Incentivare il mercato del riciclo

Sono passati vent’anni dal recepimento della normativa Comunitaria sui rifiuti da imballaggio da parte della normativa Italiana con l’emanazione del Decreto Ronchi. Iniziò allora l’epoca della raccolta differenziata e del riciclo. A quattro anni di distanza, in previsione del nuovo Accordo Quadro vogliamo riprendere da dove ci eravamo interrotti, lasciando la parola agli addetti ai lavori con una piccola serie di interviste.

Intervistiamo oggi Diego Barsotti, responsabile della comunicazione di Revet e Revet Recycling[1]

Vent’anni dal recepimento della Direttiva Europea sugli imballaggi, dal Decreto Ronchi e dalla nascita di Conai. Qual è la vostra valutazione di questi due decenni di RD in Italia?

Sicuramente sono stati vent’anni importanti che hanno permesso alle raccolte differenziate di svilupparsi e crescere, di raggiungere dei quantitativi dignitosi su tutto il territorio nazionale, visto che negli ultimi anni abbiamo assistito ad una decisa ripresa del Sud Italia. Dobbiamo considerare che siamo partiti in un ritardo considerevole: il decreto Ronchi è del ’97 quando in Germania esistevano già da tempo le raccolte differenziate [2].

In Italia da subito, però, si sono palesati anche i punti di debolezza e le mancanze. Ad esempio non sono mai arrivati i decreti attuativi, che erano attesi nel giro di pochi mesi. Erano decreti che avrebbero dovuto normare aspetti fondamentali, come la standardizzazione delle modalità di calcolo della raccolta differenziata, in modo che in tutta Italia ci fosse omogeneità, cosa che ancora non c’è.

Un altro aspetto fondamentale trascurato all’epoca, questa volta riguardante la comunicazione al cittadino, era la necessità di creare uniformità nelle modalità di raccolta su tutto il territorio nazionale. Penso soprattutto ai colori dei contenitori utilizzati e alle difficoltà che ognuno di noi trova in zone differenti da quella di cui è originario, ad esempio in vacanza.

Sempre in ambito comunicativo, è estremamente difficile, e spesso controproducente, far passare correttamente il concetto secondo cui si raccolgono solo gli imballaggi.

Proprio la differenziazione fra imballaggi e non imballaggi è uno dei punti che l’Associazione Comuni Virtuosi indica come perfettibili. Qual è la posizione di REVET?

Intanto va fatta una distinzione, visto che già oggi per alcuni tipi di materiali il cui riciclo è economicamente sostenibile, il discorso imballaggi/non imballaggi è sorpassato e si tende ad accettare tutto, come per esempio (da qualche anno) per i metalli, e da sempre per carta e cartone. Ciò non avviene per le plastiche, perché riciclarle è molto più difficile e costoso e dunque nella raccolta differenziata finiscono solo gli imballaggi per i quali è previsto il pagamento del contributo ambientale Conai. Del resto è vero anche che rispetto a molti altri paesi europei in Italia abbiamo inserito nelle raccolte differenziate molti tipi di imballaggi in plastica (il cosiddetto plasmix) che altrove neppure vengono differenziati. Molti Paesi cioè hanno deciso di investire solo sugli imballaggi più numerosi e più facili da riciclare: bottiglie e flaconi.

Quali potrebbero essere i vantaggi del superamento della raccolta di soli imballaggi?

I vantaggi sarebbero soprattutto legati ad una maggiore facilità di comunicazione verso i cittadini. Gli svantaggi al possibile aumento della raccolta in maniera differenziata di materiale che non si può riciclare. Questo è un altro aspetto non sottovalutabile, perché di non riciclabile nelle raccolte differenziate (tralasciando gli errori di conferimento) abbiamo già molto. Facciamo l’esempio concreto di una vaschetta di polistirolo. Se fa tutti i passaggi in un impianto di selezione, arriva alla fine completamente sbriciolata, quindi non è riciclabile e va a smaltimento.

Ma di debolezze ce ne sono tante altre.

Ad esempio?

La debolezza maggiore, dal nostro punto di vista, è che per anni si è continuato a raccontare che la raccolta differenziata fa risparmiare i cittadini: la RD costa, così come la raccolta porta a porta ha un costo mediamente maggiore di altre metodologie (a fronte ovviamente di una qualità migliore del materiale raccolto). Per troppo tempo ci si è limitati all’obiettivo del 65%, che sia chiaro è e resta un obiettivo di legge, senza poi interessarsi a quello che avveniva dopo e all’effettivo riciclo della materia.

Negli ultimi anni però l’attenzione sulla qualità è cresciuta non di poco, visto che è la ratio che stabilisce il valore dei corrispettivi CONAI ai Comuni.

