Non siate complici

Cari sindaci, 

il vostro compito in questa fase emergenziale, alla guida della comunità locali, è quanto mai gravoso. Ne è prova che molti di voi siano stati contagiati, alcuni ospedalizzati, e che ci sono primi cittadini – in aree rurali, marginali – morti per Coronavirus. 

A voi va la mia solidarietà, e anche un appello: non siate complici di una (nuova) «strategia della tensione». Siete autorità sanitaria locale, e sapete che il benessere e la salute dei cittadini – dopo quasi quaranta giorni passati pressoché chiusi in casa – non dipendono solo dalla risposta che sapremo dare al Coronavirus. 
La risposta al virus (ad oggi la strategia unica è quella di chiuderci in casa) non può lasciare indietro il resto (la salute mentale di una popolazione), come se fossero due momenti «in opposizione», o ci si occupa dell’una o ci si occupa dell’altra. 

Se anche voi ricevete informazioni frammentate, ribellatevi, ed iniziate a cercare e ad offrire ai cittadini le informazioni che servono sull’andamento dell’infezione. Fate pressioni sulle Regioni. 

Per tanti giorni ho letto con attenzione e continuato a scorrere in modo acritico sulle vostre bacheche Facebook gli aggiornamenti sul numero dei «positivi», oggi mi rendo conto che questi «numeri» non fanno altro che alimentare una tensione – contro chi esce a camminare, contro chi porta fuori un bambino, contro i runner solitari – che può e deve trovare risposta. 

Nell’interesse della salute collettiva, quella delle comunità che amministrate. 

Se ci sono nuovi casi di positività, a 40 giorni dal lockdown, sarebbe importante sapere «dove» e «come», non per andare alla ricerca di chi ha contratto il virus (difendiamone la privacy, anche se non ci sarebbe stigmatizzazione, quella ad esempio che colpiva chi diventava sieropositivo alla fine degli anni Ottanta), ma per ricostruire la catena dei contatti che hanno portato a questa condizione.

Avete a disposizione questi dati?

Potete chiederli?

Potete offrirli alle vostre comunità?

Perché se continuate a comunicare nel modo in cui avete fatto a partire dal’8 marzo il cittadino che vi legge vive solo il senso d’impotenza, alimentato dalla difficoltà psicologica di reggere la segregazione, in alcuni casi la separazione dagli affetti, la paura.

Ha la sensazione che il virus sia ovunque, anche nell’aria, e sfoga la sua rabbia (sui social, generalmente), e che sia soprattuto responsabilità di coloro che vengono indicati come «i devianti», anche il genitore che fa una passeggiata in solitaria con il figlio. Questo è discorso che assume facilmente toni violenti, e finisce per metterci gli uni contro gli altri. Impedisce, inoltre, che si vadano a cercare i veri responsabili dello sviluppo della pandemia in tutto il Paese, a partire da chi amministra Regione Lombardia. 

Siamo in mezzo a una «strategia della tensione», voi sindaci avete dei doveri nei confronti della comunità che amministrate: non siate complici.

Di Luca Martinelli, giornalista e scrittore