Società resilienti cercasi
Torniamo a Marrakech, dove si sta svolgendo la COP22, con questo articolo tratto da Greenreport.
La 22esima Conferenza della parti dell’United Nations framework convention on climate change (Cop22 Unfccc) è stata aperta nei giorni scorsi a Marrakech da un discorso del ministro degli esteri del Marocco e neo-presidente della Cop22 Unfccc Salaheddine Mezouar, che ha sottolineato la decisione del suo Paese di ospitare una Conferenza delle parti che «Mette in evidenza la volontà dell’Africa di prendere il suo destino nelle proprie mani, di ridurre la sua vulnerabilità e di rafforzare la sua resilienza». Mezouar ha evidenziato la nuova dinamica che si è prodotta a livello internazionale, ma ha riconosciuto che «L’Accordo di Parigi non mette ancora il mondo sulla strada dell’obiettivo di un aumento minimo della temperatura di 1.5 – 2 gradi, come convenuto dalla comunità internazionale a Parigi l’anno scorso», quindi, rivolgendosi ai delegati, ha aggiunto «Vorrei invitarvi ad avere un’ambizione senza precedenti nei vostri impegni nel corso dei prossimi 11 giorni. L’opinione pubblica mondiale deve percepire questo cambiamento. Bisogna operare a tutti I livelli, dai progetti locali a quelli che oltrepassano le frontiere, e che si creino dei veri partenariati vantaggiosi per tutti».
Poi Mezouar, insieme alla ministro dell’ecologia francese Ségolène Royal, president della Cop21 Unfccc di Parigi, ha distribuito lampade solari a tutti i delegati presenti, come simbolo della transizione verso le tecnologie pulite, essenziali per realizzare gli obiettivi di Parigi.
Nel suo discorso iniziale la segretaria esecutiva dell’Unfccc, Patricia Espinosa, ha dtto che è bene celebrare l’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi, ma bisogna anche ricordarsi del livello elevato degli obiettivi che bisogna soddisfare avviando subito il processo di implementazione: «La realizzazione degli obiettivi e delle ambizioni dell’accordo di Parigi non è garantita. Abbiamo intrapreso uno sforzo per cambiare il corso di due secoli di sviluppo intensivo in carbonio. E’ urgente arrivare al picco delle emissioni mondiali, così come la costruzione di società ben più resilienti al clima».
La Espinosa ha evidenziato 5 settori chiave nei quali fare progressi notevoli e rapidi: La finanza, che deve permettere ai Paesi in via di sviluppo di rendere più verdi le loro economie e di rafforzare la loro resilienza. I finanziamenti affluiscono, ma devono raggiungere il livello e la prevedibilità necessari a catalizzare uno sviluppo low-carbon e resiliente al clima. I contributi determinati a livello nazionale, o piani di azione climatici nazionali, che devono adesso essere integrati nelle politiche nazionali e nei piani di in vestimento. Il sostegno ai bisogni di adattamento, ai quali deve essere accordata un’alta priorità, e i progressi del meccanismo relativo alle perdite e ai danni per salvaguardare i vantaggi dello sviluppo nelle comunità più vulnerabili. I bisogni di rafforzare la capacità dei Paesi in via di sviluppo, che devono essere specifici e su misura per i loro bisogni. L’impegno pieno delle parti interessate e della non-Parti, del Nord e del Sud, perché sono un elemento centrale del programma di azione mondiale per un cambiamento trasformatore».
La Espinosa ha concluso: «Il nostro lavoro qui a Marrakech deve riflettere la nostra nuova realtà. Nessun politico, nessun cittadino, nessun capo di impresa o investitore, può dubitare che la trasformazione verso delle società e delle economie low-carbon e resilienti non sia oggetto della dterminazione assoluta della comunità internazionale».
Una determinazione assoluta sulla quale invece qualche dubbio Greenpeace ce l’ha, visto che «Esorta i governi riuniti per la Cop22 di Marrakech ad accelerare le azioni in difesa del clima, per trasformare in azioni concrete i contenuti dell’Accordo di Parigi. Secondo l’United Nations environment programme (Unep), però, il Pianeta si troverebbe a fronteggiare un aumento medio di temperatura doppio rispetto agli obiettivi stabiliti a Parigi, anche in caso tutti i Paesi dovessero confermare il proprio contributo in termini di riduzione delle emissioni».
Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, sottolinea che «Questa differenza tra obiettivi e azioni è un problema che va risolto subito, con tagli delle emissioni più cospicui e veloci per ogni Paese, come evidenziato anche dall’Unep. Occorre dunque che i governi si impegnino per presentare un piano biennale per una diminuzione delle emissioni più rapida e aumentare il supporto a quei Paesi già oggi gravemente colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici».
Anche Greenpeace ritiene anacronistiche alcune prese di posizione sul tema riportate nelle ultime ore da media italiani: «Chi continua a rilanciare giornalisticamente temi negazionisti come l’influenza sul clima dell’attività del sole o casi di variazioni di temperature registrate dalla storia, non sa – o fa finta di non sapere – come procede l’attività scientifica e, in particolare, con quali procedure sono costruiti i rapporti del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’Onu (Ipcc) che, com’è noto, esprimono i giudizi su base probabilistica. Secondo l’Ipcc, c’è infatti una probabilità compresa tra il 90 e il 100% che a causare i cambiamenti climatici in atto siano le emissioni antropiche di gas serra – conclude Onufrio. In venticinque anni di lavori, la potenza di calcolo dei computer e la quantità di osservazioni, specie da satellite, sono aumentate in modo esponenziale confermando, purtroppo, la diagnosi sull’influenza umana di quanto sta accadendo al clima globale».