Baradili

STORIA

Non esistono documenti che dimostrino con certezza in quale periodo fu fondata Baradili. Il territorio fu certamente abitato nel periodo nuragico, come dimostra la presenza nel territorio di alcuni nuraghi quali Nuraxi Cibixina, Nuraxi Candeu, Nurattò. Tra questi il più importante sembra essere “Nuraxi Candeu: nuraghe monotorre, visivamente comunicante con “Su Nuraxi” di Barumini.

Nei pressi del nuraghe si trova una graziosa fontana, anch’essa di epoca nuragica, scavata nella roccia e in seguito ricostruita nei secoli successivi. L’acqua della fontana è ancora oggi utilizzata nella parrocchia di Santa Margherita

Il villaggio attuale pare comunque essere di probabile origine romana; anche Baradili nuragica infatti seguì la stessa sorte del resto della Sardegna e fu dapprima conquistata dai cartaginesi e in seguito dai romani.

Tracce romane si trovano in varie zone del territorio (Cibixia, Pranu Ena, Serra Bingia, ecc.).

Scrive infatti Vittorio Angius nel dizionario geografico storico statistico commerciale di G. Casalis, voce Baratili Marmilla che, in “Cibixia” si vedevano le fondamenta di un edificio diviso in venticinque vani, ognuno dei quali non più lungo di 2.50 metri e largo metri 1, probabilmente destinato a bagni.

Si rinvennero inoltre alcune tombe di epoca romana contenenti anforette e lucerne fittili che purtroppo andarono in frantumi.

Dopo questo periodo, il primo documento scritto risale al 1342, anno in cui troviamo “Baratuli” nelle “Rationes decimarum Italiae Sardiniae” (l’odierna denuncia dei redditi).

Nell’archivio storico del comune di Cagliari è conservata una pergamena, lunga 9 m. e larga 1, nella quale sono riportati tutti i nomi dei paesi sardi e dei loro rappresentanti, i quali, secondo il volere di Eleonora d’Arborea, firmarono il 24 gennaio 1388, la pace con gli Aragonesi.

Il sindaco (majore) e sei consiglieri (juratis) di Baradili sottoscrissero il documento alla presenza del curatore della Marmilla, Augustinus Ferrali in questo modo:

Item a Margiano De Bosai Majore ville de Baradili, Salvatore Dunnali, Margiano Dunnali, Niccolau Isquintu, Deusdaddu Tronce et Dominigu De Loy juratis et Johanne Suceia de Villa proxime dieta.

Nel Medioevo infatti Baradili era parte del Giudicato d’Arborea ed era incluso nella Curatoria della Marmilla.

Nella fase finale delle guerre tra Aragona e Arborea il villaggio soffrì a causa delle operazioni militari che investirono il territorio e, dopo la Battaglia di Sanluri, caduto il Giudicato, entrò a far parte del Regno di Sardegna. Non contava più di 50 abitanti.

Per un breve periodo fu occupato dalle truppe di Berengario Carroz, il quale avrebbe voluto annetterlo al suo feudo di Quirra, ma il re, poco prima della sua morte, aveva incluso il territorio di Baradili e buona parte della Marmilla nel feudo concesso a Garcia Lupo de Ferrero. Ciò nonostante, anche dopo la morte del re e la successiva morte di Garcia Lupo , tra l’altro senza eredi, Carroz continuò ad occupare Baradili e la Marmilla.

Nel 1412 il nuovo re Ferdinando I lo costrinse a rendere i territori occupati e nel successivo 1421 Baradili entrò a far parte del feudo concesso a Raimondo Guglielmo Moncada, al quale fu confiscato pochi decenni dopo.

Dopo alterne vicende Baradili e la Marmilla furono acquistati all’asta da Pietro Besalù, uno dei generi del Conte di Quirra, che non disponendo dell’intera somma richiestagli chiese in prestito i denari a Simone Rubei di Cagliari che ripagò con fatica durante gli anni successivi grazie alle rendite feudali.

Nel 1459 però le rendite gli furono sequestrate dal fisco in quanto moroso e Besalù si trovo impossibilitato a rendere il prestito al Rubei. Quest’ultimo nel 1464 minacciò di mettere all’asta i due feudi per recuperare il suo credito, ma Besalù fu salvato dall’intervento del suocero , che, interessato ai territori confinanti con il feudo di Quirra , saldò il Rubei e chiuse la vicenda.

