“I filtri delle sigarette inquinano. Eliminiamoli!”. L’appello al governo olandese

In Olanda una campagna di ong, aziende e cittadini propone che i produttori coprano i costi della rimozione delle cicche, e che si torni alle sigarette senza filtro. Anche altri Paesi riflettono su soluzioni che vadano oltre le campagne di sensibilizzazione. In Italia nasce il primo schema di responsabilità estesa del produttore

Silvia Ricci pubblicato su EconomiaCircolare.com

Sabato 2 luglio in Olanda la campagna Plastic PeukMeuk ha organizzato la quarta edizione di un’operazione di raccolta di mozziconi di sigaretta lasciati in giro da fumatori incivili. Per la prima volta quest’anno la giornata di mobilitazione civica ha coinvolto anche i cittadini in altri 10 Paesi europei.

La campagna è coordinata dalla Plastic Peuken Collectief (Collettivo Cicche in plastica), che riunisce diverse organizzazioni ambientaliste, aziende e cittadini motivati a contrastare questo specifico tipo di inquinamento che non risparmia alcun luogo frequentato dall’uomo: strade, fioriere cittadine, spiagge, prati.

Una forma di inquinamento che colpisce in particolare Paesi densamente popolati come l’Olanda, dove nel 2021 sono stati venduti quasi 10 miliardi di sigarette. Si stima che due terzi dei filtri di queste sigarette finiscano buttati a terra, con la conseguenza che le particelle di cui sono composti – acetato di cellulosa, un tipo di plastica che non si biodegrada – persistono per anni nell’ambiente.

Le richieste al governo olandese

Gli organizzatori della campagna chiedono al governo che sia l’industria del tabacco a farsi carico dei costi sostenuti per la rimozione di questi rifiuti, ma c’è di più. Secondo gli attivisti olandesi serve anche un’azione di prevenzione più drastica: l’eliminazione del filtro dalle sigarette, in modo che non restino rifiuti plastici dopo l’uso. Questo anche perché fin qui i tentativi dell’industria del tabacco di mettere a punto e utilizzare filtri che non contenessero plastica non hanno portato a risultati di rilievo. Questa richiesta è stata fatta propria dai parlamentari di GroenLinks (Sinistra Verde) con una mozione approvata lo scorso 8 febbraio dal Parlamento, che chiedeva alla Segretaria di Stato per le Infrastrutture e la Gestione delle Acque, Vivianne Heijnen, di lavorare a un obiettivo di riduzione del 70% dei mozziconi di sigaretta nell’ambiente entro il 2026 rispetto ai dati del 2022. A marzo, la Segretaria di Stato ha annunciato quindi l’avvio di uno studio che comprende sia la fattibilità di tale obiettivo di riduzione che la praticabilità giuridica e tecnica di un eventuale divieto di usare filtri.

Lo studio affidato al Rijkswaterstaat, il dipartimento del Ministero delle infrastrutture e della gestione delle risorse idriche, dovrà anche occuparsi – come richiesto nella mozione approvata dal Parlamento – di monitorare i volumi dei mozziconi abbandonati e i costi per la pulizia richiesti dalla gestione di questo flusso di rifiuti. I risultati saranno resi noti entro la fine di quest’anno dalla stessa Heijnen e dal collega Segretario di Stato alla Salute pubblica e sport, Maarten van Ooijen.

Quanto inquinano i filtri di sigaretta…

Il fenomeno delle cicche abbandonate è anche legato alla scarsa consapevolezza dei consumatori: gran parte dei fumatori e dell’opinione pubblica, infatti, ignora che i filtri di sigaretta sono costituiti quasi interamente da acetato di cellulosa e che solamente il rivestimento esterno in carta è biodegradabile. Una volta gettati nell’ambiente contribuiscono in modo significativo all’inquinamento da plastica e anche all’inquinamento di suoli ed acque, a causa delle sostanze tossiche e nocive derivate dalla combustione del tabacco che lì si concentrano. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità arrivano a circa 7.000 le sostanze chimiche tossiche concentrate nei filtri. Eppure questi rifiuti occupano il secondo posto nella classifica europea di quelli che si ritrovano maggiormente dispersi nell’ambiente, mentre secondo Ocean Conservancy sono al primo posto tra le tipologie di rifiuti presenti nei mari. Si tratta oltretutto di rifiuti difficili da rimuovere, che comportano costi di pulizia più elevati per i Comuni e che deturpano il decoro cittadino attirando altri rifiuti.

…E quanto mettono a rischio la salute umana

“Ogni giorno nei Paesi Bassi finisce per strada un camion pieno di mozziconi di sigarette” spiega Karl Beerenfenger, responsabile della campagna Plastic PeukMeuk. “Anche se il 90% dei fumatori getta correttamente le cicche, ogni anno centinaia di milioni di filtri di plastica finiscono per strada e nell’ambiente. L’industria del tabacco tende ad addossare la responsabilità al fumatore stesso. Ma la consapevolezza da sola non porrà mai fine all’inquinamento”.

Nel 2018 l’Europarlamento aveva previsto l’ipotesi di obbligare i produttori a ridurre la plastica contenuta nei filtri (del 50% entro il 2025 e dell’80 entro il 2030) ma poi l’obbligo non è mai stato votato. Beerenfenger e gli altri attivisti della campagna sono consapevoli che per ottenere addirittura il divieto di usare un prodotto – in questo caso il filtro di sigaretta – nell’ambito dell’Unione europea bisogna motivarlo con solide ragioni, ad esempio dimostrando le conseguenze sulla salute o sull’ambiente. “In questo caso, ci sono molte giustificazioni su entrambi i fronti – riprende –. Il filtro delle sigarette è la più grande forma di inquinamento da plastica e non offre alcun beneficio per la salute rispetto al fumo senza filtro. Questo è stato scientificamente provato, anche se l’industria del tabacco vorrebbe ancora farci credere il contrario. Il filtro offre solo un falso senso di sicurezza ed è solo uno strumento di marketing per vendere più sigarette”.

Le tesi di Beerenfenger trovano riscontro in diversi studi, tra cui un articolo del 2009 pubblicato sulla National library of Medicine, la più grande biblioteca medica del mondo: “I filtri hanno ridotto il passaggio di catrame e nicotina misurato dalle macchine sulle sigarette accese, ma c’è controversia sul fatto che ciò abbia ridotto di conseguenza il carico di malattie del fumo per la popolazione” si legge peraltro nell’abstract. A parte i 600 milioni di alberi abbattuti per produrre le sigarette o gli 84 milioni di tonnellate di CO2 emesse, Karl Beerenfenger si sofferma sulle conseguenze dannose dei filtri dispersi nell’ambiente, spiegando che “diversi studi hanno evidenziato effetti tossici per i pesci e di ostacolo alla crescita di alcuni tipi di vegetazione“.

Le campagne di pulizia da sole non bastano

All’inizio di giugno GoClean, fondazione che si pone l’obiettivo di usare i dati per rendere i Paesi Bassi liberi dai rifiuti, ha pubblicato i risultati di un monitoraggio su scala nazionale. La direttrice, Marloes Heebing, non ha dubbi: “Non c’è modo di ripulire questo inquinamento, e anche la sensibilizzazione difficilmente aiuterà a contrastare i diversi miliardi di mozziconi di sigarette presenti nei nostri ecosistemi. Per raggiungere un obiettivo di riduzione del 70%, il filtro della sigaretta deve essere rimosso”.

Così come avvenuto nel 2021, anche quest’anno i partecipanti all’iniziativa hanno registrato le quantità di mozziconi di sigaretta raccolti tramite l’app Litterati, dopo di che GoClean compilerà un rapporto che sarà reso noto entro la fine di luglio. Nelle tre edizioni passate sono stati raccolti rispettivamente 51.000, 142.000 e 560.000 filtri di sigarette. Durante il Beach Cleanup Tour, organizzato invece dalla Fondazione Mare del Nord la scorsa estate, invece, sono stati raccolti sulle spiagge 57.772 filtri di sigarette in quindici giorni. Proprio questi dati, spiegano gli attivisti, dimostrano che non è con le campagne di pulizia che si può risolvere il problema. E di questo sono consapevoli anche le istituzioni comunitarie.

La nuova responsabilità estesa del produttore

A partire dal 1° gennaio 2023 le aziende produttrici di tabacco negli Stati membri dell’UE dovranno pagare i costi di raccolta e smaltimento dei mozziconi. Lo stabilisce l’articolo 8 sulla Responsabilità Estesa del Produttore della Direttiva europea sulle plastiche monouso (SUP, Single Use Plastic), entrata in vigore l’estate scorsa per ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente. Gli effetti dovranno essere valutati nel 2026. Tra le misure di contrasto, la SUP stabilisce l’istituzione di schemi di responsabilità estesa del produttore proprio per i prodotti del tabacco con filtro e i filtri commercializzati per essere utilizzati in combinazione con i prodotti da tabacco. I produttori, dunque, “dovranno sostenere sia i costi delle misure di sensibilizzazione previste dalla direttiva sia i costi di rimozione dei rifiuti di tali prodotti dispersi e il successivo trasporto e trattamento”.

