Sistemi di deposito su cauzione: la via obbligata che conviene anche all’Italia
I sistemi di deposito cauzionali di bottiglie e altri imballaggi di bevande consentono di raggiungere altissime percentuali di raccolta differenziata. Sono un’opportunità per l’economia circolare, creano lavoro e fanno risparmiare gli enti locali. Ecco perché convegno a tutti, anche a chi oggi li ostacola
di Silvia Ricci per Economiacircolare.com
Troppi imballaggi dispersi nell’ambiente e la preoccupazione per l’inquinamento ormai pervasivo da plastica hanno riacceso l’interesse per i sistemi di deposito su cauzione, nei quali chi compra una bevanda in bottiglia o in lattina paga un piccolo extra che gli sarà restituito quando avrà riportato indietro il contenitore. Questa tipologia di raccolta selettiva nota come DRS (Deposit Return System o Scheme) consente di recuperare i contenitori di bevande monouso, ma si può anche applicare ai modelli di riuso e consente in maniera semplice ed efficace di ridurre i rifiuti da imballaggio dispersi nell’ambiente, il cosiddetto littering, e al tempo stesso di immettere i materiali così “salvati” nel ciclo produttivo.
La piccola cauzione, tipicamente tra i 5 e i 25 centesimi di euro, che si applica al prezzo di vendita delle bevande serve a impegnare il consumatore a riportare il contenitore vuoto presso un punto vendita per consentirne il riciclaggio. Una pratica che le persone più grandi d’età ricordano bene: fino agli anni Sessanta del secolo scorso, infatti, anche nel nostro Paese era molto diffuso il vuoto a rendere, applicato alle bottiglie di vetro per latte, acqua minerale ed altre bevande.
Il passaggio al monouso? È a carico della collettività
Questa modalità di commercializzazione a “ciclo chiuso” e senza produzione di rifiuti ha subito un lento e inesorabile declino con l’avvento della bottiglia in PET, il polietilene tereftalato prodotto interamente da petrolio o gas metano, e anche della lattina in alluminio. Con il loro avvento, i produttori di bevande si sono liberati dei costi di gestione del vuoto a rendere. Per recuperare il vetro e gestire tutta la filiera su scala locale, infatti, servivano importanti investimenti finanziari: i magazzini per lo stoccaggio, gli impianti di lavaggio e sanificazione dei vuoti, la rete logistica, i concessionari che producevano per i vari marchi e via dicendo.
È accaduto così che, ricorrendo a imballaggi in plastica o alluminio monouso, i produttori abbiano potuto ampliare il mercato di riferimento (non dovendo più gestire la raccolta localmente) riducendo sia i costi per le infrastrutture appena citate, sia quelli di gestione del fine vita dei propri prodotti. Oneri e onori sono così passati ai governi locali e ai contribuenti dei Paesi in cui le bevande venivano immesse al consumo: da quel momento il costo di ciò che accadeva alla bottiglia o al flacone monouso dopo l’utilizzo non è più stato un problema di chi ne produceva il contenuto, ma è finito a carico della collettività.
Tempo di soluzioni : la responsabilità estesa del produttore
Parallelamente all’allarme legato al cambiamento climatico e all’eccessivo sfruttamento di risorse, si è via via affermato, soprattutto a livello comunitario, il principio della responsabilità estesa del produttore (in sigla inglese Epr, Extended producer responsability), in virtù del quale chi produce e commercializza un bene deve farsi carico dei costi del suo avvio a riciclo. Questo importante cambiamento ha riportato l’attenzione sulle potenzialità dei sistemi cauzionali e non a caso tanti Paesi, in Europa e non solo, hanno iniziato a introdurli.
D’altro canto, non si intravedono all’orizzonte altre soluzioni e strumenti di efficacia comparabile. Dove sono stati adottati, infatti, i DRS hanno dimostrato di riuscire a ridurre, se non prevenire, la dispersione di contenitori di bevande nell’ambiente, a reimmettere in nuovi cicli economici i recipienti senza perdita di risorse preziose e valore economico, creando al contempo occupazione verde. Questi sistemi consentono di raggiungere percentuali di differenziata altrimenti impossibili, dal momento che persino in Paesi con i sistemi di raccolta differenziata più performanti – come nel caso del Giappone e della Svizzera – si superi di poco un tasso di raccolta e riciclo dell’80% per i contenitori di bevande.
Come dicevamo, in Europa sono state le ultime legislazioni europee sui rifiuti a portare alla ribalta i sistemi di deposito su cauzione, e a stemperare, quando non neutralizzare, la storica opposizione da parte dell’industria delle bevande e di altri gruppi di interesse ai sistemi cauzionali. Di fatto sia le direttive sui rifiuti del pacchetto Economia Circolare recentemente recepite dagli Stati membri – in Italia con il decreto legislativo 116 del 2020 – sia quelle in via di recepimento come la direttiva Single-use plastics (nota come direttiva Sup) hanno il potenziale per produrre cambiamenti epocali.
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