Caro Presidente del Consiglio

Illustrissimo Presidente,

Scriviamo a seguito dell’Assemblea straordinaria dello scorso 8 maggio dell’Associazione dei Comuni Virtuosi, la rete di enti locali che ci onoriamo di rappresentare, nata nel 2005 e che conta oggi 130 comuni sparsi su tutto il territorio nazionale. Insieme a 50 tra sindaci, assessori e consiglieri comunali, ci siamo collegati in streaming per condividere riflessioni, proposte e prospettive nel pieno di un’emergenza che ha visto in pochissime settimane cambiare il mondo e di conseguenza le nostre piccole o grandi comunità locali.

Sono stati mesi complicati e drammatici, nessun altro meglio di Lei sa di cosa stiamo parlando. I sindaci sono il terminale delle istituzioni repubblicane, il km. Zero della democrazia. Noi sindaci non abbiamo filtri o anticamere, tutti i giorni siamo in contatto diretto con i cittadini che amministriamo e con i quali condividiamo la quotidianità. Abbiamo visto morire decine di parenti, amici, conoscenti. Pezzi interi di comunità che se ne sono andati in silenzio, quasi sempre soli, in un dolore intimo e collettivo che non ha precedenti nella storia recente dei nostri territori. All’emergenza sanitaria si è subito affiancata quella sociale, economica ed occupazionale, mettendo in discussione l’ordine delle priorità, i programmi e le progettualità previste fino a pochi giorni prima da tutti i comuni colpiti dalla pandemia.

Abbiamo dovuto azzerare tutto, fermarci, e costruire daccapo esperimenti di welfare emergenziale che hanno in primis tentano di arginare l’emorragia, sottraendo interi nuclei familiari alla minaccia della povertà e dell’isolamento. Ci siamo fatti carico di tradurre in pratica molti dei provvedimenti previsti dal Suo Governo, e ce la stiamo mettendo davvero tutta per mantenere uniti i paesi e quindi il Paese nel suo insieme.

In questo inizio di cosiddetta fase due sentiamo l’esigenza di esprimerle tutte le nostre preoccupazioni, avanzando al contempo una serie di richieste e proposte che possano aiutarci ad esercitare al meglio il nostro ruolo istituzionale temporaneo. Non le nascondiamo che in questi mesi ci siamo sentiti spesso lasciati soli, senza informazioni, con pochi strumenti (risorse economiche e risorse umane), schiacciati dal peso di una burocrazia quanto mai intollerabile e incapaci di agire speditamente come una situazione di emergenza richiederebbe per rendere più efficaci le misure studiate. 

Di qui il senso di convocare un’assemblea straordinaria per raccogliere le voci e i suggerimenti di un’Italia marginale, fatta di donne e uomini che si spendono per il bene comune, in prima linea al pari di medici ed infermieri, forze dell’ordine e insegnanti… a svolgere un ruolo altrettanto importante nello scacchiere istituzionale della nostra Repubblica. Mi creda, le testimonianze raccolte in una riunione durata alcune ore, hanno restituito il senso di uno sforzo collettivo che non può essere dimenticato, ma semmai affiancato e supportato con i giusti strumenti operativi. I nostri sindaci chiedono questo, in fondo: di essere messi nelle condizioni di poter svolgere al meglio il proprio compito, e di immaginare una nuova fase che non sia la ripartenza del mondo com’era prima, ma la progettazione di una società che rimetta al centro le persone, la cura del creato, e la sostenibilità ambientale come paradigma culturale ed economico per ricostruire la società dalle macerie di un modello di sviluppo che dobbiamo avere il coraggio di abbandonare.

Le nostre proposte

Questa pandemia ha reso evidente quanto sia importante investire nella sanità pubblica potenziando le reti territoriali dei servizi, mettendo i sindaci (massima autorità sanitaria locale) nelle condizioni di conoscere la situazione legata ai contagi, riaffermando la centralità della sanità pubblica come bene comune fondamentale.

