Chi più inquina più paghi, anche nel mondo del riciclo

Pubblichiamo la seconda e terza parte della lettera aperta del proprietario di Aliplast, un’azienda che ricicla il 10% della plastica riciclata in Italia, ai cittadini. Nel messaggio, pubblicato come annuncio a pagamento sul Sole 24 ore, vengono denunciate le criticità del settore e le conseguenze che ricadono su Enti Locali e cittadini. La prima parte si può leggere qui. La quarta qui e la quinta qui.

Caro Cittadino è bene che tu sappia.. (parte seconda)

……in questo Paese tutti siamo consapevoli che molte sono le cose che non vanno; sembra però subentrare una buia rassegnazione che ci impedisce di reagire, di cambiare per quanto possibile. Da anni la mia azienda raccoglie materiale considerato “nulla”, cioè il rifiuto di plastica da imballaggi, lo ricicla e produce nuovi imballaggi in una catena continua che è la VERA catena virtuosa anche in base alle priorità indicate dalle direttive europee.
Nel nostro piccolo abbiamo diminuito la dipendenza da importazioni di origine petrolifera e ridotto l’impatto ambientale di questi imballaggi e ciò senza MAI aver ottenuto NESSUN AIUTO o supporto da chicchessia. Esiste il sistema CONAI, che attraverso il suo consorzio di filiera COREPLA ha il compito di gestire il fine vita degli imballaggi in plastica.
Il COREPLA si finanzia con un contributo che ognuno di noi paga, probabilmente inconsapevolmente, facendo la spesa ogni giorno. Il contributo è fissato in modo arbitrario, senza un confronto con un libero mercato, oggi in 110 Euro alla tonnellata (sarà 140 euro dal 01.01.14 ed è stato in passato anche 195 euro), cioè circa 280 Milioni di Euro stimabili per il 2014. Questi soldi dovrebbero servire a raggiungere gli obiettivi di riciclo imposti dalla legge cioè il 26% di riciclo in materia (plastica che torna plastica) sull’immesso al consumo.
In realtà, leggendo l’ultima relazione sulla gestione di COREPLA (quella per l’anno 2012), si evince che questi soldi vengono spesi per riciclare meno del 20% e per recuperare una minima parte degli imballaggi immessi sul mercato, vale a dire che questo Ente (praticamente un monopolio obbligatorio per legge) non raggiunge l’obiettivo per il quale noi tutti (attraverso i produttori di imballaggi) paghiamo questi soldi.
Ma c’è di più: gli obiettivi ambientali stabiliti dalla legge vengono raggiunti e superati solo se all’attività (pagata da noi) di COREPLA si aggiungono i dati dei riciclatori indipendenti, cioè delle aziende come Aliplast che svolgono il loro lavoro sul libero mercato, senza ottenere nessun riconoscimento dal sistema.
Inoltre COREPLA fa pagare alle aziende il contributo sugli imballaggi secondari e terziari (relativi al circuito Commercio e Industria; quelli che servono a trasportare le merci), nel 2012 ammontava a circa 77 Milioni di Euro, senza occuparsi minimamente della loro gestione a fine vita; COREPLA ne recupera solo 11.000 tonnellate su 731.000 per le quali percepisce il contributo; e i soldi che tutti noi paghiamo come vengono spesi?

Non basta. Se un’azienda come la mia che dimostra in modo oggettivo e trasparente di raccogliere e riciclare molto più di quanto immette sul mercato – inclusa la prevalenza degli imballaggi propri – ed è quindi nelle condizioni di uscire dal sistema attraverso l’unico strettissimo varco lasciato da un quadro normativo che dovrebbe aprire ed incentivare la libera concorrenza mentre, di fatto, costruisce e salvaguarda monopoli, si trova sempre ostacolata dal monopolista… …che poi si accredita gratuitamente i risultati del nostro lavoro senza i quali non riuscirebbe a raggiungere gli obiettivi, imposti per legge, per i quali i cittadini lo pagano! Con il progetto P.A.R.I., Aliplast ha fatto risparmiare alle imprese sue clienti e, di conseguenza, ai consumatori loro clienti finali, diversi milioni di Euro in quattro anni, facendo DAVVERO il lavoro che COREPLA non fa come dovrebbe (o che fa molto parzialmente) ma per il quale percepisce la totalità del contributo.

Non sono contro il sistema CONAI, ma da storico riciclatore della plastica italiana vorrei trovare il modo di far sì che esso funzioni in modo appropriato, senza storture e sprechi, facendo in modo che venga ricompensato chi fa il lavoro veramente, a partire dai Comuni che non ottengono un corrispettivo adeguato al loro lavoro, seguendo una politica di VERA prevenzione che inizia da una progettazione degli imballaggi consapevole di quello che dovrà essere il loro fine vita. Il consorzio COREPLA è sempre stato ed è tuttora di fatto governato dai produttori di materie plastiche vergini che hanno l’interesse opposto al riciclo e questo è probabilmente il motivo per il quale la prevenzione non viene fatta e si preferisce incenerire le plastiche (anche provenienti da raccolta differenziata spinta!).