Lo studio di GoClean in via di pubblicazione potrà darci un’idea di quali potrebbero essere tali costi in Olanda. “In previsione di un divieto, abbiamo chiesto al governo olandese di monitorare attentamente il numero di mozziconi di sigaretta abbandonati e di stabilire costi di smaltimento realistici – spiega Rob Buurman, direttore dell’organizzazione ambientalista Recycling Netwerk Benelux –. In questo modo, il governo può motivare i produttori di tabacco a evitare che i mozziconi finiscano nell’ambiente”.

Paesi alla ricerca di soluzioni

Ma l’Olanda non è l’unico Paese dove si fa strada l’ipotesi di vietare l’utilizzo dei filtri. Progetti di legge che vanno nella stessa direzione sono stati presentati nello stato della California e di New York, mentre una norma all’interno della legge Ley de Residuos y Suelos Contaminados, recentemente approvata in Spagna, offre una base legale nazionale che permetterà a tutte le municipalità costiere di proibire e sanzionare il fumo in spiaggia.

Il Dipartimento per l’Azione per il Clima, l’Alimentazione e l’Agenda Rurale del governo catalano sta valutando se la prossima legge catalana sui rifiuti possa includere una tassa di 20 centesimi per sigaretta pagata al momento dell’acquisto, tassa che il fumatore potrebbe recuperare quando restituisce i mozziconi presso appositi punti di raccolta, magari collocati anche presso gli stessi tabaccai. La tassa andrebbe ad aumentare di 4 euro il costo per un pacchetto da 20 sigarette e questo evidentemente crea forti resistenze. Ad ogni modo la misura, ancora in fase embrionale, potrebbe essere ricompresa nella futura legge catalana sui rifiuti, che il governo dovrebbe approvare nel primo trimestre del 2023. “L’obiettivo è evitare che il 70% dei mozziconi di sigaretta prodotti in Catalogna finisca per terra o in mare”, ha dichiarato in un’intervista a El Periódico, Isaac Peraire, direttore dell’Agenzia catalana dei rifiuti. Uno studio dell’organizzazione Rezero ha calcolato che la rimozione dei mozziconi di sigaretta da parte delle autorità pubbliche in Catalogna e la loro successiva gestione costi tra i 12 e i 21 euro all’anno per abitante.

Lo scorso febbraio diversi media hanno riportato il caso della cittadina svedese di Södertälje e del suo progetto pilota dei corvi spazzini addestrati nella raccolta delle cicche. Secondo i dati dell’organizzazione Keep Sweden Tidy ogni anno vengono abbandonati nelle strade cittadine in Svezia oltre 1 miliardo di mozziconi di sigaretta. Il Comune di Södertälje (circa 72 mila abitanti), che spende annualmente circa 20 milioni di corone (quasi 2 milioni di euro) per i rifiuti, ha stimato che il costo di rimozione per un solo mozzicone va dalle circa 80 öre (8 centesimi di euro) alle 2 corone (20 centesimi).

A che punto siamo in Italia

Parlando dell’Italia, va detto che la situazione è in linea con quella di altri Paesi europei in quanto a stime sulla percentuale dei mozziconi buttati a terra rapportato al numero di fumatori e sigarette vendute. Dati diffusi da un’iniziativa di Marevivo lo scorso anno dicono che più di metà delle sigarette sono fumate fuori casa e che solo il 30% dei mozziconi viene smaltito nei cestini, mentre il restante 70% finisce nell’ambiente: circa 14 miliardi di mozziconi ogni anno.

Altri dati del settore ipotizzano numeri ben più alti, sempre se consideriamo una dispersione del 65-70% su oltre 71 miliardi di mozziconi che vengono prodotti su base annua. A 71 miliardi si arriva calcolando che i 14 milioni di fumatori in Italia consumino mediamente 14 sigarette al giorno.

Le iniziative di sensibilizzazione che hanno regalato negli anni migliaia di porta-mozziconi tascabili hanno probabilmente alleviato il fenomeno dell’abbandono a livello locale ma, da quello che si ha modo di vedere un po’ ovunque, non si riscontrano effetti positivi sul lungo termine.

Neanche la legge introdotta nel 2016 (221/2015 nel cosiddetto “Collegato Ambientale”) che prevedeva una sanzione amministrative da 30 a 150 euro per l’abbandono di rifiuti di piccole dimensioni – e fino a 300 euro per i mozziconi – ha sortito grandi effetti: nonostante stabilisse una ripartizione dei proventi delle sanzioni al 50% fra il ministero dell’Ambiente e i Comuni la norma è praticamente inapplicata.

Sul fronte della sensibilizzazione si registrano alcune campagne delle case produttrici, anche in supporto ad associazioni ambientaliste, mentre il mese scorso è nato nel nostro Paese il primo sistema di responsabilità estesa del produttore, Erion Care, che con il sostegno delle imprese del settore, oltre a svolgere attività di comunicazione e sensibilizzazione contribuirà a coprire i costi che gli enti locali sostengono per raccogliere e smaltire i mozziconi.

L’accettabilità sociale di un gesto dalle conseguenze pesanti

A favorire il fenomeno delle cicche disperse nell’ambiente è sicuramente la tolleranza sociale altissima nei confronti di chi non utilizza gli appositi contenitori. Film e serie televisive, poi, assecondano l’idea per cui gettare i mozziconi a terra è un peccato veniale se non un gesto del tutto innocuo, al punto che nei film a gettare la cicca a terra sono sia i personaggi buoni che quelli cattivi.

La serie Netflix spagnola Oscuro Deseo 2 termina con un gesto tra il liberatorio e propiziatorio con la protagonista che, dopo una profonda aspirazione, butta la cicca a terra e la schiaccia con lo stivaletto con soddisfazione, andando incontro “ad una nuova vita.”

Lavorare ad un cambio di immaginario attorno alla sigaretta e al gesto di buttarla in terra è un compito che spetta alla politica e al sistema educativo in primis, ma che dovrebbe coinvolgere in prima persona esponenti del mondo dello spettacolo. L’industria del tabacco con l’avvio dello schema di EPR già designato in Italia ha sicuramente un interesse economico a mitigare questo fenomeno, oltre che l’obbligo morale di contribuire a mettere un punto a questa gravissima fonte di inquinamento.

“Recuperare bottiglie e lattine con il Deposito Cauzionale aiuta l’economia e l’ambiente”

I dati emersi dal primo convegno organizzato a Roma lo scorso 7 giugno dalla campagna “A Buon Rendere – Molto più di un vuoto”

In questi giorni molti Paesi, inclusa l’Italia, fanno i conti con una drammatica carenza di materie prime e perfino di bottiglie di vetro per birra e altre bevande. Dall’altra parte abbiamo, solo nel nostro Paese 7 miliardi di contenitori per bevande che ogni anno sfuggono al riciclo. Un paradosso che con un efficiente sistema di deposito su cauzione si potrebbe trasformare in un’opportunità economica e al tempo stesso in un grande passo avanti nella tutela dell’ambiente. Ecco perché chiediamo che il ministero della Transizione ecologica emani il decreto attuativo della norma che introduce questo sistema anche nel nostro Paese. L’83% dei cittadini italiani sono favorevoli a questa soluzione, come risulta da un sondaggio che abbiamo commissionato recentemente”. Così Enzo Favoino, responsabile scientifico della campagna “A Buon Rendere – Molto più di un vuoto” esprime in sintesi il senso del primo convegno nazionale dedicato al sistema di Deposito su Cauzione per imballaggi monouso per bevande, organizzato lo scorso 7 giugno a Roma proprio dalle realtà che animano la campagna, un vasto fronte di Ong coordinato dall’associazione Comuni Virtuosi.

Dal convegno, intitolato “Allineare l’Italia alle esperienze europee per massimizzare la circolarità delle risorse”, è emerso come in Europa ci siano già 13 Paesi coperti da un Sistema Cauzionale (in inglese DRS, Deposit Return System), di cui tre – Slovacchia, Lettonia, e Malta – saranno operativi entro l’anno. Altri 10 Paesi hanno definito il quadro normativo e/o predisposto una data di entrata in vigore del sistema entro i prossimi 3 anni.

Moderati da Raffaele Lupoli, direttore editoriale di EconomiaCircolare.com, relatori nazionali e internazionali si sono alternati a fornire il quadro delle direttive europee che puntano ad una maggiore circolarità nell’uso delle risorse, e delle specificità dei DRS di maggiore successo adottati in altri Paesi europei. “Il convegno ha registrato la partecipazione attiva dei diversi portatori di interesse che giocano un ruolo nell’implementazione di un DRS” spiega Silvia Ricci, coordinatrice della Campagna. “Si tratta di soggetti che nel nostro Paese raramente dialogano tra loro. Eppure, a vedere i casi studio degli altri paesi la condivisione di informazioni e dati, così come il confronto tra le diverse visioni e posizioni, rappresentano una prima imprescindibile fase del percorso partecipativo necessario a mettere a punto un Sistema Cauzionale efficace”.

Il convegno ha rappresentato anche l’occasione per analizzare il contesto normativo europeo in cui si colloca l’adozione di un DRS. “La nuova direttiva quadro prevede che la responsabilità estesa del produttore vada a coprire i costi integrali di gestione a fine vita degli imballaggi” chiarisce Enzo Favoino. “Questo deve includere anche la rimozione del cosiddetto littering, cioè la dispersione di materiali negli spazi pubblici, un costo elevato finora posto a carico delle pubbliche amministrazioni, quindi della comunità. Questo costo adesso deve essere posto in carico ai produttori degli imballaggi, secondo il meccanismo della responsabilità estesa del produttore, e ci sono ampie evidenze che il modo per fare questo nella maniera più efficace, al minor costo possibile, è proprio l’introduzione un Deposito Cauzionale”.

