Le nostre proposte per l’ambiente
Il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha incontrato ieri in audizione una delegazione di sindaci e amministratori locali appartenenti all’Associazione Comuni Virtuosi.
L’incontro, svoltosi in modalità da remoto, è stata l’occasione per presentare all’On. Sergio Costa le istanze, le criticità e le proposte delle comunità locali in tema di sostenibilità ambientale, burocrazia e risorse.
“E’ stata una discussione a tutto campo che ha permesso ai nostri sindaci di evidenziare le fortissime criticità che le comunità locali stanno attraversando – commenta Marco Boschini, coordinatore della rete -, ma anche per mettere in luce i tanti progetti e buone pratiche dai quali scaturisce una visione di società e modello di sviluppo radicalmente diversa da quella purtroppo ancora in voga. Il Ministro si è impegnato a fare sue le istanze che riguardano le deleghe dell’economia circolare e del dissesto idrogeologico, condividendo con i suoi colleghi di Governo le nostre proposte legate alla mobilità e all’energia“.
IL DOCUMENTO
L’Associazione Comuni Virtuosi è una rete di 130 comuni che, dal 2015, opera per diffondere a livello culturale buone pratiche in campo ambientale sperimentate con successo dalle comunità locali. Gestione del territorio, impronta ecologica e beni comuni, rifiuti, mobilità e nuovi stili di vita, partecipazione attiva delle cittadine e dei cittadini, accoglienza ed inclusione sociale: sono queste le tematiche intorno a cui si svolge l’azione nei territori della nostra associazione.
Negli anni sono numerosi gli strumenti messi in campo per assolvere al compito di scoprire, far conoscere e valorizzare, per poi diffondere, progetti e idee che mettono al centro la sostenibilità ambientale non come moda del momento, ma come paradigma culturale attraverso cui declinare tutta la politica di un ente. Per portare luce un po’ prima che arrivi l’alba.
Da quando il Covid-19 si è abbattuto su di noi, viviamo un tempo complicato e drammatico. I nostri sindaci sono il terminale delle istituzioni repubblicane, il km. Zero della democrazia. I nostri sindaci non hanno filtri o anticamere, tutti i giorni sono in contatto diretto con i cittadini che amministrano e con i quali condividono la quotidianità. Stiamo vedendo morire parenti, amici, conoscenti. Un pezzo importante di comunità che se ne va in silenzio, in un dolore intimo e collettivo che non ha precedenti nella storia recente dei nostri territori. All’emergenza sanitaria si è subito affiancata quella sociale, economica ed occupazionale, mettendo in discussione l’ordine delle priorità, i programmi e le progettualità previste fino a pochi giorni prima da tutti i comuni colpiti dalla pandemia.
Abbiamo dovuto azzerare tutto, fermarci, e costruire daccapo esperimenti di welfare emergenziale che hanno in primis tentano di arginare l’emorragia, sottraendo interi nuclei familiari alla minaccia della povertà e dell’isolamento. Ci siamo fatti carico di tradurre in pratica molti dei provvedimenti previsti dal Governo, e ce la stiamo mettendo davvero tutta per mantenere uniti i paesi e quindi il Paese nel suo insieme.
In questo momento sentiamo l’esigenza di avanzare una serie di richieste e di proposte che possano aiutarci ad esercitare al meglio il nostro ruolo istituzionale temporaneo. Non le nascondiamo che in questi mesi ci siamo sentiti spesso lasciati soli, senza informazioni, con pochi strumenti (risorse economiche e risorse umane), schiacciati dal peso di una burocrazia quanto mai intollerabile che ci ha reso a volte incapaci nell’azione, come una situazione emergenziale richiederebbe per rendere più efficaci le misure studiate. Prima di qualsiasi altra cosa i nostri sindaci chiedono di essere messi nelle condizioni di poter svolgere al meglio il proprio compito, e di immaginare una nuova fase che non sia la ripartenza del mondo com’era prima, ma la progettazione di una società che rimetta al centro le persone, la cura del creato, e la sostenibilità ambientale come paradigma culturale ed economico per ricostruire la società dalle macerie di un modello di sviluppo che dobbiamo avere il coraggio di abbandonare.
L’Associazione Comuni Virtuosi proponeuna strategia volta ad interrompere il consumo di suolo, la messa in sicurezza del territorio (dissesto idrogeologico) e del patrimonio edilizio pubblico e privato (anche in chiave antisismica), la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico (sedi istituzionali, scuole, biblioteche, musei, impianti sportivi, ecc.) e privato, il recupero e il riuso di aree dismesse, edifici e luoghi abbandonati.
Chiediamo, a questo proposito, una premialità finalizzata a trasferire maggiori risorse dallo Stato ai comuni, per quelle municipalità che rinuncino agli oneri di urbanizzazione per la preservazione del territorio, così come per quei comuni che hanno percentuali elevate di raccolta differenziata, di riciclabilità effettiva dei materiali raccolti e soprattutto di riduzione nella produzione dei rifiuti stessi. Chiediamo che chi adotta piani energetici comunali che garantiscono all’ente un’effettiva riduzione di consumi energetici da fonti fossili venga premiato a discapito di chi insiste nella strada dello spreco e delle inefficienze. Il tutto a parità di risorse destinata dallo Stato agli enti locali, secondo il principio che i maggiori contributi per i virtuosi vengano dai comuni “spreconi”.
RIFIUTI
Introduzione
In un paese come l’Italia, caratterizzato da importanti carenze infrastrutturali nella filiera di gestione dei rifiuti e profonde differenze nella qualità dei servizi di gestione erogati a livello territoriale, l’attenzione del legislatore nazionale e degli enti locali è comprensibilmente posta in via prioritaria al miglioramento dei sistemi di raccolta e avvio a riciclo, alla regolazione del servizio e a colmare il gap impiantistico, specie nelle regioni del centro sud. Il recente D.lgs. 116/2020, di recepimento delle Direttive 851 e 852/2018, i lavori in corso per la definizione del Programma nazionale di gestione dei rifiuti e la condivisibile attenzione posta nel quadro della legge di Bilancio alla diffusione sul territorio nazionale di sistemi di tariffazione puntuale dei rifiuti vanno certamente in questa direzione.
Come Associazione Comuni Virtuosi (nel seguito ACV) riteniamo tuttavia imprescindibile, considerata l’entità delle crisi ambientale (e di conseguenza economica e sociale) che si paventa all’orizzonte, rafforzare le misure finalizzate alla prevenzione dei rifiuti alla fonteanche (ma non solo) attraverso l’estensione e il miglioramento degli schemi di responsabilità estesa del produttore (nel seguito schemi EPR), con l’obiettivo di incidere in maniera strutturale sulla quantità di rifiuti prodotti e, conseguentemente, sul consumo di risorse naturali e sugli impatti ambientali che tale consumo porta con se.
