Il futuro della nostra agricoltura
Successo per il primo incontro del ciclo “Il futuro della nostra agricoltura” organizzato dall’associazione “Città Attiva Corinaldo”. Ieri sera decine di persone hanno affollato la sala “Arnaldo Ciani” per approfondire quello che, evidentemente, è un argomento molto sentito: “il controllo delle erbe spontanee e l’uso di pesticidi e diserbanti”.
La sala consiliare del Municipio ha faticato a contenere quanti hanno avuto desiderio di ascoltare i relatori prof. Fabio Taffetani e Giuseppe Caramia, invitati per l’occasione dalla associazione “Città Attiva Corinaldo”, in collaborazione con l’Amministrazione comunale. Gli stessi esponenti di “Città Attiva Corinaldo” sono rimasti positivamente stupiti nell’assistere non solo a numerosi agricoltori interessati all’argomento ma, anche, a famiglie e semplici cittadini, evidentemente interessati al futuro di agricoltura e a tutte le questioni collegate ed inerenti alla salute.
Così, in presenza anche della Giunta al completo, ha preso la parola il prof. Giuseppe Caramia. “L’utilizzo, talvolta indiscriminato, di pesticidi – ha sottolineato ha causato un forte disquilibrio ambientale. Con l’avvento dell’industrializzazione (prima del suo avvento si aveva un equilibrio ambientale certo più regolare), tutto ha subito un brusco acceleramento. Dal punto di vista agricolo, sono state scoperte sostanze che eliminano un parassita nel terreno, al fine di offrirci un buon prodotto”. Occorre tener anche conto, però, del rovescio della medaglia. “Per rendere migliore un prodotto occorre utilizzare più sostanze che, come conseguenza, non possono che essere deleterie per l’ambiente” ha proseguito Caramia. Che ha addotto come esempi il D.D.T. (poi abolito) e il glifosato, risalente addirittura ai tempi del Vietnam. Tutto questo ha provocato un forte disquilibrio ambientale, tra le cui conseguenze si possono annoverare anche gravi patologie.
“Un buon equilibrio ambientale – si è inserito sulla stessa falsariga il prof. Taffetani – lo si è ottenuto in concomitanza con l’immediato dopo–guerra. Da allora in avanti, è più corretto riferirsi a questo preciso settore non come agricoltura ma come mondo agricolo a servizio dell’industria”. Un concetto che equivarrebbe nel sostenere che si sarebbe potuto produrre una qualsiasi tipologia di prodotto su una qualsiasi tipologia di suolo. Con, però, un utilizzo intensivo di prodotti chimici. Le conseguenze? “Salta agli occhi – è la risposta di Taffetani – come si sia generata una forte crisi idrogeologica. Relativamente alle Marche, il 4% della forza lavoro si occupa di agricoltura ma utilizza l’80% dei suoli marchigiani. Un modus procendi che causa un grave impatto sulla gestione territoriale, oltre che sui regimi idrogeologici”. E’ un fatto, però, che l’industria agricola moderna pretenda terreni sempre più omogenei: in pratica senza alberi né erbacce da estirpare, in modo da favorire l’uso della tecnologia anche in agricoltura.
Quali, in definitiva, le soluzioni per ovviare a tutti quanti appena enunciato? “Riscoprire l’importanza della biodiversità e prendere la strada di un’agricoltura rispettosa dell’ambiente – sono state le risposte dei due relatori –: ad esempio, non estirpando le tanto fastidiose erbacce che, solitamente, fungono da limite ma, al contrario, lasciandole intatte, proprio perché ricoprono un equilibrio fondamentale dal punto di vista ambientale”.
Un accenno di soluzione ha costituito l’input per lanciare il prossimo appuntamento in tal senso. Martedì 19 maggio prossimo, verosimilmente sempre in Municipio alle ore 21, i prof. Paolo Ciarimboldi e Federico Marchini relazioneranno in merito a soluzioni e modi per finanziare nuovi processi agricoli.