Alla morte del Conte di Quirra il Besalù si trovò nuovamente nei guai: il nuovo Conte di Quirra, Dalmazio Carroz, approfittando dello stato di tensione conseguente alla ribellione di Leonardo Alagon, nel 1474 occupò militarmente tutta la Marmilla e gli ingiunse di pagare le somme dovute. Impossibilitato a pagare nel 1477 il Besalù giunse ad un compromesso col il Conte che gli consentì di conservare solo i territori di Barumini, Las Plassas e Villanovafranca.

Così Baradili entrò a far parte del grande feudo di Quirra.

In seguito passò ai Centelles e nel lungo periodo in cui il villaggio fu amministrato da questa famiglia le condizioni di vita a Baradili non furono delle migliori: i nuovi feudatari fecero amministrare la Marmilla da un Regidor pur non esasperando il carico fiscale limitarono notevolmente l’autonomia della comunità modificando il sistema di individuazione del Majore che dal quel momento cessò di essere elettivo.

E’ di questa epoca un altro documento scritto in lingua sarda. Si tratta della consegna, da parte del parroco uscente di Sini e Baradili a quello entrante, di un volume cosiddetto “dei cinque libri”. Tale consegna venne fatta alla presenza di importanti autorità, quali il procuratore Gontini Craba, don Gustian Trogu e donj Frau de Tamis come testimoni del Santo Ufficio e don Nanj Pironj, Tabianu Azori, Antonio Lay  e tutti is obreris della confraternita e il sindaco majori donu Antony Carena.

Il volume contenente i nomi dei battezzati, comunicati, cresimati, e matrimoni, defunti della chiesa di Santa Margheritae, datato 19 febbraio 1617 narra:

L’ultimo Centelles morì nel 1676 lasciando eredi i Borgia, la cui successione fu contestata dai Català, i quali, dopo numerose vicissitudini, entrarono in possesso del feudo nel 1726.

Col tempo il rapporto di dipendenza dal feudatario si fece molto più lento, e in più di un’occasione l’amministrazione locale, approfittando della lontananza del feudatario, pensò di riscattarlo.

Nella relazione Diocesana del 1761 Baradili ha 243 abitanti, Sini 296, Baressa 310.

Possiede due chiese rurali, una di Santa Maria e l’altra di Santa Restituta, che si trovano vicino al paese. Tra queste la prima cadente, la seconda ancora ufficiata.

Frattanto nel 1766 dai Català il villaggio passa agli Osorio. Nel 1821 fu compreso nella Provincia di Oristano e nel 1839 riscattato agli ultimi feudatari.

Nel 1834, scrive Vittorio Angius nel dizionario del Casalis:

Baratili di Marmitta è nella provincia di Isili, distretto di Barumini, tappa (ufficio di insinuazione-oggi ufficio del registro) di Masullas. Le abitazioni si trovano su una piccola altura,esposta a tutti i venti e in una valletta esposta a ponente e a tramontana. Vi è nebbia in tutte le stagioni,d’estate un calore cocente e d’inverno un freddo penetrante e umido. Vi sono circa venti case e 112 abitanti. Le strade sono strette e mal tracciate. Le malattie più comuni sono la febbre perniciosa e periodica e ,le infiammazioni viscerali, dovute all’umidità’ del clima e alle acque malsane che si bevono. Le acque salubri si trovano a Nuraxi Candeu.Nelpaese esistono solo quattro poveri telai in cui le donne tessono alcune canne di tela grossolana, che non bastano al bisogno. La Chiesa parrocchiale dedicata a Santa Margherita Martire è governata da un prete che ha il titolo di Vicario, e che è amovibile a volontà del Vescovo o del Canonico che ne gode la prebenda. Il cimitero è attorno alla chiesa .La superfìcie del territorio Baratilese si calcola di 5 miglia quadrate, in cui si potrebbero seminare 800 starelli di grano. L’agricoltura è poco praticata e, il monte granatico è dotato di 250 starelli di grano (litri 9840) ed ha in denaro una somma di lire nuove 343,68. I terreni potrebbero essere sfruttati meglio se si usassero dei sistemi di coltivazione più moderni. Si è soliti seminare ogni anno 300 starelli di grano, 100 d’orzo, 10 di fave, 12 di ceci e una piccola quantità di granturco e lenticchie. La produzione è 10 per uno, mentre in altre zone è del 20 per uno. Si producono circa 2500 litri di vino di scarsa qualità che appena bastano fino a dicembre per i proprietari. Gli alberi fruttiferi (mandorli, ulivi, melograni e sorbi)sono circa 80. In un medesimo campo si coltivano cipolle ,pomidoro, melograni e cavoli;in vari luoghi zucche e meloni ; non si raccoglie più di un cantaro di lino (kg. 40,65). Gli animali che si possiedono non superano i 150 tra buoi, asini, cavalli e pecore.