Duccio Bianchi, fondatore dell’istituto Ambiente Italia, ha evidenziato nella sua relazione che anche il settore degli imballaggi deve contribuire al raggiungimento della neutralità climatica, obbiettivo giuridicamente vincolante per la UE. Soprattutto se si considera che l’estrazione e la produzione di materia e prodotti sono fattori chiave che pesano per oltre il 50% della CO2eq emessa su scala globale e che il consumo di imballaggi continua a crescere (+11% EU27, +8% Italia) e in particolare degli imballaggi plastici (+17% EU27, +11% Italia). Gli aumenti dei tassi di riciclo non hanno sinora compensato la crescita dei consumi e il rifiuto residuo continua a crescere in particolare per gli imballaggi.

Clarissa Morawski, fondatrice e AD di Reloop Platform (partner internazionale della campagna) si è soffermata sui requisiti da prendere in considerazione per progettare un sistema di DRS efficace e sul perché anche l’Italia, e Roma come città ad alta vocazione turistica, avrebbero bisogno di tale sistema. Una percentuale variabile dal 25 al 40% (rispetto all’immesso al consumo) degli imballaggi per bevande, infatti, viene consumato fuori casa finendo nel rifiuto indifferenziato. Inoltre “una media del 14-40% dei rifiuti abbandonati sono contenitori per bevande e il 75-90% dei 10 rifiuti da imballaggio maggiormente rinvenuti nell’ambiente marino sono contenitori per bevande”. Nella parte conclusiva del suo intervento Morawski ha passato in rassegna i “falsi miti” che vengono generalmente diffusi nei vari paesi per ritardare i processi decisionali che portano all’emanazione di un progetto di legge. Per citarne solamente qualcuno ci sono gli effetti negativi a livello economico per gli Enti Locali (ipotizzando che sottraendo alle raccolte differenziate domiciliari imballaggi di materiali nobili come quelli per bevande gli Enti locali vedrebbero ridotti i contributi che ricevono e non i costi), oppure a carico dei produttori come l’aumento del contributo ambientale EPR che i produttori pagano per i materiali da imballaggio che immettono al consumo (in Italia ai consorzi Conai sulla base del peso), oppure l’effetto di contrazione dei consumi di bevande che un DRS potrebbe avere anche sul lungo periodo. Molto temuto quest’ultimo dai produttori di bevande. Tutte tesi che Clarissa Morawsky ha rispedito al mittente come si può vedere dalla videoregistrazione dell’evento presente nella sezione Video del sito.

Testimonianze dal DRS svedese e lituano

I responsabili di due operatori che gestiscono due DRS europei di successo a gestione centralizzata e no profit, come lo svedese Returnpack-Pantamera e il lituano USAD, totalmente finanziato e operato dai produttori di bevande, dai retailer e loro associazioni, hanno sciorinato numeri e risultati da “best in class”.
Bengt Lagerman, AD del longevo sistema svedese attivo dal 1984, ha posto l’accenno sul mantenimento delle ottime performance di intercettazione del loro sistema, che investe risorse in un continuo miglioramento dei processi, ma anche nella comunicazione. “Con la nostra comunicazione puntiamo ad influenzare i comportamenti, a semplificare e rendere più accessibili i sistemi di riciclo e continuare a ispirare, e ringraziare tutti coloro che partecipano rendendo possibile il riciclo dei materiali”.
Gintaras Varnas Direttore generale di USAD ha raccontato come la Lituania, grazie al Sistema Cauzionale adottato nel 2016, è passata da tassi da raccolta intorno al 33% per le bottiglie in PET ad avere superato da tempo l’obiettivo EU di raccolta del 90% al 2029, con il 99% dei lituani che ritiene necessario il Sistema Cauzionale. Un sondaggio dello scorso anno ha rilevato un indice di soddisfazione del 94% della popolazione, con l’84% che afferma che attraverso il DRS ha iniziato a praticare la raccolta differenziata anche per gli altri materiali con maggiore impegno e responsabilità.

Prospettive per l’Italia
Infine i parlamentari presenti in sala hanno ribadito nella terza sessione dell’evento il loro impegno affinché l’agenda politica prosegua speditamente. Stesso impegno e grande motivazione è stata espressa dai rappresentanti della coalizione “A Buon Rendere” che si confrontano a vari livelli con la problematica del littering.

Come ha raccontato nel suo intervento la giornalista Chiara De Luca, autrice del recente servizio di Report del 16 maggio sulla crisi di approvvigionamento del vetro cavo, è paradossale che manchi un materiale che potrebbe essere tutto recuperato con un Sistema Cauzionale, invece che finire smaltito con il rifiuto residuo. «In particolare nella fase attuale, l’aumento dei prezzi delle materie prime, la crescente competizione sul mercato globale delle stesse e l’impennata dei costi dell’energia incidono negativamente sulla filiera del packaging. Questo determina problemi crescenti nell’impiego di materie prime, cui il DRS darebbe una risposta solida e largamente sperimentata in Europa», conclude Enzo Favoino.

A Buon Rendere: Comuni Virtuosi in campo sul Deposito Cauzionale

In Italia 7 miliardi di contenitori di bevande – di plastica, vetro o alluminio – finiscono ogni anno in discarica, all’inceneritore o dispersi nel territorio. Oltre al danno ambientale diretto costituiscono un grave spreco perché nell’attuale contesto di crisi globale di approvvigionamenti questi contenitori sono risorse che potrebbero essere intercettate per alimentare l’economia con un riciclo di alta qualità.

Per quanto riguarda quelli in plastica, poi, la direttiva europea sulle monouso impone per le bottiglie usate per liquidi alimentari l’obiettivo del 90 per cento di raccolta differenziata entro il 2029. Intercettare questi contenitori dunque è fin da ora una priorità per il Paese; e per l’Associazione Comuni Virtuosi – rete di pubbliche amministrazioni attente alla sostenibilità ambientale – lo strumento in grado di raggiungere questo obiettivo è il “deposito cauzionale”.

“Il deposito cauzionale è un meccanismo relativamente semplice – spiega Enzo Favoino, coordinatore scientifico della campagna per il deposito cauzionale “A buon rendere, molto più di un vuoto” – Quando si va a comperare una bevanda, un liquido alimentare che sia birra, latte, succo di frutta viene pagato un piccolo deposito, un piccolo costo, anche per il contenitore; ma questo deposito viene restituito al consumatore una volta che si restituisce il contenitore. Chiaramente il sistema deve essere nazionale e deve diventare comodo, “user friendly”, cioè amico dell’utenza. La restituzione deve essere altrettanto facile che l’acquisto. Ecco perché pensiamo che il sistema deve essere basato sul meccanismo della restituzione al venditore. Questa è la cosa che consente di massimizzare la partecipazione e conseguentemente le intercettazioni di risorse preziose“.

L’Associazione Comuni Virtuosi ha lanciato quindi la campagna nazionale “A buon rendere, molto più di un vuoto” che si pone l’obiettivo di stimolare e facilitare l’approvazione di una normativa sul sistema di deposito cauzionale fornendo dati, informazioni ed evidenze di carattere scientifico. “Parliamo un attimino dei costi e dei benefici partendo soprattutto da un altro dato: la nuova direttiva quadro prevede che la responsabilità estesa del produttore vada a coprire i costi integrali di gestione a fine vita degli imballaggi – prosegue Favoino – Questo deve includere anche la rimozione del cosiddetto littering, cioè la dispersione di materiali negli spazi pubblici, un costo elevato che fino adesso è stato in carico alle pubbliche amministrazioni, quindi alla comunità. Questo costo adesso deve essere posto in carico ai produttori degli imballaggi, secondo il meccanismo della responsabilità estesa del produttore, e ci sono ampie evidenze che il modo per fare questo nella maniera più efficace, al minor costo possibile, è proprio l’introduzione un deposito cauzionale“.

In Europa già 13 Paesi si sono dotati di un sistema di deposito cauzionale e altri 10 ne hanno definito la normativa quadro con scadenze e modalità di entrata in vigore. In Italia il decreto “Semplificazioni Bis” aveva fissato al novembre 2021 il termine per la stesura e l’entrata in vigore delle norme attuative sul sistema nazionale. Norme però mai arrivate. “La nostra campagna si pone proprio in forma proattiva collaborativa come facilitatrice delle decisioni– conclude Favoino – fornendo dati e informazioni ed evidenze a chi è deputato a prendere decisioni, cioè il legislatore, il parlamento nella sua interezza e il governo, affinché il sistema di deposito cauzionale venga approvato prima possibile e nella maniera più efficace possibile“.

Nell’ambito della campagna, il 7 giugno 2022 si tiene a Roma – dalle 10,15 nella Sala Capranichetta, in Piazza di Montecitorio 125 , il primo convegno dedicato ai Sistemi di Deposito Cauzionale per gli imballaggi di bevande: studiosi, esperti e responsabili dei sistemi già realizzati in altri Paesi si confronteranno su come allineare l’Italia alle migliori esperienze europee in materia.

