Il Conai conviene?
Cosa dice l’Antitrust. Aumentare la raccolta differenziata porta a porta attraverso l’ampliamento degli spazi di concorrenza, favorendo il riciclo e riformando, a beneficio dei Comuni, il sistema consortile per la raccolta degli imballaggi nel quale il Conai (il Consorzio Nazionale degli Imballaggi) agisce in regime di “quasi-monopolio”. Con la complicità dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (Anci). È durissima la “sentenza” emessa nei mesi scorsi dall’Antitrust, curatrice di un’Indagine conoscitiva sul mercato della gestione dei rifiuti urbani, avviata nell’agosto 2014 per fotografare la realtà e per proporre alcune soluzioni per invertire la tendenza nel nostro Paese. Orientate a disincentivare l’uso della discarica che rappresenta ancora, per la quasi totalità dei Comuni italiani, il luogo principale dove conferire i rifiuti urbani. Secondo l’Ispra, in Italia il 30% dei rifiuti finisce ancora in discarica, mentre in Germania solo l’1,5%. Con la percentuale italiana che raggiunge il 70% circa se analizziamo dettagliatamente la performance della Regione Puglia.
Secondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), la raccolta differenziata “porta a porta” che “risulta al momento la più costosa, ma complessivamente realizza una gestione dei rifiuti più economica (perché produce valore) e più ecologica (perché promuove l’uso di prodotti riciclati)
La fotografia dell’Antitrust. Dall’Indagine dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) emerge come la presenza nel nostro Paese, solo per la fase della raccolta dei rifiuti, di circa 1800 aziende – quasi sempre pubbliche e piccolissime nelle dimensioni, con l’85% del mercato redistribuito tra le 70 più grandi – abbia determinato una struttura di mercato polverizzata con affidamenti del servizio, dalla durata eccessivamente lunga, in via diretta e senza gara. Malgrado questa pratica sia ammissibile solo quando il gestore raggiunge il livello medio di efficienza riscontrabile nel settore (cosiddetto benchmarking di efficienza). Né si può dimenticare che la carenza di concorrenza e la poca trasparenza risultano prassi particolarmente perniciose nel Mezzogiorno dove la gestione dei rifiuti subisce la sistematica infiltrazione delle mafie.
Un’ulteriore criticità indagata dall’Antitrust riguarda l’ampliamento della privativa comunale, ossia la facoltà esclusiva da parte dell’ente locale di consentire al gestore della raccolta di rifiuti urbani di comprendere nel perimetro delle attività anche quella della raccolta dei rifiuti speciali, nonché la gestione delle fasi a valle della raccolta (attraverso la cosiddetta “gestione integrata” dell’intero ciclo dei rifiuti). E poiché tra i rifiuti urbani finiscono anche gli imballaggi primari (per esempio, i pacchetti di sigarette o le lattine delle bevande), mentre tra i rifiuti speciali rientrano gli imballaggi secondari e terziari (per esempio, le scatole di compresse medicinali o i pallet di confezioni) di origine, rispettivamente, commerciale ed industriale, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella seconda parte dell’Indagine, accende i riflettori sul “quasi-monopolio” del Conai.
Il Conai. Il Consorzio Nazionale degli Imballaggi (con i consorzi di filiera ad esso afferenti), istituito nel 1997 con il “Decreto Ronchi”, secondo il Testo Unico Ambientale disciplinato dal D.Lgs. 152/2006 dovrebbe garantire un riciclo tra il 55% e l’80%. La percentuale oggi dichiarata dal Conai è del 68%: tale percentuale è raggiunta saldando quelle parziali relative agli imballaggi primari con quelle degli imballaggi secondari e terziari. Se fosse considerata, tuttavia, la sola percentuale degli imballaggi primari, avviati al riciclo, i dati del Conai sarebbero pari alla metà del dato dichiarato e ben al di sotto del limite minimo previsto per legge: il 34,6%. È importante sottolineare, poi, che oltre ai contributi versati dai produttori consorziati, il Conai può disporre pure dei ricavi generati dalla vendita dei materiali conferiti dai comuni. Ad essi, infatti, riconosce un corrispettivo a tonnellata che dovrebbe compensare gli extra costi sostenuti per la raccolta differenziata degli imballaggi rispetto a quella dei rifiuti generici.