L’emergenza sanitaria ha colpito duramente il sistema educativo e il modello di servizi alla persona che negli anni abbiamo faticosamente costruito. I più giovani e i più anziani hanno pagato il prezzo più caro della crisi: la scuola e le strutture di cura si sono rivelati i luoghi più vulnerabili. Alla luce della necessità di un distanziamento fisico, il dibattito e le problematiche che dovevamo affrontare fino a poche settimane fa sono stati letteralmente rivoluzionati e superati. Oggi è necessario un ripensamento degli spazi educativi e di cura, che puntino a progetti diffusi sui territori, che valorizzino anche per esempio esperienze a contatto con la natura, come il progetto di uno dei nostri comuni: la scuola nel bosco. Più in generale la conciliazione dei tempi di cura e di lavoro e l’acquisizione di competenze sono una priorità. Occorre quindi ridefinire un’idea di welfare che rimetta al centro le famiglie, con i bisogni prima di tutto ma anche con le potenzialità e le risorse che possono mettere a disposizione del sistema di cura. Infine, l’attivazione di tanti progetti di smartworking ha rimesso al centro la necessità di armonizzare i tempi di vita e di lavoro e di acquisizione di competenze di care givers. 

Occorre cambiare modello di sviluppo. Non possiamo più tornare al mondo com’era un giorno prima del lockdown. Serve un salto di qualità, che nelle comunità locali significa investimenti per la manutenzione ordinaria e straordinaria di scuole ed edifici pubblici, nell’ottica di una messa in sicurezza e di una riconversione energetica. Serve investire nella cura del territorio, e negli interventi di prevenzione contro il dissesto idrogeologico. Serve intervenire per consentire ai comuni di ampliare l’offerta abitativa residenziale pubblica. Serve portare almeno una biblioteca in tutti i comuni italiani, dando valore alle specificità culturali, storiche e turistiche dei nostri borghi e paesi, al fine di ingenerare un circolo virtuoso tra investimenti, occupazione lavorativa e competitività imprenditoriale. Serve un piano straordinario di riforestazione urbana. Così come occorre ripensare la mobilità nell’ottica di una radicale conversione ecologica: percorsi ciclopedonali sicuri, potenziamento trasporto pubblico locali, incentivi per l’uso della bicicletta anche per i borghi e i paesi, non solo per le città.


Dobbiamo dotare di specifiche risorse straordinarie gli Enti locali più colpiti dalla pandemia affinché continuino con efficacia a garantire servizi ai cittadini, con particolare attenzione alle categorie più fragili e deboli.

Si chiede la semplificazione legata alla burocrazia e a tutte le procedure per operare con la massima celerità e prontezza, per velocizzare le opere più importanti e gli interventi necessari, tramite uno snellimento ed una sburocratizzazione di tutti i procedimenti amministrativi.

Chiediamo di istituire un fondo speciale per i Comuni di almeno 5 miliardi ed un fondo straordinario per i comuni che patiscono una riduzione dei flussi turistici da questa emergenza, prevedendo modalità di assegnazione che tengano conto non solo della popolazione residente ma anche dell’incidenza in termini di contagio del Coronavirus e della localizzazione geografica sul territorio, favorendo i comuni nelle aree interne e di montagna.

Occorre conferire ai Sindaci i poteri necessari per operare con la massima celerità e prontezza per velocizzare le opere più importanti e la ripartenza.

Siamo per nuova idea di federalismo, lontano dalle sirene che negli ultimi anni hanno avvelenato un tema caro agli italiani sin dall’800. Durante questi mesi di emergenza, abbiamo dovuto interpretare in continuazione norme provenienti da Stato e Regioni (che hanno passato molto tempo a litigare tra loro spiacevolmente). Lo abbiamo fatto da soli. Per molti cittadini siamo stati l’unica presenza dello Stato vicino a loro. Dobbiamo ripartire da qua, togliere alcune rappresentanze territoriali ormai superate, ridare ruolo ai Comuni e, nel caso delle aree interne, alle Comunità Montane.

