Il Dossier
Contributo Ambientale Conai : tra i più bassi d’Europa e cosa ne consegue
Il Conai rivendica a sostegno della bontà del proprio operato l’introduzione del Contributo ambientale (CAC) più basso d’Europa e di operare “con costi, per il sistema delle imprese, minori della media europea”. Secondo il Conai il sistema italiano “viene visto con interesse” in Europa. Sicuramente il nostro sistema potrà incuriosire le aziende degli altri paesi che devono pagare contributi più alti ai loro sistemi di raccolta almeno sino a che non ne approfondiscono le ragioni. Uno studio condotto per conto della Commissione UE da Sofres (“Cost efficiency of packaging recovery system”, 2000) poi ripreso da ISPRA nel 2001, aveva già mostrato che i costi reali del sistema di recupero e riciclaggio esistenti nei diversi paesi esaminati (Germania, Olanda, Francia e Gran Bretagna) fossero molto meno distanti di quanto non fossero invece i contributi ambientali.
La differenza dei contributi ambientali, più che dai costi specifici di raccolta, deriva da altri elementi come: a) la ripartizione tra costi imputati al sistema delle imprese e costi a carico della fiscalità generale (cioè della collettività). In alcuni paesi, come la Germania e l’Austria, i costi sono completamente a carico del sistema delle imprese, mentre in altri paesi, come la Francia o l’Italia, sono ripartiti tra le imprese (attraverso il contributo ambientale) e la collettività. Laddove vige il principio di responsabilità condivisa i costi delle operazioni di raccolta sono solo in parte a carico dei consorzi di gestione del recupero degli imballaggi e vi è quindi un sussidio da parte della fiscalità collettiva alle operazioni di recupero e riciclaggio; b) l’entità della quantità effettivamente raccolta e riciclata: laddove i quantitativi recuperati sono inferiori, il contributo ambientale, comunque pagato sul 100% dell’immesso al consumo, viene impiegato per recuperarne una quota inferiore e quindi con costi totali più bassi che consentono di minimizzare il contributo ambientale.
La situazione italiana ne è la dimostrazione più lampante poichè il sistema attuale si regge grazie alla suddivisione dei costi fortemente sbilanciata a discapito degli “ultimi anelli della catena”enti locali cittadini invece che pesare maggiormente sui produttori. Entrambi i soggetti devono pagare i costi di una produzione di imballaggi non governata a monte da un “serio” programma di prevenzione e riduzione nella produzione degli imballaggi. Per programma “serio” si intende un piano provvisto di obiettivi stringenti e misurabili da raggiungere (anche attraverso il riutilizzo degli imballaggi) entro un arco temporale predefinito. Questo sistema penalizza chiaramente gli enti locali e i cittadini che pagano gli imballaggi quando acquistano i beni e nuovamente quando pagano per raccolta e smaltimento. E’ ovvio che le aziende italiane siano contente di risparmiare sui prodotti destinati al mercato nazionale, ma cosa ne ritorna al cittadino? Nonostante il risparmio di cui godono i produttori/utilizzatori italiani di imballaggi l’Italia è diventata in pochi anni uno dei paesi europei con l’Indice di Livello dei Prezzi (PLI) più elevato in Europa. Parallelamente le tariffe per la raccolta dei Rifiuti Urbani in Italia, su cui incidono in particolare i costi della raccolta degli imballaggi, sono invece aumentate in media del 57 % nel solo periodo 2001-2010. Il contributo ambientale in Italia è oggi mediamente quattro volte inferiore rispetto agli altri Pesi europei e l’incidenza del CAC sul costo finale dei prodotti al consumo è irrisoria (in media lo 0,01 % del prezzo di vendita) come possiamo meglio vedere dalle seguenti tabelle.