Risulta ormai evidente che senza un cambio di paradigmaed interventi strutturali di modifica dei modelli prevalenti di produzione e consumo, la raccolta differenziata e il riciclo non saranno sufficienti a “ricondurre lo sviluppo sui binari della sostenibilità”. A quasi 50 anni di distanza dai primi allarmi provenienti dalla comunità scientifica internazionale sui “limiti dello sviluppo”, il tempo a nostra disposizione è ormai finito.
Nel seguito, nel solco delle brevi riflessioni sopra esposte, sono sinteticamente elencate alcune proposte finalizzate in primo luogo a dare corpo, dignità e struttura alle politiche di prevenzione dei rifiuti, a sostenere la diffusione di sistemi, prassi operative e modelli di business basati sull’utilizzo di prodotti riutilizzabili (sia nell’ambito dei beni durevoli che in sostituzione dei prodotti monouso) e ad estendere il ruolo e il campo di applicazione della responsabilità estesa del produttore.
Decreto per incentivare il riutilizzo
La Direttiva SUP (Dir.904/2019), nonché le Direttive 98/2008 e 94/62/CE come modificate rispettivamente dalle Direttive 851 e 852/2018, chiariscono inequivocabilmente quali sono gli obiettivi primari da perseguire, richiamando l’attenzione sulla necessità di una drastica riduzione dei rifiuti e del consumo di risorse naturaliassociato al ciclo di vita dei relativi prodotti, e sulla promozione di sistemi basati sull’impego di prodotti riutilizzabili. Va ricordato inoltre che nell’ambito del nuovo Piano di Azione per l’Economia circolare (COM(2020)0098), la Commissione Europea si è impegnata ad avviare un lavoro di analisi per determinare l’ambito di applicazione di un’iniziativa legislativa specifica sul riutilizzo al fine di sostituire, nei servizi di ristorazione, gli imballaggi, gli oggetti per il servizio da tavola e le posate monouso con prodotti riutilizzabili. Ai fini dell’identificazione delle misure atte ad incentivare il riutilizzo di cui all’ articolo 219-bis comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006 riteniamo opportuna la costituzione di un tavolo intersettorialecon i principali portatori di interesse al quale, fin da ora, ACV comunica il proprio interesse e la propria disponibilità a partecipare.
Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti (PNPR)
In analogia al percorso intrapreso per la definizione del Programma Nazionale di Gestione Rifiuti riteniamo opportuna la costituzione di un tavolo istituzionale al quale invitare anche i principali portatori di interesse, per la ridefinizione del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti ai sensi dell’articolo 180 del Dlgs 152/2006 e dei relativi indicatori. Anche in questo caso ACV comunica fin da ora il proprio interesse e la propria disponibilità a fornire il proprio contributo.
Osservatorio nazionale sulla prevenzione dei rifiuti
Costituzione dell’Osservatorio Nazionale sulle politiche locali di Prevenzione dei Rifiuti ai fini del monitoraggio e della diffusione delle buone pratiche adottate dalle amministrazioni locali (Regioni, Comuni, Città metropolitane…). Al fine di garantire la diffusione delle buone pratiche e la trasparenza delle iniziative avviate dagli enti locali, si propone inoltre di istituire un meccanismo di rendicontazione e pubblicazione dei progetti e delle iniziative di prevenzione dei rifiutiavviate dai Comuni i cui costi ricadono nel perimetro del Piano Economico Finanziario (PEF) del servizio di gestione dei rifiuti urbani. Come noto, il nuovo metodo tariffario (MTR) introdotto dalla delibera ARERA 443/2019 ha introdotto la possibilità di inserire nel PEF (nella voce CARC) i costi dei progetti e delle iniziative finalizzate alla prevenzione della produzione dei rifiuti urbani.
Fondo nazionale per l’attuazione del PNPR
Costituzione di un capitolo di spesaspecifico, all’interno delle disposizioni finanziarie del MATTM, finalizzato a garantire la realizzazione degli interventi del PNPR di competenza ministeriale.
a) Intervento sull’art. 3 comma 27 della Legge 28 dicembre 1995 n. 549 al fine di assicurare la destinazione di una quota minimadel gettito dell’ecotassa (dovuta alle Regioni) all’attuazione dellepolitiche regionali di prevenzione dei rifiuti;
b) Estensione dell’Ecotassa agli impianti di trattamento termico dei rifiuti indifferenziati.
Accelerare il processo di definizione e introduzione di schemi EPR per altre filiere con particolare riguardo ai seguenti settori: prodotti tessili e di abbigliamento, mobili ed arredi (es. armadi, tavoli, sedie, letti, materassi, divani, poltrone etc…), carta non da imballaggio (es. carta grafica, carta assorbente e per usi igienici), plastiche non da imballaggio, articoli sportivi, pannolini, farmaci e parafarmaci, materiali da costruzione, filtri di sigarette,salviettine umidificate.
Preparazione per il riutilizzo
Completare il quadro di riferimento normativo per consentire la realizzazione e la gestione dei centri per la preparazione al riutilizzo dei rifiuti di cui all’art. 181 del TUA.
Pianificazione e finanziamento per la costruzione di impianti di trattamento dell’organico nelle regioni del SUD Italia.Pianificare e cofinanziare la costruzione entro il 2023 di impianti per la valorizzazione della frazione organica in particolare nelle regioni del Sud Italia.
In merito, vanno evitati approcci riduzionisti basati in particolare sull’applicazione della formula semplificata (ed errata) “100-65-10”, proposta per calcolare una malintesa “necessità di incenerimento”.La formula è errataper le motivazioni esposte nel documento a firma congiunta delle principali ONG[1]Il “Piano Nazionale di Gestione dei Rifiuti”: occasione per guidare un’accelerazione virtuosa da parte dei territori, o l’ennesimo errore tecnocratico? “. La formula è errata: nell’approccio metodologico, in quanto il 65% è obiettivo minimo, non massimo di recupero netto di materia, e molti territori, anche vasti, hanno già dimostrato che il sistema può evolvere ben oltre tale livello, nel rispetto della visione della Economia Circolare;nei presupposti operativi, in quanto l’incenerimento, che può causare l’ingessamento del sistema in molte aree configgendo con gli scenari evolutivi previsti dall’agenda sull’ economia circolare, non è l’unica tecnologia di trattamento del RUR, né l’unica che ne riduce impatti e quantità destinate a discarica.