Poche case hanno il pollaio e, si producono circa 20 cantari di formaggio. Il paese si trova tra due ruscelli, che nascono entrambi dalla Giara. Sono il Cilixia e il Saduru, uno a nord e l’altro a sud, e si congiungono entrambi con il Rio Santarbara in territorio di Turri. Spesso questi ruscelli straripano e causano gravi danni alle colture. Essi sono ricchi di grasse anguille. Il comune è incorporato con la Marmilla al feudo di Quirra. La Curia del feudo, a cui si fanno i pagamenti feudali, risiede in Ussaramanna con giurisdizione sopra gli undici paesi che compongono il dipartimento.

Abolite le Province, nel 1848 il villaggio fu compreso nella divisione amministrativa di Cagliari fino al 1859 e successivamente nell’omonima Provincia.

Il 25.5.1927, Baradili perde la sua autonomia e diventa frazione del comune di Baressa con Sini, Gonnosnò e Figu. Dopo varie vicissitudini, e, con la caduta del fascismo agli abitanti del paese stava stretta la mancanza di quella autonomia che avevano sempre avuto. Lottarono per riacquistare il proprio diritto alla autonomia arrivando a disertare le elezioni finché le autorità competenti, premettero affinché si arrivasse in tempi rapidi all’ autonomia. E questa giunse finalmente il 2 marzo 1958, con un referendum al quale i cittadini risposero “Si“.

Nel 1974 , costituita la Provincia di Oristano, tornò a farne parte.

Dal 1958 ad oggi molte cose sono cambiate, il paese si è ammodernato e, dotato dei servizi necessari allo svolgimento della vita quotidiana, è stato ristrutturato il centro storico, con il rifacimento delle strade in acciottolato, sono state ristrutturate le facciate delle case con particolare cura e attenzione per gli edifici storici come l’ex Monte granatico.

Una parte delle colline è stata oggetto di opere di rimboschimento con essenze locali.

VIVERE A BARADILI

La sagra dei ravioli

La sagra de “is cruguxionis” (sagra dei ravioli) si svolge la domenica tra 13 ed il 20 luglio, perché nasce da un’altra leggenda legata a Santa Margherita secondo la quale in quel 13 luglio di un tempo lontano, venne ritrovata in campagna da alcuni giovani contadini che aravano la terra una statuina di Santa Margherita.

I giovani la portarono al parroco che, vista l’ora vicina a mezzogiorno, era già seduto a tavola davanti a un piatto di tre ravioli. Tanta fu la felicità che il parroco invitò a pranzo i tre giovani; che cominciarono a mangiare ravioli, ma la voce ben presto si sparse per tutto il paese facendo accorrere tutta la popolazione. Fu allora che quel pranzo semplice frugale si trasformò in un vero e proprio banchetto.

I ravioli sembravano non finire mai, tanto che bastarono non solo per il parroco e i tre giovani ma per tutte le persone del paese che accorsero per rendere omaggio alla statua della loro patrona.

Dal quel momento si festeggiò “Santa Mragaida Agattada” (ritrovata) o “de is cruguxionis” (dei ravioli).

Da questa leggenda nel 1995 prese spunto la sagra dei ravioli che viene riproposta ogni anno con diverse attività culturali e di valorizzazione dei prodotti locali, oltre alla gradita distribuzione di ravioli nelle diverse varietà: con ricotta e limone, con ricotta e spinaci, con patate , preparati a mano secondo le antiche ricette tradizionali.

Questo ha creato tanto interesse che una coppia di giovani ha realizzato una ditta di produzione per cui i ravioli si possono trovare durante tutto l’anno.

Gallery

[{"nome":"Baradili","coords":"39.721345,8.897434"}]

Indirizzo
Via Vittorio Emanuele, V

Provincia
OR

CAP
09090

Referente
Lino Zedda, sindaco

Telefono

Sito web
http://www.comune.baradili.or.it

Email
sindacobaradili@tiscali.it