Se il PIL non basta
Un interessantissimo articolo tratto da Greenreport scritto da Luca Aterini, per parlare di flussi di materia e zaino ecologico dei prodotti con Aldo Fermia, ricercatore dell’Istat.
In occasione della conferenza con cui si è celebrato il ventesimo anno di attività dell’area della ricerca di Bologna del Cnr abbiamo incontrato Aldo Femia, primo ricercatore dell’Istat, esperto di Contabilità ambientale molto sensibile anche agli aspetti non strettamente tecnici della materia. Le riflessioni presentate da Femia (che interviene direttamente sulle nostre pagine, qui: http://goo.gl/02x5X3) nel corso della conferenza, in particolare, connettono il piano tecnico dell’analisi economico-ambientale con quello ideologico che fonda le politiche. È passato del tempo dall’evento, ma tali riflessioni sono slegate dal contesto e di valenza assolutamente generale, toccando questioni fondamentali. Ci sembra pertanto opportuno riproporle oggi ad un pubblico speriamo più ampio di quello deludente – certo solo per quantità! – che a Bologna ha potuto beneficiare di questo e degli altri interessanti interventi della giornata.
Femia parte dalla banale constatazione che il sistema ambientale, considerato in sé e per sé, è una realtà fisica, fatta di spazio, energia e materia, e che quindi la descrizione più appropriata del funzionamento di tale sistema, considerato in sé e per sé, è in termini di stock e flussi di materia e di energia. A suon di misurare i progressi della nostra civiltà attraverso gli andamenti del (solo) Pil, tendiamo troppo spesso a dimenticarci del fatto che quello economico altro non è che un processo di trasformazione di materia ed energia preesistenti nell’ambiente naturale: trasformazione che va a innestarsi in maniera non necessariamente armonica nella circolazione naturale degli elementi.
In altre parole, sintetizza Femia, quel che «direttamente conta per il sistema ambientale è solo la dimensione fisica delle attività umane». Per avere concrete misure di quanto e come perseguiamo la sostenibilità ecologica del nostro benessere, sarebbe necessario esplicitare il nesso tra occupazione, reddito, tasse (etc.) e i relativi flussi di materia ed energia. Questo, e non è velleitario sottolinearlo, ad oggi in gran parte non avviene.
L’Istat in realtà, grazie al lavoro d’avanguardia portato avanti in primis da Femia, aggiorna periodicamente la contabilità dei flussi di materia italiani e occasionalmente sviluppa interessanti applicazioni descrittive e analitiche relative alla circolazione di materia ed energia nel nostro sistema economico (studiando ad esempio il ruolo delle delocalizzazioni nelle nostre performance ambientali). Difficilmente purtroppo questa conoscenza varca i confini del dibattito pubblico – per non dire della programmazione economica e politica.
Eppure l’uso efficiente delle risorse è obiettivo comune alle imprese – almeno prese singolarmente – e alla cosa pubblica. «Qualsiasi approccio all’ambiente che abbia pretese normative – spiega Femia a greenreport – non può esimersi dal considerare anche il punto di vista economico. Questo punto di vista però non è univoco, come non è univoco il significato di espressioni come “attribuire un ‘valore economico’ all’ambiente e alle risorse della natura”. L’analisi dei flussi di materia ed energia può consentire una valutazione dell’efficienza dell’economia più completa di quella usuale, e contribuire ad una misurazione del benessere più appropriata dal punto di vista della sostenibilità ecologica».
«Se si vuole valutare un prodotto o un’attività in relazione alla loro “sostenibilità” non è sufficiente – argomenta Femia – sapere ad esempio quanto inquina un prodotto materiale quando viene usato e quanto si inquina per produrlo, ma serve sapere anche: quanto si inquina per produrre quel che serve a produrlo e quanto inquina quando lo si getta via e diventa rifiuto. Inoltre, occorre anche mettere in relazione tutto ciò ai servizi che il prodotto può fornire nell’arco della sua vita utile». Andando al di là delle tanto comuni operazioni di retorica, la base di conoscenza per costruire un’economia circolare sta tutta qui.