Introduzione di specifiche misure, con particolare riguardo alle misure di carattere economico e fiscale, finalizzate a favorire la nascita e il consolidamento di nuovi modelli di business ispirati al modello “PaaS – Product as a Service[2]”. Tali misure potrebbero riguardare un’ampia gamma di prodotti di largo consumo, e in particolare:
Contenitori riutilizzabili per l’asporto di alimenti e bevande nel settore della ristorazione;
Contenitori riutilizzabili per la movimentazione delle merci (es. cassette riutilizzabili per la logistica distributiva nel settore alimentare: ortofrutta, prodotti da forno, prodotti ittici, carne e prodotti di derivazione animale in genere etc…; cassette riutilizzabili per la logistica distributiva nel settore NON alimentare). Tali sistemi di logistica inversa che sono già una pratica matura nelle movimentazioni merce della GDO e industriale andrebbero estesi ai settori del commercio ambulante soprattutto alimentare come da sperimentazione avvenuta a Torino con il progetto Oikos presso il CAAT | Centro Agro Alimentare di Torino[3].
Abbigliamento
Prodotti non alimentari per l’infanzia (articoli sportivi, abbigliamento, giocattoli etc…)
Imballaggi per e-commerce
Pannolini
Introduzione di specifiche misure, con particolare riguardo alle misure di carattere fiscale(es. IVA agevolata), destinate alle attività artigianali di riparazione dei beni (es. abbigliamento e calzature, arredo domestico, biciclette, apparecchiature elettriche ed elettroniche, etc…). Si ritiene che il Ministero dell’Ambiente dovrebbe farsi promotore di un approfondimento nel merito in stretta collaborazione con il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Sostenere, anche economicamente, lo sviluppo di Centri del Riuso a sostegno di reti locali di riutilizzo e di riparazione, finalizzate al riuso dei beni ancora utilizzabili.
Biblioteche degli attrezzi/repair cafè
Istituire un fondo nazionale per la realizzazione da parte dei Comuni di “biblioteche degli attrezzi” ovvero di luoghi destinati alla condivisione di attrezzature e conoscenze per la manutenzione e riparazione dei beni.
Predisposizione del Portale Nazionale sulla Prevenzione dei rifiutiprevisto dal PNPR di cui al decreto direttoriale del 7 ottobre 2013 in stretta sinergia con l’Osservatorio di cui al punto 3).
Assicurare che i regimi di responsabilità estesa del produttore garantiscano risorse finanziarie specifiche(es. attraverso la costituzione di uno specifico Fondo sulla prevenzione e il riutilizzo alimentato con una %le del contributo ambientale versato dalle imprese) destinate al sostegno di progetti e iniziative di riduzione dei rifiuti alla fonte – diverse dalla riduzione del peso dei prodotti immessi sul mercato -, ivi inclusi, ove pertinente, i progetti e le iniziative volte a favorire l’adozione di sistemi basati sull’utilizzo di prodotti riutilizzabili in sostituzione dei prodotti monouso;
Sistemi di depositi su cauzione per i contenitori di bevande
I sistemi di deposito con cauzioneche vengono indicati tra le azioni da intraprendere nella Direttiva SUP per migliorare le capacità di intercettazione delle raccolte differenziate (Art.9[4]) sono uno strumento imprescindibile per raggiungere percentuali di intercettazione che vanno ben oltre al 90% con tutti i ben noti effetti positivi per l’ambiente, l’economia circolare, l’occupazione e le casse comunali che possono beneficiare del risparmio di risorse finanziarie importanti che vengono impiegate attualmente nella raccolta differenziata, nello svuotamento dei cestini stradali e nelle pulizie ambientali di pertinenza comunale. Non avendo ancora raggiunto il 60% di intercettazione delle bottiglie in PET ( 58,29 % ultimo dato del 2019 elaborato da varie fonti ) è alquanto improbabile che si arrivi al 77% tra 4 anni (2025) e al 90% al 2029 come prevedono gli obiettivi della Direttiva SUP. Non per nulla alla decina di paesi europei che hanno da tempo in vigore un sistema di deposito per bottiglie di plastica e lattine si aggiungeranno altri 11 paesi europei che hanno deciso di introdurre o espandere il proprio sistema nazionale nei prossimi due-tre anni. Tra questi ci sono paesi come il Portogallo, la Romania, la Grecia e la Turchia. A questo proposito va detto che per aumentare la quota di vuoto a rendere disponibile in commercio casi studio internazionali hanno dimostrato che sia indispensabile avere un sistema di deposito per i contenitori monouso già in vigore. Oltre che un contesto legislativo che imponga ai produttori e rivenditori obiettivi di prevenzione, riduzione e riuso per tutte le categorie di contenitori monouso. Ci sono paesi europei che hanno allo studio misure in tal senso. Riteniamo, anche come membri della Piattaforma multi-takeholder Reloop[5]per la promozione dell’Economia Circolare sia pertanto necessario aprire un tavolo di confronto con tutti i portatori di interesse pubblici e privati che ne saranno coinvolti. Abbiamo a disposizione una rilevante evidenza documentale tra studi di fattibilità economica e ambientale realizzati da paesi membri che sono in fase avanzata di introduzione del sistema, sia come accordi tra le parti coinvolte che come predisposizione di leggi nazionali per una prossima introduzione del sistema.
EPR e diversificazione contributiva
Assicurare che i regimi di responsabilità estesa del produttore garantiscano trasparenza e pubblicità sull’efficacia del sistema di diversificazione contributiva adottato. L’efficacia del sistema di diversificazione contributiva dovrebbe essere valutata in relazione alla sua capacità di incentivare i produttori, al momento della progettazione dei prodotti, a tenere conto in maggior misura della riciclabilità, della riutilizzabilità, della riparabilità e della presenza di sostanze pericolose.
Prevedere l’obbligatorietà dell’introduzione di sistemi di tariffazione puntualenella tariffazione dei servizi di igiene urbana a utenze domestiche e non domestiche, entro il 2023. L’obbligo potrebbe essere rinviato di un anno per le città oltre i 150 mila abitanti. Questo strumento, come da sempre per i servizi idrici ed elettrici, potrebbe spingere l’utenza a comportamenti più attenti alla sostenibilità e di conseguenza, anche di maggiore sensibilità fin dagli acquisti, prediligendo una minimizzazione degli scarti non riciclabili.
Semplificazione amministrativa nel settore riciclo
L’attuale normativa che regola le autorizzazioni per la realizzazione di impianti di trattamento rifiuti prevede iter amministrativi che mettono sullo stesso piano impianti per lo smaltimento, con impatti ambientali superiori, ad impianti per la selezione/riciclo/pressatura dei materiali da raccolta differenziata che di fatto hanno in molti casi impatti ambientali poco rilevanti. Questo comporta tempi lunghi anche per l’autorizzazione e l’avvio di piattaforme a supporto delle filiere dell’economia circolare, deficitarie soprattutto al centro-sud. Prevedere iter amministrativi semplificati per queste tipologie impiantistiche aiuterebbe sia le aziende che effettuano la raccolta che quelle che si occupano dei passaggi successivi fino al riciclo.
