Sogno una scuola senza orologi
Sogno una mensa dove i bambini non debbano consumare un pasto “rigenerato”, cucinato a chilometri di distanza con materie anonime e scialbe.
Sogno ambienti certamente puliti e in ordine, ma anche belli, dove chi mangia possa sentirsi a proprio agio, vivendo un momento che non va inteso come l’intervallo nel film della scuola, ma un pezzo di quella formazione e crescita personale.
Sogno una mensa senza orologi, perché anche un piatto biologico se servito in fretta è un pasto errato.
Sogno una mensa a impatto zero: stoviglie lavabili, acqua del sindaco, zero imballaggi, e zero sprechi (che il cibo che avanza diventi a oltranza, per associazioni, servizi sociali, chiunque sia alla ricerca di un pasto caldo, e giusto).
Sogno una scuola dove la cuoca è maestra, di cibo e di vita, in questi tempi in cui il cibo per la vita è solo un passaggio veloce, un ingombro. Un atto dovuto.
Sogno una cucina per ogni mensa, in ogni scuola. E un orto fuori da ogni edificio. E una grande coalizione di comunità, che consenta una trasfusione quotidiana dai campi locali ai banchi, un’alleanza tra bimbi e agricoltori.
Sogno una scuola senza merendine, bibite e zuccheri, dove la frutta possa girare per bande, a piede libero.
Sogno una mensa partecipata, dove genitori e alunni e insegnanti possano giocare una partita nuova, alla luce del sole.
Sogno una scuola che si riprenda un servizio appaltato via via negli anni per fare economia, scoprendo alla fine di aver speso di più, per avere meno. Un’alzata di pentole e posate per riportare a casa una cosa essenziale.
Sogno una scuola che si prenda carico di chi non può pagarsi il pranzo, che ci sia pranzo per tutti.
Ora mi sveglio, e faccio due conti. E ho come l’impressione che una mensa così alla fine costi meno di un servizio affidato ai soliti noti.
Serve un sindaco che faccia da cavia, vogliamo scommettere?
Marco Boschini – Associazione Comuni Virtuosi