La sfida delle città negli anni dieci

C’era una volta (e c’è ancora) l’”economia lineare”, nata dalla Rivoluzione industriale tra Settecento e Ottocento. Un modello che ha garantito benessere e ricchezza nell’ultimo secolo, anche e soprattutto attraverso lo sfruttamento delle risorse naturali e un continuo aumento di produttività. Un modello all’insegna del “prendere, fare e smaltire”.

E’ come l’incipit di una favola nera il cuore del nuovo libro di Alberto Bellini: “Ambiente clima e salute. La sfida delle città negli anni dieci”. E la sua analisi parte proprio dalle città, la cui impronta ecologica è pesantissima per reggere al cospetto del futuro. Perché è di questo che stiamo parlando: scegliere tra il proseguire su una strada a vicolo cieco oppure darsi un nuovo modello, lavorando da subito alla messa in campo di una transizione necessaria ed inevitabile. “Stiamo tagliando il ramo su cui siamo seduti, e lo facciamo per utilizzare il legno per riscaldarci, senza pensare alle conseguenze”.

E il modello nuovo di cui molti parlano (a volte a sproposito e per moda, più che altro) è l’economia circolare. Ancora Bellini: “La storia insegna come l’economia lineare abbia creato vaste conseguenze sia sul piano ambientale che sociale attraverso il consumo di massa, l’utilizzo di combustibili fossili, l’urbanizzazione e il trasporto globale. Per questo il futuro sarà l’economia circolare: per sua natura, un’economia di recupero, in cui non si tratta tanto di fare di più con meno ma, piuttosto, di fare di più con ciò di cui già disponiamo”.

Ecco il punto. L’economia circolare non pretende un ritorno alla preistoria, un mondo di rinunce e abbassamento della qualità della vita delle comunità locali. Non implica una riduzione dell’occupazione. Presuppone però un cambio (radicale) di atteggiamento. Le sue parole chiave sono: prevenzione, partecipazione, condivisione. Parole, concetti, direi meglio atteggiamenti che confliggono troppo spesso con una politica dal fiato cortissimo, che non può o non vuole vedere e programmare oltre al confine del proprio naso…

Ma a guardarsi intorno la transizione verso un’economia circolare “è al centro dell’agenda per l’efficienza delle risorse stabilita nell’ambito della strategia Europa 2020 per la crescita”. L’onestà intellettuale del Professor Bellini evidenzia che il percorso non sarà affatto semplice o veloce, richiedendo un modello sociale diverso. La transizione deve essere sostenuta e accompagnata da azioni locali e individuali e da un piano complessivo che preveda un ruolo da protagonisti per i governi nazionali.

Bellini, oltre ad essere un professore è stato anche un (ottimo) amministratore locale, nella sua esperienza da assessore all’ambiente di Forlì. La parte centrale del libro racconta delle difficoltà strutturali che i bilanci degli enti pubblici stanno vivendo negli ultimi 10-15 anni, mettendo in luce una drammatica contraddizione: le risorse dei comuni sono ormai insufficienti e il banco sta per saltare. Nel frattempo, mentre tutti fingono di non sapere, già oggi voltiamo le spalle ad un’opera capillare e necessaria di cura e manutenzione di tutto ciò che è pubblico: edifici, strade, territorio: “Con l’attuale regime tributario e fiscale non è possibile coprire il livello minimo di servizi, neppure annullando completamente i costi per i servizi culturali e ricreativi”.

Il caso studio Forlì è la denuncia che Bellini evidenzia con un lavoro scientifico che parte dei dati di fatto, i numeri di bilancio: “alle condizioni attuali, non vi può essere adeguata, copertura finanziaria per i servizi territoriali: manutenzione del verde, della viabilità, degli edifici pubblici e delle acque piovane… ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) ha recentemente pubblicato un rapporto che testimonia che tra il 2008 e il 2014, 7,4 miliardi di euro sono stati sottratti agli investimenti per finanziare spese correnti e conclude amaramente: quella cifra rappresenta “esattamente l’importo delle risorse che il Governo intende ora destinare ad un piano di riduzione del rischio idrogeologico”.

Dunque, come uscirne? Bellini delinea una possibile road map, che prende le mosse dalla definizione di un nuovo modello economico, di tipo circolare, e prosegue nell’individuazione delle regole per la transizione dall’economia lineare a quella circolare, con la realizzazione di queste azioni: “un piano casa per ridurre i consumi energetici; un piano reti, per ridurre le perdite di distribuzione (idriche, elettriche); un piano reti telematiche, per garantire a tutti l’accesso alle informazioni; un piano reti ambientali, per fornire in modo capillare e diffuso servizi di recupero e raccolta differenziata dei materiali post-consumo; un piano mobilità, per ampliare la rete dei trasporti pubblici locali e attuare la mobilità sostenibile nelle nostre città“.

Il libro, arricchito da una parte di allegati che approfondisce questioni fondamentali per conoscere la “materia ambiente” e sapere dove mettere le mani per agire, pone una domanda a mio avviso fondamentale: “Dal momento che si tratta di un modello positivo per l’ambiente, per l’economia e per i cittadini, perché non è stato ancora adottato?”. Bellini dà una sua risposta (che trovate nel testo), alla quale aggiungo una riflessione mia. Tutti quelli che credono nella necessità di un cambiamento di stile e di modello devono sforzarsi di rendere la nuova strada desiderabile, come sintetizzato in questa splendida riflessione di Richard Buckminster Fuller: “Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda obsoleto il modello esistente”.