Sacchetti a pagamento dal 2018 : che diventi una chance per il riuso…
Dal 1° gennaio 2018 dovremo dire addio ai sacchetti distribuiti gratis nei reparti ortofrutta, gastronomia e di altri generi alimentari, con e senza manici. Proviamo ad ipotizzare quali potrebbero essere i benefici ambientali ed economici, diretti e non, che l’applicazione di questa norma potrebbe innescare qualora portasse ad una riduzione del consumo usa e getta. Se, a cominciare dal comparto ortofrutta, si desse cioè ai consumatori la possibilità di servirsi di sacchetti riutilizzabili, come suggerito dalla nostra associazione già sette anni fa con l’iniziativa “Mettila in rete”. Intanto Coop Svizzera li ha introdotti dimostrando che, in questo caso, “volere è potere”.
Si avvicina la data del 1° gennaio 2018 in cui entrerà in vigore la norma che impone l’utilizzo di plastiche biodegradabili e compostabili anche per i sacchetti ultraleggeri con spessore inferiore ai 15 micron, (con o senza manici). Si tratta dei sacchetti utilizzati per trasporto e/o asporto merci per fini di igiene e/o come imballaggio primario di prodotti alimentari quali carni, pesce, prodotti da forno, gastronomia e ortofrutta.
Oltre ad essere realizzati con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile (almeno il 40% per iniziare) questi sacchetti dovranno essere ceduti esclusivamente a pagamento. Previste per chi contravviene sanzioni piuttosto severe, a partire da 2.500 euro.
Il legislatore italiano, al contrario di altri paesi membri, ha recepito la direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio (che modifica la direttiva 94/62/CE ) che richiede una riduzione del consumo di borse di plastica in materiale leggero, mettendo fuorilegge i sacchetti ultraleggeri in plastica.
Nelle ultime settimane si è aperto sui media e tra gli operatori del settore un dibattito sul provvedimento che non viene accolto favorevolmente dai consumatori. Questi ultimi, tra le altre cose, contestano l’impossibilità di evitare l’acquisto dei sacchetti ultraleggeri, cosa invece possibile per gli shopper biodegradabili alle casse che una parte degli italiani ha sostituito con le sporte utilizzabili.
Dai pareri raccolti sul provvedimento da parte di alcuni media emerge per lo più la contrarietà degli intervistati che contestano la mancanza di proposte alternative da parte della GDO dove viene acquistata l’ortofrutta dal 66% degli italiani (sondaggio Ipsos).
Purtroppo l’opinione pubblica non è consapevole delle conseguenze ambientali ed economiche del consumo usa e getta. Ricevere per quasi trent’anni automaticamente e gratuitamente, per qualsiasi tipo di acquisto, uno o più sacchetti, ha alimentato nei consumatori l’idea che i sacchetti siano un “servizio accessorio dovuto” e che per eliminare l’impatto ambientale dei sacchetti monouso fosse sufficiente passare a materiali rinnovabili come la carta o la bioplastica.
Anche se dal 2012, in concomitanza con l’entrata in vigore della legge che vietava la commercializzazione di shopper in plastica non compostabile, i supermercati hanno smesso di cedere gratuitamente i sacchetti, nei negozi e nei mercati i sacchetti di plastica “gratis” non sono mai spariti.
Per sostenere la valenza ambientale della misura in questo contesto, che presenta i sacchetti in bioplastica come un’alternativa meno impattante dei sacchetti tradizionali, è necessario, a nostro parere, intervenire in contemporanea sui seguenti fronti :
1) Rendere effettivamente compostabili i sacchetti della GDO risolvendo il problema dell’etichetta che ostacola il compostaggio : smaterializzandola oppure realizzandola in materiale compostabile con inchiostri adeguati.
2) Permettere azioni di riduzione e ottimizzazione degli imballaggi che sono già possibili o tollerate già da ora in alcuni punti vendita della GDO come apporre ad esempio l’etichetta direttamente sul prodotto per alcune tipologie di ortofrutta (melone, banane, melanzana, ecc) oppure mettere un paio di referenze diverse nella stessa busta. La GDO non può più esimersi, come verrà chiarito più avanti, dal trovare delle soluzioni per permettere ai propri clienti di usare meno imballaggio.