GUARDA IL VIDEO di ASKANEWS -SOLE24 ORE

A Roma il primo convegno nazionale dedicato ai Sistemi di Deposito Cauzionale

Si svolgerà a Roma nella mattinata del 7 giugno (dalle 10:15 presso la Sala Capranichetta, in Piazza di Montecitorio 125) il primo convegno nazionale dedicato ai Sistemi di Deposito Cauzionale aperto ai media e a tutti i portatori di interesse dal titolo: Il Sistema di Deposito Cauzionale: Allineare l’Italia alle esperienze europee per massimizzare la circolarità delle risorse

La diffusione indiscriminata delle plastiche e dell’usa e getta e la necessità di raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei di raccolta selettiva e riciclo rendono necessario mettere in agenda l’adozione di un efficiente Sistema nazionale di Deposito Cauzionale o Deposit Return System (DRS) per gli imballaggi di bevande monouso. Le evidenze dai Paesi europei dove il sistema è in funzione forniscono abbondanti indicazioni sui risultati conseguibili e sugli elementi essenziali che caratterizzano un DRS di successo che possa garantire le prestazioni attese.

Il Sistema di Deposito Cauzionale prevede che il consumatore paghi una piccola cauzione all’atto dell’acquisto di una bevanda contenuta in un imballaggio monouso, e che poi tale cauzione sia restituita interamente al momento della restituzione dell’imballaggio vuoto presso un punto di raccolta. In sostanza, in un sistema DRS il consumatore compra il contenuto e prende in prestito l’imballaggio.

L’evento è organizzato dalla Campagna Nazionale “A Buon Rendere-molto più di un vuoto” promossa dall’Associazione Comuni Virtuosi e sostenuta dalle principali organizzazioni non governative nazionali che si occupano di ambiente e sostenibilità e da numerose altre di interesse locale.

La coalizione di “A Buon Rendere” si propone di produrre e condividere informazioni ed evidenze sul tema, sensibilizzare i vari pubblici e accompagnare il lavoro dei diversi soggetti interessati a velocizzare i tempi di approvazione di una legge nazionale sul Sistema Cauzionale.

I tempi per tale legge paiono d’altronde pienamente maturi: come confermano i risultati di una recente ricerca condotta da AstraRicerche commissionata dalla campagna, l’83% degli italiani ritiene necessario un Sistema Cauzionale anche nel nostro Paese.

IL CONVEGNO

L’evento del 7 giugno coinvolgerà relatori italiani e internazionali nell’esposizione e analisi di dati, performance ed esperienze provenienti da Paesi che già hanno un DRS in vigore, nonché nell’esposizione del quadro europeo di raccomandazioni, obiettivi vincolanti di raccolta e di presenza di contenuto riciclato (per le bottiglie in plastica) che rende i Sistemi Cauzionali misure ineludibili. L’obiettivo dell’evento è raccogliere le indicazioni necessarie per mettere a punto il Sistema Cauzionale più adatto alla realtà italiana, in grado di intercettare al più presto quei 7 miliardi di contenitori di bevande in plastica vetro e lattine che ogni anno sfuggono al riciclo, come emerge dallo studio “What we waste” della Piattaforma Reloop.

IL PROGRAMMA

Tra le relatrici e i relatori in presenza interverranno Enzo Favoino, Coordinatore Scientifico della campagna, Duccio Bianchi, fondatore di Ambiente Italia e Clarissa Morawski, Fondatrice e Amministratrice Delegata di Reloop, Piattaforma europea multi-stakeholder che promuove politiche e modelli di business basati sull’uso consapevole e circolare delle risorse. Reloop è uno dei partner internazionale della campagna insieme a Zero Waste Europe, EEB European Environmental Bureau, Surfrider Europe e Recycling Netwerk Benelux.

Intervengono invece in remoto due Responsabili del sistema svedese e lituano, rispettivamente Bengt Lagerman, Amministratore delegato di Returpack-Pantamera e Gintaras Varnas, Direttore generale di USAD. Segue l’ultima sessione Prospettive per l’Italia aperta agli interventi delle ONG aderenti alla campagna, Parlamentari, altri soggetti Istituzionali e imprenditoriali.

Modera l’evento Raffaele Lupoli, Direttore editoriale di EconomiaCircolare.com

I Sistemi Cauzionali, come verrà mostrato nel corso dell’evento, contribuiscono ad una maggiore circolarità nell’impiego delle risorse con benefici per l’ambiente e l’economia. Al contrario, posticipare delle soluzioni invece di anticiparle, genera costi ed incertezza che non aiutano le aziende” dichiara Silvia Ricci coordinatrice di A Buon Rendere”. “In particolare nella fase attuale, l’aumento dei prezzi delle materie prime, la crescente competizione sul mercato globale delle stesse, e l’impennata dei costi dell’energia, incidono negativamente sulla filiera del packaging; questo determina problemi crescenti nell’impiego di materie prime, cui il DRS darebbe una risposta solida e largamente sperimentata in Europa, come si è visto peraltro nel servizio di Report dello scorso 16 maggio sui problemi dell’approvvigionamento di vetro” conclude Enzo Favoino.

COME PARTECIPARE

L’evento è aperto al pubblico ma per partecipare è necessario iscriversi entro il 4 giugno 2022 inviando una mail a: redazione@buonrendere.it. Il Convegno sarà trasmesso in diretta streaming sui canali social della Campagna “A Buon Rendere”: Linkedin e Facebook.

26 maggio 2022

Leggi anche: Report: “una bottiglia è per sempre”, ma non sempre disponibile

Report: “una bottiglia è per sempre”, ma non sempre disponibile

Un ottimo servizio di Report ha raccontato le difficoltà che stanno incontrando le aziende del settore vinicolo, e non solo, nell’approvvigionamento delle bottiglie di vetro, e quale potrebbe essere una soluzione che risponde agli interessi dell’economia e dell’ambiente

Nella prima parte del servizio andato in onda lo scorso lunedì 16 maggio è emerso un quadro critico per l’industria utilizzatrice di bottiglie di vetro, costretta in alcuni casi a sospendere le produzioni e a mettere in cassa integrazione gli addetti alle operazioni di imbottigliamento.
L’Italia, con i suoi 39 stabilimenti produttivi di vetro cavo, produce ogni anno circa cinque milioni di tonnellate di vetro, per un totale di dieci miliardi di contenitori, che generano un giro d’affari che si attesta intorno ai due miliardi e mezzo di euro.
Nonostante questi numeri, e il fatto che da due anni l’Italia sia leader europeo come quantità di vasi e bottiglie prodotte, siamo, insieme alla Francia, tra i primi paesi europei ad importare vetro cavo.
Alla domanda posta dalla giornalista Chiara De Luca a Marco Ravasi – Presidente del settore presso Assovetro – sul perché sia necessario importare un milione di tonnellate di vetro cavo, (il 20% del mercato totale) quando siamo top player nella sua produzione, Ravasi risponde “Questa è una domanda che dovrebbe fare agli acquirenti, e quindi all’ufficio acquisti dei nostri clienti”.

I fornitori dell’industria del vetro nazionale

Come racconta il servizio, il grosso delle nostre importazioni di vetro arriva da paesi come Turchia, Portogallo, Germania, dai paesi dell’Est, e in particolare dall’Ucraina. Un paese che, a causa del conflitto in atto, ha dovuto spegnere i suoi quattro forni ( di cui 3 danneggiati dai bombardamenti, e uno chiuso per motivi di sicurezza).
L’approvvigionamento di vetro cavo all’industria dell’imbottigliamento risente di un cortocircuito in cui gioca un ruolo importante anche l’aumento del costo del carburante. Una tempesta perfetta in cui aumenta la richiesta di vetro, che le nostre vetrerie non riescono a soddisfare, e quel poco vetro che si trova costa tantissimo perché è aumentato anche il costo del trasporto.
Una situazione che non può che non incidere anche sul prezzo finale al consumatore. Secondo Paolo Castelletti – Segretario Generale Unione Italiana Vini – una contrazione, o comunque un contingentamento nella disponibilità di vetro, con prezzi aumentati del 30% per i produttori, andrebbe ad incidere del 20-25% sul costo della prodotto al consumatore finale.
Nel servizio i produttori di vini, ma anche di liquori, lanciano l’allarme tramite UnionVini denunciando una situazione di produzioni non partite, prodotti pronti per l’imbottigliamento che restano stoccati in attesa di disponibilità del vetro, cassa integrazione, e persino un produttore di latte che ha dovuto passare dal vetro al cartone in poliaccoppiato. Con il boom di richieste di bottiglie in vetro che si verifica solitamente nei 3 mesi estivi da parte dell’industria delle passate di pomodoro, la situazione difficilmente potrà migliorare nel breve termine.
Exit strategy che viene dal passato

La seconda parte del servizio viene invece dedicata alle possibili soluzioni. Se è vero che il vetro è un materiale riciclabile all’infinito, e che anche da riciclato può sostituire la materia prima originale senza alcuna perdita di qualità, è però necessario che le bottiglie usate tornino velocemente nei cicli economici per essere riutilizzate o riciclate. Enzo Favoino che condivide con la sottoscritta il coordinamento della Campagna “A Buon Rendere – molto più di un vuoto” è stato intervistato nel servizio. La campagna che abbiamo lanciato lo scorso 4 marzo insieme ad oltre 15 associazioni nazionali partners sta raccogliendo nuove adesioni e presto vi annunceremo una nuova importante iniziativa.

