Lampedusa da oscar

Nell’articolo di Arianna Finos e Chiara Ugolini per “Repubblica” il racconto del film che ci rappresenterà alla Notte degli Oscar. Lampedusa è un comune virtuoso, il primo socio onorario insieme a Riace. Terre di accoglienza e integrazione, e di gestione di un’emergenza di cui dovremmo occuparci tutti, come Europa.

I migranti di Rosi nella notte degli Oscar, un sogno che potrebbe avverarsi. Il documentario Fuocoammare, girato interamente all’isola di Lampedusa, già orso d’oro a Berlino, è il titolo italiano in corsa per il film straniero. “Sono molto felice di questa candidatura ed emozionato. Questo risultato va oltre al film, che in questi otto mesi ha girato per tutto il mondo e ora appartiene a tutti – dice Rosi al telefono a Parigi, dove il film sta per uscire al cinema – leggevo ieri le parole di Obama: chi erge delle barriere costruisce una prigione per se stesso. Ecco penso che il film possa trovare un’ispirazione in quelle parole”.

Lo ha scelto, tra altri sei titoli, una commissione composta da nove membri tra cui il premio Oscar Paolo Sorrentino che dissente però dalla decisione finale. “Fuocoammare è un bellissimo film, ma andava candidato all’Oscar nella categoria dei documentari. Questa scelta è un inutile masochistico depotenziamento del cinema italiano che quest’anno poteva portare agli Oscar due film: un film di finzione che secondo me avrebbe avuto molte chance è Indivisibili di Edoardo De Angelis, mentre Fuocoammare può concorrere e vincere nella categoria dei documentari”. Il film di Rosi comunque dovrà concorrere insieme a tutti gli altri titoli non in lingua inglese, le candidature vere e proprie si sapranno il 24 gennaio, mentre la cerimonia di consegna degli Oscar si terrà a Los Angeles domenica 26 febbraio 2017.  Gli altri membri della commissione di selezione erano Nicola Borrelli, Direttore Generale, Cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; Tilde Corsi, produttrice; Osvaldo De Santis, distributore; Piera Detassis, giornalista; Enrico Magrelli, giornalista; Francesco Melzi D’Eril, distributore; Roberto Sessa, produttore; Sandro Veronesi, scrittore.

Il regista ha vissuto per più di un anno sull’isoletta siciliana facendo esperienza di cosa vuol dire vivere sul confine più simbolico d’Europa raccontando i diversi destini di chi sull’isola ci abita da sempre, i lampedusani, e chi ci arriva per andare altrove, i migranti. Il viaggio di Fuocoammare verso la notte degli Oscar era iniziato il venti febbraio scorso quando dopo la consegna del premio la produttrice del film aveva raccontato “Meryl Streep mi ha detto, tenendomi per mano: ‘questo film può vincere l’Oscar. Farò di tutto perché sia portato negli Usa’”. Dopo essere stato ospitato in ben tre festival americani (Telluride, Toronto e New York) ed essere stato venduto in più di 70 paesi sparsi in tutto il mondo, il film sbarcherà nelle sale americane accompagnato da una retrospettiva sul lavoro del regista al Lincoln Center di New York. Il film verrà inoltre trasmesso il 3 ottobre su Raitre, giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.

Nel 2015, secondo le stime dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, 65,3 milioni di persone sono state costrette a fuggire dai loro paesi a causa di conflitti e persecuzioni, si tratta di una persona su 113 nel mondo, ventiquattro ogni minuto. Il film racconta le storie di tre lampedusani e attraverso i loro occhi racconta il dramma di chi deve lasciare la propria terra spinti dalla guerra, dalla povertà, dalla persecuzione. Samuele è un ragazzino che ha 12 anni, va a scuola, ama tirare con la fionda e andare a caccia, Lampedusa è la sua casa.  Poi c’è il deejay della radio locale che tra una richiesta di canzone e l’altra dà le notizie, racconta degli sbarchi, della elettricità che manca, dà le notizie metereologiche che non sono mai solo informazioni. Infine c’è il vero eroe del film: il dottor Pietro Bartolo, direttore sanitario dell’Asl locale che da trent’anni cura i lampedusani e da quasi altrettanti assiste a ogni singolo sbarco, stabilendo chi va in ospedale, chi va nel Centro di Accoglienza e chi è deceduto.

“Da Lampedusa è impossibile andar via, come anche stabilire il momento in cui è terminato il tempo delle riprese – ha scritto Rosi nelle sue note di regia – Se questo è vero per tutti i miei film lo è ancor di più per questo. C’è stato un evento che mi ha fatto comprendere che il cerchio in qualche modo si stava chiudendo.  Avevo deciso di fare un film  a Lampedusa dopo aver incontrato il dott. Bartolo, la sua umanità, la sua esperienza. Sentivo che era necessario per chiudere il film tornare a quell’incontro. Così è stato. Sono andato da Bartolo, ma con la camera, l’ho accesa  e  ho filmato la sua testimonianza, il suo racconto.  Come  accadde  la  prima  volta, guardando il monitor del suo computer, dove è raccolto l’intero archivio di vent’anni di soccorsi, Bartolo è riuscito a trasmette con le sue parole, la sua umanità, la sua immensa serenità, il senso della tragedia e il dovere del soccorso e dell’accoglienza. Ecco, questo mi serviva per chiudere il film”.