Caro Mattarella Riace ti aspetta

Ecco, in una situazione di questo tipo la visita del Presidente della Repubblica potrebbe rappresentare la svolta. Un gesto concreto, un segnale forte, la testimonianza dell’altra faccia dello Stato, quello con la faccia pulita, per capirsi. Che un’esperienza come quella di Riace non la smonta o boicotta un giorno alla volta. Ma protegge, racconta, valorizza, diffonde. Quindi, caro Presidente Mattarella, vada a conoscere un sindaco perbene. Domenico Lucano, e noi insieme a lui, la stiamo aspettando.

Riace è il borgo rinato sui sogni dei migranti e sulla caparbietà di un sindaco che non si è rassegnato a veder spegnere lentamente il proprio paese che restava senza vita, spopolato da fame e partenze. La fiamma della speranza si è ravvivata accogliendo e abbracciando il dolore e la sofferenza di chi arrivava dal mare senza un futuro davanti, nel momento in cui questo comune abbarbicato sulle colline aride a ridosso dell’ Aspromonte, la gente più a sud del sud senza farsi domande ha iniziato a dividere con quei volti muti rimessi in spiaggia dal mare il niente che cresce tra le pietre lungo le strade sconnesse che portano al borgo. È il modello Riace, pensato e realizzato dal sindaco Domenico Lucano che in Calabria ha dato forma all’ accoglienza e rischia di morire perché ministero dell’ Interno e Prefettura di Reggio Calabria hanno deciso di “chiudere i rubinetti” e non erogare i fondi per il mantenimento dello Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati che coinvolge gli enti locali, ndr).

Una battaglia burocratica fatta di carte bollate e ispezioni che secondo il sindaco di Riace hanno l’ obiettivo di porre il bavaglio a un’ esperienza che ha dimostrato nei fatti come l’ accoglienza e l’ integrazione siano una risposta e una soluzione alla gestione dei flussi migratori. Un lucido disegno messo in campo per “cancellare” il modello Riace, avamposto dell’ integrazione e dell’ accoglienza degli ultimi, chiaramente poco gradito a livello nazionale nel nuovo corso a trazione leghista. Mimì, come lo chiamano tutti, si oppone a questa nefasta prospettiva. Il 2 agosto ha iniziato lo sciopero della fame e sabato mattina ha tenuto una conferenza stampa alla presenza del governatore della Calabria, Mario Oliverio. C’ era anche Padre Alex Zanotelli e un consigliere regionale della Lombardia Uselli, della lista Bonino. E soprattutto ci sono donne e bambini, mamme che piangono perché hanno paura di essere “sradicate” dal loro mondo, il solo che conoscono da quando sono in Italia, la loro casa che non è fatta di cemento e mattoni, ma ha le pareti calde e sicure degli abbracci di una comunità intera che diventa famiglia.

Gabriel ha sette mesi, due occhi talmente grandi e profondi da rimanerne incantati. È uno dei dieci bambini nati a Riace da gennaio a oggi, in quel borgo rinato sui sogni dei migranti e sulla caparbietà del suo sindaco che oggi protesta senza rassegnarsi ad “una grave ingiustizia”. «Siamo qui per solidarietà ma anche per dire con fermezza che questa esperienza non può e non deve morire. Ho contattato il ministero dell’ Interno – rivela Oliverio – per protesta e manifestare incredulità per il modo in cui si sta trattando questa problematica: un modo burocratico e totalmente avulso rispetto al significato di un’ esperienza positiva alla quale guarda tutto il mondo. Mi è stato comunicato che sarebbero state assunte misure di definanziamento: è una decisione gravissima da parte del ministero perché non tiene conto della realtà di questa esperienza e ne rappresenta l’ anticamera della condanna a morte. È una decisione che va riconsiderata con lo sblocco dei finanziamenti. Lo Stato – rimarca Oliverio – non può tirarsi indietro rispetto a un’ esperienza quale quella di Riace che ha messo in campo un’ utilizzazione dello Sprar molto più feconda e avanzata di tante altre realtà nelle quali pure questo progetto si pratica quotidianamente. Salvini deve venire a Riace, deve visitare Riace prima di metterla in liquidazione, perché è chiaro che sorge, legittimamente, il sospetto che dietro la decisione di definanziamento ci sia un’ operazione e una volontà politica di affossare questo modello.Chiederemo un arbitrato con organi terzi, quindi al di sopra di ogni sospetto, per verificare se qui gli immigrati sono vessati o vivono in condizioni dignitose. Ribadisco – afferma Oliverio – che intravvedo un tentativo per far condannare il modello Riace. Ma noi non molliamo, perché qui c’ è in gioco una concezione e una visione rispetto a un fenomeno che non è circoscritto a una stagione limitata ma a una fase storica».

«Aspetto che venga qui il presidente Mattarella»

Il sindaco Lucano continuerà il suo sciopero della fame «fino a quando – confida – non verrà qui il presidente della Repubblica o fino a quando dal ministero dell’ Interno non arriveranno i fondi che ci spettano per servizi già svolti». Secondo il primo cittadino, «l’ erogazione di questi fondi è un atto dovuto nei confronti di una comunità di oltre 300 persone. Non comprendo come Prefettura e ministero dell’ Interno abbiano potuto pensare come potesse andare avanti una comunità di oltre 300 persone senza questi fondi. In una terra come la Locride e in un periodo di grave crisi soprattutto per la mancanza di lavoro noi qui – afferma il sindaco – abbiamo fatto un piccolo miracolo, ma adesso siamo sulla strada di non ritorno. Non mi resta altro da fare, davanti a pretesti burocratici assurdi che ti fanno entrare in un tunnel da cui non si esce”. A preoccupare Lucano però è un nemico ancora più grande: “C’ è un clima di odio in Italia, un accumulo di tensione che sta durando da alcuni mesi, c’ è una deriva disumana, questo governo – dice Lucano – si sta macchiando di crimini contro l’ umanità. E questi atteggiamenti noi qui, li percepiamo in modo molto più diretto. Sulla nostra esperienza – conclude poi ilo sindaco – da due anni è stato apposto quasi un bavaglio, non si vuole che si sappia, non si vuole che Riace dimostri che è possibile e che, da una terra così depressa, sono possibili l’ accoglienza e la soluzione ai problemi. Questo evidentemente dà fastidio, ma noi non ci fermiamo».

Articolo di Maria Rita Galati, “Famiglia Cristiana