Il DRS di successo della Lituania

La Lituania, che ha avviato il suo Sistema Cauzionale nel 2016 (1) è uno dei 10 Paesi Membri ad avere in vigore tale sistema, a cui si aggiungono Norvegia e Islanda, che hanno politiche ambientali coordinate a quelle europee.
In soli tre anni la Lituania è riuscita a impedire l’emissione di 152 mila tonnellate di CO2 con una percentuale media di contenitori che vengono raccolti e riciclati che è passata da poco più del 30% del periodo precedente all’introduzione del Sistema Cauzionale, al 90% del 2018.
Come si vede nel servizio, tutti i supermercati che vendono bevande sono obbligati per legge a imporre un deposito che vale 10 centesimi di euro sul prezzo di vendita di ogni bevanda che viene venduta in bottiglia di vetro, plastica, o in lattina di alluminio.
I clienti possono recuperare il deposito (o cauzione) non appena conferiscono i contenitori vuoti negli appositi distributori automatici (detti anche RVM: Reverse Vending Machine) posizionati nei supermercati, e decidere se riscuotere la cauzione in denaro, o in buoni spesa.
Gli imballaggi conferiti nelle macchine vengono successivamente inviati a riciclo, oppure, nel caso delle bottiglie in vetro riutilizzabili e ricaricabili, agli imbottigliatori. Le bottiglie ricaricabili vengono igienizzate dopo ogni utilizzo e possono sostenere circa 10 rotazioni/riutilizzi ammortizzando così il costo di produzione.
Tra gli intervistati nel servizio che raccontano il sistema lituano seguendo il percorso degli imballaggi una volta intercettati dal sistema, ci sono Salius Galadauskas (Presidente del CDA di USAD, l’organizzazione no profit che amministra il Sistema di Deposito lituano) e Ruta Vainiene, Presidente dell’associazione dei rivenditori lituani.

Quest’ultima alla domanda della De Luca che chiede se il DRS incontri il favore della Distribuzione Organizzata risponde : “Sì, ma piace soprattutto ai consumatori lituani che amano questo sistema perché ne vedono gli effetti: ovvero strade, foreste, laghi e fiumi puliti.“. La Grande Distribuzione lituana, come avviene nei DRS che hanno adottato un modello di gestione centralizzata e un sistema di raccolta presso i rivenditori (return to retail) riceve dall’amministratore del sistema una commissione di gestione per ogni imballaggio raccolto a rimborso di tutte le spese sostenute nella fornitura di questo servizio.

E in Italia a che punto siamo ?

Per quanto riguarda la posizione della GDO italiana, che non si è ancora espressa pubblicamente rispetto all’adozione di un Sistema di Deposito nazionale, potrebbe esserci un’apertura da parte di Federdistribuzione.

Alla domanda posta dalla giornalista a Marco Pagani, Direttore Normativa e Rapporti Istituzionale di Federdistribuzione, sulla disponibilità da parte delle insegne GDO loro associate ad ospitare nelle loro strutture le RVM, Pagani risponde “ se effettivamente questa è la soluzione preferibile per raggiungere determinati obiettivi che andremo a definire, e le istituzioni andranno a individuare, assolutamente sì.”

Sul piano legislativo, come lamenta l’onorevole Penna, primo firmatario di un emendamento approvato all’interno del decreto semplificazione il luglio scorso (che aprirebbe la strada ad un Sistema Cauzionale), si è ancora in attesa dei decreti attuativi. Il termine dei 120 giorni entro il quale avrebbero dovuto essere emanati dal Ministero per la Transizione Ecologica MITE, sono già scaduti nel novembre scorso.

Il MITE interpellato da Report ha risposto che “sta perfezionando il decreto”. “Vedremo quanto impiegherà” commenta dallo studio il conduttore Ranucci . “Insomma, premesso che nella raccolta e nel riciclo del vetro siamo tra i più virtuosi, e raggiungiamo il 78% di tasso di riciclo . Ma potremmo arrivare al 90% se adottassimo il deposito cauzionale, come fa del resto la Lituania. Ora, il punto è questo: l’economia circolare ci consentirebbe di essere indipendenti dai fornitori esteri. Ma non ci manca solo il vetro, manca anche l’acciaio: i 70% lo importavamo dal Donbass, cioè da quella regione che rischia di essere la causa della terza guerra mondiale.” conclude Ranucci . E non si può che essere d’accordo.

In my opinion

Dopo aver visto questo servizio ho pensato che uno dei principali argomenti contro l’introduzione di un Sistema Cauzionale in Italia da parte di alcuni settori industriali, ma non solo, è che tali sistemi comporterebbero dei costi di avviamento e di gestione superiori a quelli dell’attuale sistema di raccolta differenziata, che verrebbero riversati sui consumatori.

Se è vero che un’affermazione del genere dovrebbe essere accompagnata da uno studio robusto che dimostri tale tesi, è altrettanto vero che l’aumento dei prezzi al consumo innescati da questa situazione – se non sapremo risolverla – peseranno di sicuro sulle tasche dei cittadini. E non poco.

E’ altrettanto vero che la crisi energetica e delle materie prime è solamente all’inizio, e serve ripensare in chiave circolare e di autosufficienza tutte le nostre filiere. La cosiddetta transizione ecologica è un’esigenza squisitamente economica, oltre che ambientale. Anche aspettare e dilazionare le potenziali soluzioni ha un costo che dovremmo cominciare a quantificare. Ecco che il “bagno di sangue” ripreso dai media in un intervista al Ministro Cingolani, potrebbe invece essere imputabile all’inazione.

Silvia Ricci

Sul tema vetro trovi altri post sul sito della nostra campagna “A Buon Rendere – molto più di un vuoto” :

Vetro: crescono raccolta e riciclo ma si deve importare quello che finisce smaltito

Bottega a corto di vetro torna al vuoto a rendere

I produttori di birra in Belgio alle prese con la carenza di bottiglie di vetro

Germania: i produttori di birra invitano i consumatori a rendere velocemente le bottiglie vuote

(1) La Lituania ha implementato un sistema di deposito dei contenitori nel febbraio 2016, con Užstato Sistemos Administratorius (USAD) che amministra il sistema. L’USAD è un’organizzazione senza scopo di lucro composta da tre soggetti interessati all’industria delle bevande: l’Associazione lituana dei birrifici, l’Associazione delle imprese commerciali lituane e l’Associazione lituana dei produttori di acqua minerale naturale.

La Città metropolitana di Torino aderisce alla nostra Campagna “A Buon Rendere -molto più di un vuoto”

La Città metropolitana di Torino, una delle più grandi aree metropolitane italiane per estensione e per numero di abitanti è stata la prima autorità locale ad avere aderito alla campagna “A Buon Rendere” con un decreto a firma del consigliere delegato all’ambiente Gianfranco Guerrini.


“Con la nostra adesione – ha spiegato il consigliere Guerrini – intendiamo sostenere l’introduzione di un sistema di raccolta efficiente dei contenitori per bevande monouso che permette di intercettare oltre il 90% dei contenitori immessi al consumo. Il successo del sistema è dovuto al versamento di un piccolo deposito aggiunto al prezzo di vendita delle bevande che vengono vendute in contenitori di plastica, vetro e alluminio. Il deposito viene successivamente restituito al cittadino nel momento in cui il contenitore viene correttamente riconsegnato: solitamente presso i supermercati. Un aiuto concreto alla lotta contro la dispersione dei rifiuti da imballaggi per bevande sul territorio”.

Accogliamo con grande soddisfazione l’adesione della Città Metropolitana di Torino” dice Enzo Favoino, Coordinatore Scientifico della Campagna. “E’ un passo importante, perché allarga il fronte dei partner in direzione delle Amministrazioni Locali, che riteniamo essere in prospettiva tra i maggiori beneficiari della istituzione di uno schema nazionale di deposito cauzionale. Le esperienze da tempo consolidate all’estero” conclude Favoino “dimostrano che l’introduzione del deposito cauzionale causa una immediata minimizzazione del littering, che costituisce una voce di spesa rilevante per le Amministrazioni Comunali, e consente una ottimizzazione operativa dei sistemi di raccolta, grazie alla riduzione dei volumi conferiti nei flussi tradizionali“.

Con l’importante adesione della Città Metropolitana prende così il via con il botto una prevista attività di informazione e sensibilizzazione mirata agli enti locali affinché acquistino consapevolezza sui reali vantaggi di ordine ambientale ed economico che l’adozione di una sistema nazionale di Deposito Cauzionale per imballaggi monouso per bevande può apportare loro.
Sono infatti proprio gli enti locali, e in particolare le grandi città, ad essere sempre più in affanno nel dovere gestire – a fronte di bilanci rosicati – il consistente aumento di rifiuti causati da nuovi stili di vita. Dall’incremento dell’e-commerce al consumo on- the – go di alimenti e bevande, che purtroppo si traduce in cestini stradali stracolmi, abbandono indiscriminato dei rifiuti, problemi di igiene e costi complessivi di gestione ordinaria e straordinaria dei rifiuti che schizzano alle stelle.
I Sistemi Cauzionali applicati ai contenitori di bevande – ma anche ad altri contenitori per il consumo da asporto – offrono una soluzione dai risultati a brevissimo termine per un flusso dei rifiuti importanti che rappresenta in volume il 40% dei rifiuti da imballaggio presenti nel littering così nei cestini stradali. Questi sistemi d rappresentano altresì “l’uovo di colombo” per mettere efficacemente e concretamente a capo dei produttori/utilizzatori di imballaggi monouso (ei soggetti che ne traggono il maggiore vantaggio economico) , la gestione ed il finanziamento del fine vita degli stessi.

