: abbiamo poco personale, abbiamo disponibilità economica in bilancio, ma NON possiamo assumere a causa del Blocco delle assunzioni che perdura dal 2004.

Tra i primi parlamentari Veneti che hanno risposto alle istanze espresse dai comuni Barbona (Pd) e San Bellino (Ro) sono stati l’onorevole Crivellari, l’onorevole De Menech, l’onorevole Rubinato e l’onorevole Menorello che giovedì 12 maggio hanno promosso uno specifico emendamento alla Camera dei Deputati per un concreto, necessario e improrogabile sostegno a moltissimi comuni italiani. Su questa istanza altri parlamentari hanno espresso interesse e serve ora un sostegno trasversale tra le forze politiche nelle sedi istituzionali perché i comuni sono le “cellule” dello Stato e se alcune di loro sono in grande sofferenza, non soffre solo la singola cellula ma l’intero corpo, l’intero Stato.

Il blocco della legge statale, dicono i sindaci, impone ai comuni di non aumentare il personale ma al massimo di sostituire quello che viene a cessare (turnover) e di stare dentro la spesa complessiva avuta nel 2008.

Speravamo nelle aperture sulle assunzioni annunciate nel nuovo DECRETO ENTI LOCALI.

Ma ora che la norma è uscita in gazzetta ( decreto-legge 24 aprile 2017 , n. 50) dobbiamo riconoscere che è ben poca cosa.

L’articolo 22 introduce assunzioni a termine sponsorizzate da privati, e alza il turnover del personale cessato al 90%. Ma non prevede alcuna possibilità di accrescere il numero dei dipendenti quando un comune è carente.

I vincoli che congelano il numero dei dipendenti durano dal 2004, e la situazione in alcuni comuni sta diventando preoccupante. Vengono penalizzati proprio i comuni virtuosi che hanno sempre tenuto un organico all’osso.

In certi comuni vi è una carenza tale da compromettere l’ordinaria amministrazione. Per di più l’amministrazione centrale ci ha messo del suo, caricando gli uffici di burocrazia, introducendo svariate decine di adempimenti statistici che distolgono le già poche forze a disposizione, spostandole dal “lavoro per il comune” verso il “lavoro per i ministeri”.

Costringere, da più di un decennio di blocco, certe realtà comunali ad amministrare in grave sofferenza di personale è come promuovere un “mobbing di stato” verso quei dipendenti, che lavorando in pochi, in un ambiente insostenibile per la carenza di personale, sono spinti a cambiare ente.

E si badi bene, non si risolverà la grave situazione neanche se viene portato il turnover al 100%.

I comuni, sotto ai mille abitanti, lo testano già da 10 anni e tuttavia hanno subito una progressiva riduzione della forza lavoro all’interno degli uffici. La carenza di personale si coglie in tutta la sua gravità guardando, nella tabella seguente, quanti dipendenti sono rimasti a lavorare nei 40 comuni veneti con popolazione inferiore a 1000 abitanti. L’indagine, aggiornata ad aprile del 2017, è stata curata dagli uffici del comune di Barbona, contattando telefonicamente i vari enti. I dati ci dicono che i comuni dove la carenza è maggiore, rischiano addirittura di diventare enti locali “monodipendente”. Il Comune di San Bellino ha avviato contemporaneamente un’ indagine conoscitiva sul rapporto dipendenti-popolazione in tutti e 50 comuni della provincia di Rovigo e verrà ultimata a breve.

In Veneto ad esempio i comuni di Barbona (Pd) e di San Mauro di Saline (Vr) hanno solamente un dipendente a tempo pieno e uno part-time. A entrambi questi comuni vengono imposte le stesse limitazioni delle assunzioni che sono imposte ai comuni con esubero di personale….. Ma si può?

Il turnover così come è stato delineato E’ SBAGLIATO perché obbliga al contenimento del personale tanto i comuni che hanno personale in esubero tanto quelli carenti.

Se lo stato centrale continua a imporre la stessa cura dimagrante tanto all’obeso quanto all’anoressico, prima o poi ci scappa il morto.

Proposte?

Occorre uscire dalla logica del “turnover lineare”.

In Italia ci sono comuni con meno di 1000 abitanti che, in organico, hanno poco più di un dipendente e quelli con 50-60 dipendenti. Ci sono regioni in cui l’esubero è più evidente e regioni come il Veneto o la Puglia con assunzioni più contenute.

Valori superiori alla media nazionale (6,77 dipendenti per ogni 1.000 abitanti) si registrano, in particolare, nelle amministrazioni comunali della Valle d’Aosta (11,15), della Sicilia (9,92) e del Trentino Alto-Adige (9,34). I valori più bassi si riscontrano invece nei comuni della Puglia, in cui i dipendenti comunali sono 4,32 ogni 1.000 residenti, in Veneto 5,59 e in Molise 6,08 [quinto rapporto Anci-Ifel, 2016].

Il turnover va diversificato in base alle diverse situazioni. Ad es. perché non regionalizzarlo?

Soluzioni?

In una tale emergenza, sarebbe già tanto consentire a ogni amministrazione comunale, in condizione di grave carenza di organico, di poter assumere un “numero minimo garantito” di dipendenti in deroga ai vincoli.

Per fare questo, prima bisogna adottare un criterio per definire la “carenza di organico”.

Sotto il limite di carenza si deve poter assumere in deroga ai vincoli sulle assunzioni. Sopra al limite si rispettano i vincoli.

Il limite potrebbe essere il rapporto medio dipendenti-popolazione valido per gli enti in condizioni di dissesto e definito, triennalmente, dal ministero dell’Interno. Il criterio, lo abbiamo definito per i comuni in dissesto, garantendo loro un organico minimo con il decreto Ministro Interno 10 aprile 2017. Non lo abbiamo mai fatto invece per i comuni col bilancio in equilibrio. Della serie, trattiamo meglio il comune dissestato di quello virtuoso….

Non capiamo se questi aspetti sfuggano o se non li si voglia vedere…

Agganciando le “assunzioni in deroga” a tale soglia, San Bellino potrebbe arrivare a un organico di 9 dipendenti e Barbona di 6.

Ma la ricetta per governare bene queste piccole realtà quale sarebbe?

Non certo le fusioni forzate .

Il problema è quello di garantire un governo del territorio alle zone marginali.

Occorre uscire dal mantra che “grande” funziona e “piccolo” no.

Perché anche i grandi comuni hanno i loro problemi, soffrono di “elefantiasi” di rallentamento delle procedure, e per non parlare dei bilanci a rischio. Vedi i problemi di Roma, o di Torino che ha avviato le pratiche del pre-dissesto finanziario, ecc.

Serve rivedere l’intero quadro di legge sugli enti locali e sburocratizzare la macchina amministrativa.

In Italia, su un totale di 7.978 comuni ce ne sono 5.560 che hanno meno di 5.000 abitanti.

L’ideale, per bene amministrare, è avere comuni a burocrazia leggera, low cost, per esercitare un’azione amministrativa agile e scattante, con maggior margine di manovra.

Il valore aggiunto del comune di prossimità è che, dove c’é un ente vicino al cittadino, la popolazione mantiene un senso di appartenenza, di identità, di rispetto delle istituzioni, di collaborazione. Quando la distanza è poca, il fine dell’ente pubblico e l’interesse del cittadino arrivano a coincidere.

Aldo D’Achille, sindaco di San Bellino (RO)