Su un altro pianeta
I giorni che stiamo trascorrendo sono difficili, forse tra i più complicati a livello di clima sociale dall’inizio della pandemia.
Perché l’anno scorso prevaleva il senso di paura, l’angoscia della morte, la voglia di silenzio, la consapevolezza che eravamo impotenti di fronte ad un qualcosa di sconosciuto.
E questo ci ha consentito di restare uniti, di rafforzare i legami comunitari, di rispettarci l’un l’altro, di aiutarci, di comprendere il ruolo difficile delle istituzioni che dovevano decidere per tutti noi.
A distanza di quasi un anno, non è più così. Eravamo convinti che in pochi mesi tutto tornasse alla normalità, che tutto fosse finito. Quest’estate per molti sembrava che nulla fosse accaduto.
E invece non è così. I soldi iniziano a mancare, le attività imprenditoriali temono di non poter sostenere i debiti accumulati e di dover chiudere e lamentano che i fondi arrivati dallo Stato e della Regione sono troppo pochi, le persone in cassa integrazione o addirittura disoccupate faticano ad arrivare a fine mese e hanno paura per il loro futuro.
Le famiglie sono preoccupate per i figli chiusi in casa davanti ad un pc, aumentano le violenze domestiche, le separazioni, le tensioni quotidiane.
C’è chi non tollera più i continui cambi di normativa, i continui attacchi tra Stato e Regione che sembrano non avere la voglia di sedersi attorno ad un tavolo (senza twitter o facebook) e trovare una soluzione condivisa e alimentano con slogan, hastag, polemiche che nauseano i cittadini e distanziano ancora di più la politica dalle persone.
Politici sciacalli che con frasi fatte e slogan illudono le persone, politici che anziché essere “costruttori” alimentano tensione, disunità, senza svolgere quella funzione educativa, di guida necessaria in queste fasi così critiche.
E nascono le proteste, le “occupazioni”, le testimonianze, gli sfoghi caratterizzate da rabbia, la frustrazione, il disorientamento.
Ho incontrato ieri le associazioni di categoria che rappresentano la ristorazione, oggi pomeriggio i liberi professionisti e le partita Iva. Persone che con dignità chiedono di essere ascoltate, di essere protette, di essere supportate.
Il rischio altrimenti è di sentire le istituzioni distanti, “su un altro pianeta”, “fuori dal mondo”… non deve essere così.
Serve ascolto, prossimità, ritrovare empatia con le persone… solo così si ha poi la forza, il coraggio, la credibilità di dire cose vere, autentiche, anche scomode.
Perché serve verità. Serve dire che nessuno ha la bacchetta magica a prescindere dai colori politici, serve dire che serve la pazienza e la capacità di attesa dei nostri nonni e che tutto non passerà così velocemente, serve dire che per rialzarsi occorrono progetti di medio lungo termine che non creano subito consenso perché i frutti si vedranno tra qualche anno, serve ammettere che degli errori sono stati fatti, che sul mondo della scuola, dello sport, della ristorazione, del trasporto pubblico non si è riusciti a trovare quell’equilibrio complicato tra salute, economia e socialità.
Bisogna ricominciare da qui, dal basso, con umiltà, ascolto ma anche competenza. Perché le persone non sono stupide e capiscono chi hanno di fronte. Entrare in empatia non può essere solo una questione di cuore e di passione… serve anche una sintonia di “testa” e questo presuppone serietà, conoscenza, proposte concrete anche se difficili. Serve verità.
So che tanti di voi “non ci stanno più dentro”. La voglia di “trasgredire” inizia a nascere. Ma vi chiedo di resistere… nessuno può fare miracoli ma tutti possiamo stare uniti e provare a costruire un nuovo orizzonte, ad alimentare una speranza che non vediamo, a prenderci ancora per mano come nei mesi più difficili del 2020.
Forza, non molliamo!
Davide Casati, sindaco di Scanzorosciate (BG)