A partire dalla Strategia europea per la plastica nell’economia circolare del 2018 sino ad arrivare alla Direttiva SUP (904/2019 – Art. 9) , i Sistemi Cauzionali vengono indicati dalla Commissione Europea come misure di rilievo da adottare dagli Stati Membri per raggiungere i target di raccolta vincolanti per le bottiglie in plastica monouso per bevande al 2025 e al 2029 (rispettivamente il 77% e il 90%).

I rifiuti, anche quando trattasi di materiali pregiati rappresentano sempre un costo per la collettività che supera abbondantemente il corrispettivo che i Comuni ricevono dal Conai a parziale compensazione dei costi sostenuti per una loro raccolta differenziata. Meno flussi di rifiuti da gestire per i Comuni significa risparmiare risorse e tempo che possono essere dedicate al miglioramento dei servizi a vari livelli. Questa è una lezione che hanno imparato, un pò tutti i comuni e anche all’estero, realizzando che la maggioranza degli enti locali non ha al proprio interno le competenze e le risorse necessarie per operare nel mondo dei rifiuti e/o per supervisionare o controllare le aziende a cui affidano la gestione dei propri rifiuti e la valorizzazione delle materie prime seconde ” aggiunge Silvia Ricci, che affianca Favoino nel coordinamento della campagna.
L’iniziativa di sensibilizzazione europea a cui ci siamo maggiormente ispirati è stata in particolare quella olandese, promossa da una coalizione composta da un ampio e variegato fronte di soggetti, guidata dalla Ong : Recycling Netwerk Benelux , uno dei partner internazionale della nostra campagna. Un elemento chiave che ha contribuito a fare approvare dal governo olandese anche se in due tappe, un ampliamento dell’imperfetto Sistema Cauzionale esistente (per le sole bottiglie in plastica grandi ) è stato proprio il sostegno delle provincie e del 98% dei Comuni olandesi”.

L’orizzonte al 2025 vede un cambio di paradigma rispetto ai soggetti che devono sostenere i costi della raccolta differenziata degli imballaggi.

La Direttiva 852/2018, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 116/2020, prevede che entro la fine del 2024 tutti gli Stati membri dovranno istituire regimi di responsabilità estesa del produttore per tutti gli imballaggi conformi all’art.8 e all’art. 8bis della direttiva rifiuti (Direttiva 2008/98/CE).

Si dovrà pertanto passare in Italia da una “responsabilità condivisa” a una più propriamente “estesa”, ove i produttori sono chiamati a farsi carico dei costi della raccolta differenziata dei propri rifiuti, ai costi del loro trasporto e del trattamento, necessari al raggiungimento dei target di riciclo, alle ulteriori attività necessarie per garantire la raccolta e la comunicazione dei dati, e ad una congrua informazione ai consumatori. Attualmente con il vigente regime di Responsabilità Condivisa del Produttore che regola l’accordo quadro Anci-Conai, questi costi ricadono per la maggior parte sugli enti locali che si occupano di organizzare e finanziare la raccolta differenziata attraverso i gestori da loro delegati.

Quando i produttori di bevande si troveranno a dover coprire dal 2025 i costi prima citati, aggravati dai costi derivanti dalle pulizie ambientali degli imballaggi dispersi nell’ambiente, come prevede la direttiva SUP, potrebbero preferire di partecipare ad un Sistema di Deposito Cauzionale da loro finanziato e gestito insieme ai rivenditori di bevande.

La Città metropolitana di Torino
La città metropolitana di Torino è una delle più grandi aree metropolitane italiane per estensione e popolazione (6.827 km2 – popolazione circa 2.247.780 abitanti, di cui 890.000 residenti nella Città di Torino). Istituita con la legge nº 56 del 7 aprile 2014 e operativa dal 1º gennaio 2015, è subentrata alla provincia di Torino della quale ha mantenuto i confini.
La Città Metropolitana di Torino è composta da un elevato numero di Comuni (312), 143 dei quali sono Comuni di Montagna e per lo più piccoli e piccolissimi centri: l’80% dei comuni ha meno di 5.000 abitanti e il 36% ha meno di 1.000 abitanti. Il territorio è composto per il 52% da zone montane, per il 21% da colline e per il 27% da pianura.
Le Città metropolitane italiane sono autorità di “secondo livello”, governate da organi politici eletti tra i Sindaci e i consiglieri dei Comuni compresi nell’area metropolitana.

Starbucks: il Santo Graal esiste da sempre e si chiama riuso

Secondo il responsabile sostenibilità di Starbucks è necessario mettere in pista una nuova strategia per evitare che le iconiche tazze del gruppo onnipresenti tra i rifiuti non vengano più identificate come il simbolo di una società usa e getta.

Quando nel 2018 Starbucks®, in collaborazione con Percassi, aprì la Roastery di piazza Cordusio a Milano lanciammo come comuni virtuosi un appello insieme a WWF Italia, #GreenpeaceItalia, #ZerowasteEU e Reloop Platform affinché non venissero usate tazze monouso per il consumo all’interno delle caffetterie che avrebbero aperto da li a poco tempo. La proposta era di adeguarsi al nostro modello di vivere i bar e bere il caffè e di adottare quindi stoviglie riusabili (tazze e bicchieri), sia per bevande calde che fredde. Il primo passo di un cambiamento rispetto al modello internazionale della catena del caffè che avrebbe potuto aprire la strada del riuso anche per il consumo on-the- go, sull’esempio della catena di caffetterie indipendente Boston Tea Party BTP che dal 2018 ha abolito totalmente la distribuzione di tazze monouso anche per l’asporto.

Una scelta che, vista a quasi 4 anni di distanza – nonostante le perdite economiche e di clienti del primo semestre – non ha impedito a BTP di aprire altre 3 caffetterie che hanno resistito alla pandemia. Sono ormai quasi 800.000 le tazze risparmiate all’ambiente riportate dal contatore ambientale.

A che punto siamo con Starbucks in Italia ?

Tornando all’iniziativa del 2018 l’allora AD ci disse che rispetto alla nostra proposta se ne poteva parlare in un secondo tempo, ma da allora poco è successo. Nella Roastery di piazza Cordusio a Milano si usano per il consumo interno tazze e bicchieri lavabili ma non risulta che avvenga lo stesso negli altri 13 punti aperti da Percassi. Anche se in alcune caffetterie vengono messe a disposizione tazze/bicchieri riutilizzabili, il monouso prevale.

Soltanto recentemente Starbucks Italia ha annunciato che presso il nuovo format con asporto in auto (drive thru) a Erbusco (Brescia), nell’ambito di una nuova partnership tra Percassi e Q8 sarà possibile avere uno sconto di 20 centesimi sul prezzo delle bevande quando acquistate con una propria tazza riutilizzabile.

Lo scorso 15 marzo è uscito un articolo dettagliato su CNN Businesses dove il responsabile sostenibilità di Starbucks Michael Kobori rilascia delle dichiarazioni molto interessanti quanto tardive rispetto a quanto poteva già essere in pista da ben oltre un decennio.

Kobori si rallegra e dispiace allo stesso tempo sul dato di fatto che le iconiche tazze monouso del gruppo sono onnipresente e al tempo stesso siano diventate però un simbolo onnipresente di una “società usa e getta”.

Le tazza come tutti i contenitori on the go vengono infatti spesso disperse nell’ambiente, o sprecate nei cestini stradali che diventano spesso la corsia preferenziale per discariche o inceneritori. Una parte potrebbe essere riciclata, ma la riciclabilità non impedisce che finiscano comunque in discarica. La soluzione migliore? “Eliminare la tazza monouso“, ha affermato Kobori definendo questa opzione “il Santo Graal”.

Noleggiare la tazze con programmi Borrow-A-Cup

Entro il 2025, l’azienda vuole che ogni cliente sia in grado di usare facilmente la propria tazza o di prendere in prestito una tazza di ceramica o riutilizzabile quando ordina da Starbucks. Questo obiettivo apre la strada all’introduzione di molteplici programmi in cui i clienti prendono in prestito tazze a disposizione nei punti vendita della catena a fronte di un pagamento di un deposito che viene successivamente restituito riportando la tazza.

Starbucks sta anche progettando — si legge nell’articolo — di permettere ai clienti di usare le loro tazze personali in ogni Starbucks negli Stati Uniti e in Canada, anche quando ordinano in anticipo o usano il drive-thru, entro la fine del prossimo anno. Questo non significa che bicchieri di carta o plastica spariranno, ma che l’opzione verrà resa meno attraente e ovvia. Sono in corso test del programma borrow a cup in diverse cittadine, come a Seattle l’anno scorso. Secondo Amelia Landers, che dirige il team per la sostenibilità del packaging di Starbucks, questi programmi – attivi in almeno 20 diverse formule e in 8 diversi mercati – rappresentano la strategia più promettente, anche se l’incoraggiamento ai clienti nel portare la propria tazza viene egualmente perseguito.

