Il Dossier
Il confronto con il resto d’Europa dimostra, ad esempio, che in Francia chi produce imballaggi in carta e cartone deve versare 160 euro a tonnellata di contributo ambientale per rimborsare i Comuni francesi dei costi per la gestione a fine vita di tali imballaggi (tale contributo incide per il 0,4 % sui costi al consumo). In Italia il contributo è invece di 6 euro a tonnellata ed incide per lo 0,015 % sui prezzi al consumo. Nonostante questa differenza che dovrebbe rendere tali prodotti leggermente meno costosi in Italia, si è potuto verificare che i prezzi al consumo in Francia, a parità di prodotto ed imballaggio, sono perfino più contenuti. Inoltre in Francia per i contenitori poliaccoppiati non facilmente riciclabili è stato introdotta una penalizzazione che raddoppia l’incidenza del contributo e, al contrario, per quelli che introducono varianti per rendere più semplice il riciclaggio viene riconosciuto un bonus che dimezza il contributo.
Nel 2007 il CAC medio europeo risultava infatti pari a 126 €/t un livello circa quattro volte superiore a quello italiano pari a 34 €/t (si veda grafico successivo).
In controtendenza rispetto agli altri paesi europei (dove la crescita dei quantitativi di imballaggi recuperati ha naturalmente determinato anche un aumento dei CAC) il costo medio del CAC italiano è diminuito dal 2010 in poi sino alla leggera risalita per qualche materiale come da tabella. Il CAC per la plastica ha subito variazioni più frequenti. Il valore del contributo per la plastica che appare nella tabella di confronto europeo è passato nel gennaio del 2014 a 140 euro e a 188 euro nel gennaio 2015.
Replica alle obiezioni su questa proposta apparse sui media da parte di Anci e Conai
Da parte sua il Conai ha sempre affermato di aver ridotto i costi del contributo ambientale dovuto dalle aziende per non metterle in difficoltà in questo periodo di crisi e perché, altrimenti, i costi sarebbero stati spalmati sui consumatori finali. Si allinea su questa posizione anche Filippo Bernocchi, delegato ANCI per rifiuti ed energia quando replica alla nostra richiesta di una rimodulazione del CAC affermando che un aumento dello stesso “si scarica sempre sul consumatore nel momento in cui acquista il prodotto“. Quindi, “quando si suggerisce di aumentare i soldi destinati ai Comuni triplicando il Cac vuol dire inventare una nuova tassa da un miliardo“. Questa tesi conduce diritta a due considerazioni. La prima è che se il contributo ambientale è stato ridotto per non mettere in difficoltà le aziende, ben sapendo che meno risorse in entrata significano anche meno risorse per i comuni (e più tasse per i cittadini) va preso atto che nella trattativa tra anci e conai sono gli interessi che difende il Conai ad essere maggiormente considerati/tutelati. La seconda è che quando si parla di un aumento applicabile su cifre irrisorie (come illustrato nelle precedenti tabelle il CAC incide sul costo del prodotto in una percentuale dell’ordine dello 0,0X) viene difficile quantificarne l’impatto economico sul singolo prodotto. Attualmente il CAC incide su una fattura di 10.000 euro di materiale da imballaggio con 7 euro. Come affrontato precedentemente se le aziende all’estero, ad esempio in Germania e Belgio, o quelle nazionali che verso quei paesi esportano, avessero dovuto ribaltare sul costo dei prodotti il CAC molto più alto che si paga in Germania o Belgio, avremmo dovuto riscontrare lì prezzi dei prodotti di largo consumo ( latte, marmellata, succhi, etc) molto più alti, mentre così non è… Inoltre essendo questa proposta abbinata alla seguente che prevede un contributo ambientale modulato sul grado di riciclabilità degli imballaggi, le aziende che pagherebbero di più sono quelle che immettono imballaggi problematici rispetto alla gestione del fine vita al contrario delle aziende più virtuose che progettano gli stessi secondo i principi dell’ecodesign.