Comunicazione pro-plastica: poco efficace, autoreferenziale e non esente da greenwashing

A DISTANZA DI QUALCHE ANNO DA QUESTE INIZIATIVE A CHE PUNTO SIAMO?

Siccome non si sono verificate negli ultimi anni cambi di rotta importanti nella comunicazione e nelle campagne del settore dell’industria della plastica che si dice impegnato a cambiare la percezione sul materiale, proviamo a mettere in fila alcune osservazioni su quali potrebbero essere invece le caratteristiche che una comunicazione efficace dovrebbe avere. La premessa consiste nell’evitare generalizzazioni sul tema parlando di plastica con un pubblico che non ne sa distinguere le applicazioni. Precisare quindi nella comunicazione di quali tipologie ed utilizzi di plastica si sta parlando: granuli/pellets (materia prima per prodotti), imballaggi, applicazioni monouso, manufatti durevoli, dispositivi medici e via dicendo. Questo per evitare di creare confusione e discussioni surreali in cui si formano fazioni che si affrontano con le argomentazioni ricorrenti senza entrare nel vivo dei problemi, degli attori coinvolti e delle possibili soluzioni.

Alcune delle proposte di Miglioramento e non solo di comunicazione

  • Riconoscimento delle responsabilità dell’industria: anziché attribuire la responsabilità della situazione attuale ai soli consumatori l’industria dovrebbe riconoscere gli errori compiuti nella gestione del materiale e assumere un ruolo attivo nella progettazione di politiche per ridurre l’over-packaging e supportare il miglioramento della raccolta ( che non viene ancora finanziata adeguatamente ai Comuni) e il riciclo, piuttosto che attribuire la colpa ai soli consumatori. È fondamentale che l’industria riconosca anche gli errori fatti nella gestione della plastica che hanno portato ad una dispersione nell’ambiente a livello globale ( se vogliamo parlare dei 10 fiumi più inquinati bisogna anche parlare delle cause e responsabilità). Non perché tali errori siano stati di totale responsabilità dell’industria, ma perché l’industria è sempre stata consapevole dei propri impatti sui territori dove operava. Ne conosceva le politiche sui rifiuti nazionali e locali, l’assenza di misure preventive sulla dispersione della plastica nell’ambiente, e la presenza (o meno) di infrastrutture di raccolta e riciclo in grado di gestire il fine vita degli imballaggi che immettevano al consumo in quei mercati. Per fare un paio di esempi: oltre alla dispersione dei pellets nell’ambiente e in particolare durante i trasporti via mare che non è stata ancora risolta, nonostante l’industria già da inizio anni 70 sapesse del problema della plastica nei mari, sono state immessi al consumo imballaggi in plastica in paesi privi di sistemi basici di raccolta dei rifiuti, figurarsi infrastrutture di riciclo. L’industria della plastica e della chimica, invece di collaborare con i governi locali per trovare delle soluzioni, hanno combattuto anche legalmente ogni tipo di regolamentazione che potesse diminuire il consumo di imballaggi monouso: dai sacchetti in plastica ad ogni tipo di contenitore da asporto e accessori vari come cannucce, agitatori, ecc. Ancora oggi nei paese sottosviluppati vengono commercializzati prodotti vari monodose in sachet: bustine in poliaccoppiato che finiscono direttamente in acqua. Affrontare le proprie responsabilità e fornire risposte concrete per ridurre l’impatto ambientale dei propri prodotti, è il primo passo per cambiare la percezione del materiale nel pubblico.
  • Ecodesign e Innovazione: è necessario ripensare il design dei prodotti plastici e quali polimeri privilegiare in considerazione della reale capacità di riciclo su scala esistente per ogni singolo flusso in ogni singolo paese/mercato. Anche in relazione alla potenzialità per ciascun polimero di raggiungere quelle quantità necessarie da rendere economicamente sostenibile il loro riciclo. Una delle raccomandazioni del programma per un economia circolare delle plastiche della Ellen McArthur Foundation del 2016 alla strategia del riciclo era proprio quello di convergere su un numero limitato di polimeri. Una raccomandazione suggerita dalla stessa industria della plastica che aveva partecipato alla redazione del report ma che non ha trovato attuazione. Non ha infatti alcun senso ambientale ed economico continuare a termovalorizzare quasi metà degli imballaggi raccolti in modo differenziato (con costi prevalentemente coperti dai Comuni) che sono si potenzialmente riciclabili, ma che Corepla destina all’incenerimento per le ragioni economiche prima citate.
  • Comunicazione e azione efficace: la comunicazione dovrebbe includere storie e argomenti che risuonino con il pubblico, affrontando le loro preoccupazioni e proponendo soluzioni pratiche per ridurre l’inquinamento. Anziché aspettarsi che il pubblico comprenda da solo la complessità del problema, la comunicazione dovrebbe fornire informazioni chiare sulle implicazioni ambientali di una cattiva gestione della plastica ma soprattutto proporre soluzioni concrete per ridurre l’impatto della plastica monouso come il riuso in cui anche la plastica potrebbe avere un ruolo importante.

(1) Un ricercatore ha obiettato a DeArmitt su LinkedInche sono oltre 200 gli studi recenti che dimostrano i potenziali effetti nocivi delle micro e nanoplastiche fornendo qualche esempio. Chi è in grado di entrare in questo dibattito?

Microplastics Suspected to Cause Fertility, Gut, And Lung Issues, Warns New Review Picking out some of the strongest evidence on microplastics published between 2018 and 2024, the team has identified several health risks to the digestive, reproductive, and respiratory systems of animals.

Discovery and quantification of plastic particle pollution in human blood
Micro and nano plastics tend to bioaccumulate causing the concentrations to increase overtime. These high concentrations represented in some studies are totally possible

The nephrotoxic potential of polystyrene microplastics at realistic environmental concentrations
A 2022 study finds a 30 ng/mL concentration (very low) of PS micro plastics causes a significant decrease in cell vitality. 

Discovery and quantification of plastic particle pollution in human blood
A 2022 study found that 17/22 healthy blood donors had PET, PE, PS, and PMA at a mean concentration of 1.6 ug/mL in their blood streams (very high).

Microplastics release phthalate esters and cause aggravated adverse effects in the mouse gut

Not only are micro plastics potentially harmful but also the can act as vectors for other toxic particles. Deng et al. reported that micro and nano plastics can release phthalate esters and cause exacerbated toxic effects. Ortho-Phthalate esters additives are hormone disrupting molecules and may represent up to 50% of material makeup of some plastic parts.

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