Una tipologia di tazze testate nei pilota sono quelle realizzate in polipropilene leggero, riciclabile a fine vita e adatte per oltre 100 cicli di utilizzo. I clienti che le adottano pagano un deposito di 1 euro che viene loro restituito una volta consegnata la tazza ad un dispositivo automatizzato. In questo programma l’utente viene incentivato ad usare questo opzione grazie ad uno schema di premialità. La gestione delle tazze come raccolta, lavaggio e approvvigionamento delle caffetterie viene in alcuni programmi affidata ad una società terza in modo da non caricare il personale di quella parte del processo.

Milano: l’acqua del Sindaco diventa “à porter” in brick “ecologici e sostenibili”

L’iniziativa del Comune di Milano con l’acqua del Sindaco imbottigliata “à porter”, comoda e sostenibile, da consumare ovunque” fa a cazzotti con l’ecologia e la sua opportunità in un modo così evidente, che solamente (o quasi) il marketing dietro al lancio non è stato in grado di capire e prevedere.

L’iniziativa presentata dall’assessora all’Ambiente Elena Grandi del Comune Di Milano con il presidente e direttore di MM in occasione della Giornata mondiale dell’acqua di martedì scorso ha suscitato un certo sconcerto. Anche nella sottoscritta che ritiene mettere la firma a questa iniziativa sia controproducente e nonostante la stima che si possa nutrire nei confronti dell’assessora Grandi certamente in buona fede. Non si era infatti mai visto un’Amministrazione Comunale promuovere l’acqua del Sindaco imbottigliandola per poi presentarla come un’iniziativa ideata per “valorizzare la qualità dell’acqua cittadina da oggi consumabile ovunque, comoda e a km zero” come si può leggere sul sito del comune.

Non è chiaro se questo impianto di riempimento dalla potenzialità di 2.000 cartoni/ora opererà a pieno ritmo nella produzione di brick in poliaccoppiato (500 o 250 ml) definiti “completamente riciclabili e prodotti in modo ecosostenibile“. L’acqua confezionata da MM per il momento – si legge sul sito – sarà destinata alla Protezione civile per la distribuzione alla cittadinanza in caso di guasto o interruzione localizzata del servizio e, se richiesto, potrà essere distribuita nel corso di eventi particolari sul territorio milanese come le ‘week’, i concerti, le manifestazioni culturali e sportive nonché essere utilizzata per i bisogni interni degli uffici del Comune di Milano e delle sue controllate. Il layout della confezione in cartone ha inoltre il vantaggio di essere completamente personalizzabile in funzione dell’iniziativa o dell’utilizzatore finale. Anche se l’operazione non ha carattere commerciale, questa precisazione suona un pò curiosa. O forse, anche inquietante in quanto si allinea all’ultimo trend di gadgettizzazione di un bene comune come è alla fine l’acqua, e la sua disponibilità. Dopo mesi di siccità preoccupante serve decisamente presentare altri piani concreti per preservarne la disponibilità futura e adottare una diversa narrativa nella comunicazione se si vuole ottenere il contributo dei cittadini.

La strada verso l’inferno è spesso lastricata di buone intenzioni

Questa iniziativa del Comune di Milano, come ho avuto modo di commentare su Linkedin, – per rimanere in tema, fa “acqua da tutte le parti” – e provo a spiegare il perché.
In prima battuta le iniziative di promozione dell’acqua del Sindaco hanno sempre fatto leva sugli aspetti ambientali positivi connessi alla mancata produzione di rifiuti, e di risparmio sulle emissioni di gas ad effetto serra, che si ottengono proprio evitando l’acqua in bottiglia. Impiegando infatti contenitori riutilizzabili si mette in pratica l’opzione ambientalmente più vantaggiosa che, anche secondo la gerarchia EU è quella che non produce rifiuti .

Il riuso vince quando la progettazione è sistemica

Uno studio pubblicato nel 2020 dell’Università di UtrechtReusable vs single-use packaging che ha comparato gli esiti di 11 studi LCA che avevano misurato a loro volta gli impatti ambientali di opzioni monouso versus corrispettivi riutilizzabili ha mostrato il vantaggio ambientale connesso all’impiego dei diversi contenitori riutilizzabili. Non credo che nessuno abbia l’intenzione di controbattere perché lo studio dice chiaramente che la filiera deve essere a corto raggio o comunque entro un certo range chilometrico. Non va infatti progettato solamente l’imballaggio “sostenibile” ma il sistema in cui lo stesso esplica il suo ciclo di vita che deve essere craddle to craddle, se vogliamo parlare di reale sostenibilità.

Plastifree un claim fuorviante che ha creato più danni che cultura

Perché non mettere i milanesi in condizione di fare maggior uso delle migliaia di borracce regalate loro negli ultimi anni che rischiano di rivelarsi inutili gadget, acquistati oltretutto anche con risorse finanziarie pubbliche. Soldi che potevano essere meglio impiegati installando nuovi punti di refill nei luoghi di maggior passaggio sull’esempio delle ferrovie olandesi ma anche dell’aeroporto Schipol.

Quante sono le borracce che vengono ancora usate con frequenza? Perché i cittadini contribuenti che bevono l’acqua del rubinetto senza produrre rifiuti e riducono il loro impatto ambientale dovrebbero sovvenzionare indirettamente iniziative del genere?
Purtroppo questa iniziativa, al contrario di quanto gli ideatori si sono augurati credo vada in tutt’altra direzione di una sensibilizzazione al consumo dell’acqua potabile. La pubblicità occulta viene d’altronde praticata perché funziona, e la foto del brick manda un messaggio eloquente, che va ben oltre alle parole di contorno e alle intenzione dei proponenti, mandando un evidente assist ad un gruppo di interesse. Promuovere l’acqua del rubinetto verso i cittadini non può certamente coincidere con un allungamento della filiera del suo consumo e un evidente aggravio sul prelievo di risorse e del livello di emissioni (evitabili).

Tempo di sostanziare i green claims evitando il greenwashing
L’iniziativa europea sui #GreenClaims è nata proprio perché i consumatori non sono in condizione di distinguere più il “falso dal vero” e per proteggerli serve una regolamentazione degli stessi che devono essere sostanziati, Sia per fugare ogni sospetto di greenwashing che per una leale concorrenza tra le imprese. C’è stata anche in Italia una sentenza del Tribunale di Gorizia che cita l’articolo 12 del Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, secondo cui “la comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili”.

Non esistono di fatto materiali sostenibili in cicli di utilizzo insostenibili.

In questo caso abbiamo un ente locale che fa una scelta, a mio avviso in contraddizione con la sua missione ambientale, e che non può pertanto limitarsi a dichiarare, o fare intendere come fanno le imprese commerciali, che i cartoni in poliaccoppiato (detti brick) siano una scelta più sostenibile rispetto ad altre confezioni poiché “riciclabili e prodotti in modo ecosostenibile.”
Uno studio LCA commissionato da Tetra Pak del 2020 menzionato in un precedente articolo “Comparative Life Cycle Assessment of Tetra Pak® carton packages and alternative packaging systems for beverages and liquid food on the European market”a cura dell’Ifeu ha rilevato che i cartoni escono vincenti in una sola delle 8 categorie di impatto analizzate, che è quella del potenziale di riscaldamento globale. Non escono invece totalmente vincenti nelle altre 7 categorie di impatto prese in considerazione dalla maggioranza degli studi LCA. Pesa anche sui risultati per certi aspetti il dato di fatto che i poliaccoppiati sono difficili da riciclare nelle cartiere non specializzate e che pertanto i brick conoscono una percentuale di riciclo a livello globale piuttosto modesta: 27% nel 2020.

Venendo alle conclusioni, lascia perplessi l’idea di fondo sposata dall’iniziativa milanese di considerare l’acqua come un gadget a marchio proprio, che sta diventando popolare negli ultimi tempi. Un trend che fa largo uso della narrazione fuorviante sui cosiddetti “materiali sostenibili”, un’eredità delle campagne plastic free che è stata però sapientemente capitalizzata dalle aziende produttrici di materiali concorrenti della plastica allo scopo di trarne un vantaggio competitivo.

Una narrazione che ha saputo fare presa sul cittadino medio che si è quasi convinto che la plastica sia una sfida ambientale più temibile degli effetti del riscaldamento climatico, e che sostituendo un materiale monouso invece che modificare i modelli di consumo, si possa salvare capra e cavoli.

Una narrazione che ha fatto evidentemente presa anche a Milano e anche presso l’azienda che ha l’appalto dei punti di ristoro a Ecomondo dove i brick hanno rimpiazzato altri contenitori, e persino l’unico punto presente di acqua alla spina dell’edizione precedente del 2019.

In conclusione penso che le aziende sono ovviamente libere di vendere ciò che è lecito vendere se i consumatori acquistano, e vinca il migliore, ma per favore anche basta con queste narrazioni da “benefattori dell’ambiente”. Non se ne può più.

Silvia Ricci

(pubblicato precedentemente sul mio blog di Polimerica.it)

DRS: 83% of Italians support the introduction of a Deposit Return System on single-use beverage packaging

Launched last friday , “A Buon Rendere – molto più di un vuoto“, is the first national Campaign calling for a Deposit Return System -DRS in Italy.

