Il giorno dopo ancora
Il quotidiano “La Repubblica” ha ingaggiato da qualche settimana una meritevole battaglia per dare visibilità a un mondo, quello della diversabilità, che vive confinato ai margini di un’indifferenza generalizzata, legata ad una scarsissima cultura e ad investimenti pubblici a spot per rendere più accessibile la mobilità nelle nostre città.
Sabato scorso, anche il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti è intervenuto in un’intervista che ci ha lasciati quanto mai perplessi. Poletti sostiene che i comuni non stiano facendo la propria parte, e che dovrebbero investire più risorse per abbattere le barriere architettoniche.
Ora, se è sicuramente vero che molti amministratori locali faticano a mettere al centro della propria azione amministrativa un tema considerato marginale, è altrettanto vero che, laddove esiste sensibilità e programmazione per sradicare una piaga davvero insopportabile (una città che non sia a misura dei più deboli è una città chiusa), mancano i fondi necessari ad intervenire.
E allora si torna, sempre, al solito problema, che è quello di un’azione politica coerente con ciò che si dice. Scegliere cioè se l’abbattimento di tutte le barriere architettoniche presenti in giro per l’Italia deve diventare o meno una priorità. Non solo quando conviene dirlo, non solo quando si viene messi alle strette da una qualche associazione di categoria o da un’inchiesta ben fatta. Ma il giorno dopo, e quello dopo ancora.