Una carbon tax per accelerare la conversione ecologica
L’introduzione di una carbon tax che penalizzi economicamente le produzioni ambientalmente più impattanti favorirebbe la loro progressiva conversione verso una maggiore sostenibilità e potrebbe generare un importante flusso finanziario da destinare a progetti a livello locale di riduzione della produzione di Co2.
Capitolo rifiuti, autori: Silvia Ricci, Paolo Azzurro, Ezio Orzes, Enzo Favoino, Paolo Contò, Alessio Ciacci.
MOBILITA’
Il problema
L’Italia ha il record europeo per quanto riguarda il tasso di motorizzazione, con una media di 625 auto ogni 1.000 abitanti. Milano, al momento la città più virtuosa in Italia con 52 auto ogni 100 abitanti, ha comunque il doppio delle auto rispetto alle grandi città europee come Berlino, Parigi, Amsterdam Londra, Monaco, …
Automobile che secondo una recentissima ricerca europea:
‐ è parcheggiata per il 92% del tempo ad occupare prezioso spazio pubblico;
‐ si trascorre 1/3 del tempo di guida in cerca di parcheggio;
‐ di media, i 5 posti dell’auto spostano solo 1,5 persone;
‐ il 40% dei tragitti effettuati in auto in ambito urbano è inferiore ai 3 Km, il 60% inferiore ai 5 Km.
Le conseguenze di questo uso eccessivo dell’automobile sono evidenti nell’invasione della strada come spazio pubblico(frequente presenza di sosta illegale con pochissime sanzioni), crollo della qualità della strada come spazio pubblico, percorsi pedonali sempre più stretti ed inaccessibili. Abbiamo massimizzato l’uso della strada per l’automobile a discapito degli spazi delle persone e della qualità urbana.
La soluzione
RIDUZIONE DEL PARCO AUTO E DELLA SOSTA IN STRADA
Le migliori esperienze europee in fatto di mobilità sostenibile hanno lavorato sul disincentivo dell’auto privata e sulla riduzione della sosta in strada per recuperare spazio a favore delle persone: marciapiedi più ampi, piste ciclabili, verde, sedute, spazi per il commercio locale, …
Alcuni esempi:
Prof. Greg J. Ashworth, dell’Università di Groningen: Il modo migliore per convincere la gente a non usare la macchina è ridurre i parcheggi. A Groningen (Olanda, 190mila abitanti) il 50% degli spostamenti avviene in bicicletta. A partire dagli anni 70 l’amministrazione ha realizzato un serie di progetti che hanno scoraggiato l’uso dell’auto a favore della bicicletta. Il risultato è che oggi ci sono 75mila auto e 300mila biciclette. «Le aziende devono incoraggiare i loro dipendenti a non usare la macchina e ci sono vari modi per farlo: possono mettere dei parcheggi coperti per bici, delle docce oppure degli armadietti. Alcune offrono abbonamenti al trasporto pubblico o dei bonus per chi non usa l’auto. L’ideale però è rendere difficile parcheggiare».
Amsterdam, città per eccellenza della ciclabilità in cui solo il 25% della popolazione utilizza l’auto privata, ha recentemente approvato un PUMS che prevedere di eliminare 1.500 posti auto all’anno fino al 2025. Lo spazio ricavato sarà destinato alle piste ciclabili, all’allargamento dei marciapiedi o alla messa a dimora di nuovi alberi: insomma sarà spazio restituito alla collettività e alla vivibilità della strada come spazio pubblico.
A Copenhagen, città di 1.200.00 abitanti in cui oltre il 50% della popolazione si muove regolarmente in bicicletta, il Dirigente del settore Mobilità afferma che: “non è possibile creare città per ciclisti senza fare scelte politiche forti. Serve darsi delle priorità e cioè rimuovere parcheggi in strada e ridurre la capacità stradale”
A Parigirecentemente il vicesindaco Belliard ha annunciato l’eliminazione del 50% degli stalli auto di superficie per far posto a nuovi spazi pubblici, nuove piazze, nuove aree verdi e nuove ciclabili.
Il problema
Nelle città italiane la strada è purtroppo ancora considerata assoluta proprietà dell’automobile.
Lo si vede:
‐ nel fatto che siamo l’unico paese in Europa in cui il pedone ringrazia l’automobilista quando attraversa sulle strisce pedonali, dove si misura il valore della vita e dove ancora nel 2019 sono stati investiti e uccisi 600 pedoni;
‐ nella presenza purtroppo troppo frequente di auto in divieto di sosta (in doppia fila, sulle strisce pedonali, sui marciapiedi,…) tanto che abbiamo ormai accettato socialmente tale illegalità;
‐ nelle polemiche sorte recentemente per le nuove corsie ciclabili, attuate con successo da decenni in tutta Europa ed ora finalmente realizzabili anche in Italia grazie alla nuova Normativa, perché è stato sottratto giustamente spazio alle auto e non più ai pedoni, potendo così evitare il conflitto tutto italiano tra gli utenti deboli della strada (pedoni e ciclisti).
In realtà, la strada è uno spazio urbano in cui devono convivere diverse categorie di utenti, dal pedone al ciclista, dall’automobilista al motociclista. L’effetto di questa errata convinzione è un uso della strada aggressivo soprattutto da parte degli automobilisti, con conseguenze negative sul piano della sicurezza, della qualità ambientale ed anche dal punto di vista educativo.
La soluzione
LA STRADA È DI TUTTI A PARTIRE DAL PIU’ FRAGILE
Considerare la strada urbana non solo come asse di scorrimento del traffico veicolare quanto come spazio di relazione tra una pluralità di utenti (automobilisti, pedoni, ciclisti, residenti, studenti, …) e di funzioni (concetto di living street nato in Inghilterra negli anni ‘70).
L’80% dello spazio aperto accessibile nelle nostre città, il luogo delle attività e delle relazioni sociali, è costituito dalle strade, che devono tornare ad essere un luogo sociale, il luogo di vita per eccellenza delle città, per usi decisamente più ricchi e inclusivi.
Citando Gil Penalosa: “Le strade per le persone includono le automobili. Le strade per le automobili non includono tutte le persone. Creiamo città per tutte le persone. Adesso!”
