l grande consenso ricevuto sulle proposte del Dossier dimostrano che l’accordo Anci-Conai va completamente riscritto
L’Associazione nazionale Comuni Virtuosi risponde alle affermazioni del Direttore generale Conai Walter Facciotto e del delegato Anci rifiuti ed energia Filippo Bernocchi
Il dossier sull’accordo Anci-Conai, prodotto dall’ACV -Associazione Comuni Virtuosi, fa discutere e sposta il confronto sulla “questione imballaggi in Italia” fuori dalle stanze in cui è stato trattato finora, e questo ci pare già un contributo positivo per ragionare insieme sulle possibili soluzioni alle problematiche esistenti.
Con sincrone dichiarazioni il Direttore generale del Conai Walter Facciotto e il delegato Anci per i rifiuti ed energia Filippo Bernocchi hanno preso posizione a difesa del rispettivo operato e commentato alcuni aspetti del Dossier a Adnkronos.
Vogliamo innanzitutto chiarire che all’Associazione Comuni Virtuosi non interessa in alcun modo “mettere sul banco degli imputati” i soggetti che hanno condotto le trattative per l’accordo in scadenza, semplicemente crediamo che l’attuale accordo debba essere profondamente rivisto.
In questi ultimi anni il contesto nazionale e internazionale è cambiato e non sono certo piccoli aggiustamenti che saranno sufficienti per affrontare gli anni ancora più difficili che abbiamo davanti. Il divario che ci separa dal resto d’Europa è fin troppo evidente ed il grande consenso raccolto anche tra le associazioni di categoria delle aziende che si occupano della raccolta e del riciclo dei rifiuti sulle nostre proposte dimostra che i problemi evidenziati non riguardano solo gli enti locali.
Ma entriamo nel merito delle contestazioni. Il Direttore generale del Conai Walter Facciotto ci attribuisce il fatto di aver analizzato solamente i dati degli ultimi bilanci dei consorzi di filiera riferiti al 2011. Premesso che il 2011 è l’unico anno per il quale ci sono i bilanci disponibili online, se i dati del bilancio 2012 e 2013 diranno qualcosa di diverso ne terremo certamente conto.
In quanto all’argomento portato dal Direttore Facciotto, che il Dossier si concentri esclusivamente sui “lati negativi” dell’accordo, ci pare che questo fatto sia una necessità scontata quando si vogliono apportare miglioramenti a favore della parte che, a nostro avviso, è stata maggiormente penalizzata dal precedente accordo, e cioè i Comuni ed i cittadini-consumatori.
La questione è un’altra: gli imballaggi sono sempre un costo: per l’ambiente (energia e materia sprecata), per i cittadini che sono costretti a comprare imballaggi eterogenei e difficilmente riciclabili e per i comuni (e quindi ancora per i cittadini) che se ne devono accollare i costi di raccolta e trattamento. L’obiettivo non può più essere quindi di produrre tanti imballaggi ma, come accade nel resto d’Europa, di penalizzare gli imballaggi inutili e difficilmente riciclabili facendo pagare alle aziende un contributo ambientale (CAC) diversificato in relazione al reale impatto economico ed ambientale dell’imballaggio.
Meno imballaggi in circolazione e progressivamente sempre più riciclabili secondo una progettazione ecologica “dalla culla alla culla”.
In questo senso appare difficilmente comprensibile anche l’affermazione di Filippo Bernocchi, delegato ANCI per rifiuti ed energia che risponde alla richiesta dei Comuni Virtuosi di rimodulare il CAC affermando che in questo modo l’aumento “si scarica sempre sul consumatore nel momento in cui acquista il prodotto“. Quindi, “quando si suggerisce di aumentare i soldi destinati ai Comuni triplicando il Cac vuol dire inventare una nuova tassa da un miliardo”.
In realtà sono proprio i cittadini che oggi pagano le storture dell’attuale sistema: pagano quando sono obbligati ad acquistare imballaggi inutili e poco riciclabili e pagano nella bolletta dei rifiuti i maggiori costi delle raccolte che il sistema Conai non copre. Inoltre, se fosse vera la tesi di Bernocchi -sostenuta anche dal Conai-, l’applicazione in Italia del CAC più basso in assoluto a livello europeo avrebbe dovuto garantire al consumatore italiano un costo dei beni di consumo inferiore alla media europea.
Ricordiamo che in Italia il CAC, incide soltanto per lo 0,07 % sul costo dei beni alimentari all’ingrosso, mentre nel resto d’Europa incide in media per lo 0,3 %.
Nonostante questo innegabile vantaggio per le imprese italiane, l’Italia è diventata in pochi anni uno dei paesi europei con l’Indice di Livello dei Prezzi (PLI) più elevato in Europa secondo Eurostat poiché tali risparmi per le imprese non sono stati mai tradotti in minori prezzi per i consumatori.
L’altra importante questione è: quanti soldi entrano al Conai e quanti arrivano ai comuni? Il Direttore Facciotto afferma che “nel 2012 i ricavi sono stati poco più di 500 milioni di euro di cui 312 sono andati ai Comuni ed è l’85% e non il 37% come riportato nel dossier” omettendo di dire che, in realtà, tra le entrate dei consorzi ci sono anche i ricavi per la vendita dei materiali e le quote versate dai soci che nel 2012 ammontavano a circa 250 milioni di euro. Nel 2012 quindi ai Comuni è andato circa il 42 % del totale degli introiti (il 5 % in più rispetto al 2011).
Nel 2011, anno preso in esame nel Dossier, i consorzi del Conai hanno introitato 819 milioni di euro e di questi soldi sono andati ai Comuni 297 milioni di euro, quindi poco più di un terzo degli introiti totali del 2011.
In quanto al fatto che, secondo Facciotto, i Comuni sono liberi di gestirsi autonomamente il materiale vendendolo al miglior offerente -approfittando delle finestre di entrata e uscita previste dall’accordo-, va evidenziato che tale elemento favorisce esclusivamente il sistema Conai che può trattenersi i ricavi del contributo ambientale per la gestione di quegli stessi imballaggi di cui però non rimborsa neppure i soli costi di raccolta. Cosa invece che non accade all’estero secondo quanto stabilito dalle direttive europee di riferimento.
Riteniamo che un sistema che opera senza scopo di lucro come il Conai non dovrebbe avere alcuna difficoltà a riconoscere ai Comuni sia i maggiori costi di raccolta (interamente e non solo per il 20 % come dimostrato dall’ISPRA e dall’ACV) che i ricavi per la cessione del mercato di quanto conferito ai Consorzi di filiera.
Rispetto infine all’affermazione di Facciotto, ribadita anche da Bernocchi, secondo cui “il Conai fa più degli obiettivi previsti dalla legge” è proprio l’ente che ha il compito di validare i dati forniti dal Conai -e non la nostra associazione- a smentire questa affermazione. Nel rapporto ISPRA Rifiuti urbani del 2013 al Cap. 4.1. pag. 369 si legge infatti che, a causa “dell’incompleta e parziale informazione fornita dal Consorzio Conai… l’ISPRA non è in grado di monitorare in maniera efficace il ciclo di gestione dei rifiuti di imballaggio, validando i dati trasmessi dal CONAI, e soprattutto di verificare il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio fissati”.
Da parte dell’ACV si ribadisce la piena disponibilità a collaborare con l’ANCI per trovare una soluzione che possa conciliare le esigenze di tutte le parti coinvolte nella più totale trasparenza.