Non dismettiamo i fusti di birra riutilizzabili: un appello a Carlsberg, e non solo
Per una vera economia circolare nel settore degli imballaggi industriali le aziende, anziché dismettere i sistemi riutilizzabili, dovrebbero rivedere quei sistemi non più performanti a livello di impatti ambientali complessivi alla luce delle nuove esperienze di successo attuabili con la logistica inversa. Oppure occuparsi personalmente, o assumersi la responsabilità economica, dell’organizzazione di un take back dei propri imballaggi per un ottimale riuso o riciclo. Le proposte nel dettaglio a pag.3.
Carlsberg Italia ha introdotto sul mercato qualche anno fa l’innovativo sistema di spillatura DraughtMaster™ che sostituisce i tradizionali fusti in acciaio riutilizzabili con fusti in PET. Secondo l’azienda con il nuovo sistema la qualità della birra risulta sensibilmente migliorata poichè vengono così evitati i processi di saturazione e ossidazione del prodotto e la birra resta inalterata per oltre 31 giorni dall’apertura del fusto (rispetto ai 3/4 giorni del fusto tradizionale).
Rispetto ai benefici di ordine ambientale il sito di Carlsberg riporta “Per quanto riguarda la CO2 immessa nell’ambiente, come dimostrato dallo studio LCA (Life Cycle Assessment) elaborato da IEFE Bocconi sul sistema DraughtMasterTM – l’innovativo sistema di spillatura basato su fusti in PET che non necessitano di CO2 aggiunta per la spillatura, ma una semplice compressione ad aria – solo il 24% viene totalizzato durante la produzione. Il restante 76% è attribuibile alle altre fasi della filiera (materie prime, approvvigionamento, packaging, distribuzione, fase d’uso e fine vita) per cui l’impegno di Carlsberg Italia è quello di sensibilizzare tutti i soggetti coinvolti nell’intero ciclo di vita al fine di contribuire al suo miglioramento continuo.”
Lo studio LCA rileva inoltre che il sistema DraughtMaster™ consente una riduzione delle emissioni di Co2 del 28,43% rispetto all’utilizzo del fusto in acciaio e una riduzione dei rifiuti del 19,23%. Secondo lo studio la nuova tecnologia, se confrontata al sistema tradizionale, permette di ridurre il consumo totale di risorse del 44%, l’utilizzo totale di energia del 21%, il potenziale di acidificazione (-11%) e dei rifiuti pericolosi generati (-47%).
Il Direttore di IEFE, nonché professore associato presso l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa Fabio Iraldo è così intervenuto durante la presentazione dell’ultimo Bilancio di Sostenibilità di Carlsberg lo scorso anno : “Quando leggete l’etichetta di un prodotto o una qualsiasi comunicazione aziendale che parla di ambiente non fatevi trarre in inganno da dichiarazioni su singoli aspetti di maggior sostenibilità ambientale. Se non c’è alla base una valutazione sull’impatto ambientale dell’intero ciclo di vita del prodotto (Life Cycle Assesment, LCA) si tratta di greenwashing”.
THINK DIFFERENT: il packaging è parte integrante del prodotto e deve contribuire alla sostenibilità complessiva
Fermo restando che la valutazione complessiva dell’impatto ambientale dell’intero ciclo di vita di un prodotto è importante, a nostro parere, è altrettanto importante quando si immette un prodotto nel mercato, fare i conti con lo stato attuale dell’ambiente, fortemente deteriorato e non più in grado di reggere un sistema economico che non sia rigenerativo e circolare. Siamo in un momento storico in cui non possiamo più sprecare risorse preziose e bruciare rifiuti peggiorando lo stato delle emissioni. L’industria attraverso l’ecoinnovazione e progressi tecnologici impensabili anche solamente qualche anno fa, dovrebbe poter sviluppare delle soluzioni che coniughino nella sostenibilità complessiva di un prodotto anche la sostenibilità del suo packaging.
La scelta industriale che ripropone il noto approccio di esternalizzare i costi del fine vita del packaging che ha visto decadi fa, il sistema riutilizzabile (finanziato dai produttori) riconvertirsi in un sistema a perdere, non è innovativa e non aiuterà l’economia sul lungo periodo. Il tallone d’Achille del nuovo sistema consiste nell’impatto dei fusti in PET a fine vita. Non abbiamo trovato riscontri che dimostrino che questi fusti non finiscano smaltiti come rifiuto non recuperabile. Con la conseguenza che, qualora DraughtMaster™ e sistemi equiparabili sostituissero il mercato del sistema tradizionale con fusti riutilizzabili, il fenomeno assumerebbe proporzioni per nulla trascurabili.