La mia patria rimpicciolisce
Ogni giorno che passa, la mia patria rimpicciolisce. Era una nazione, in tre mesi è diventata una manciata di provincie, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini: un pezzetto di quella di Bologna, un morso di quella di Pesaro, una virgola di quella di Firenze.
Siamo qua che ci arrangiamo, tra quartieri e paesi che hanno ancora l’aria di Kabul dopo un bombardamento, strade che sembrano puzzle sparpagliati da un bambino dispettoso, montagne che potrebbero venire giù da un momento all’altro e famiglie che non hanno rimasto manco gli occhi per piangere. Come capita alle persone per bene, ci attacchiamo al cazzo.
Continuiamo a lavorare, a pagare quello che dobbiamo pagare, alla mercé dei giochetti elettorali di Roma. Ma che ci frega? Roma è la capitale di un’altra nazione. Perché dovrebbe aiutarci?È loro interesse che noi si debba campare così, in un modo da far vergognare anche Dio.
Oggi ci do giù di graticola con castrato e costola, alla faccia vostra. Quando verrete per chiedermi qualcosa, perché sempre venite a chiedere qualcosa prima o poi, avrò solo ossa per voi.
Cristiano Cavina, Casola Valsenio (RA), Romagna, scrittore