Più plastica produciamo e consumiamo più ne mangiamo
La produzione della plastica in 50 anni è cresciuta 20 volte passando dalle 15 milioni di tonnellate del 1964 alle 311 milioni di tonnellate del 2014. Il trend di crescita non si ferma né rallenta visto che si prevede un raddoppio del consumo attuale nei prossimi 20 anni e una sua moltiplicazione per 4 al 2050.
Sempre l’articolo del Guardian prima citato avverte che il solo consumo di acqua in bottiglia, pari a 480 miliardi di bottiglie nel 2016, arriverà a 583,3 miliardi nel 2021, causando una gravissima crisi ambientale. Se consideriamo questi numeri, e il fatto che, a livello globale meno della metà di queste bottiglie non vengono intercettate per il riciclo, la strenua opposizione dell’industria del beverage, che si oppone al deposito su cauzione, non può che apparire altamente irresponsabile.
Un articolo pubblicato il 6 settembre 2017 dal Guardian tradotto da Eco dalle Città rende noti gli esiti di uno studio che ha analizzato campioni di acqua del rubinetto prelevati in diverse nazioni trovando, anche in quella sede, microfibre di plastica. La situazione peggiore si registra negli Stati Uniti dove il 94% dei campioni prelevati in vari siti è risultato contaminato. A seguire vengono Libano e India. Gli stati europei tra cui il Regno Unito, la Germania e la Francia registrano un tasso di contaminazione più basso, ma si parla pur sempre di un 72% dei campioni analizzati.
Per fare un raffronto tra USA e EU in un campione di 500 ml di acqua la quantità media di microfibre presenti varia dai 4.8 degli Stati Uniti al 1.9 dell’Europa.
Misure urgenti per regolamentare l’uso di plastica a contatto con il suolo
La plastica non è solamente fonte di inquinamento per i mari ma anche per i suoli, anche se il fenomeno è meno conosciuto e non arriva ancora sui media.
Secondo l’esperta di chimica del suolo Violette Geissen del dipartimento di Soil Physics and Land Management della Wageningen University & Research nei Paesi Bassi, andrebbero adottate urgentemente delle misure globali per regolamentare l’utilizzo della plastica a contatto con i suoli.
Sia in Europa che in molte parti del mondo la contaminazione dei suoli da parte della plastica è in crescita.
La pacciamatura, pratica diffusa in agricoltura utilizza teli di plastica posizionati sui terreni per prevenire la perdita di umidità , la crescita di erbacce e per trattenere in primavera il calore del sole. La coltivazione dell’asparago in Olanda avviene con questa tecnica e in Spagna intorno a Cartagena c’è un’area coltivata di seimila ettari coperta dalla plastica. In Cina la superficie occupata da coltivazioni che utilizzano la pacciamatura è di circa 20 milioni di ettari, cinque volte la dimensione dei Paesi Bassi.
La plastica sotto gli effetti della luce del sole e all’azione degli organismi che abitano i suoli si sbriciola gradualmente e le micro particelle di plastica si insinuano nei terreni agricoli raggiungendo anche strati profondi sino ad arrivare alle falde acquifere. I lombrichi fungono da vettori quando ingeriscono le microplastiche per poi reimmetterle nel terreno a maggiori profondità (1).
Una ricerca della Wageningen University ha rilevato che la plastica può anche entrare nella catena alimentare. Negli stomaci di polli provenienti dal Messico i ricercatori hanno trovato 60 frammenti di plastica per ogni grammo di tessuto.
Lo stesso vuoto normativo si ripropone con i pesticidi e residui che permangono per decenni nell’ambiente senza decadere. In Europa, l’uso di pesticidi è considerevole. Per ogni ettaro di coltivazione se ne impiegano annualmente circa un chilogrammo in Danimarca, 5,5 chili in Italia e nei Paesi Bassi anche 8,8 chili.
Uno studio condotto in dieci paesi europei ha rilevato trenta diversi composti di pesticidi in campi coltivati a mais, barbabietola, ortaggi e alberi da frutto. Solo il 34 % dei campi analizzati è risultato “pulito”. Le sostanze più comuni rilevate sono state glifosato (46 %), DDT (25%) e fungicidi (24 %).
“Per l’inquinamento da plastica così come per la contaminazione dei terreni da pesticidi nei suoli non esistono norma internazionali di salvaguardia. Per alcuni pesticidi di vecchia generazione sono state adottate delle norme a livello di singoli stati. E’ ora che venga introdotto un sistema di monitoraggio” ha affermato Violette Giessen nel corso di un’intervista apparsa recentemente sui media olandesi.
(1) Microplastics in the Terrestrial Ecosystem: Implications for Lumbricus terrestris (Oligochaeta, Lumbricidae).
Approfondimenti sulle microplastiche
Greenpeace
La plastica nel piatto, dal pesce ai frutti di mare
Marevivo
Le microplastiche microfonti di…. macroinquinanti !