Per non perdere la bussola

Ambientalismo da salotto”? Magari i ministri frequentassero i salotti, avrebbero occasione di imparare qualcosa. Già perché nei salotti si discute, si parla, si legge, ci si confronta, si scrive, si decide. Insomma si usa parecchio la testa e non solo si poggiano le natiche su soffici cuscini e si alza il gomito succhiando nettari d’uva.

I salotti buoni, quelli che hanno fatto l’Italia, sono quelli dove fior di cervelli hanno aiutato la politica a non perdere la bussola, a fare le scelte migliori, a occuparsi di cose che la loro pancia non capiva, figuriamoci la testa. Per citare un salotto ambientalista italiano straordinario che ha posto le basi dell’ambientalismo mondiale, ricordo il Club di Roma con Aurelio Peccei, imprenditore e uomo di cultura, fondato nel 1968. Un uomo pragmatico, di quelli che piacciono proprio alla politica del “fare” e che ama svilire la scienza apostrofandola come inutile spesa e a cui piace gettare sul paesaggio carriole di cemento. Quel Club, un “salottone”, ha iniziato per primo al mondo a porre la questione del limite ovvero che non si può rapinare tutto quel che si vede in natura perché accadono dei gran guai di cui noi umani paghiamo le spese. Non è stata la politica a fondare quel Club, ma un illuminato amante delle cose agricole e ambientali che ha chiamato a Roma a sue spese scienziati per discutere di clima, salute e futuro. Un imprenditore illuminato però, questa è la differenza. E oggi la politica fatica a vedere qualsiasi luce che non sia la propria allo specchio.

Narcisismo al cubo e palate di fango su tutto ciò che non è detto da loro. Per poi, però, correre con la coda tra le gambe a cercare il miglior medico sulla piazza al quale chiedere di curare il primo malanno che hanno e di cui temono le conseguenze come bimbi tremanti al buio prima di addormentarsi. Neanche davanti alla medicina certi politici chiudono i circuiti tra cura e ricerca che ha messo a punto quella cura e l’abilità del medico a curare. E cura e abilità nascono nelle aule, tra i libri, nelle conferenze. E la medicina oggi vive assieme alla bioingegneria, alle scienze alimentari. Discute con gli scienziati dell’alimentazione che a loro volta discutono con con agronomi e architetti per immaginare colture più sane e case meno inquinate, perché le malattie è sempre meglio evitarle che curarle. E discutono pure con ingegneri e meteorologi perché in pronto soccorso arrivano sempre più vittime di frane, slavine, alluvioni e accidenti vari e bisogna prevenire questi problemi e non occuparsene solo in sala operatoria.

Le scienze hanno bisogno dei salotti perché là ci si incontra e si risolvono un sacco di cose. E teoricamente si dovrebbero incontrare i politici che però preferiscono altre piazze perché forse alcuni politici non sanno proprio più cosa è un salotto. Forse il problema non sono i salotti, ma quelli che li frequentano con la loro arroganza, la loro pervicacia a non capire. Pervicacia che negli anni si è trasformata in ignoranza cronica e incapacità strutturale di capire le cose ambientali che loro considerano un orpello, una noia, una limitazione alla loro libertà. Ma noi, studiosi, considerati beceri e inutili, gente cui tagliare lo stipendio e negare i fondi per la ricerca, resistiamo e siamo così amanti delle istituzioni e della scienza che ci turiamo il naso davanti a questo teatrino dell’orrore politico e andiamo lo stesso fin dentro casa loro a spiegare che i guai li provoca l’egoismo politico e non la natura cattiva (non esiste).

Così abbiamo fatto a luglio scorso, quando un manipolo di scienziati e studiosi di cose ambientali, è andato alla Sala del mappamondo della Camera, un salotto anche quello, a presentare il Rapporto nazionale sul Consumo di suolo dell’ISPRA (l’agenzia governativa per la protezione dell’ambiente). Su quel rapporto c’è scritto che questa politica continua a ignorare i guai che fa a colpi di piani urbanistici scriteriati e politiche senza senso con i quali ha cementificato nell’ultimo anno centinaia di ettari di parchi, aree a rischio di esondazione e alluvioni, zone soggette a terremoti, insomma quelle aree dove poi capitano i danni. Insomma quelle aree dove governa da anni quella politica che poi se la prende con gli ambientalisti. Forse i politici farebbero bene non solo a frequentare i salotti degli ambientalisti, ma dovrebbero pure rimettersi a leggere e studiare, andare a scuola e tentare di capire. Il problema dei salotti non sono gli ambientalisti ma quelli che sono assenti o che non capiscono quando vengono e continuano per loro strada sulla quale, purtroppo, trascinano tutti noi.

Prof. Paolo Pileri, Politecnico di Milano