Lead as a coordinated effort by the National Association Comuni Virtuosi, the campaign is supported by all major national non-governmental organisations wotking on environment and sustainability, and several others of local interest, that already signed, last November, a joint call  to the Draghi government and Minister Cingolani to speed up the introduction of an effective DRS. Among them: A Sud Onlus, Altroconsumo, Greenpeace Italia, Italia Nostra, Kyoto Club, LAV, Legambiente, Lipu-Bird Life Italia, Oxfam, Marevivo, Pro Natura, Retake, Slow Food Italia, Touring Club Italiano, WWF Italia and Zero Waste Italy.

Italy, like other European countries without a DRS, needs such a scheme in order to meet the European collection and recycling targets and to sensibly reduce pollution of its seas, countryside and cities. Under this scheme, a small deposit added on the sale price of beverage containers – which is entirely returned to consumers when a bottle/can is returned to a collection point –, guarantees for high collection rates (average rate in EU: 91%) in line with EU targets.

A step in the right direction

In the “Act on Simplification” of July 2021 (a Decree aiming at regulatory simplification in many areas), a specific amendment was inserted, which opens the way for the introduction of a Deposit Return System in Italy. As stipulated in the amendment, the Ministry of Ecological Transition (Italian MoE) in cooperation with the Ministry of Economic Development is mandated to draw up the Implementing Acts for the introduction of the DRS.(1)

Over 7 billion beverage containers wasted in Italy each year

As a member of the the Reloop Platform released back in April 2021 , the Association Comuni Virtuosi some data elaborated from the What we waste dashboard on Italy revealing that more than seven billion beverage containers escape recycling every year and get littered in the environment, or disposed of in incinerators or landfill. This equals 119 beverage containers wasted by each Italian a year. A waste that Italy could reduce by 75-80% by adopting a deposit system.


A Buon Rendere – molto più di un vuoto is a campaign that aims to raise awareness among citizens, politicians, beverage and retail companies about the benefits of DRS and about having a national DRS scheme – designed in a performing way – soon adopted. To this end, the campaign will use tools such as petitions, surveys, public events, citizen science activities such as reporting on materials frequently found as littered items during cleanups, production of studies and outreach materials.

A Buon Rendere – molto più di un vuoto aims to be an trustworthy, credible, knowledgeable voice in the Italian debate to help speed up the approval of a national law on DRS.
The timing would be perfect, by the way, as confirmed by the results of a recent survey conducted by AstraRicerche and commissioned by our campaign, which found that 83% of Italians are in favour of a DRS in our Country.

The national campaign and its Partners are therefore calling for the introduction of a Deposit Return System (DRS) in Italy based on the most successful systems operating in Europe. In their vision, and based on perfoming DRS schemes already rolled out oin other EU Member states, a performing DRS scheme for Italy should be:
• with a national scope;
mandatory for all producers;
covering all kind of beverage containers.
A system so designed would allow us to protect our environment, promote the transition to circular economy and meet the European targets for separate collection and recycling.
In doing so, the Campaign aims to align with the current initiatives of the EU institutions, which are considering a possible common approach to DRS throughout Europe, inspired by the principles specified above, so as to have equally performing and efficient DRS schemes in Countries where such schemes have not been adopted, as yet.
The difference in separate collection rates for beverage bottles between EU Member States with, and without such a scheme in place (94% and 47% respectively), makes a point that cannot be overlooked. The average capture rates of PET beverage packaging in European countries where a DRS is in place exceeds 90%.

All continuously updated DRS insights such as: articles, videos, infographics, as well as a Petition for individuals to sign and disseminated, are available on the campaign website www.buonrendere.it.

(1)No further specification is included in the mandate, which is therefore open to any possible outcome. Therefore, a coalition of NGOs, led by ACV – Associazione Comuni Virtuosi, has launched a nationwide campaign in order to inform and facilitate the ongoing policy-making process, so as to drive it towards a best performing system, in line with DRS already adopted in other EU Member States.

L’83% degli italiani favorevole all’introduzione di un Sistema di Deposito per imballaggi monouso per bevande

Lanciata oggi dall’Associazione Comuni Virtuosi la campagna di sensibilizzazione nazionale A Buon Rendere – molto più di un vuoto in collaborazione con: A Sud Onlus, Altroconsumo, Greenpeace, Italia Nostra, Kyoto Club, LAV, Legambiente, Lipu-Bird Life Italia, Oxfam, Marevivo, Pro Natura, Retake, Slow Food Italia, Touring Club Italiano, WWF e Zero Waste Italy .

L’iniziativa è stata preceduta  da un appello sottoscritto dalle stesse organizzazioni al governo Draghi ed al ministro Cingolani nel novembre scorso per sollecitare l’introduzione di un Sistema di Deposito Cauzionale , l’unico strumento che può permettere all’Italia di raggiungere senza difficoltà gli obiettivi di raccolta e riciclo europei ridurre sensibilmente l’inquinamento dei suoi mari, campagne e città.

Una piccola somma (“deposito”) aggiunta sul prezzo di vendita delle bevande –restituita nella sua totalità quando l’imballaggio vuoto viene restituito ad un punto di raccolta – rappresenta infatti l’incentivo che ne garantisce il buon fine.

Secondo il rapporto What we Waste della Reloop Platform, in Italia oltre 7 miliardi di contenitori per bevande sfuggono al riciclo ogni anno finendo dispersi nell’ambiente o smaltiti in discariche o inceneritori; uno spreco che potrebbe essere ridotto del 75-80% attraverso l’introduzione di un Sistema di Deposito efficiente. Inoltre, l’attuale sistema di raccolta differenziata del PET permette un’intercettazione solo del 58%, ben lontano dall’obiettivo del 90% imposto dalla direttiva SUP.

A Buon Rendere – molto più di un vuoto è una campagna che punta a sensibilizzare i cittadini, la politica, l’industria delle bevande e della distribuzione organizzata sui benefici di un Sistema di Deposito. A tal fine, la campagna si avvarrà di strumenti quali petizioni, sondaggi, eventi pubblici, attività di citizen science, quali i report sui materiali che frequentemente si trovano dispersi durante i cleanup, produzione di studi e di materiali divulgativi.

A Buon Rendere – molto più di un vuoto mira ad essere una voce autorevole nel dibattito italiano per contribuire alla velocizzazione dei tempi di approvazione di una legge nazionale.

I tempi per tale legge paiono d’altronde pienamente maturi: infatti, come confermano i risultati di una recente ricerca condotta da AstraRicerche commissionata dalla nostra campagna, l’83% degli italiani è favorevole ad un Sistema Cauzionale anche nel nostro paese.(1)

Gli aderenti alla campagna A Buon Rendere – molto più di un vuoto chiedono pertanto l’introduzione di un Sistema di Deposito Cauzionale (anche definito sinteticamente DRS, “Deposit Return System”) che, sulla scorta dei sistemi di deposito già operanti con successo in diversi Paesi UE, sia:

  • di portata nazionale
  • obbligatorio per i Produttori
  • che copra tutte le tipologie di contenitori per bevande. 

Un sistema così configurato ci consentirebbe di proteggere il nostro ambiente, favorire la transizione verso l’economia circolare e raggiungere gli obiettivi europei in materia di raccolta selettiva e riciclo. Così facendo, la nostra iniziativa si vuole raccordare anche con le attuali iniziative delle istituzioni UE, che stanno considerando un possibile approccio al DRS comune in tutta Europa, ispirato ai principi sopra specificati, in modo da renderlo performante ed efficace in tutti i Paesi in cui ancora non c’è uno schema di tale tipo.

La differenza tra i tassi di intercettazione delle bottiglie per bevande tra i Paesi Membri con e senza tale sistema in vigore (rispettivamente, 94% e 47%) manda un segnale inequivocabile. I tassi medi di intercettazione degli imballaggi per bevande nei DRS attivi in Europa superano il 90%.

Le indicazioni su come partecipare alla campagna si trovano alla sezione del sito Partecipa dove è possibile firmare la nostra Petizione e ricevere indicazioni su come aderire come associazione nazionale e locale, aggiungendosi alle organizzazioni già presenti nella sezione Adesioni. Per saperne di più sui Sistemi di Deposito visita la sezione dedicata.

Leggi il Comunicato stampa in inglese.

(1) Uno specifico emendamento passato all’interno del Decreto Semplificazioni convertito in legge nel luglio del 2021 apre la strada all’introduzione di un Sistema di Deposito per imballaggi di bevande in Italia. Come stabilito nell’emendamento, il Ministero della Transizione Ecologica (MoE) in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico è incaricato di redigere gli Atti Attuativi per l’introduzione del DRS. Il testo di tale emendamento è ancora molto generico e manca di dettagli di non poco conto e quindi aperto a qualsiasi possibile esito. Ad esempio nelle seguenti diciture «gli operatori economici, in forma individuale o in forma collettiva, adottano sistemi di restituzione con cauzione nonché sistemi per il riutilizzo degli imballaggi. (…) I negozianti che lo adotteranno potranno ottenere premialità e incentivi economici ». Motivo per cui la nostra associazione – con la collaborazione di partners nazionali e internazionali – ha lanciato una campagna a livello nazionale che ha come principale obiettivo informare e facilitare il processo politico in corso, in modo da guidarlo verso un sistema più performante, in linea con i DRS già adottati in altri Stati membri dell’UE.