Dobbiamo superare la burocrazia. Abbiamo dimostrato che si lavora bene anche con meno vincoli burocratici inutili. Tenere ciò che serve per lavorare in maniera trasparente, e togliere il resto.

Creiamo un’alleanza delle montagne italiane, ed in generale, delle aree interne. Durante queste settimane ci siamo sentiti molte volte, per capire come agire, con paesi lontanissimi tra loro, ma che vivono situazioni molto simili. 

Le nostre priorità sono quelle che consentiranno alla gente di restare a vivere nelle nostre comunità. Accanto al diritto di ciascuno di poter migrare per raggiungere la propria felicità, c’è spesso il racconto di non essere riusciti ad avere gli strumenti nel paese per realizzarsi. Dobbiamo cercare di colmare questo gap, puntando su infrastruttura digitale, ambiente, socialee, soprattutto educazione e bambini. Una serie di misure per incentivare ed agevolare il ritorno ai luoghi dell’emigrazione, perché oggi è possibile, ed è anche utile, sia alle città che ai borghi, e quindi all’Italia.

Chiediamo di sostenere le produzioni agroalimentari locali, biologiche e sostenibili e le realtà commerciali di vicinato.

In questi mesi c’è un intero pezzo di società che sembriamo aver dimenticato dal dibattito pubblico e dalle possibili soluzioni per restituire loro il vivere insieme: i bambini e i ragazzi. Occorre curare la funzione educativa della comunità in relazione alla responsabilità che ciascun individuo ha nella protezione della collettività ed in particolare della sua parte fragile.

Per questo abbiamo chiesto un piano straordinario di investimenti sul patrimonio edilizio scolastico, in modo da ripensare gli spazi e le modalità di gestione delle lezioni alla ripresa della didattica, pensando a modelli come le scuole nel bosco, le lezioni all’aperto, ecc. Servono a questo proposito linee guida chiare il più velocemente possibile, per consentirci di intervenire sugli edifici e creare le condizioni di sicurezza per alunni e personale.


Il mondo della cultura è uno tra i più colpiti. Occorre ripensare al più presto, insieme agli operatori culturali, la programmazione di rassegne, manifestazioni, festival, immaginando nuove modalità di incontro pubblico e condiviso, prevedendo al contempo risorse sufficienti a garantire un reddito a tutti gli operatori del settore, che sarà uno degli ultimi a ripartire.

E’ necessario ripensare profondamente gli spazi pubblici, avendo finalmente il coraggio di rivoluzionare il sistema della mobilità nel nostro Paese. Convertire tutte le risorse previste dal Governo centrale e dalle Regioni per un grande piano di interventi legati alla mobilità sostenibile, rilanciando il ruolo della bicicletta come punto di riferimento per la nostra convivenza con il virus all’interno degli spazi urbani, e del trasporto pubblico locale.

Caro Presidente, dobbiamo fare squadra, non come slogan ma come preciso impegno programmatico. Rilanciare il Paese dalla prospettiva dei paesi, che non sono il luogo del passato, ma un luogo di anticipo. I nostri borghi non chiedono di essere semplicemente abitati, ma abilitati. Armonizzando i tempi delle città, rallentando per prendere così la velocità degli ultimi, che questa crisi rischia di moltiplicare in un circolo vizioso che ci vedrà rincorrere le emergenze, più che programmare un futuro altro. A meno che non si riesca sul serio a mettere in campo una rivoluzione culturale all’altezza di questo tempo drammatico. Possiamo farcela, se lo faremo insieme.

Elena Carletti

Sindaco di Novellara (RE)

Presidente Associazione Comuni Virtuosi

Marco Boschini

Coordinatore Associazione Comuni Virtuosi