Il problema
La strage quotidiana e la violenza stradale. In Italia ogni anno per incidente stradale si verificano quasi 3.500 morti e quasi 250.000 feriti. Stiamo parlando di un morto ogni 2,5 ore e un ferito ogni 3 minuti (e di 43 bambini morti nel solo 2019). Siamo l’unico paese europeo in cui l’incidentalità urbana continua a crescere, con numeri doppi rispetto alla media europea:
‐ ITALIA 28.9 morti per milione di abitanti
‐ NORVEGIA 5.3 morti per milione di abitanti
‐ GRAN BRETAGNA 10.9 morti per milione di abitanti
‐ GERMANIA 15.7 morti per milione di abitanti
I costi sociali di tale strage sono stimati nell’ordine di 17 miliardi l’anno da ISTAT, che “incomprensibilmente” sottostima notevolmente il dato, come evidenziato molto bene da Stefano Guarnieri in un recente articolo scritto per Asaps (https://www.asaps.it/downloads/files/pag_8‐cent232.pdf) in cui evidenzia che il costo è in realtà il doppio, quasi 34 miliardi di euro, quasi il 2% del PIL italiano.
La soluzione
LA CITTA’ 30
Da uno studio condotto dai ricercatori olandesi Piet Rietveld e Vanessa Daniel emerge che il principale deterrente all’utilizzo della bicicletta e aggiungo della mobilità pedonale) è la scarsa sicurezza stradale. Il rischio di essere coinvolti in un incidente stradale è percepito al punto tale da convincere molti potenziali ciclisti a lasciare a casa la bici per utilizzare anche loro l’automobile. E sappiamo bene che il fattore determinante della gravità dell’incidente è la velocità. È per questo che la maggior parte delle nazioni e città europee stanno lavorando per avere la “città 30”, cioè limite di velocità a 30Km/h su tutte le strade urbane, in alcuni casi ad eccezione della viabilità principale. Esempi concreti sono le città di Parigi, Berlino, Bilbao, Lille, Valencia, Madrid, Amsterdam, Bruxelles, Copenhagen, etc… solo per citarne alcune.
Ma soprattutto:
‐ il Governo olandese ha recentemente (27/10/2020) votato in Parlamento una legge che prevede il limite di velocità a 30 km/h come norma per TUTTE le strade urbane in tutto il paese (utilizzando il claim: Strade per le persone, non per le auto)
‐ il Governo spagnolo ha modificato la legislazione per ridurre gli incidenti stradali introducendo il limite di 30km/h su TUTTE le strade urbane con una corsia per senso di marcia (il limite di 50Km/h rimarrà solo per le strade con 2 o più corsie per senso di marcia).
Serve al più presto anche in Italia seguire l’esempio di questi paesi, per salvare vite umane e ridurre i costi sociali che ne derivano. Ridurre la velocità in ambito urbanosignifica inoltre poter dedicare meno spazio all’automobile a favore di maggiori spazi per le persone e la qualità e vivibilità delle nostre città. Significa spazi pedonali più ampi e sicuri, spazi per la ciclabilità, per il verde urbane, per il commercio locale. Città realmente inclusive e accessibili.
Il problema
In Italia lavoriamo troppo poco con la comunicazione, fondamentale invece per raccontare e far comprendere la necessità del cambiamento. Nella città di Monaco, dove solo il 27% dei cittadini utilizza l’automobile, per ogni progetto di mobilità sostenibile investono il 25% delle risorse in comunicazione. Hanno capito che anche il più bel progetto se non viene spiegato e raccontato non viene compreso ed anzi spesso rifiutato.
La soluzione
COMUNICAZIONE
Serve al più presto un dibattito pubblico a livello nazionalesulla necessità di cambiare il modello di mobilità nelle città italiane, raccontano nel miglior modo possibili i vantaggi della mobilità sostenibile, che riguardano tutti e non solo una delle categorie del traffico.
Abbiamo gli argomenti (alcuni già evidenziati nei punti precedenti), utilizziamo insieme a professionisti di ogni settore (non solo esperti di mobilità, ma anche pediatri, psicologici, esperti di rumore, inquinamento, …).
Solo qualche esempio:
‐ raccontiamo cos’è una zona 30 (troppo spesso diamo per scontato che il semplice cittadino ne comprenda i benefici);
‐ mostriamo come l’occhio umano non sia fatto per le grandi velocità, tanto che gli spicologi del traffico europei sostengono che la velocità di 50 Km/h è incompatibile con la precedenza accordata ai pedoni;
‐ facciamo vedere come riducendo la velocità, lo spazio di frenata dei veicoli è molto più breve;
‐ raccontiamo che i pericoli del traffico frenano lo sviluppo dei bambini (uno studio danese effettuato su 19.527 studenti di età compresa tra 5 e 19 anni ha dimostrato che Chi va a scuola in autonomia, a piedi o in bicicletta, ha maggiore capacità di apprendimento e di concentrazione);
‐ raccontiamo l’efficacia della moderazione del traffico: il traffico diventa più fluido e scorrevole, il traffico di transito viene disincentivato, migliora la qualità dello spazio urbano, diminuisce notevolmente il numero e la gravità degli incidenti, vengono eliminate le barriere architettoniche, viene favorito lo sviluppo della personalità del bambino che entra in relazione e si rapporta con le auto, miglioramento ambientale: minori emissioni inquinanti (ossidi d’azoto, anidride carbonica, polveri.) e minor inquinamento acustico e non ultima la rivalutazione delle proprietà immobiliari;
‐ mostriamo come Numerose ricerche, condotte nei paesi che hanno adottato da molti anni gli indirizzi di intervento caratteristici delle tecniche di moderazione del traffico, evidenziano che la riduzione di velocità comporta benefici non soltanto per gli utenti deboli della strada, ma anche per gli stessi automobilisti. Non sono quindi misure contro gli automobilisti, bensì a favore della sicurezza e della convivenza tra tutti gli utenti della strada, per ridare qualità alla strada come spazio pubblico.
Capitolo Mobilità, autore: Matteo Dondé
ENERGIA
Il consumo energetico è una delle fonti indirette di inquinamento più rilevanti della attività dei comuni e dei loro territori. E parallelamente la spesa energetica è una delle voci di uscita più implacabilmente costanti nei bilanci delle amministrazioni locali: una voce in crescita continua, perché costantemente cresce il costo di gas e di energia elettrica.
Perciò i Comuni vanno supportatiad avviare sistematicamente una politica energetica pubblica che veda l’energia, la sua produzione e il suo risparmio (e in generale l’accesso stesso all’energia da parte dei cittadini) come uno dei beni comuni, come strumento per la diminuzione dell’inquinamento e della dipendenza energetica, sia delle comunità locali che del Paese.