Visto che la Commissione Europea ci chiamerà a breve a più che raddoppiare le quantità di riciclo (non incenerimento!), quanto costerà alle imprese e al cittadino raggiungere questo obiettivo col sistema attuale, posto che sia in grado di farlo? Il mio richiamo vorrebbe attirare l’attenzione del legislatore e delle autorità di Governo verso dei possibili cambiamenti che facciano progredire il Paese, passando da gestioni rette da monopoli statici e costosi ad una concorrenza libera tra soggetti qualificati come avviene nei Paesi europei più evoluti. Sappiamo che la plastica è ormai parte integrante della nostra società ed è un mezzo talvolta insostituibile per garantire la nostra qualità di vita ma dobbiamo dare risposte serie, qualificate e moderne alla gestione del suo fine vita, soprattutto negli imballaggi che rappresentano il 40% di tutte le plastiche usate in Europa ogni anno.
Da “Il Sole 24 Ore” di lunedì 2 Dicembre 2013 – annuncio a pagamento –

Caro Cittadino, è bene che tu sappia (parte terza)

….nonostante la presenza e l’impegno di molte realtà di eccellenza italiane il nostro Paese sta precipitando nel baratro. Se non iniziamo, seriamente e da subito, a premiare i meriti di “sostanza” invece di difendere i soliti “orti e orticelli”, diventeremo una periferia del mondo da cui altri Paesi attingeranno manodopera e beni a pochi soldi.
Non c’è da aver paura della concorrenza, anzi, dobbiamo essere consapevoli che questa può creare benefici per la collettività (avete visto ad esempio cosa è successo, seppure tardi, nella telefonia mobile?), a patto che il mercato (anche quello dove c’è la presenza pubblica) sia gestito in un contesto di regole chiare ed uguali per tutti con una reale apertura alla concorrenza.

Ho scelto di parlare della gestione dei rifiuti da imballaggi plastici perché sento di aver creato col Gruppo Aliplast un caso di eccellenza italiana, che sta soffrendo proprio della difesa di qualche “orto” al di là di ogni ragionevolezza. Oggi le aziende produttrici di imballaggi in plastica – e a cascata i consumatori, cioè tutti noi – pagano nel prezzo dei beni acquistati un contributo ambientale (si chiama CAC) che finanzia un unico ente monopolista, il CONAI (per gli imballaggi in plastica il COREPLA). Il CONAI può cambiare l’ammontare di questo contributo (280 Milioni di Euro pronosticabili nel 2014 per la plastica) a sua discrezionalità: le aziende di fatto non hanno altra scelta se non pagare!

Un Paese civile ed attento a non bruciare le proprie risorse dovrebbe, piuttosto, consentire alle aziende di organizzarsi anche in modo diverso, con strutture – anche consortili – qualificate e riconosciute che operino in competizione tra loro, con le stesse regole, proprio per creare efficienza e ottimizzare costi e ricavi e quindi, alla fine, far pagare meno al cittadino consumatore. Quindici anni fa, invece, il legislatore italiano ha scelto di costituire un unico consorzio per ogni materiale, così gli imballaggi in plastica hanno – a tutt’oggi – un unico ente monopolista chiamato a gestire un insieme di materiali molto diversi tra loro per tipologia d’uso, logistica di raccolta, filiere di riciclo.

Perché non evolvere, invece, verso un sistema diverso, dove le imprese possano SCEGLIERE tra le diverse possibilità offerte loro da più operatori (qualificati e riconosciuti) sul libero mercato, quella che meglio si addice al proprio fabbisogno? Questa competizione realizzerebbe l’efficacia e l’efficienza di cui noi tutti abbiamo bisogno (soprattutto come imprese e cittadini).
Come in ogni gara occorrono due cose fondamentali: delle REGOLE chiare e paritarie ed un ARBITRO perché vengano rispettate. Oggi abbiamo già un arbitro e si chiama CONAI; però in questo momento sembra non svolgere, nel senso di cui sopra, il proprio ruolo. Andrebbe invece trasformato da passivo cassiere di un contributo a reale ed attivo motore per la promozione della concorrenza, della competizione e della diffusione delle “migliori pratiche”.

Mancano totalmente, in questo settore, le regole per una reale ed effettiva apertura alla concorrenza, e questo è un compito della politica ed un problema cui il legislatore deve porre rimedio. Non credo ciò sia difficile per un governo che vuole un Paese civile, competitivo, in crescita, evitando che si crei disoccupazione o, come si diceva, di diventare una “periferia” del mondo. Occorre però chiederci se ci sia una VERA volonta’ al riguardo.

Credo fermamente che solo con questo cambio di scenario potremo ottenere una gestione dei rifiuti più efficace ed efficiente, con percentuali di riciclo maggiori e costi inferiori mentre sarà dimostrato come mettere tutto insieme come facciamo oggi può essere solo l’anticamera dell’incenerimento che distrugge risorse e basta.

Ci stiamo ancora cullando (a parole) sul principio “chi inquina paga”: è ora che, a venti anni dalla prima normativa europea sugli imballaggi, si inizi a far pagare molto chi inquina molto e meno chi inquina meno.

Vi terrò aggiornati

Roberto Alibardi
http://www.aliplastspa.it
riciclaredavvero.wordpress.com
Da “Il Sole 24 Ore” di lunedì 09 Dicembre 2013

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