I clienti dal prossimo gennaio saranno nella condizione “ottimale” per rilevarle e apprezzarle. Queste stesse azioni saranno d’altronde quelle che i consumatori potranno mettere in pratica dal verduriere sotto casa o al banco del mercato, dove le diverse tipologie di ortofrutta possono andare direttamente nella borsa, come facevano i nostri nonni.
3) Last but not least : adottare una propria linea di sacchetti ortofrutta riutilizzabili. La prima iniziativa in questo senso è stata lanciata dalla nostra associazione nel 2010 all’interno della nostra prima campagna nazionale Porta la Sporta. Denominata “Mettila in rete” proponeva una borsa a rete prodotta in Italia realizzabile in cotone e in poliestere (anche da riciclo). Questa opzione alternativa che le insegne dei supermercati potrebbero sviluppare metterebbe a tacere tutte le rimostranze e gioverebbe alla causa, anche come comunicazione. Se il motivo di un provvedimento è di ordine ambientale la gerarchia di europea di gestione dei rifiuti ci dice che dopo la prevenzione, l’opzione ambientalmente più efficace è il riuso, ancor prima del riciclo o compostaggio. Per la grande distribuzione ridurre gli ordinativi di sacchetti tra shopper alle casse e sacchetti ortofrutta rappresenta pur sempre una riduzione dei costi di gestione complessivi. Introdurre i sacchetti ortofrutta riutilizzabili ha sì un costo iniziale, ma che viene però poi ammortizzato, una volta che il sistema è a regime.
PRIME INIZIATIVE NELLE FIANDRE E COOP SVIZZERA
Nelle Fiandre è la stessa associazione del commercio che ha coordinato un progetto pilota di utilizzo di sacchetti riutilizzabili in alcuni punti vendita delle insegne leader della GDO per raggiungere l’obiettivo di riduzione per le borse di plastica in materiale leggero in recepimento della direttiva UE 2015/720 (che modifica la direttiva imballaggi (94/62/CE) . In svizzera la Coop è andata oltre alle chiacchere mettendo a disposizione dei clienti delle retine Multi-Bag realizzate in Lenzing-Modal®, una fibra a base di cellulosa ricavata da legno di faggio sminuzzato certificato FSC (Forest Stewardship Council). Un set di tre retine costa 4,95 franchi (circa 4,55 €). I clienti da Coop possono utilizzare queste retine o altri sacchetti portati da casa (purché semitrasparenti) e mettere più prodotti nella stessa retina. Non ci sono elementi per pensare che l’iniziativa svizzera possa essersi ispirata anche alla nostra “Mettila in rete“ . Ma se anche così fosse, sarebbe uno dei classici esempi in cui in Italia si fanno proposte, progetti o iniziative che “precorrono” i tempi in qualche campo ma che poi trovano applicazione solamente oltre frontiera.
Insegne come Simply*, Conad Leclerc , Coop, Gruppo Gabrielli**, l’avevano valutata, e addirittura effettuato qualche singolo progetto pilota. Evidentemente però i tempi non erano abbastanza maturi per implementare il sistema e in particolare a spingere le insegne a trovare le soluzioni ad alcune piccole criticità come la gestione di due tare e l’approvvigionamento/gestione dei sacchetti riutilizzabili.
A distanza di pochi anni lo scenario è però cambiato e ci sono le condizioni per riproporre l’iniziativa alla Distribuzione Moderna. A livello legislativo infatti le direttive europee sui rifiuti e il pacchetto economia circolare (in prossima uscita) imporranno ai paesi membri obiettivi più stringenti in termini di prevenzione, riduzione, riciclo dei rifiuti e di efficienza nell’uso delle risorse. Allo stesso tempo sta crescendo nell’opinione pubblica la preoccupazione sull’impatto della plastica nei mari e sulle ripercussioni sulla salute umana visto che la plastica è entrata nella catena alimentare.