Riqualificazione energetica degli immobili
I fondi attuali sono congrui. Va aumentata la possibilità di anticipo da parte del GSE, per facilitare la partenza dei progetti, e la consulenza agli enti. Va incentivata la possibilità di cessione del creditoalle aziende realizzatrici o al Comune stesso per consentire la riqualificazione dell’enorme (ed energivoro) patrimonio dell’Edilizia Residenziale Pubblica. Oggi i cittadini più fragili non hanno accesso al risparmio energetico e alle energie rinnovabili (per mancanza di capienza fiscale e di accesso al credito) proprio i cittadini che più ne avrebbero bisogno, e proprio chi meno ha più paga consumi energetici che sarebbero facilmente comprimibili.
Fotovoltaico
Potenziare lo Scambio Sul Posto Altrove, (SSP), uno scambio sul posto senza obbligo di coincidenza tra i punti di prelievo e di immissione che, consentendo l’utilizzo di reti pubbliche per gli scambi di energia in prelievo e immissione, rappresenta un’approssimazione ad una micro-rete urbana. Questo andrebbe aumentato con copertura anche dei costi di dispacciamento e soprattutto aperto ai comuni sopra i 20.000 e ai privati cittadini (magari raccolti in comunità energetiche). Infatti i comuni sopra i 20.000 abitanti rappresentano un consumo rilevante, ma non hanno disponibilità di superfici proprie. Ciò consentirebbe di sfruttare le superfici coperte (industrie, stalle) da parte delle città e dei privati cittadini.
Eolico
I Comuni dovrebbero avere la possibilità di investire e realizzare impianti eolici o fotovoltaici, vedendosi riconosciute le produzioni ad abbattimento dei propri consumi e/o di quelli dei cittadini. Tale possibilità andrebbe garantita anche alle comunità energetichee gruppi di consumo dei cittadini. Perché solo i grandi investitori privati hanno di fatto la possibilità di investire in questi impianti? Sole, aria, vento, sono beni pubblici, e gli impianti che ne traggono energia e utili dovrebbero essere anche pubblici.
Biometano e idrogeno
Questa risorsa energetica rinnovabile, assieme alla riqualificazione energetica, è potenzialmente una delle poche opportunità di produrre energia rinnovabile. Va creato un ‘conto GAS’simile al vecchio conto energia dove, sfruttando le reti di distribuzione esistenti (specie nelle regioni metanizzate e non solo), sia possibile immettere biometano in rete e vederselo riconoscere nel contatore di consumo. L’incentivo attuale, orientato soloall’autotrazione destina il biometano all’uso meno efficiente e quindi –di fatto- lo incentiva per sprecarlo. Bisogna incentivare anche il metano utilizzato nelle caldaie a condensazionee nell’industria, dove viene utilizzato con livelli di efficienza molto più alti dei motori endotermici delle auto. Anche in questo ambito i Comuni devono essere incentivati a realizzare impianti pubblici, che invece vedono ormai il protagonismo di pochi grandi player legati al mondo degli idrocarburi fossili.
Va affrontato anche il tema delle proprietà delle matrici. Gli impianti di biometano utilizzano anche FORSU, cioè una materia di qualità, prodotta dai cittadini, che i cittadini devono pagare perché sia ritirata, e che poi viene utilizzata dai gestori del servizio per realizzare impianti dove, trasformata in biometano, produce ulteriore utile. Se si vuole seriamente parlare di valorizzazione dei rifiuti e della differenziata, questo valore intrinseco va messo in comune coi cittadini che devono, come minimo, godere di un sensibile calo dei costi legati al servizio rifiuti.
Utilizzare biomasse da rifiuti in centrali per produrre energia elettrica e calore. Se non sono incentivati, anche quelli esistenti, a fine incentivo, chiuderanno lasciando il problema di gestione del verde. Ipotesi di utilizzare il Combustibile Solito Secondario derivante da rifiuti in sostituzione del carbone nelle centrali.
Bond ambientali e fondi rotativi
L’abbattimento delle spese correnti per gli interventi di efficientamento non richiedono enormi interventi finanziari: potrebbe essere utile l’accesso a un credito specifico a fondi rotativi, con strutture in grado di supportare e valutare i progetti, che consentano ai Comuni di valutare i progetti e ripagarli con la diminuzione delle spese correnti. Potrebbero essere coperti da BOND specifici, “Titoli di Stato per la riqualificazione energetica”. Oggi grandi gruppi privati si accaparrano anche le capacità di risparmio dei Comuni (nell’illuminazione, nel termico) trasformando questi progetti in un consolidamento delle spese correnti dei comuni e in un profitto solo privato sui risparmi generati.
Capitolo energia, autore: Maurizio Olivieri
I CAM PER I COMUNI VIRTUOSI
L’associazione nazionale Comuni Virtuosi – con il supporto di Punto 3 Srl – ha deciso di avviare una rendicontazione puntuale dell’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM).
L’indagine – che si è conclusa a luglio 2018 – ha riguardato le procedure di approvvigionamento di 40 Comuni (sul totale dei 102 comuni soci in quell’anno) rappresentativi di tutte le tipologie di soci della rete. Le informazioni richieste, riferite all’anno 2017, hanno riguardato il numero totale di bandi emanati ed il loro importo, relativamente agli approvvigionamenti pubblici di lavori, servizi e forniture normati dai CAM.
Dall’indagine è emersa una notevole difficoltà di applicazione dei Criteri Ambientali Minimi: il 55% degli approvvigionamenti realizzati nell’anno di riferimento non ha previsto l’applicazione di nessun CAM.
La difficoltà di applicazione dei CAM deriva principalmente dalla mancanza di conoscenza tecnica e normativa da parte del personale adibito alla gestione delle procedure di approvvigionamento e del personale tecnico chiamato a redigere i capitolati.
Sulla base dell’esperienza maturata nel settore del GPP si elencano una serie di proposte di azioni che potrebbero facilitare l’applicazione dei CAM:
Rendere più capillare la formazione specialistica sul GPP realizzata del Ministero dell’Ambiente nell’ambito del progetto CReIAMO PA coinvolgendo direttamente nell’organizzazione dei corsi oltre le Regioni anche le Provincie, le Unioni di Comuni e le associazioni/reti di Enti locali: ciò permetterebbe di raggiungere più facilmente soprattutto i piccoli Comuni;
Rendere più celere l’iter di aggiornamento del Piano d’Azione nazionale sul GPP e dei CAM esistenti, soprattutto di quelli che sono stati approvati prima dell’entrata in vigore dell’attuale Codice dei Contratti (19 aprile 2016). Ad esempio l’aggiornamento dei CAM relativi all’affidamento del servizio di pulizia (che sono stati approvati nel 2012) ha visto nel 2019 la costituzione di un gruppo di lavoro tecnico (composto da rappresentanti ed esperti della Pubblica Amministrazione, delle centrali di committenza, di enti di ricerca, di università, nonché dei referenti delle associazioni di categoria degli operatori economici del settore del cleaning professionale) che ha terminato le proprie attività nel mese di luglio. Ad oggi l’aggiornamento di questi CAM non è stato ancora formalizzato mediante la promulgazione di un apposito Decreto Ministeriale;
Rendere attuativo il protocollo d’intesa tra Ministero dell’Ambiente e ANAC sul monitoraggio dei CAM e del GPP a livello nazionale. Non sono noti a livello nazionale i dati relativi al grado di applicazione dei CAM da parte delle stazioni appaltanti.