Le anomalie del sistema italiano. Se in Francia, per esempio, il cartone è pagato 163 euro a tonnellata, in Italia, per lo stesso materiale, i Comuni ricavano solo 4 euro. Stabiliti da una trattativa effettuata ogni quattro anni durante il rinnovo dell’Accordo tra Anci e Conai, i corrispettivi previsti per i Comuni, in media, sono tra i più bassi in Europa. E ad oggi nessun cittadino conosce l’entità degli extra costi sostenuti dai comuni per ogni tonnellata di materiale raccolto, suddiviso per tipologia. Come segreti sono i dati relativi alla raccolta differenziata custoditi in una banca dati gestita da una società al 90% privata, la Ancitel Energia e Ambiente, controllata dall’Anci.
In ragione dell’Accordo, rinnovato dall’ex presidente dell’Anci Fassino fino al 2019 nonostante le osservazioni critiche dell’Associazione Nazionale dei Comuni Virtuosi perché fosse radicalmente ridefinito a favore dei Comuni e quindi dei cittadini, il Conai nel 2013 ha riconosciuto in media agli Enti Locali solo il 37% circa (poco meno di 240 milioni di euro) di quanto incassato con i contributi ambientali dei produttori e con la vendita dei rifiuti raccolti, spingendo l’Antitrust a criticare la condotta del Consorzio Nazionale degli Imballaggi sia perché “il finanziamento da parte dei produttori dei costi della raccolta differenziata non supera il 20% del totale, laddove, invece, dovrebbe essere per intero a loro carico” sia perché per la raccolta degli imballaggi i Comuni spendono almeno tre volte di quel che recuperano, obbligandoli, talvolta, ad aumentare la tassa sui rifiuti per provare ad organizzare un servizio efficiente.
Le proposte dell’Antitrust. Cosa fare, quindi, per invertire la tendenza, nel rispetto della direttiva europea in materia che prevede una quota di riciclo pari al 50% entro il 2020? L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), da un lato, auspica un incremento consistente della raccolta differenziata attraverso il sistema del “porta a porta” che “risulta al momento la più costosa, ma complessivamente realizza una gestione dei rifiuti più economica (perché produce valore) e più ecologica (perché promuove l’uso di prodotti riciclati)”; dall’altro, sostiene che bisognerebbe aumentare l’ecotassa per scoraggiare l’uso della discarica. Venendo sottolineata, inoltre, sia l’urgenza di una maggiore trasparenza per la gestione dei rifiuti, con affidamenti di non oltre 5 anni; sia l’esigenza da parte dei Comuni, per un miglioramento dei servizi ambientali, di disporre di aziende in grado di coprire aree di quasi 100mila abitanti.
L’appello ad Antonio Decaro. Essendo stato scelto il Conai come soggetto affidatario del sistema di raccolta differenziata per Bari, nonché nella consapevolezza che l’Accordo tra tale impresa e l’Anci possa essere rivisitato per il benessere economico-ecologico dei Comuni, in questo tempo di spending review e di patti di stabilità, rivolgiamo, con spirito costruttivo e fiduciosi di ottenere risposte chiare, le seguenti domande ad Antonio Decaro, Sindaco del capoluogo pugliese e neopresidente dell’associazione dei Comuni italiani:
Quanta plastica, carta-cartone, vetro, alluminio, da riciclare, tra il 2015 e i primi 10 mesi del 2016, ha raccolto il Comune di Bari?
Quali i costi sostenuti finora per la raccolta differenziata degli imballaggi? E a fronte di essi, quanti contributi, previsti per legge, ha ricevuto il Comune di Bari?
E’ stata bandita una gara pubblica per selezionare il soggetto affidatario del sistema di raccolta differenziata “porta a porta”? Su che basi è stato scelto il Conai che ha una competenza principalmente sugli imballaggi, ma non sui rifiuti urbani nella loro eterogeneità?
Da presidente dell’Anci, che si è impegnato ad agire con trasparenza, intende revisionare l’Accordo con il Conai, che attualmente non favorisce economicamente i Comuni che Lei rappresenta?
Intende desecretare le informazioni di interesse pubblico contenute nella banca dati gestita da Ancitel per conto dell’Anci?
Entro quanto tempo, secondo una visione condivisa e una programmazione strategica, potrà essere raggiunta la percentuale del 65% di raccolta differenziata prevista per legge per disinnescare la “bomba ecologica” delle discariche?
Di Giuseppe Milano – Fonte Ambienteambienti.com