Anche l’Italia è sempre meno circolare. Il nuovo regolamento europeo imballaggi può aiutare?
Ancor prima di venire presentata ufficialmente il 30 novembre scorso la proposta di Regolamento UE sulla revisione della Direttiva Imballaggi e Rifiuti da Imballaggio (PPRW) era già stata preceduta da settimane di accesi dibattiti innescati prevalentemente da ambienti confindustriali e consortili.
Le previsioni del PPWR vengono lette nel nostro paese prevalentemente in chiave negativa senza considerare che la sfida climatica e delle risorse richiede interventi sistemici che coinvolgono anche i modelli di consumo, e che anche stare fermi ha un costo.
L’emanazione della proposta di Regolamento UE sulla revisione della Direttiva Imballaggi (COM 677) – scrive Fabio Iraldo su Linkedin – “ha innescato un dibattito dai toni molto aspri sul (presunto) conflitto tra riutilizzo, da un lato, e riciclo, dall’altro. Il principale “casus belli” è quello che chiama in causa i modelli di deposito cauzionale (DRS – Deposit Refund o Return Systems) come elemento centrale che, nella visione di alcuni, agevolerebbe il riutilizzo, rallentando o addirittura bloccando il processo evolutivo delle pratiche di riciclo, in alcuni contesti come l’Italia decisamente sviluppate.
Si tratta di una contrapposizione manichea, figlia di un approccio errato nella lettura del testo e della realtà. Innanzitutto perché un DRS non è finalizzato esclusivamente all’una o all’altra priorità della “gerarchia dei rifiuti”, ma si propone più semplicemente di coinvolgere il consumatore nel processo di raccolta, facendo leva su un efficace sistema di incentivi.“
In realtà, ad avere provocato un’alzata di scudi da parte di associazioni come Confindustria, Federdistribuzione, Conai, Utilitalia, Cisambiente, Cisl [per citarne solamente alcune], non è esclusivamente la previsione del Regolamento che impone al 2029 l’implementazione di un sistema cauzionale ai paesi che non raggiungono il 90% di raccolta per bottiglie in plastica e lattine nei due anni precedenti (all’art. 44).
Infatti, come vedremo, sono diverse le previsioni bocciate dai esponenti e portavoce delle associazioni industriali prima citate a partire dalla scelta dello strumento auto applicativo del Regolamento da parte della Commissione UE che non richiede un recepimento dei Paesi Membri.
A partire dalla pronta presa di posizione di Bonomi Presidente di Confindustria – diffusa un mese prima che il regolamento fosse pubblicato sino alle più recenti dichiarazioni del Ministro Pichetto Fratin – la narrazione si è focalizzata solamente sui rischi che potevano derivare dall’implementazione delle misure del Regolamento che avrebbe “ostacolato l’innovazione e imposto all’industria italiana un notevole costo di adattamento, provocando la chiusura di aziende e l’innalzamento del livello di disoccupazione quando siamo “i primi della classe” sull’economia circolare“. Secondo il Ministro il Regolamento avrebbe inoltre provocato “profonde spaccature tra gli Stati membri: da una parte i governi di Paesi come Austria, Germania, Lussemburgo e Olanda, a favore del provvedimento, dall’altra il fronte del ‘no’, con in testa Italia e Spagna”. A questi due paesi avrebbe potuto aggiungersi la Francia, preoccupata dalle ricadute del regolamento sui meccanismi di libera concorrenza tra imprese sul mercato dell’UE.
Fortemente contrario anche il presidente del Conai Ruini che in tutte le uscite pubbliche degli ultimi mesi ha ribadito che l’Italia come modello di eccellenza nella gestione dei rifiuti da imballaggio deve avere «la possibilità di poter scegliere il modello più adeguato al proprio contesto nazionale. La gerarchia dei rifiuti è di per sé corretta, ma questo non vuol dire che vada applicata sempre. Un conto è incentivare il riuso, un altro è affermare che si tratta dell’unico modo fattibile di procedere», spiega Ruini, sottolineando le differenze esistenti tra i Paesi nordeuropei e quelli come Italia e Spagna (1), che hanno sistemi efficienti di riciclo che devono essere in qualche modo salvaguardati.
I fatti non hanno confermato previsioni e timori espressi
A guardare gli interventi dei ministri sul Pacchetto Economia Circolare dei Paesi Membri Austria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Finlandia, Grecia, Italia, Lituania, Polonia, Portogallo, Spagna, Slovacchia e Ungheria durante il Consiglio Ambiente tenutosi il 20 dicembre 2022, non si riscontrano però le reazioni negative ipotizzate dal Ministro Pichetto Fratin.
Quest’ultimo nonostante avesse partecipato alla sessione Ambiente intervenendo su altre direttive ha invece delegato Umberto Boeri del Coreper a esprimere la posizione dell’Italia. Il testo dell’intervento ha ripreso il contenuto della nota inviata dalla viceministra Vannia Gava agli eurodeputati italiani e all’ambasciatore Stefano Verrecchia (rappresentante permanente aggiunto dell’Italia all’Unione europea) alla vigilia dell’evento. Come si può sentire (al minuto 16,44) l’Italia è stata l’unico paese ad essersi espresso in modo totalmente negativo sulla proposta di regolamento.
Seguono alcuni passaggi salienti dell’intervento : L’Italia chiede di evitare impostazioni arbitrarie che andrebbero a minare quanto costruito negli ultimi decenni con investimenti industriali in materia di Economia circolare negli imballaggi.
Responsabili sono elementi critici presenti nel testo come bandi a prodotti(monouso), percentuali troppo alte di obiettivi di riutilizzo che andrebbero a disperdere esperienze di EPR preziosi di costruiti in 25 anni sforzi da parte dell’industria che comporterebbe conseguenze ambientali negative e poca trasparenza sui consumatori.
Infine il regolamento secondo l’Italia interverrebbe “in maniera inaccettabile a scardinare tali modelli circolari di eccellenza che hanno permesso di raggiungere con 9 anni di anticipo obiettivi europei di riciclo sulla base di un approccio privo di evidenza scientifica basato sul riuso senza supporto di valutazioni di fattibilità tecnica di sostenibilità economica ma di valutazione che appaiono inadeguate mettendo a rischio milioni di posti lavoro e miliardi di investimenti.”