Capitolo CAM, autore: Paolo Fabbri (Punto 3 srl)
FINANZA E RISORSE
La situazione finanziaria dei Comuni, a seguito dell’avvio della riforma contabile di cui al D.Lgs. 118/2011 negli Enti locali, è progressivamente peggiorata, com’è dimostrato dal numero sempre crescente dei Comuni che sono in piano di riequilibrio o lo stanno attivando e dei Comuni in dissesto. Una delle cause principali è costituita dall’istituto “Fondo crediti di dubbia esigibilità” (FCDE).
Quanto sopra anche nella contezza che la generalità dei Comuni non ha più margini significativi di ridimensionamento della spesa, non presentando più spese discrezionali, se non in misura irrisoria.
Le criticità che si registrano, generalmente, sono collegate, in primo luogo, alla difficoltà di riscossione, come di seguito sintetizzato per due principali risorse di bilancio.
Servizio idrico– di norma, la lettura delle bollette viene effettuata verso la fine dell’anno e, seppure inviate tempestivamente agli utenti, le stesse restano, in gran parte, non riscosse nell’esercizio. La bollettazione di acconti in corso d’anno, spesso risulta difficile per carenza di risorse e per i maggiori costi, stante anche le basse previsioni di incasso. In conclusione, buona parte dell’entrata accertata viene riportata a credito non riscosso, con incremento significativo del FCDE, senza nessuna analisi di contesto.
TARI– le bollette sono inviate nei primi mesi dell’anno, ma anche in questo caso il credito non riscosso è di ammontare significativo e va ad incrementare il FCDE, senza nessuna analisi di contesto.
Supponendo che nei Comuni (anche se i numeri sono diversi da Comune a Comune) nell’anno di competenza si arrivi ad incassare il 20% del servizio idrico anche a seguito di acconto inviato agli utenti, mentre per la TARI si arrivi al 50%, mentre alla fine del 3° anno le due entrate si attestano, senza nessuna azione di recupero, a circa il 75%, appare chiaro che la consistenza dei crediti è data da semplice ritardo nel pagamento per difficoltà economiche dei cittadini e non già da dubbia esigibilità.
In merito alle due casistiche sopra evidenziate, l’accantonamento al FCDE è pari al 100% in rapporto al non incassato negli ultimi cinque anni, mentre potrebbe non essere necessario un accantonamento tanto pesante e ingiusto, in quanto non si tratta di crediti di dubbia esigibilità, bensì di crediti che saranno incassati, in gran parte, nell’esercizio successivo o, al massimo, per una modesta differenza, nel corso del secondo esercizio successivo. Soltanto dal terzo anno, potrà realmente attestarsi la dubbia esigibilità dei crediti non ancora riscossi.
Sarebbe, quindi, opportuno e più aderente al significato di “dubbia esigibilità” l’accantonamento rapportato alle somme riportate a residuo fino al 3° esercizio antecedente, ossia sui crediti per i quali si rende veramente necessaria una riscossione coattiva.
Costituiscono ulteriore problematica, ed è tra le motivazioni per le quali sono in aumento i disavanzi di gestione, i maggiori costi del servizio idrico derivanti da consumi energetici elevati ed, in generale, il costo dell’energia elettrica.
A causa della carenza di liquidità, infatti, i Comuni non riescono ad essere puntuali nel pagamento delle bollette relative ai consumi di energia elettrica (per tutti i consumi, non solo per quelli relativi al servizio idrico che, comunque, può rappresentare le quota più elevata). Anche se si provvede al pagamento solo dopo poco tempo dalla scadenza, i Comuni morosi passano in regime di salvaguardia, con un incremento dei costi che raggiunge il 40% e, persistendo i ritardi senza il totale pagamento di tutte le bollette in salvaguardia, non possono accedere al mercato libero che comporterebbe una riduzione dei costi.
Non dimentichiamo che, sia l’illuminazione pubblica che il Servizio acquedotto che utilizza l’energia elettrica, sono servizi indispensabili.
L’accesso al mercato libero, sia utilizzando i sistemi telematici di negoziazione messi a disposizione da Consip o dalle centrali di committenza regionali che l’approvvigionamento attraverso le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione da Consip e dalle centrali di committenza regionali (art. 1, comma 7, legge 7 agosto 2012, n. 135), viene, infatti, di fatto, impedito per il rifiuto del fornitore di partecipare alla gara indetta da un Comune in regime di salvaguardia, nel primo caso, e dalla facoltà di rifiutare gli ordinativi di fornitura da parte di un fornitore Consip, nel secondo caso.
Per i motivi sopra esposti, chiediamo di prendere in esame e in considerazioni le seguenti proposte:
In relazione alla necessità di ridurre gli effetti dell’accantonamento al FCDE sui bilanci, liberando risorse per i servizi essenziali, e sui rendiconti, contenendo gli effetti negativi sul risultato di amministrazione, oltre che utile a rendere l’accantonamento medesimo più coerente con la reale consistenza dei crediti di dubbia esigibilità, di modificare il principio contabile 4/2 allegato al D.Lgs. 118/2011 (punto 3.3. e esempio n. 5) che prevede la determinazione della posta contabile dell’accantonamento in base alla natura e all’andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti, disponendo che il calcolo vada operato in base alla natura e all’andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti il penultimo rendiconto approvato o i cui termini di approvazione sono scaduti.
In relazione ai costi dell’energia elettrica per i Comuniin regime di salvaguardia, i cui oneri producono il maturare di posizioni debitorie sempre più insostenibili, che si autoalimentano e che aggravano sempre più le finalizzati difficoltà finanziarie e di cassa:
interventi volti ad abbattere i fattori che aggravano i costi della fornitura;
inderogabilità per i fornitori Consip di accettazione degli ordinativi di fornitura da parte dei Comuni nei confronti dei quali sono vantati crediti derivanti da precedenti rapporti contrattuali o da Comuni in regime di salvaguardia.