Proprio i controlli di qualità finalizzati alla quantificazione dei corrispettivi, e gestiti dagli stessi consorzi che quei corrispettivi devono erogare, sono oggi al centro di polemiche non trascurabili.

Quello che ci preme sottolineare è che le amministrazioni devono smettere di fermarsi al numerino rappresentato dalla percentuale di RD, su cui imbastiscono le loro comunicazioni e le loro conferenze stampa. Il problema è che per parlare di ciclo complessivo, mancano due aspetti fondamentali: da una parte il riciclo, che non gode della dovuta attenzione, quasi che i rifiuti spariscano con la bacchetta magica dopo averli suddivisi in mucchietti più o meno omogenei; dall’altra è necessario un mercato, perché se nessuno acquista il materiale riciclato l’economia circolare rimane un sogno virtuoso e fare la raccolta differenziata serve a poco. E su questo punto la Pubblica Amministrazione, le cui spese pesano per il 20% del PIL, può fare davvero molto: l’aumento delle quote di acquisto da parte delle PA di prodotti realizzati con materia prima riciclata sarebbe l’apertura di un mercato importante, oltre ad un segnale forte anche ai cittadini.

Come si può dunque aiutare un settore in crisi come quello del riciclo?

Cominciamo a spostare spese ed investimenti non solo sulle raccolte differenziate, ma sul riciclo.

E poi proviamo a fare un ragionamento: un oggetto in plastica riciclata in precedenza era un altro oggetto, su cui era già stata pagata l’IVA. Quindi se pago l’IVA anche sul riciclato, la pago due volte su uno stesso materiale. Non ha senso.

Inoltre, siccome oggi in Italia per risollevare l’economia di certe filiere produttive vanno tanto di moda gli incentivi, dopo aver incentivato gli armadi a muro prima e terrazzi e balconi ora, perché non incentivare il mercato del riciclato? O quantomeno abbattere l’IVA, visto che è già stata pagata?

Ci sono tre proposte di legge attualmente in discussione fra Senato e Camera con la possibilità di essere inserite come emendamento sulla legge di bilancio, che andranno probabilmente ad essere cancellate. Probabilmente perché gli incentivi al mondo del riciclo danno noia ad altre filiere industriali, che vedrebbero diminuire quelli destinati a loro.

Eppure il ragionamento sugli incentivi al riciclo è paragonabile a quello che si fece sulle energie rinnovabili. L’Italia partì sulle rinnovabili in forte ritardo rispetto agli altri Paesi Europei. Bisognava dunque attivare un mercato velocemente e si decise di ricorrere agli incentivi. E il risultato è che oggi abbiamo costruito un settore che può camminare autonomamente. Se è stato giusto incentivare la rinnovabilità dell’energia, perché adesso non si pensare a incentivare la rinnovabilità della materia?

[1] Revet è un’industria leader nella gestione integrata del ciclo dei rifiuti e serve circa 200 amministrazioni comunali e oltre l’80% della popolazione toscana – www.revet.it; Revet Recycling srl è l’azienda manifatturiera che gestisce il riciclo delle plastiche miste attraverso l’impianto di produzione dei profili destinati principalmente all’arredo urbano e attraverso l’impianto di produzione di granulo – www.revet-recycling.com

[2] In Germania il decreto Toepfer, dal nome del ministro dell’ambiente tedesco, è entrato in vigore in Germania nel giugno ’91 stabilendo che dovevano essere le stesse aziende produttrici e distributrici a farsi carico non solo del recupero e del riciclaggio, ma anche della raccolta di tutti gli imballaggi. Produttori e commercianti avevano quindi dovuto creare fin dal 1992 un sistema autonomo di raccolta di questi materiali, il dual system (ndr).

[1] Revet è un’industria leader nella gestione integrata del ciclo dei rifiuti e serve circa 200 amministrazioni comunali e oltre l’80% della popolazione toscana – www.revet.it; Revet Recycling srl è l’azienda manifatturiera che gestisce il riciclo delle plastiche miste attraverso l’impianto di produzione dei profili destinati principalmente all’arredo urbano e attraverso l’impianto di produzione di granulo – www.revet-recycling.com

[1] In Germania il decreto Toepfer, dal nome del ministro dell’ambiente tedesco, è entrato in vigore in Germania nel giugno ’91 stabilendo che dovevano essere le stesse aziende produttrici e distributrici a farsi carico non solo del recupero e del riciclaggio, ma anche della raccolta di tutti gli imballaggi. Produttori e commercianti avevano quindi dovuto creare fin dal 1992 un sistema autonomo di raccolta di questi materiali, il dual system (ndr)