Le olimpiadi del buon senso
Le case, tutte le case, andrebbero costruite a partire dalle fondamenta. Con accortezza e senso di responsabilità. Con il giusto equilibro tra sicurezza e comfort, bellezza e sobrietà. Bisognerebbe valutarne tutti gli aspetti, verificare i pro e i contro che ci sono in tutte le cose della vita. E, una volta presa una decisione che sia il più possibile condivisa, agire di conseguenza.
Roma è una città pazzesca, per bellezza e complessità. E’ la città, la nostra capitale, che raccoglie su di sé l’atteggiamento da tifoseria tipico di un certo italico malcostume. Tutti prendono posizione, pretendendo di essere nel giusto. Ed è un progressivo e inarrestabile rinfacciarsi veri o presunti misfatti, cambi di casacca e posizione, democrazia più o meno evocata e cadute di stile.
Rispetto alla vicenda della candidatura lanciata a suo tempo per ospitare l’edizione 2024 delle Olimpiadi molto si è detto e si sta dicendo nelle ultime settimane (è stato uno dei temi caldi della campagna elettorale) e nelle ultime ore, a seguito della decisione ampiamente preannunciata e coerente con il programma di mandato della giunta Raggi di declinare l’invito ad accogliere i giochi.
Scelta legittima, s’intende. Così come legittime e inevitabili sono le valutazioni che arrivano più o meno urlate dal mondo politico e dai media.
A noi preme, qui, un altro tipo di ragionamento. Passate le polemiche e il lancio delle cifre come fossero giavellotti (mancati costi di gestione vs mancata occupazione ed opportunità di rilancio per la città) e delle accuse in un gioco delle parti che a volte sa di litigio da scuola elementare.
Perché non fare di Roma, qui e ora e non tra otto anni, la capitale europea della sostenibilità e dell’accoglienza? Cinque sono i cerchi olimpici che potrebbero corrispondere ad altrettante parole d’ordine su cui investire le risorse pubbliche: ambiente, disabilità, accoglienza, cultura, turismo.
Oggi Roma non sa come gestire la montagna di rifiuti che produce ogni giorno. E’ una città impossibile per chi porta sulle proprie spalle lo zaino ingombrante di una disabilità. E’ un luogo che poco accoglie ed integra, lasciando indietro i più poveri. Potrebbe essere il centro del mondo, per cultura e turismo, ma sappiamo bene che non è così.
Chiamatele priorità, obiettivi di basso profilo, piccole opere. O più semplicemente un’agenda del fare altrettanto ambiziosa per la quale investire, gettando lo sguardo un po’ più in là del solito naso.