DAI TERRITORI
Problematica Eolico Selvaggio in Basilicata – Vietri di Potenza (PZ)
La regione Basilicata è stata paradossalmente martoriata da quelli che avrebbero dovuto essere degli strumenti per la produzione di energia pulita, e che rischiano di compromettere ogni altro tipo di sviluppo virtuoso legato per esempio alla fruibilità turistica di un territorio ancora incontaminato. Il tema, chiaramente, non è legato a questioni ideologiche bensì a delle circostanze attinenti evidentemente alla loro “sostenibilità”.
Le rinnovabili rappresentano sicuramente la strategia vincente per ridurre l’inquinamento ma, come ogni tipo di installazione, se non è inserita correttamente nel contesto territoriale rischia di comprometterne la sostenibilità ambientale.
L’eolico selvaggio in Basilicata è certamente frutto di una legislazione superficiale perpetratasi negli anni. I comuni del territorio stanno lottando con ogni mezzo per provare a difendere il paesaggio da eventuali installazioni non sostenibili.
La definizione del Piano paesaggistico regionale richiederà però ancora del tempo e si ritiene pertanto che, in attesa di tali definizioni normative, sarebbe utile una moratoria o sospensione di ogni richiesta di nuove progettualitàcon un intervento ad hoc da parte del Ministero o del Governo.
Problematica cave dismesse e/o abbandonate
Si propone l’istituzione di contributi specifici per i comuni che decidono di recuperare le caveanche con progetti tradizionali o innovativi.
Quello legato alle attività estrattive è un dibattito non più rimandabile in quanto coinvolge tutto il territorio nazionale (1.680 comuni hanno almeno una cava dismessa o abbandonata. Fonte: Rapporto cave 2017 – Legambiente). Anche in questo caso si tratta di ferite che penalizzano l’appeal dal punto di vista turistico del nostro Belpaese.
Christian Giordano, sindaco di Vietri di Potenza (PZ)
UNA FRANA NEL PARMENSE – Collecchio (PR)
L’11 giugno del 2011 un violentissimo nubifragio si è abbattuto in pochissimo tempo in tutto il parmense. La zona maggiormente colpita è compresa fra i comuni di Collecchio, Fornovo e Sala Baganza. I danni più rilevanti riscontrati nel collecchiese sono legati al deflusso delle acque piovane nella zona collinare tra Ozzano e Gaiano (frazioni di Collecchio). Da allora l’Amministrazione Comunale ha presentato numerose istanze elaborando un progetto per intervenire sui suddetti versanti e metterli in sicurezza. Gli interventi prevedono un impegno di spesa di circa 2 milioni e 300.000 euro, che possono essere attuati anche per stralci. Ci stiamo adoperando per ricevere i finanziamenti necessari, ma il tempo passa e la possibilità che l’alluvione possa ripetersi è reale e spaventa i cittadini del territorio. Abbiamo inoltrato al Ministero dell’Interno il progetto per un primo stralcio di lavori e siamo in attesa di risposta. Chiedo a Lei, Signor Ministro, quali altri percorsi posso seguire per ottenere finanziamenti per questo indispensabile lavoro.
Maristella Galli, sindaca di Collecchio (PR)
COMUNI VIRTUOSI DELL’ALTA MARMILLA – Baradili, Villa Verde (OR)
In premessa va detto che molti comuni in Sardegna sono proprietari e gestiscono importanti patrimoni forestali, soprattutto quelli montani o parzialmente montani come ad esempio Villa Verde, alcuni di questi però non avendo il proprio territorio comunale ricompreso all’interno dei cantieri forestali dell’Agenzia Forestas della Regione Sardegna (5.000 dipendenti), si ritrovano a gestire e mantenere il proprio patrimonio forestale praticamente da soli, utilizzando quasi sempre fondi di bilancio propri o qualche raro finanziamento del Piano di Sviluppo Rurale. Esistono poi dei finanziamenti regionali con cadenza annuale denominati Cantieri Verdi che però paradossalmente sono riservati ai comuni nel cui territorio opera già l’agenzia Forestas (in realtà nati per compensare il mancato turn over degli operai forestali andati in pensione in quei comuni).
Questo affatica finanziariamente i nostri comuni, che non ostante tutto non demordono per impegno e creatività, abbiamo addirittura partecipato ad un bando promosso da una Onlus, la Mediafrieds, con un progetto di riqualificazione forestale ed educazione ambientale che è risultato vincitore della gara, consentendoci di realizzare un meraviglioso intervento di valorizzazione forestazione e ambientale nel Monte Arci.
Credo che queste realtà meritino un’attenzione particolare, perché dimostrano di essere capaci di far fronte alla valorizzazione delle proprie risorse ambientali con idee e progetti, ma spesso mancano le risorse finanziarie, specialmente se si ragiona in un arco temporale di medio termine. Sarebbe utile poter attingere o partecipare a bandi dedicati specificatamente a queste realtà, con un disponibilità di risorse distribuite in un arco temporale di almeno tre anni, tempo minimo necessario per dare vita e realizzare progetti di sviluppo, manutenzione e valorizzazione ambientale utili a tutta la collettività.
Un altro aspetto che merita attenzione, ritenendo possa anche essere preso a modello, è il servizio di manutenzione ambientale e protezione civile attuato dall’Unione dei Comuni dell’Alta Marmilla, dove 19 comuni assieme gestiscono un servizio che si occupa della manutenzione di siepi, cunette e fasce verdi di tutte le strade rurali del territorio, oltre alla manutenzione delle fasce parafuoco presenti nei comuni montani. Anche in questo caso, tutto viene svolto utilizzando quasi esclusivamente i fondi dei propri bilanci. Forse si potrebbe pensare alla creazione di bandi dove vi sia una premialità per chi gestisce tali servizi in forma associata. La nostra Unione dei Comuni sta inoltre predisponendo un piano di Protezione Civile intercomunale che metterà assieme e armonizzerà i singoli piani di Protezione Civile comunali permettendoci di gestire al meglio tutte le emergenze.
Lino Zedda, sindaco di Baradili (OR) e Sandro Marchi, sindaco di Villa Verde (OR)
[1]Greenpeace, Zero Waste Italy, WWF, Legambiente e Kyoto Club
[2]product as a service – prodotto come servizio: la soluzione per cui un’azienda non vende il prodotto, ma vende il servizio corrispondente, garantendo il ritiro del bene a fine uso, e dunque il suo ricondizionamento (riparazione, sanitizzazione, o qualunque azione serva a ripristinarne la funzionalità) prima della re immissione all’impiego
[3]https://comunivirtuosi.org/mercati-circolari-serve-volonta-politica/
[4]Art.9raccolta differenziata …..(A tal fine gli Stati membri possono tra l’altro:
a) istituire sistemi di cauzione-rimborso;
b) stabilire obiettivi di raccolta differenziata per i pertinenti regimi di responsabilità estesa del produttore….)
[5]https://www.reloopplatform.org/