Dal riciclo della plastica migliaia di posti posti di lavoro in 5 anni

Un innalzamento degli obiettivi di riciclo per la plastica potrebbe creare migliaia di nuovi posti di lavoro in tutta Europa e rilanciare l’economia. Lo rivela un nuovo rapporto di Plastic Recyclers Europe PRE, l’associazione con sede a Bruxelles che raggruppa l’80% dell’industria europea del settore del riciclo di materie plastiche.

Il rapporto, Increased EU Plastics Recycling Targets Environmental, Economic and Social Impact Assessment, commissionato da PRE alla società di consulenza Deloitte rivela che un aumento del tasso di riciclo per la plastica avrebbe “un effetto rinvigorente sull’occupazione europea”. Quasi 50.000 posti di lavoro potrebbero essere creati direttamente nella filiera del riciclo nei paesi dell’UE a 28, entro cinque anni e più di 75.000 posti di lavoro indiretti nell’indotto. Questi numeri potrebbero salire entro il 2025 sino a 80.000 diretti e 120.000 indiretti.

Il necessario costo finanziario – circa 1 miliardo di euro entro il 2020 e 1,5 miliardi di euro entro il 2025 – potrebbe essere “ragionevolmente affrontato con investimenti provenienti dall’UE e da altre fonti”, sostiene il rapporto. Tuttavia, secondo il rapporto, per arrivare al conseguimento di un più elevato tasso di riciclo e poterne risentire i benefici, ci sono alcune sfide che devono essere prima affrontate e vinte.

DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI E’ SOLO IL PRIMO PASSO

Fissare obiettivi ambiziosi rappresenta sicuramente un prerequisito oltre che uno stimolo per lavorare ad un aumento del tasso di riciclaggio. Se però si vuole passare dalle parole ai fatti è necessario che vengano riconosciuti e rimossi gli ostacoli esistenti lungo la filiera del riciclo che ostacolano la creazione del suo valore economico.

A proposito di ostacoli nel rapporto si legge che l’approccio utilizzato per la determinazione degli obiettivi futuri “ deve acquistare una maggiore responsabilità e trasparenza nelle modalità con le quali vengono raccolti i dati alla fine dei processi di riciclo e su come vengono calcolate le percentuali e gli obiettivi di riciclaggio. Perché “in ultima analisi, spetterà ai riciclatori riferire sulle quantità effettive di plastica riciclata.

Che solamente i riciclatori possano conoscere le reali quantità di materia riciclata, e possano rendicontarne, parrebbe la cosa più ovvia e scontata del mondo. Eppure, la maggioranza dei paesi membri calcola come quantità riciclate le partite di plastica che vengono consegnate ai centri di riciclo. Per diversi motivi manca un reale monitoraggio e controllo sia sulle quantità che natura degli scarti che, non potendo essere riciclati, escono dagli impianti per andare a smaltimento. Tra gli scarti figurano intere partite contaminate oppure imballaggi che non hanno ad oggi impianti che li riciclino, come il PLA, ma anche una crescente generazione di imballaggi in plastica pregiata come il PET . Si tratta di contenitori che in seguito all’aggiunta di coloranti, opacizzanti, etichette coprenti che creano problemi in più fasi del processo di selezione e riciclo vengono smaltiti per lo più negli inceneritori. Oppure vengono usati in minor misura per altre applicazioni extra imballaggi dove la perdita della qualità originale (downcycling) non compromette la realizzazione di manufatti.

UNA PERFORMANCE DA MIGLIORARE

Se si guarda agli ultimi dati disponibili a livello europeo riferiti al flusso di rifiuti da imballaggio generati nell’UE a 28 si può notare che il 41% cento dei rifiuti di imballaggio viene raccolta in modo differenziato. Di questi circa il 34% viene inviato ai riciclatori ma solamente il 25% viene effettivamente riciclato. Anche le performance di riciclo dell’Italia non si discostano dalla media europea e il nostro settore del riciclo è in sofferenza per motivi di ordine internazionale e nazionale.

Se consideriamo che l’obiettivo di riciclo per i paesi membri è del 45% risulta evidente che mancano ancora 20 punti percentuali per arrivare ad un suo conseguimento. Dal rapporto emerge inoltre che molto va fatto per migliorare sia le performance dei centri di selezione e raccolta che la capacità di gestione degli impianti di riciclaggio. Attualmente infatti, sempre nella EU a 28, gli impianti sono stati in grado di gestire solamente circa la metà dei rifiuti di plastica raccolti mentre il resto è stato esportato “soprattutto per ragioni di carattere economico.”

L’ECONOMIA CIRCOLARE RICHIEDE UNA VISIONE SISTEMICA

Infine secondo il rapporto è indispensabile incoraggiare la domanda di plastica riciclata per dare un senso e uno sbocco pratico all’aumento dei tassi di riciclo. Ci sono alcune misure di cui si parla da tempo ma che non sono state considerate seriamente neppure nell’ultimo DDL ambientale. Ad esempio l’applicazione di incentivi fiscali per i prodotti contenenti plastica riciclata, proveniente anche dalle partite di plastiche miste, attualmente per lo più termovalorizzate, che potrebbero spingere il mercato verso un uso sostenibile delle risorse. Trattandosi di una delle misure più logiche e sensate da proporre (non solo per la plastica) la si ritrova in tutti i contesti dove si parla di Economia Circolare e gestione dei rifiuti come risorse. E’ pertanto presente anche nel testo della risoluzione sull’efficienza delle risorse e la transizione verso un’economia circolare approvata dal Parlamento europeo lo scorso giovedì 8 giugno  con 394 voti a favore, 197 contrari e 82 astensioni.

La conclusione del rapporto recita : “In definitiva, è necessario creare un equilibrio tra la disponibilità/fornitura di rifiuti di plastica e la domanda esistente per le materie plastiche da riciclo. Così può crescere un settore del riciclo sano e sostenibile capace di dare il massimo contributo nel raggiungimento degli obiettivi europei e rispondere al meglio alle grandi aspettative che l’UE nutre nella creazione di una vera economia circolare